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Autore: _diana87    12/04/2012    4 recensioni
TRAMA: [SEGUITO DI "GANGASTA'S PARADISE"] New York, inizio anni '40. La vita non potrebbe andare meglio ad Alexander Castle. Sposato con Kate, 2 figlie, continua a fare il detective per la omicidi. Un giorno, la famiglia viene invitata ad un matrimonio, e lì Martha rivela ad Alexander che il padre della sposa, tale Don Vito Provenzano, è in realtà il suo vero padre, uno dei più potenti capi della mafia italo-statunitense. Trovandosi in una posizione complicata, Alexander inizierà a capire parecchie cose sul suo passato e avrà dei dubbi sulla strada che ha intrapreso...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Calvary

Blood ties

 

 

 

"O muori da eroe,

o vivi tanto a lungo

da diventare il cattivo."

[Batman Il cavaliere oscuro]

 

 

 

La domenica mattina era il momento ideale per riunirsi con la famiglia e stare sereni.

Vito Provenzano ormai era parte integrante di quell'agglomerato, e tutti i suoi membri avevano accettato la sua presenza.

La piccola Johanna specialmente.

Quel giorno, la bimba invitò l'anziano signore a giocare con lei a nascondino.

La piccola lo invitò a rincorrerla nel cortile, tra i panni stesi sullo stendino.

Lenzuola bianche, pantaloni, vestiti.

Provenzano stava leggendo ma vedendo quello sguardo limpido nel volto di Johanna, non resistette.

Mollò tutto e la rincorse, dicendole che l'avrebbe presa prima o poi.

Johanna correva e rideva, sfidava il nonno a raggiungerla.

Provenzan correva e rideva anche lui, ma si sentì stanco improvvisamente.

Gli occhi si aprirono... erano sbarrati. Si toccò il petto. Si sentiva una voragine nel corpo. Qualcosa che lo stava risucchiando da dentro.

Cercò di parlare, di chiamare la nipote, ma niente.

Allungò una mano cercando aiuto, cercando di aggrapparsi a qualcosa, ma invano.

Cadde all'indietro e fu un tonfo sonoro.

Rimase in quella posizione supina per un bel po'.

Quando Johanna chiamò il nonno poiché non lo vedeva più, lanciò un urlo trovandolo a terra. Dapprima pensò che lui stesse giocando, quindi lo chiamò a gran voce. Ma quando vide che non batteva ciglio e che gli occhi restavano aperti... la piccola chiamò sua madre.

 

Il rintocco delle campane la domenica pomeriggio.

La gente della città alzava lo sguardo al cielo, poi guardava l'ora.

Non era ora per la messa o per il rosario, era troppo tardi.

Dalla chiesa si erse una folla di persone tutte vestite di nero. Davanti, quattro uomini trasportavano una bara color marrone. Tra questi vi era: Alexander, Sasà e Sonny.

Sguardo cupo rivolto verso il basso.

Dietro seguivano Katherine, Martha, Alexis e Johanna, la quale non capiva come mai tutta la gente fosse così triste e continuava a domandare dove fosse andato il nonno.

La morte di Vito Provenzano era un fatto accaduto all'improvviso, senza nessun preavviso.

Se n'era andato nella stessa maniera in cui era arrivato in quel mondo: da solo.

 

Dopo il funerale, ognuno si separò andando per la sua strada.

Castle era cupo, chiuso in sé stesso.

Strinse i pugni, incapace di darsi una spiegazione all'evento.

Aveva appena ritrovato suo padre, e ora lo aveva appena perso.

Strana la vita, eh?

"Alex... cos'hai?"

Katherine lo raggiunse, mettendogli una mano sulla spalla per rassicurarlo. Lui pose la sua mano su quella calda della donna e una sensazione di piacere e rassicurazione lo invase.

Quel sentimento venne presto sostituito dal senso di colpa.

"Hanno vinto, Katherine. La mafia ha vinto. Tutto ciò per cui ho combattuto in questi anni è stato spazzato via."

La donna scosse la testa non capendo.

"La gente perderà la speranza. La morte ha preso anche mio padre."

"No, Alexander, ascoltami..." gli prese la mani, ponendosi davanti a lui. 

Lo guardò intensamente in quegli occhi in cui poteva perdersi facilmente.

"Nessuno perderà la speranza. Tu stai facendo qualcosa di buono, invece. E hai dei colleghi che ti aiuteranno!"

Ma Katherine non sapeva che Alexander sapeva come stavano realmente le cose.

Quegli occhi blu erano ormai spenti.

Si alzò, deciso, dirigendosi lontano da quella casa, lontano da tutti.

Fece una passeggiata per il viale, fumandosi una sigaretta e guardando in un punto imprecisato dell'orizzonte.

Passo dopo passo, immerso nei suoi pensieri, camminava ormai da un'infinità di tempo, finché giunse davanti al suo distretto di polizia.

Spense la sigaretta al suolo, con un piede, poi entrò.

Esposito e Ryan erano ai loro posti a concedersi un attimo di pausa. Quando videro il loro capo avanzare verso di loro, si bloccarono in quelle posizioni statuarie. Vedendolo vestito di nero, con quell'aria morta e quello sguardo spento, non sapevano come reagire.

"Castle... tutto okay, bro?" il portoricano gli tese la mano per accoglierlo, ma quella mano di Alexander era troppo fredda e sudava allo stesso tempo.

Il detective guardò prima uno e poi l'altro.

"Devo dirvi una cosa. In privato. Nel mio ufficio."

Di solito quelle parole non promettevano mai nulla di buono.

I tre, chiusi in quella stanza, si sedettero, uno di fronte l'altro.

Alexander era ansioso, ma deciso. Iniziò a raccontare loro tutta la verità sulla sua famiglia, quella dei Provenzano. Di aver partecipato a tutte riunioni con i capi mafia. E sopratutto, di essere stato lui ad uccidere Tom Demmings quella sera al locale. Confessò di averlo ucciso per sbaglio. Era stato un istinto incontrollabile. Demmings aveva superato il limite sparlando di suo padre, e Castle aveva imparato che la famiglia non si tocca, che va sempre al primo posto.

I due agenti si guardarono l'un l'altro, dispiaciuti per la vicenda. Poi osservarono Alexander: quell'uomo davanti a loro era sincero, stava parlando con il cuore in mano, e sembrava davvero convinto di ciò che diceva. Si dichiarava lui stesso colpevole.

Poi allungò le mani verso di loro, stringendole a pugni.

"Fate quello che dovete fare."

Non c'era altra scelta per Alexander Castle di passare qualche giorno in prigione.

 

"Attenzione, gente! Arrestato noto detective di polizia, Alexander Castle, famoso per le sue lotte contro la mafia. In prigione da ieri sera per, ironia della sorte, l'accusa di aver sparato ad un capo mafia che agiva contro la famiglia Provenzano!"

"Colpo grosso per la polizia di New York, la più rinomata degli ultimi anni..."

 

Martha spense la radio.

Sbuffò nervosamente. Quella notizia era su tutti i giornali. Per radio e ovunque!

"Non lo lasciano in pace... questi media sono dei cani assassini!"

"Si chiamano watch dogs, nonna!" disse Alexis sorridendo, cercando di riportare un po' di serenità che evidentemente si era persa.

 

Passarono due giorni, e Castle era sempre più cupo, chiuso nel buio della sua cella e non volendo vedere nessuno. Finchè una guardia si avvicinò per aprire e fu allora che lui alzò la testa. Aveva uno sguardo vuoto, barba incolta ed era mal ridotto. Forse anche dimagrito.

"Sei fuori, Castle. Qualcuno ha pagato la cauzione."

Si alzò lentamente, non capendo perchè qualcuno lo voleva fuori visto che era accusato di omicidio.

Quando però si presentarono i suoi fratellastri davanti a lui, capì tutto.

"Dobbiamo sempre salvarti noi, eh?"

"Dovresti essere tu il fratello maggiore!"

Sonny e Sasà si tolsero il cappello per rispetto, poi porsero ad un sempre più confuso Alexander dei panni nuovi e puliti.

"Non capisco... cosa..."

"Hanno arrestato qualcun altro... o meglio... lo abbiamo fatto arrestare..." Sonny sghignazzava con Sasà.

Invitarono Alexander a sbrigarsi per uscire.

Contemporaneamente alla loro uscita, Castle vide passarsi accanto il presunto colpevole, un povero uomo di mezza strada, pagato sicuramente profumatamente per passare dalla parte del torto. Dietro a lui, due guardie carcerarie lo facevano camminare a spintoni.

Il detective tornò a guardare in avanti.

 

"...un detective, accusato ingiustamente... ecco chi è Alexander Castle! Un eroe nostrano, che si è infiltrato nella criminalità organizzata col solo scopo di proteggere la sua famiglia e sconfiggere il male. E' con grande onore che concedo al signor Castle le chiavi della città di New York. Congratulazioni."

"Grazie, signor Sindaco."

Giornalisti si accalcarono per immortalare quell'immagine: Castle che stringeva le mani al Sindaco, mentre questi gli dava le chiavi.

Katherine, Martha e Alexis gioivano e battevano le mani.

Mai come allora erano state così fiere di lui.

Alexander sorrideva loro.

Se solo la sua famiglia sapesse cosa avevano fatto i figli Provenzano...

La folla batteva le mani chiamandolo "Eroe", mentre lui dentro sentiva quella sensazione di potere e di fama che aveva tanto sognato.

Sì, ma a quale prezzo?

Un altro uomo innocente era stato messo in prigione. Ma a quell'uomo andava bene così.

New York aveva bisogno del suo vero eroe. Che fosse stato davvero Castle allora?

Più che eroe, lui si sentiva un cavaliere oscuro che aveva agito nell'oscurità, lontano dai riflettori...

 

Quella sera, la famiglia Castle aveva festeggiato la ritrovata armonia.

Con le figlie al letto e la nonna rintanata a leggere, Katherine era rimasta da sola con suo marito.

C'era sempre qualcosa di diverso in lui e lei stessa non riusciva a capire cosa.

Che la morte di suo padre l'avesse segnato, questo era poco ma sicuro.

"Alexander... c'è qualcosa che vuoi dirmi?" dolcemente la donna lo toccò in viso, sfiorandogli la cicatrice sulla guancia. "Ti sento strano..."

Lui abbozzò un sorriso.

"Certo... mio padre è morto, la mafia  si è fatta da parte... mi riprenderò e non vi trascurerò più!" disse guardando foto delle sue due figlie e di sua madre. "Ora va, raggiungi Alexis e Johanna... sicuro la piccola vorrà sentire una storia... io ho da discutere delle cose sul testamento..."

Tolse la mano della moglie sul volto e le diede le spalle, per dirigersi verso il gran salone dove il padre era solito tenere le sue riunioni.

Katherine sentiva ancora che c'era qualcosa che non sapeva.

Qualcosa che Castle aveva paura di dire o di rivelare.

Qualcosa che Castle le stava nascondendo.

L'espressione del marito, appena diede le spalle alla consorte, cambiò radicalmente da sorridente a seria.

Si sistemò il cappello sulla testa, poi entrò nella stanza e si sedette al centro, circondato da altre persone, tra cui i suoi fratellastri.

Katherine era intenta a sistemare dei fiori dentro i vasi con l'acqua, quando la sua attenzione si rivolse a quella stanza. Sentiva un vociare confusionario, una parlata mezza americana e mezza italiana. Volse lo sguardo verso la porta della stanza che non era stata chiusa, ma lasciava intravedere giusto Alexander seduto e intorno a lui le persone gli baciavano la mano.

"...baciamo le mani al nuovo... padrino."

Katherine spalancò la bocca di fronte a quella scena.

Quello era il tipico gesto con il quale si accoglieva un capo mafia.

Lei lo sapeva benissimo, lo aveva imparato.

Rick guardò i suoi e sorrise compiaciuto.

"La famiglia al primo posto."

Katherine guardava e continuava a fissare quella scena, che si chiuse quando il maggiordomo della famiglia Provenzano chiuse la porta della stanza e questo le impedì di osservare altro.

Ma ciò che aveva visto le sembrava abbastanza...

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco sana di mente):

Ebbene sì... qualcuna di voi aveva ragione dicendo che il detective voleva entrare nel circolo mafioso per smascherarli, e quindi alla fine viene anche premiato per il suo operato.

Ma... c'è un "ma"... ed è il colpo finale che non vi aspettavate (o forse sì? XD)... infatti, Castle prende il posto del padre alla guida della sua famiglia.

Katherine come la prenderà?

Ma sopratutto perchè questo cambiamento? E' sempre stato dalla parte dei cattivi?

xoxo

D.

 

*se ve lo state chiedendo, sì... l'incipit e una frase nella storia l'ho ripresa da "Il cavaliere oscuro" XD

   
 
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