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Autore: loryl84    13/04/2012    9 recensioni
Salve! Presa dall’ispirazione, ho deciso di pubblicare questa piccola ff, sperando che sia di vostro gradimento. La storia parte da un punto imprecisato prima del ritorno di Fersen, e si conclude con l’episodio della camicia strappata (da me ampiamente rivisitato).
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Presa dall’ispirazione, ho deciso di pubblicare questa piccola ff, sperando che sia di vostro gradimento. La storia parte da un punto imprecisato prima del ritorno di Fersen, e si conclude con l’episodio della camicia strappata (da me ampiamente rivisitato). Tengo a precisare che alcuni capitoli seguono costantemente il filo conduttore dell’anime, sia per quanto riguarda i fatti che i dialoghi, ma in alcune cose si sviluppa in maniera completamente differente. Come ho già detto, non sono completamente estranea alla scrittura di ff, anche se le mie precedenti storie non riguardavano Lady Oscar, ma questa è la prima volta che ho scritto utilizzando la prima persona, seguendo cioè i pensieri di Oscar e Andrè, allontanandomi da quello che è il mio stile. Spero di esserne stata capace e di non deludervi.
So di non essere un’autrice eccelsa, ho letto alcune storie su questo fandom che sono delle vere e proprie perle; ma scrivere mi rilassa, e apre la mia mente alla più sfrenata fantasia, ed è per questo che ho deciso di provarci anche con questi personaggi.
Ringrazio in anticipo chi perderà un po’ del suo tempo per leggere questa storia, chi vorrà recensire e chi darà semplicemente una sbirciata. Un abbraccio, Loredana.



1- Capitolo 1

L’autunno è alle porte.

Si percepisce nel paesaggio che cambia, muta inconsapevolmente, ma inevitabilmente.

L’aria è più frizzante, rispetto alla calura che riempiva le giornate fino a poco tempo fa.

Osservo gli alberi del frutteto. Le foglie si stanno lentamente dipingendo di giallo, a tratti con sfumature arancione, in un intenso gioco di colori. Alcune di esse giacciono dolcemente a terra, formando un morbido tappeto.

Anche gli animali preferiscono rintanarsi nel piacevole tepore della stalla, anziché rimanere a contatto con le basse temperature, non più così piacevoli.

Sospiro, osservando il paesaggio dalla finestra della mia camera.

E, inconsciamente, mi viene naturale fare un paragone con la mia vita.

Le stagioni passano, mutano impercettibilmente il loro corso, così come la mia vita. Avverto il peso degli anni che passano, nonostante non sia poi così vecchia. Certo, per un uomo, trent’anni è l’età in cui si è nel pieno della vita, una vita fatta di incarichi gloriosi e medaglie ad ornare la divisa. Per una donna è diverso, si è in un’età in cui si è troppo vecchie per essere date in sposa e troppo giovani per lasciarsi appassire, sfiorendo tra le rigida mura domestiche della casa paterna.

E per me? Cos’è meglio per me?

Ho passato l’intera esistenza a compiacere la volontà di mio padre. Il figlio maschio mai avuto. Una donna soldato. Il Comandante delle Guardie Reali.

Ho represso nella profondità del mio animo la mia reale natura, ho combattuto contro di essa, uscendone, a volte, sconfitta.

Sono cresciuta con la convinzione e la volontà di essere un uomo, rapportandomi agli altri secondo le abitudini che, da sempre, contraddistinguono questa categoria.

Eppure…

Eppure la mia vera natura è saltata fuori prepotentemente, urlandomi in faccia la sua realtà, nel momento in cui mi sono scoperta innamorata. Era una cosa che non doveva succedere, non era stata programmata. Anche adesso, avverto il mio cuore battere furiosamente.

Fersen.

Possibile che dopo tanto tempo tu abbia su di me questo effetto? Non è servita a niente la tua partenza, la lontananza non ha fatto altro che acuire un dolore impossibile da cancellare.

Quando mi sei diventato così indispensabile?

Appoggio la mano sul vetro della finestra, cercando un contatto immaginario con te.

E ti vedo. Il tuo volto delicato, i tuoi occhi azzurri e penetranti. Il tuo sorriso radioso.

E sento. Sento la tua mancanza, avverto una morsa indicibile che mi attanaglia il petto, mi soffoca, fino a togliermi il respiro.

Avrei cambiato la mia vita per te. Avrei stravolto la mia intera esistenza pur di rimanere al tuo fianco. Non mi sarebbe importato di niente e di nessuno, se solo mi avessi aperto il tuo cuore, inaccessibile al mio amore.

Vorrei piangere, ma mi accorgo che il mio corpo è diventato insensibile a questo genere di debolezze. Merito della mia educazione maschile, indubbiamente. O forse no. Credo che ormai sia diventato una sorta di paravento, nascondersi dietro la scusa della mia formazione prettamente maschile, pur di non ammettere che non sono in grado di provare sentimenti.

Scuoto la testa. Il mio pensiero potrebbe sembrare contraddittorio. Fino ad un attimo fa decantavo il mio amore per te, e subito mi stupisco di non essere in grado di provare sentimenti. Ma in fondo sono io stessa una contraddizione vivente.

Una donna che vive come un uomo. Che ne assume le sembianze, pur non rimarcandole pienamente.

Una donna dotata di libertà, sia di pensiero che di movimento, che sarebbe impensabile e impossibile avere se non avessi deciso di adottare lo stile di vita che mi è stato imposto.

In fondo dovrei anche ringraziare quel buon uomo del Generale. Ed in parte in effetti è così. Gli sono grata per la libertà che mi è stata concessa, anche se questo ha voluto dire annullare una parte di me. Alla fine è riuscito nel suo intento. Dovrebbe essere soddisfatto di ciò che ha creato.

L’algido capitano dagli occhi di ghiaccio. Ecco quello che sono.

Impartire ordini. Comandare. Essere fedeli alla Corona. Ecco quello che ci si aspetta da me.

Fisso il mio riflesso sul vetro, maledicendo quegli occhi azzurri così gelidi e impenetrabili che mai come in questo momento sento di odiare. Guardo, ma non vedo.

Cosa c’è Oscar? Cosa sei? Cosa c’è dentro di te? Esiste ancora qualcosa che muove quel tuo stupido organo chiamato cuore? Oppure sei solo un guscio vuoto, un corpo senz’anima, inaccessibile agli altri e a te stessa.

Un leggero bussare alla porta, mi riporta momentaneamente al presente.

Non mi volto. So che sei tu, Andrè. Il lieve tocco della tua mano contro la porta mi accompagna fin dalla più tenera età. Saprei riconoscerlo dovunque. È diverso dal forte tamburellare che accompagna l’entrata di Nanny, o da quello sfuggevole ed esitante delle altre cameriere.

Il tuo tocco è deciso ma non invadente. Come del resto così è sempre stata la tua presenza al mio fianco.

Sento la mia voce levarsi autoritaria, quando ti do il permesso di entrare nella mia stanza.

Continuo a non voltarmi, fisso con insistenza fuori dalla finestra, completamente estranea a ciò che mi circonda.

Ti sento armeggiare dietro di me, e so che hai appoggiato il vassoio con la cena sul tavolo accanto allo scrittoio.

“La nonna ti raccomanda di mangiare tutto”

Annuisco impercettibilmente.

Ti sento esitare, indeciso o no se parlare.

“Posso fare qualcosa per te?”

Oh Andrè… se tu sapessi… potrei dirti che sono stanca di tutto, di questa vita, degli sfarzi di Versailles, della povertà della Francia…

Potrei chiederti di portarmi qui Fersen, forse l’unico in grado di alleviare un po’ delle mie sofferenze…

Ricaccio indietro una lacrima che ha deciso di violare il mio ordine, e, insistente e insidiosa, rotola giù sulla mia guancia.

“No Andrè, è tutto” rispondo, cercando di non far trasparire nulla dalla mia voce.

Avverto il dubbio impossessarsi del mio attendente, percepisco una tensione aleggiare nell’aria. Ti prego Andrè, non chiedermi niente, non oggi.

Poi, così come era arrivata, la tensione si dissolve, come una bolla di sapone. Ti sento sospirare, prima di deciderti ad accomiatarti. Sei già sulla porta, quando ti fermo.

“Ah, Andrè…”

“Dimmi tutto, Oscar”

“Domani mi recherò da sola a Versailles. Sua Maestà la regina Maria Antonietta desidera parlare con me. Non è necessario che tu mi accompagni”

“Sei sicura?”

“Si Andrè. È tutto ora, puoi andare”

Percepisco ancora quella strana insofferenza che aleggia intorno a te, quando non sei d’accordo sulle mie scelte. Non puoi disubbidire Andrè, non l’hai mai fatto e non comincerai certo ora.

“Come desideri. Buona notte Oscar”

“Buonanotte Andrè” rispondo, ma tu non odi le mie parole perché sei già fuori dalla stanza.

******

Attraverso piano i corridoio che mi portano alla tua stanza. Esito un attimo prima di picchiare dolcemente alla porta.

La tua voce perentoria mi ordina di entrare e involontariamente mi scappa un sorriso. Sei sempre così Oscar. Anche nelle più piccole cose assumi sempre il comando.

Entro nella tua camera con ancora il sorriso stampato in volto. Che si spegne immediatamente non appena intravedo la tua figura sinuosa davanti alla finestra.

Sei taciturna e pensierosa in questi giorni Oscar.

È come se stessi mettendo più distanza possibile tra te e il mondo, includendo anche me in questo tuo volontario allontanamento.

Cosa è successo? Perché sei così triste? È ancora per lui, Oscar?

Sette anni di lontananza non sono serviti a rimuoverlo dal tuo cuore e dalla tua mente. Lo so, lo capisco, anche se non me ne hai mai parlato.

Ma lui non ti ama, Oscar. Né ti amerà mai. Il suo cuore appartiene ad una sola donna, e tu lo sai. E pur sapendolo non puoi fare a meno di continuare ad amarlo.

Inevitabilmente avverto una morsa intorno al cuore. Se solo sapessi, Oscar, quanto siamo simili io e te. Rimarresti stupita di sapere che in fondo ci lega molto di più di quello che tu possa immaginare.

Ti guardo mentre tu rimani imperterrita a fissare fuori dalla finestra. Cosa ti aspetti di vedere, Oscar? Pensi che il conte di Fersen ti possa apparire così, dal nulla? No, ti sbagli, Oscar. Se anche lui ritornasse, non è a palazzo De Jarjayes  che verrebbe. Ma è dalla Regina che correrebbe.

Perché è quello che anche io farei. Tornerei dalla persona che amo.

Appoggio il vassoio sul tavolo, sperando che questo movimento ti induca a voltarti, ma tu rimani ferma.

Non fare così Oscar. Non allontanarmi da te.

Ti chiedo se hai bisogno di qualcosa e ti sento esitare.

Cosa vuoi chiedermi? Vorresti che ti portassi qui il bel conte per vivere insieme felici e contenti? Sai che non potrei mai farlo. Ma sai anche che per te lo farei. Farei tutto per te. Per far ritornare il sorriso su quel volto troppo triste, che assume sempre più spesso una piega malinconica. Da quanto tempo non ridi più? Quando è stata l’ultima volta che ti sei lasciata coinvolgere in una allegra risata? Non me lo ricordo più. È passato tanto tempo. Troppo.

Ti osservo, ed infine la vedo.

Una lacrima. Scende lentamente sulla tua guancia, anche se tu fai di tutto per trattenerla. Evidentemente è sfuggita al tuo controllo, e questo ti infastidisce. Non vuoi dimostrarti debole, non puoi farlo. Un uomo non lo farebbe. È questo che ti sento ripetere da una vita, ed è questo che cerchi di dimostrare. Ma ti sbagli, Oscar. Non sai quanto. Anche gli uomini possono piangere, non siamo creature ultraterrene. Abbiamo anche noi dei sentimenti, che a volte escono allo scoperto. Nella maniera più imprevedibile. Ma ci sono.

Mi riscuoto quando sento la tua voce che mi congeda. È il tuo modo per dirmi che vuoi rimanere sola. Ancora.

Vorrei rimanere qui con te, abbracciarti e dirti che andrà tutto bene. Ma non posso farlo. Stringo i pugni, fino a far diventare le nocche bianche, poi lentamente li rilascio.

Mi dirigo verso la porta, quando la tua voce mi ferma.

“Domani mi recherò da sola a Versailles. Sua Maestà la regina Maria Antonietta desidera parlare con me. Non è necessario che tu mi accompagni”

Il mio cuore sobbalza. Lo stai facendo di nuovo Oscar. Mi stai allontanando.

“Sei sicura?” domando, mentre avverto una miriade di sensazioni invadermi l’animo.

Mi confermi il tuo ordine, e io sento gli argini della diga che ho costruito intorno a me, crollare e travolgermi come un fiume d’acqua dirompente.

Non puoi farlo davvero, Oscar. Non mi puoi escludere dalla tua vita.

La vista mi si annebbia, ma cerco di recuperare il controllo di me stesso. Respiro profondamente prima di risponderti.

“Come desideri. Buona notte Oscar”

Mi chiudo silenziosamente la porta alle spalle. Percepisco un lieve mormorio, parole biascicate e che mi risultano incomprensibili. Ma sono troppo confuso e amareggiato. Non ho né il tempo, né la voglia di capirti. Non questa volta. 

  
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