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Autore: crazy_k    13/04/2012    2 recensioni
Si dice che la notte porti consiglio... E che pensare troppo faccia male.
Sarah è strana. Non c’è quasi mai e quando c’è, è sempre distratta, persa nei suoi pensieri, lontana.
Ellen ha paura, teme che la bionda non l’ami più.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Raving Night
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’etichetta traslucida del nome era appuntata al suo petto, sorretta da una spilla da balia completamente arrugginita. Si perdeva nella moltitudine di macchie che imbrattavano il grembiule, una volta candido e profumato di marsiglia. I capelli, intrisi dell’odore di fritto che saturava l’aria dell’intero locale, rimanevano raccolti in una pratica treccia, sotto la cuffietta da cameriera.
- Hey Sunshine, ricordati che hai promesso di fare triplo turno oggi!
La ragazza storse le belle labbra in una smorfia di disappunto. - Mi chiamo Sarah - replicò com’altre mille volte, uscendo dalla cucina con le braccia cariche di vassoi.
 

***

 
 
Ore 23.30
 
L’orologio a muro scandisce lento il passare del tempo. Secondi, minuti, ore; trascorrono tutti in una fiacca agonia che stordisce i sensi della studentessa. Seduta immobile, sul letto sfatto, pare uno scoglio solitario che spunta al centro dell’oceano. Le lancette si muovono indolenti nel quadrante di plastica dell’oggetto, dietro al vetro incrinato che ne distorce l’immagine. Emettono un rumore infernale che rimbomba in un eco infinito nella stanza vuota.
Dalla finestra spalancata spira l’aria gelida della notte invernale.
 
Lei non è ancora tornata.
Ultimamente fa sempre tardi; rientra quando il coprifuoco è già scattato da tempo e il campus dell’università è pressoché deserto. Evade tutte le domande che le vengono poste senza disturbarsi nemmeno per trovare una scusa plausibile.
 
Ellen fissa la porta chiusa davanti a sè e spera in silenzio di vederla aprirsi presto.
 
 
Ore 00.00
 
Sarah è strana. Non c’è quasi mai e quando c’è, è sempre distratta, persa nei suoi pensieri, lontana.
Ellen ha paura, teme che la bionda non l’ami più.
 
La sveglia sul comodino emette un leggero bip che annuncia lo scoccare della mezzanotte.
I capelli ramati della ragazza appena ventiquattrenne ondeggiano nel vento artico che proviene dall’esterno; paiono alghe morte, trascinate dalla corrente nell’immensità dell’oceano, alla deriva in mezzo a una distesa che pare senza inizio né fine.  La pelle di braccia e gambe è interamente ricoperta di geloni e l’intero corpo viene scosso a intermittenza da fremiti violenti di febbre. Ma Ellen non fa caso a queste piccolezze, non quando Sarah non è ancora tornata a casa… A casa, da lei, nella loro camera.
 
 
Ore 01.15
 
A Ellen piaceva svegliarsi la mattina con il profumo del caffè appena fatto che riempiva l’aria. Le piaceva vedere Sarah aggirarsi attorno al fornelletto da campo che usavano per riscaldarsi qualche cibo precotto quelle volte che decidevano di mangiare nell’intimità del loro alloggio e non in mezzo alla ressa della mensa comune, all’università. Adorava guardare quella che, finalmente, dopo anni di relazione tenuta nascosta agli occhi del mondo per paura di essere giudicata, di essere etichettata come anormale, aveva trovato il coraggio di chiamare fidanzata mentr’ella si aggirava per la piccola stanza, canticchiando con voce stonata. Incontrare gli occhi verdi di Sarah e il sorriso dolce che le rivolgeva ogni mattina erano, per Ellen, il miglior modo di iniziare la giornata.
Purtroppo però, da mesi tutto ciò non era altro che un bel ricordo; immagini rimpiante, stampate indelebilmente tra le pagine della memoria.
Adesso, il mattino Ellen si sveglia in una stanza vuota. Gira il capo verso destra in direzione del letto della compagna trovandolo miseramente vuoto e troppo spesso intonso.
Da troppo tempo le due non consumano la colazione insieme. Ora il caffè Ellen lo prepara da sola, bruciando la caffettiera e finendo col bere una brodaglia scura che assomiglia in maniera impressionante alla sciacquatura dei piatti.
Durante il giorno, le lezioni hanno sempre tenuto separate le ragazze anche prima che iniziasse il bizzarro comportamento di Sarah. Adesso le due non riescono a vedersi nemmeno per cena.
Non esistono più gli intensi pomeriggi di studio, intervallati da una fetta di torta e una tazza di the in compagnia. Non esistono più le lunghe passeggiate serali che entrambe le ragazze tanto hanno amato. Ellen non si ricorda nemmeno più quand’è stata l’ultima volta che si è addormentata con il corpo sottile di Sarah stretto tra le braccia, o qual’è stata l’ultima commedia strappalacrime che la compagna l’ha obbligata a guardare.
 
A Ellen manca tutto questo, le manca la sua ragazza.
 
 
Ore 02.00
 
Il suono stridulo di una sirena risuona in lontananza, tragica conseguenza di una lite domestica o di una festa spintasi oltre il limite.
Candidi fiocchi di neve vorticano all’interno della camera, impalpabili presenze che modificano lentamente il paesaggio in strada, coprendo con il loro candore la polvere dell’asfalto.
Le labbra della ragazza hanno assunto la stessa tonalità violacea delle lugubri occhiaie che le cerchiano gli occhi chiari, arrossati e spenti.
 
Ellen rabbrividisce nel pigiama slabbrato di flanella. E’ stato il regalo di Sarah per il suo ultimo compleanno; un pigiama caldo, morbido e  di un orrido color pesca, un pigiama pesante  per lei che si lamentava sempre di avere freddo. Insieme a questo la bionda le aveva regalato anche un paio di calzettoni viola fatti a mano, commentando scherzosamente che era stufa di doversi svegliare in piena notte perché si ritrovava i piedi gelati della rossa piantati tra le cosce. Pigiamone color pesca e obbrobriosi calzettoni che assomigliavano più a melanzane bitorzolute che a indumenti, un accostamento che faceva davvero ribrezzo, eppure Ellen era stata felice di riceverli.
Sarah le aveva sempre fatto dei regali stupendi, riusciva a sorprenderla continuamente anche nei momenti meno aspettati. Era una persona meravigliosa, sempre gentile, sempre disponibile, immensamente paziente e dolce. Quando a Ellen capitava di dimenticarsi le cose, date di avvenimenti importanti, scadenze, appuntamenti e le causava imbarazzo o fastidi, Sarah non si arrabbiava mai, non si offendeva né la trattava da stupida ma la stringeva tra le braccia e le sussurrava parole di conforto all’orecchio.
 

***

 
 
- Hey Sunshine datti una regolata con le mance! Non puoi prenderne così tante!
La voce ronzante del capo oltrepassò il banco di nebbia che avvolgeva la mente di Sarah, penetrandovi fin nel profondo e scuotendo la bionda dallo stato di trance lavorativo nel quale era piombata. - Sono soldi miei. E’ a me che li lasciano.
L’uomo, ingessato in un completo di almeno una taglia in meno di quella necessaria, fece schioccare la lingua contro il palato, contrariato. Gli enormi baffoni vibrarono di sdegno, così come la pancetta da alcolizzato nascosta sotto la giacca color vinaccia. - Sono comunque troppi. Devi lasciarne in cassa la metà. - borbottò acido.
- Ma non è giusto! Io…
- La vita è ingiusta Sunshine… Se non ti va bene come gira il mondo da queste parti allora vattene.
La porta del locale sbattè con violenza e Sarah rimase a fissare le spalle cadenti dell’uomo che si allontanavano sotto quella che era una vera e propria bufera di neve.
 

***

 
 
Ore 2.30
 
Alzheimer.
Ellen soffriva di una rarissima quanto grave forma di Alzheimer precoce. Lei e Sarah erano insieme quando ricevettero il referto medico dall’ospedale.
La rossa non l’aveva presa bene.
All’inizio si era semplicemente rifiutata di crederci. Non poteva essere malata; aveva poco più di vent’anni, non settanta! I referti dovevano essere sbagliati. Probabilmente erano stati erroneamente scambiati con quelli di qualcun altro, succedeva spesso nei telefilm che si vedevano in televisione. Ellen ripudiava l’idea di diventare una mentecatta prima ancora di entrare nella mezz’età. Era destinata a diventare il più brillante avvocato di Philadelfia e di certo non avrebbe permesso a una stupida malattia di portarle via il futuro brillante che aveva programmato di avere!
Presto tuttavia, l’evidenza dei fatti non si poté più negare e alla fase d’incredula negazione si sostituì una rabbia cieca che accompagnò le giornate della ragazza dal mattino, quando sorgeva il sole, alla sera tardi, quando finalmente si addormentava esausta.
La rabbia scemò del tutto lasciando il posto ad un breve stato di apatia che sfociò infine in una vera e propria depressione.
 
Nel silenzio di quei primi mesi Sarah le era stata sempre vicina, senza mai abbandonarla, nemmeno quando sembrava che la speranza fosse svanita del tutto e con essa la ragione di Ellen.
Con mille piccole attenzioni, con inaspettate sorprese e piacevoli doni, con tenerezza e spontaneità non l’aveva mai trattata come una malata, come un pezzo di vetro che avrebbe potuto rompersi da un momento all’altro. Poco a poco, grazie a Sarah, la vita di Ellen tornò a scorrere sui giusti binari e entrambe impararono a convivere con quello scherzo crudele che aveva giocato il destino.
 
 
Ore 3.20
 
Ellen e Sarah s’incontrarono alle scuole superiori quando l’ultima delle due venne trasferita presso la Bates High School, a metà del secondo anno scolastico. La nuova arrivata catturò sin da subito l’attenzione dei compagni, complici forse i pettegolezzi di vita travagliata che ne avevano anticipato l’arrivo. A quanto pareva, Sarah Duain  proveniva da una famiglia alquanto disastrata. La madre, figlia minore di sette sorelle e due genitori disoccupati, aveva partorito lei e suo fratello gemello quando ancora frequentava il liceo ed era stata abbandonata a sé stessa. Sarah non aveva mai saputo chi fosse in realtà suo padre e, a dirla tutta, non se n’era mai nemmeno interessata; che razza di persona può mai essere un uomo che mette incinta una sedicenne e poi scappa?
 
All’inizio, Ellen aveva finto uno studiato disinteresse per quella nuova compagna di classe che aveva sconvolto così tanto la monotonia scolastica. Si era limitata a lanciarle occhiate curiose di sottecchi anche se dentro ribolliva morbosamente d’interesse. Fin da piccola si era sempre atteggiata a grande dura ma in realtà non era altro che una ragazzina come tante, con mille dubbi e un’incertezza in più degli altri. Affrontava l’adolescenza chiudendosi a riccio su sé stessa, aspettando che le situazioni le scorressero addosso senza fare niente per trattenerle o affrontarle.
 
Ellen ammirò sempre Sarah, l’ammirò in silenzio.
Sarah era la migliore.
Sarah vinceva in ogni cosa che faceva.
Sarah aveva amici, aveva talento, aveva fortuna.
Sarah non era solo intelligente ma addirittura brillante.
Sarah era il sole di Ellen e Ellen l’aveva capito fin da subito che, se fosse riuscita ad avvicinarla, sarebbe sempre stata la sua luna, avrebbe brillato di luce riflessa così come l’altra brillava di luce propria.
 
Ellen ammirò il suo sole da dietro le quinte fino all’inizio del penultimo anno, l’anno prima del diploma, il 1994, l’anno il cui ventitré marzo il fratello gemello di Sarah, David, e sua madre persero la vita in un tragico incidente stradale. Da allora, la luce di Sarah venne offuscata da nuvole temporalesche e la gente perse interesse nei suoi confronti, lasciandola sola, senza più nessuno… Nessuno tranne Ellen. E lei non si tirò indietro quella volta; fu lì pronta ad afferrare al volo quello che gli altri avevano lasciato andare.
Fu in quel periodo che venne dato il via a quello che presto sarebbe diventata una stupenda amicizia e dopo, un  grande amore.
 
 
Ore 3.50
 
Se non fossero state ormai rese insensibili dal freddo, le sue gambe sarebbero attanagliate da crampi tremendi a causa della posizione scomoda che venivano costrette a mantenere da troppo tempo. Un senso di stanchezza opprimente pressava sul corpo della ragazza. Con la testa leggera, cullata dai battiti spaventosamente lenti del suo cuore, Ellen ricordava in silenzio i giorni felici nei quali aveva ancora la certezza di essere l’unica nel cuore di Sarah.
 
I primi baci erano venuti timidi, come i germogli d’erba che spuntano, coraggiosi, in primavera, facendo capolino dal tappeto di neve che ricopre i campi e dando vita a qualcosa di nuovo e bellissimo.
In una fredda giornata di febbraio del seniors year* le labbra morbide di Sarah asciugarono le lacrime che scendevano lungo le guance arrossate di colei che, sola, le era rimasta accanto. Ellen si beò del fiato caldo che le accarezzò la pelle in quel momento e dimenticò il motivo per il quale stava piangendo.
 
Il giorno del terzo anniversario della morte di David e Martha Duain, le ragazze si accorsero di aver trovato, l’una nell’altra, la metà perfetta che completava la loro anima. Davanti alla lapide in marmo bianco, in mezzo a tutte le altre lastre che occupavano il cimitero, le due realizzarono che a legarle ormai era qualcosa di più della semplice amicizia.
Prima di allora, Sarah non aveva mai voluto condividere quei momenti con nessuno. Odiava farsi vedere debole e non avrebbe mai voluto essere compatita o guardata con occhi pieni di pena. Tuttavia, quel giorno si rese conto che non avrebbe voluto nessun altro accanto a sé se non Ellen. Capì che, da molto, la rossa aveva riempito il vuoto lasciato dalla famiglia. Ellen era stata per Sarah una confidente, un’amica, una sorella. Era stata la persona che meglio l’aveva conosciuta, la persona che era riuscita a capirla sempre e comunque anche senza bisogno di parole, gesti o sguardi. Sarah aveva imparato a rispettare Ellen e a credere in lei. Aveva capito che doveva a lei la sua felicità.
Il ventitré marzo del 1997 l’amore sbocciò su un terreno cosparso di morti.
 
 
Ore 4.40
 
Il tarlo maligno del dubbio si era infiltrato nella mente di Ellen ormai da diverso tempo.
Sarah si è stancata.
Sarah si è accorta di quanto poco lei vale.
Sarah si è trovata un’altra.
Sarah ha un uomo.
 
I cardini della porta cigolano da quasi una settimana. Ellen né percepisce il rumore attutito quasi per miracolo e con esso l’esatto momento in cui Sarah mette piede nella stanza. Tenta di alzare la testa per scorgere l’esile figura dell’amata ma si accorge che ogni movimento le è negato. Sente l’odore del cibo che nasconde il profumo più dolce della donna avvicinarsi e allora sorrise internamente mentre rilassa le membra e lascia la mente libera dai brutti pensieri, felice che la compagna sia tornata ancora una volta da lei.
 
Ellen non si accorge delle molle del letto che si abbassano, nè del corpo caldo che le salta alle spalle, cingendole la vita e tirandosela contro. Non vede gli occhi sgranati di Sarah colmarsi di paura e incredula consapevolezza, né i biondi capelli chiudersi attorno al suo viso come una tenda. Non sente le grida disperate della ragazza riecheggiare per l’intero campus, né la sirena dell’ambulanza squarciare il silenzio della notte.
Dorme finalmente; tra le braccia di Sarah, al caldo anche se il suo corpo è avvolto nel candore pallido della neve. Si spegne senza nemmeno rendersi conto del perché, pensando a un improvviso sonno, un improvviso colpo di stanchezza.
Fu il grande amore di Ellen la sua rovina.
 

***

 
 
- Non capisco... Perché ti riduci in questo stato? Insomma voglio dire… Da quanto tempo è che non ti prendi una pausa, o che semplicemente non dormi per più di due ore di fila? Se non sei in aula stai lavorando al ristorante, se non stai lavorando al ristorante stai studiando per mantenere la borsa di studio, se non stai studiando allora sei al secondo part-time… E adesso hai pure accettato quell’incarico alla piscina pubblica! A cosa ti servono tutti questi soldi?
Sarah sorrise, aggiustandosi meglio la sciarpa attorno al collo e infilandosi i guanti. Si tastò l’interno del bomber assicurandosi di avere ancora in tasca le chiavi dell’alloggio e con la punta delle dita coperte sfiorò l’angolo dell’acconto bancario. - Tra poco è il compleanno di una persona molto importante. Voglio farle un bel regalo.
- Hai già in mente cosa?
 La ragazza ammiccò complice all’anziana cuoca prima di chiudersi la porta dallo spogliatoio alle spalle e avviarsi all’uscita. Da quando l’aveva visto aveva capito che sarebbe valsa la pena provare. Certo, sul volantino era stampato a chiare lettere che si trattava ancora di una cura sperimentale ma Ellen sicuramente non si sarebbe tirata indietro e magari, se l’intervento fosse riuscito la ragazza sarebbe tornata quella di un tempo.
 
Fuori la strada era coperta di neve. I lampioni illuminavano fiocamente le vie della città e il silenzio avvolgeva ogni cosa.
Coprendosi per bene il naso e la bocca, Sarah si avviò impaziente nella direzione opposta a quella in cui soffiava il vento; verso casa, verso Ellen, verso la conseguenza ancora sconosciuta, inattesa, del delirio di una notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
THE END



















Ave EFP!
La prima originale che scrivo con l'intenzione di pubblicare! Siate gentili e ditemi che ne pensate! Tenete sempre a mente che le recensioni sono il pane quotidiano di uno scrittore e NON creano dipendenza!
Alla prossima!

   
 
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