Crossover
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Autore: Darik    25/04/2004    1 recensioni
Un momento che prima o poi doveva arrivare, soprattutto quando si è fan dell'animazione robotica: l'incontro tra gli Evangelion e i Mazinga. La battaglia per la salvezza del mondo ha inizio!
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12° CAPITOLO

Koji osservava il panorama acquatico in silenzio, seduto sulla poltrona del suo ufficio mentre la Fortezza delle Scienze navigava verso chissà quale metà.

Qualcuno bussò alla porta, e senza aspettare una risposta entrò.

Tetsuya, che si muoveva con una stampella per via di una gamba ingessata e aveva anche una fasciatura intorno alla fronte, entrò lentamente e andò a sedersi su un’altra sedia vicina a quella del suo amico.

“Ah, odio essere ridotto cosi!” esordì Tetsuya.

“Ti capisco, ma ritieniti fortunato che il medico di bordo ti abbia concesso di scendere dal letto. Altrimenti, con tutte le ferite che hai subito nello scontro di ieri, dovresti passare in infermeria una settimana”.

“Lo so, lo so”.

Tra i due calò qualche attimo di silenzio.

“Sei sicuro di quello che hai visto la notte della battaglia?” domandò poi Koji.

“Sicurissimo. Potrei riconoscere quelle sfere di luce anche a mille miglia di distanza. Erano Gog e MaGog. Quei maledetti sono sopravvissuti allo scontro. Di sicuro sono rimasti feriti dall’esplosione che ho provocato, altrimenti anziché andarsene avrebbero cercato di darci il colpo di grazia, dopo che Cerberus ci aveva messo al tappeto definitivamente” rispose Tetsuya.

“Ma resta il fatto che sono ancora vivi, una cosa davvero inquietante” continuò Koji “Sono sopravvissuti prima al MazinKaiser, e poi a quella esplosione gigantesca che hai causato tu. Nessun essere umano, cosi come nessun mostro meccanico, potrebbe tanto. Mi sta venendo il sospetto che siano veramente demoni dell’inferno”.

“Forse. Oppure sono il frutto di una tecnologia cibernetica a noi completamente sconosciuta. Però non trovi strano che fossero al servizio di Cerberus, che per quanto fosse forte, era comunque un essere umano?”

“Eccome se lo trovo strano. Temo anzi che Cerberus fosse diverso dal Dottor Inferno, che non fosse un uomo che ha trovato i resti della tecnologia micenea e ha deciso di usarli per i suoi scopi come fece invece il nostro vecchio nemico, no. Cerberus deve essere stato assoldato da qualcuno. Da Gog e MaGog sicuramente. E forse anche loro agivano a loro volta per conto di qualcun altro”.

“Pensi che ci sia dietro l’impero di Micene? Ma lo abbiamo distrutto tanti anni fa. Fu la nostra ultima impresa prima del nostro ‘pensionamento’ . Lo sai bene”.

“Ma non abbiamo mai avuto la prova che l’Imperatore delle Tenebre fosse morto. Noi lo abbiamo considerato tale perché avevamo distrutto il suo regno, e perché nel corso degli anni non è successo più niente. Ma adesso temo che non fosse affatto morto, ha semplicemente aspettato il momento migliore per poter agire di nuovo, magari dopo aver creato qualcuno in grado di agire efficacemente al suo posto”.

“Potrebbe essere. Ed è un rischio che non possiamo correre. Perché se fosse cosi, allora vorrebbe dire che esiste un’altra base segreta di Micene da qualche parte nel mondo. E da lì potrebbero sferrare nuovi attacchi”.

“E proprio per questo motivo che dovremo cominciare a cercare in tutto il mondo queste eventuali nuove basi micenee. E se le troveremo, dovremo essere pronti a distruggerle”.

“Ci servirebbe anche il MazinKaiser. I nostri uomini hanno già iniziato le riparazioni. Non avevo mai visto prima di ora il MazinKaiser con tanti danni, però non è niente di irreparabile. Ma Shinji Ikari ha deciso di restare a Neo-Tokyo 3. E noi dobbiamo rispettare la sua scelta”.

“Naturalmente. Il ragazzo ha la sua famiglia in quella città, non poteva lasciarla per noi. Senza contare che noi cosa avremmo mai potuto offrirgli? Una vita piena di battaglie? No, assolutamente no. Almeno alla Nerv, eliminati tutti gli angeli, verrà lasciato in pace”.

“Sempre che Gendo Ikari non abbia in mente qualcos’altro. Io sono sicuro che oltre all’eliminazione degli angeli, ha un altro scopo”.

“Me ne rendo conto, ed è per questo che anche mentre cercheremo i micenei nel mondo, dovremo sempre tenere un occhio puntato verso Neo-Tokyo 3. Però Gendo Ikari si è comportato bene in questa occasione, ha rispettato i patti, e quando conclusa la battaglia le nostre squadre di emergenza si sono incontrate sul luogo dello scontro, ci ha permesso di andare per le nostre strade. E non preoccuparti per il MazinKaiser, in caso di vera necessità, sono sicuro che potremo sempre contare sul aiuto di Shinji. Anche se spero che quel giorno non arrivi mai”.

Ci fu una seconda pausa di silenzio.

“Peccato che quella ragazza, Nadia, non sia stata fortunata come noi” obbiettò allora Tetsuya.

“Già, poverina. Ma è stata una sua scelta quella di tornare indietro, non un trucco di Ikari. Del resto solo lei avrebbe avuto il potere necessario per sollevare da terra quella gigantesca macchina per perforazioni e farla esplodere in cielo senza conseguenze per il Giappone e il mondo” rispose Koji.

“Comunque ecco un’altra vita innocente rovinata dai Micenei, e noi non siamo riusciti a salvarla”.

“Purtroppo non siamo infallibili”.

Nuova pausa di silenzio.

“Be, credo sia meglio che vada a controllare le riparazioni del Grande Mazinga”.

Tetsuya si alzò e si diresse verso l’uscita.

“Se non controlli direttamente, non riesci a fidarti?” gli domandò Koji ironico.

“Certo che no. Il Grande Mazinga ha sempre bisogno della mia assistenza” rispose l’uomo “e poi Ken sta facendo lo stesso, oltre all’imprecare per non essere stato lui a sconfiggere il cattivone di turno”.

Rimasto solo, Koji tornò a fissare il panorama acquatico.

“Hai scelto la tua strada, Shinji, e spero che riuscirai a trovare la felicità. In bocca al lupo”.

Misato osservava da una vetrata i lavori di ricostruzione delle unità 00 e 02.

I due Evangelion erano ridotti davvero male, ci sarebbero volute due settimane intere di lavoro, a pieno ritmo, per farle tornare pienamente operative.

“Prima di oggi, non aveva mai visto un Evangelion cosi malridotto” disse Ritsuko arrivando alle spalle del maggiore “e purtroppo faranno lievitare notevolmente le spese mensili. Avranno di che lamentarsi i nostri finanziatori. Senza contare che saranno anche in buona compagnia, visto che abbiamo ricevuto lamentele dal reparto pubbliche relazioni, dal governo giapponese e dalle Nazioni Unite”.

“Il reparto pubbliche relazioni posso capirlo” rispose Misato “visto che devono giustificare davanti all’opinione pubblica tutti i fenomeni della notte scorsa avvenuti nell’atmosfera e persino la sparizione di un’intera montagna. Ma cosa possono avere mai da ridire governo e Nazioni Unite?”

“Il primo si lamenta perché dice che abbiamo recato un grave danno al Giappone distruggendo il monte Norikure, mentre il secondo ha da ridire sul fatto che il dispiegamento di forze armate intorno a quel area è stato inutile. A tal riguardo, si lamenta anche il governo per via del mancato utilizzo delle Forze Strategiche di AutoDifesa. E poi perché abbiamo coperto la sparizione dei membri della squadra Mazinga”.

“Ma che idiozia! Come se quella montagna l’avessimo distrutta apposta e per divertimento. E poi le forze armate delle Nazioni Unite dovrebbero esserci grate per non averle fatte partecipare direttamente alla battaglia. Quello è stato uno scontro apocalittico, nessun carro armato o caccia avrebbe potuto sopravvivere. E riguardo la ‘fuga’ della squadra Mazinga, la decisione è stata del comandante Ikari, comunque io avrei fatto lo stesso. Quegli uomini ci avevano aiutato senza chiedere nulla in cambio. Cosa avremmo dovuto fare? Dire loro: ‘Grazie mille per averci aiutato a salvare il mondo. Ora per favore alzate le mani, dobbiamo arrestarvi?’ Assurdo!”

“Sai come sono fatti quei politici, sanno solo lamentarsi. E sono incontentabili. E poi, penso che abbiano anche voluto prendersi una piccola vendetta contro di noi. Un atteggiamento alquanto infantile, quanto la loro vendetta. Guarda un po’ cosa è appena arrivato via fax dalla Nazioni Unite”.

Ritsuko porse a Misato un foglio, il maggiore lo lesse ad alta voce: “Dopo aver riscontrato un eccessivo potere distruttivo, il consiglio supremo ordina l’immediato smantellamento dei cannoni forniti di proiettili MN2 e delle lame bracciali dagli Evangelion unità 00, 01 e 02. Queste armi possono risultare nocive quanto quelle dei nemici, se non di più”.

“Che ne pensi?” chiese Ritsuko incrociando le braccia e facendo un sorriso sornione.

“Una stupidaggine. Pensano di danneggiarci con una cosa del genere? Sono veramente stupidi. Comunque immagino che il comandante Ikari accetterà”.

“Certo. Se fosse qualcosa di importanza vitale per la Nerv, rifiuterebbe, e la farebbe pure franca. Ma visto che anche senza quelle armi i nostri Eva sono in grado di sconfiggere lo stesso gli Angeli, come hanno sempre fatto del resto, ubbidirà.

Adesso devo andare, quando avremo un’ora libera che ne dici di andare a bere qualcosa? Offro io”.

“Tu che offri da bere? Incredibile. Ma ti avverto che dopo avermi detto cosi, non pensare di potertela cavare con un semplice caffè” rispose Misato facendo l’occhiolino a Ritsuko e puntandole contro l’indice in un atteggiamento fintamente minaccioso.

“Certo, conosco i tuoi gusti” rispose Ritsuko sorridendo e andandosene.

Rimasta sola, Misato ricominciò a pensare a quello che le aveva detto quel uomo, Tetsuya Tsurugi, la sera prima, mentre le squadre di emergenza raccoglievano i feriti di entrambi i gruppi.

****

Tutto intorno era un via vai continuo di autoambulanza e di autoblindo, mentre alcuni elicotteri militari pattugliavano l’area.

I tre Mazinga giacevano supini per terra insieme all’Eva-02, mentre lo 00 era stato localizzato vicino alla costa, ed essendo ancora in grado di muoversi, avrebbe raggiunto da solo una delle entrate per i tunnel collegati al Geo-Front.

Le squadre di soccorso erano distanti circa due chilometri dal luogo effettivo in cui era avvenuta la battaglia, e guardando da lì apparentemente non sembravano esserci stati danni.

Solo chi fosse già pratico di quella zona infatti, avrebbe potuto accorgersi che, nello sfondo di montagne che circondava quella zona, mancava una cima.

Quasi tutti i mezzi lì presenti avevano il logo della Nerv, anche gli elicotteri, ad eccezione di due furgoni, di colore nero e privi di targa, che erano arrivati dal bosco dopo aver agilmente superato i posti di blocco delle Nazioni Unite.

E gli occupanti di quei due furgoni, uomini con indosso delle tute grigie, erano venuti per raccogliere i piloti dei Mazinga.

Un ufficiale in tuta mimetica dava gli ordini usando un megafono: “Forza, Forza! Dobbiamo sgombrare tutto prima che arrivino quelli delle Nazioni Unite e dell’esercito giapponese!”

Misato non aveva saputo resistere, e da Neo-Tokyo 3 era arrivata con le squadre di soccorso, e mentre si effettuavano le operazioni, le venivano riferiti gli ultimi sviluppi: avevano trovato il cadavere di Cerberus, e i soldati delle Nazioni Unite e del Giappone premevano per poter occupare al più presto la zona.

Ma quando finalmente aprirono l’Entry Plug dello 02, Misato corse verso gli infermieri che portavano via Asuka su una barella.

La ragazza era svenuta, il viso in più punti sporco di sangue, ma era viva, con una flebo inserita in un braccio.

Misato le fu vicino per tutto il tragitto dallo 02 fino all’ambulanza, provò anche a parlarle, ma fu inutile perché era svenuta.

Quando la ragazza fu caricata sull’ambulanza, Misato si volse per cercare Shinji, e sapeva dove trovarlo.

Si diresse verso gli uomini che soccorrevano i piloti dei Mazinga, del tutto separati da quelli della Nerv.

Avevano già aperto due Pilder, e stavano portando via i piloti, anche loro su delle barelle.

Restava solo il terzo Mazinga, il più grosso.

Nessuno di quegli uomini badava a lei, finché non si sentì afferrare per una manica.

“Chi?”

Misato si girò sorpresa, verso un uomo steso su una barella, che aveva fatto cenno ai barellieri di fermarsi un attimo.

L’uomo perdeva sangue dalla fronte ed era pieno di lividi, tuttavia i suoi occhi non tradivano la minima sofferenza.

“Lei è Misato Katsuragi, vero?”

“Ecco… si… ma lei chi…”

“Sono solo un amico. Ho capito che era lei perché è identica a come l’ha descritta Shinji”.

“Cosa vuole da me?” domandò la donna leggermente sospettosa.

“Devo dirle una cosa molto importante: Shinji in questi ultimi giorni è parecchio maturato, e ha deciso di affrontare i suoi problemi. Una cosa che gli fa onore. Ma ha troppa poca esperienza della vita reale, e temo che non sia pronto ad affrontare tutte le difficoltà che gli si presenteranno davanti. E’ come un bambino che ha appena imparato a camminare da solo. Anche se sa reggersi sulle sue gambe, basta poco per farlo cadere. Perciò qualcuno dovrà stargli vicino e aiutarlo. Lei mi sembra la persona più indicata, tiene molto a lui e lui tiene molto a lei. Mi raccomando”.

“S… si…”

“Signorina Misato!”

Misato, sentendosi chiamare, si voltò e vide che mentre quello sconosciuto le parlava, l’abitacolo dell’ultimo Mazinga era stato aperto e sempre su una barella stavano portando Shinji.

Il ragazzo aveva riconosciuto la sua tutrice grazie all’uniforme.

“Shinji!”

Misato corse da Shinji e lo abbracciò.

Il ragazzo si mise a sedere sulla barella e fece altrettanto.

“Oh Shinji… sono stata cosi in pensiero!” disse Misato lasciandosi scappare qualche lacrima.

“Anche io ero in pensiero. Mi è mancata molto, tutti voi mi siete mancati” rispose Shinji, con gli occhi lucidi.

L’uomo sulla barella venne caricato su uno dei furgoni, mentre continuava ad osservare Misato e Shinji abbracciati.

Shinji, con la testa appoggiata sulla spalla della donna, vide Tetsuya che li osservava da dentro il furgone.

I due si scambiarono una lunga occhiata, poi Shinji timidamente alzò una mano e fece un gesto di saluto.

Tetsuya rispose annuendo e sorrise facendo il segno dell’ok.

Poi chiamò uno dei suoi barellieri e gli disse qualcosa.

L’uomo corse dai suoi colleghi che stavano trasportando Shinji e riferì loro il messaggio del loro superiore.

Il comandante dei soldati della Nerv andò da Misato per dirle che avevano terminato il lavoro ed erano pronti a sgombrare.

Misato quindi lasciò proseguire l’opera dei barellieri, che caricarono Shinji su una delle ambulanze della Nerv, vi salì anche lei, e il mezzo partì.

Mentre i mezzi della Nerv e i furgoni provenienti dalla Fortezza delle Scienze partivano, un rumore assordante riempì il cielo: quattro aerei giganteschi, uno della Nerv mentre gli altri tre erano modelli sconosciuti, si profilarono all’orizzonte, col compito di raccogliere i quattro giganti ancora al suolo per riportarli alle rispettive basi.

****

Misato rimuginava su quelle parole: “Farò del mio meglio per stargli vicino, d’altronde è quello che ho fatto per tutto questo tempo, nonostante io non sia esattamente la migliore per questo compito”.

Nella stanza d’ospedale non c’era nessuno, ad eccezione dei due giovani pazienti, ognuno sdraiato sul proprio letto.

I letti in realtà erano tre, ma uno era vuoto, con le coperte ancora smosse.

I due pazienti erano Shinji e Asuka, ed entrambi dormivano, sorvegliati da monitor che controllavano le loro funzioni vitali.

In mezzo ai letti dei due c’era una sedia, vuota.

Entrarono nella stanza un medico e un infermiera, e il primo domandò alla ragazza: “Che fine ha fatto Ayanami? Non mi sembra che fosse autorizzata ad alzarsi”.

“Lo so dottore, ma non ha voluto sentire ragioni, voleva a tutti i costi alzarsi. Per prendere una boccata d’aria fresca, o almeno cosi ha detto. E siccome le sue condizioni non erano gravi gliel’ho permesso. Altrimenti mi sa che avrei dovuto legarla al letto” rispose l’infermiera.

“Mmm… va bene. Ora controlliamo gli altri due Children”.

Il dottore controllò le cartelle cliniche dei ragazzi.

“Il Third Children sta bene, a parte la ferita al mento e contusioni varie. Spero comunque che gli abbiate somministrato lo stesso un piccolo sedativo, perché ha bisogno di riposo assoluto”.

“Lo abbiamo fatto dottore”.

“Anche la ragazza non ha nulla di grave a parte alcuni tagli e lividi. Tra cinque giorni potremo toglierle le bende dal ventre. Lo shock nervoso è stato forte, ma per fortuna il Second Children è di fibra robusta”.

“Abbiamo somministrato anche a lei un sedativo” disse l’infermiera prevenendo la domanda del dottore.

“Avete fatto bene, la regola del riposo assoluto vale anche per lei”.

Le due persone uscirono e il silenzio tornò nella stanza.

Quando fu veramente sicura di essere sola, Asuka aprì gli occhi.

“Che razza di personale. Mi hanno dato un sedativo prima rispetto a Shinji e non trovano strano che io dorma ancora. Ma forse è meglio cosi”.

Asuka si girò con la testa verso il ragazzo.

“E cosi eccoti qui, Shinji. Quanto mi hai fatto penare in questi giorni, il pensiero di non rivederti più mi teneva sveglia la notte e mi chiudeva lo stomaco. Tanta paura, una paura folle. Una paura che io non voglio più provare. Per questo ho preso la mia decisione, già poco prima della battaglia, l’unica decisione che una come me può prendere”.

Asuka sospirò.

“Non voglio amarti, non voglio provare più niente per te, devi diventare solo un collega di squadra, niente di più.

Il mio unico scopo sarà quello che avevo all’inizio, essere la migliore pilota di Eva, perché penso che sia l’unica cosa che può darmi abbastanza sicurezza.

E certamente è una cosa migliore del cercare di far capire ad un idiota come te che ti amo, anzi, che ti amavo. Quello è stato solo un patetico tentativo di cambiare me stessa, di essere qualcosa che non sarò mai, di avere qualcosa che non potrò mai avere, o meglio, riavere, dopo che mi è stato strappato dieci anni fa.

Ho voluto assecondare un nefasto desiderio interiore, pur non avendo dimenticato a cosa mi aveva portato in passato, e ho commesso un errore, a cui devo rimediare.

Ma questa è veramente la scelta migliore?

Non lo so, secondo me è quella giusta, e al diavolo quello che possono dire gli altri”.

Asuka notò che il suo letto non era molto lontano da quello di Shinji, quindi allungò un braccio per cercare di raggiungere la mano del ragazzo.

Dovette sporgersi leggermente dal suo letto, le arrivò qualche piccola fitta dallo stomaco, ma alla fine ce la fece, e riuscì a stringere la mano di Shinji.

La tenne stretta per molti, lunghissimi secondi.

“Solo un gesto d’addio, un piccolo regalo fatto a quella stupida Asuka che pensava di poter amare qualcuno senza soffrire più”.

La ragazza lasciò la presa e cercò di addormentarsi mettendosi la testa sotto le lenzuola.

“In fondo è una fortuna che quello scemo dormisse, se fosse stato sveglio….”

Asuka troncò a metà il pensiero, fece una faccia irritata e tentò con maggiore intensità di addormentarsi.

A quel punto le dispiacque molto che il sedativo non facesse più effetto.

Le avrebbe garantito un sonno senza sogni.

Il corpo giaceva nudo e immobile sul freddo tavolo di metallo dell’obitorio.

Solo un lenzuolo bianco ricopriva quel cadavere, lasciando scoperta la testa e il petto.

Una persona si avvicinò al tavolo, fissando con attenzione quel viso privo di vita, con gli occhi e la bocca socchiusi.

“Dunque eri tu. Avrei dovuto immaginarlo che saresti diventato cosi, con quell’assurdo nome da battaglia e quella armatura, perché hai sempre avuto il vizio della teatralità, sin da quando eravamo piccoli.

E questa teatralità, unita alla tua megalomania, ha formato un qualcosa che alla fine ti è costato la vita.

Ma forse, io, pur essendo decisamente più austero, sono megalomane quanto te.

E probabilmente le nostre vite sono state più similari di quanto io stesso voglia ammettere, visto che anche io seguo un sogno che tutti riterrebbero una follia.

Però c’è una differenza fondamentale tra noi due: tu hai fallito, io invece raggiungerò il mio scopo”.

L’uomo afferrò il lenzuolo e ricoprì totalmente il cadavere, poi uscì dall’obitorio fermandosi a parlare un momento con il responsabile di quel luogo.

“Cremate immediatamente il corpo, e gettate le ceneri in mare”.

“Agli ordini, comandante Ikari”.

Lasciato l’obitorio, Gendo si recò nel suo ufficio, dove lo attendeva Fuyutsuki.

Il comandante si sedette assumendo la sua solita posa, sotto lo sguardo rilassato del suo vice.

“Chi era quel uomo?” domandò Fuyutsuki.

“Ti interessa tanto saperlo?”

“Be, certo non era uno qualunque, se la sua presenza ti ha spinto a fargli un’ultima visita all’obitorio”.

Gendo rimase in silenzio per un po’, tanto che Fuyutsuki pensò che non volesse parlare di quell’argomento.

Ma poi Gendo rispose: “Un pezzo di passato, che se ne è andato per sempre”.

“Se non hai voglia di rispondere ad una domanda, perché non dici semplicemente che non vuoi parlarne? Devi per forza uscirtene con queste frasi enigmatiche? A volte sembri davvero fissato con la teatralità”.

E sentendo quella parola, Gendo sorrise.

“Comunque Gendo, prima ho ricevuto una chiamata del presidente Keel. Si congratula con noi per l’eliminazione della nuova minaccia, ma vuole sapere perché, pur avendone l’occasione, non ne abbiamo approfittato per eliminare i membri della squadra Mazinga. Anche loro potrebbero diventare una minaccia”.

“Se avessimo cercato di catturarli, avremmo fornito loro la prova che la Nerv segue un secondo fine. Invece in questo modo ognuno è andato tranquillamente per la sua strada. So bene che hanno dei sospetti, ma un sospetto è meno pericoloso di una certezza. Inoltre si sono rivelati essere degli uomini d’onore, e come loro, anche io mantengo sempre la parola data”.

Rei stava seduta su una panchina situata fuori dall’ospedale interno del Geo-Front.

Indossava un pigiama da ospedale, e il suo bel viso era coperto da vari cerotti, che non le recavano fastidio perché in quanto a ferite fisiche ne aveva subite di peggiori.

Con gli occhi osservava i raggi solari che ornavano la volta del Geo-Front fornendo uno spettacolo straordinario di luci ed ombre.

Ma la sua mente non badava a quello spettacolo, non l’aveva mai fatto.

Stava pensando alla sua amica Nadia, che non c’era più.

Inizialmente non aveva saputo spiegarsi perché fosse sparita in quel modo, quando ormai era ad un passo dalla salvezza.

Ma ora lo aveva capito: Nadia aveva semplicemente fatto quello che avrebbe fatto ogni creatura strappata contro la sua volontà al proprio luogo d’origine.

Ovvero, vi era tornata.

La stessa cosa che avrebbe fatto anche lei del resto, se fosse stata al suo posto.

Lei, come Nadia, era stata creata per uno scopo, e questo scopo la teneva prigioniera.

Magari con la forza, magari con l’affetto, comunque era prigioniera.

Ma una volta sparito lo scopo, essa era libera di tornare indietro.

E anche lei, nel profondo della sua anima, aveva sempre desiderato tornare nel suo luogo d’origine, una volta eseguito il suo compito.

Quindi il gesto di Nadia era stato perfettamente logico.

Eppure, nonostante sapesse questo, Rei provava qualcosa dentro di lei, qualcosa di brutto, che la faceva stare male.

Lo aveva già provato qualche giorno fa, dopo il secondo attacco dei mostri meccanici, un sentimento molto simile a quello che provava adesso.

Che cos’era?

Prima non lo sapeva con certezza, adesso si.

Tristezza.

Tristezza perché una persona a cui teneva non c’era più.

E non c’era ragionamento logico che tenesse.

Nadia se ne era andata.

E pensare che, negli ultimi tempi, con Nadia era successo qualcosa a Rei: le era piaciuto essere bloccata in un mondo diverso dal suo perché era insieme ad una persona che la capiva meglio di chiunque altro.

Meglio del maggiore Katsuragi, meglio di Shinji Ikari, meglio persino del comandante Ikari.

E forse, una volta scomparso lo scopo che la teneva prigioniera, pensava che avrebbe potuto persino restare lì, non più perché costretta ma di sua volontà.

E magari anche Nadia aveva provato la stessa cosa, quella leggera sensazione di piacere.

Ma in tal caso perché si era suicidata?

La risposta più ovvia che le veniva in mente era che in realtà Nadia non aveva provato niente del genere, quindi loro due erano simili, ma non molto.

Ma era inutile tormentarsi con simili pensieri astrusi, erano i fatti che contavano, ed erano inequivocabili: la persona che la capiva meglio di chiunque altro se ne era andata per sempre.

“Oh, Nadia..” mormorò Rei abbassando il capo.

Poi uno strano sibilo giunse alle orecchie della ragazza, davvero strano perché non sembrava un sibilo dettato dal vento.

Sembrava… un motivetto.

Un motivetto molto familiare.

Era quello che…

Rei si alzò dalla panchina, e cominciò a guardarsi attorno, cercando con lo sguardo.

Non trovò nessuno, e pensò che fosse stata solo un’impressione.

Quando ecco che il motivetto tornò a farsi sentire, accompagnato stavolta da una leggera brezza.

Una brezza che percorse il corpo della ragazza, e sembrò anche accarezzarle il viso.

Un tocco dolce, che nonostante fosse provocato da un semplice movimento d’aria, le sembrò molto familiare.

Era lo stesso che aveva sentito l’altra notte, nell’Entry Plug dello 00, quando era ormai arrivata alla costa.

Il vento cessò, e tornò un silenzio totale.

Ma non era tornato tutto come prima.

In Rei non c’era più tristezza, ma la speranza.

“Allora forse, siamo davvero parecchio simili”.

Detto questo, si guardò in giro un’ultima volta e tornò dentro l’ospedale.

FINE

  
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