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Autore: lethebadtimesroll    13/04/2012    6 recensioni
Un problema non sottovalutabile giungeva con i bulli: spietati come animali sia con i ragazzi che con le ragazze, attratti dal cercare rogne solo per dimostrarsi all'altezza o per divertimento, erano l'incubo di tutti, soprattutto di noi. Bisognava sempre evitarli, sempre.
Ma se inspiegabilmente ci si ritrovava a volersi ritrovare sulla strada del ragazzo più forte e più temuto della scuola, se ci si ritrovava a osservarlo da lontano, a sognare continuamente i suoi occhi scuri, beh, allora era davvero un casino.
-
- M-Mi hai spaventata – balbettai, con il cuore che batteva a mille, sebbene il verbo al passato non fosse poi così azzeccato.
Alzò un angolo della bocca in un sorrisetto, continuando a fissare davanti a sé da sotto le lenti scure degli occhiali.
Restammo in silenzio per un po’, con il solo sottofondo del chiacchiericcio post-lezioni. Di tanto in tanto, qualche curioso ci osservava dalla parte opposta del corridoio.
Si decise a parlare solo quando il silenzio iniziava a pesare sul serio, passandosi una mano tra i capelli biondi – C più… Non mi sembra poi tanto grave. –
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Ci vediamo la prossima settimana, mi raccomando ripassate tutto il programma in preparazione alle olimpiadi di matematica. - La prof si sedette e iniziò a raccattare le sue scartoffie mentre tutti si alzavano, dirigendosi verso la porta.
Tranne me.
Forse ero totalmente anormale, anzi lo ero per certo, ma quegli occhi così inquietanti ed attraenti allo stesso tempo mi stavano facendo uscire di testa. Ero sia spaventata che lusingata dallo sguardo che mi aveva regalato qualche ora prima.
- Lily? Tutto bene? – Rose si avvicinò.
- Uh? Certo – risposi, accennando un sorriso. Non se la bevve.
- Dai, che è successo? –
Alle volte odiavo il fatto di essere così… Leggibile. Non avevo alcuna capacità di nascondere ciò che provavo veramente, tutte le mie emozioni erano sempre lì, in bella vista sul viso.
Sospirai, prendendo la gomma e iniziando a cancellare un paio di occhi che avevo disegnato sovrappensiero sul banco. Rose prese la sedia del banco davanti e la girò verso di me, sedendosi e prendendosi il volto tra le mani. – Allora? –
- Prima, quando stavamo entrando – rimisi la gomma nell’astuccio e lo chiusi – mi è scivolata la giacca. Ero così spaventata che non ricordavo neppure di tenerla tra le mani e… ed è caduta. –
- Wow. – mi interruppe, alzando un sopracciglio.
- Fammi finire! Sei impossibile. – Infilai l’astuccio nella borsa, lanciando un’occhiataccia alla prof che aveva iniziato ad origliare. Non appena se ne accorse, abbassò veloce lo sguardo, prendendo un pacco di fogli sottomano e uscendo dall’aula.
- E Bieber… Beh, me l’ha raccolta. – A quelle parole, alle mie stesse parole, le budella si torsero. Era incredibile, mi stavo esaltando per una frase che avevo detto ad alta voce.
Rose mi fissò per qualche istante, per poi replicare solo – Non l'avevo visto. –
- Neppure io. – biascicai, infilando la giacca. Questa volta non mi sarebbe caduta.
Misi la borsa su una spalla e mi incamminai verso l’uscita, lieta di avere qualcosa a cui pensare per il resto della giornata.
Era assurdo.

La mia casa era in pieno Montreal centro, a qualche centinaio di metri dalla scuola: Rose abitava vicino a me e così anche Mark. Niente di particolare, le solite villette a schiera bianche con il giardinetto e un cancellino grigio, ma mi piaceva. Ero un’amante del rigore e dell’ordine.
- Allora a domani – dissi, passando davanti a casa di Rose.
- A domani, Lily. – mi rivolse un bel sorriso prima di entrare in casa, spingendo via col il piede il cagnolino che voleva uscire.
Mi diressi velocemente verso casa: mi fermai davanti al cancello, le guance che ribollivano per il vento gelido, frugando nella tasca alla ricerca delle chiavi.
Richiusi il cancello alle mie spalle e attraversai il piccolo vialetto lastricato, lanciando un’ultima occhiata al cielo nuvoloso prima di aprire la porta. – Mamma? –
- Ciao Lily! – urlò indaffarata dalla cucina. Non mi curai neppure di andare a salutarla personalmente e salii direttamente le scale per andare in camera mia.
Pur amando l’ordine, la mia camera restava una delle cose più belle che avessi mai visto nella mia inutile vita.
Aprii la porta e la richiusi alle mie spalle, sospirando.
Le pareti erano di un caldo color pesca, coperte da poster e fotografie: nella parete di fronte, una grande libreria in legno attorno a cui avevo attorcigliato delle piccole lucine blu - un po’ natalizie, ma sempre belle. Il letto era nella parte destra, pieno di coperte, peluche e cuscini colorati. Per finire avevo fatto una testata personalizzata al letto: quasi l’intera parete di destra era ricoperta da vecchie polaroid. Rappresentavano le cose più banali: fiori, animali, oggetti, persone a me sconosciute, paesaggi, tramonti. Era meravigliosa.
Tolsi le scarpe, la giacca e la sciarpa, poi aprii l’armadio e indossai una felpa. Mi buttai sul letto, sprofondando tra i cuscini. Tastai con la mano fino a trovare il libro che avevo lasciato lì la sera prima e mi infilai sotto alle coperte, consapevole che non avrei prestato attenzione ad una sola parola.
 
 
- Buongiorno! –
Presi i libri dall’armadietto e richiusi l’anta, salutando Mark a mia volta.
Mark era un ragazzo adorabile. Nonostante fosse spesso dolce e disponibile a volte diventava un po' isterico, ma gli volevo bene così com'era.
Ci incamminammo insieme verso l’aula di spagnolo mentre fingevo di ascoltare le sue lamentele: a quanto pare il fatto che io non potessi andare alla sua serata film horror non gli andava molto bene.
Continuò a parlare, passando dalle lamentele alle preghiere, finché non acconsentii – per una volta avrei preso una B nel compito. Pazienza.
- D’accordo, basta che la pianti con questa ciancia – sbottai. Mancavano ancora cinque minuti alla fine dell’intervallo: portai i libri sul banco e poi uscii dalla classe vuota, prendendo Mark sottobraccio e avviandomi verso la classe di Rose, ma mi fermai subito alla vista di ciò che stava succedendo.
Ogni volta che un gruppo di ragazzi si radunava in cerchio in mezzo al corridoio e prendeva ad urlare senza alcun motivo apparente, poteva significare una sola cosa: rissa.
Feci per allontanarmi ma - Guarda Lily! - Mark mi trascinò inevitabilmente in mezzo a quell’orda di gente – stupido, stupido fanatico. Alzai gli occhi al cielo mentre ci infilavamo tra la gente.
Riuscimmo ad arrivare in prima fila e quando mi avvicinai al suo orecchio per urlargli che lo avrei ammazzato se non ci fossimo dileguati al più presto, lo vidi.
Non c’era niente da fare: restava bellissimo anche mentre cercava di sottrarsi alla presa dei suoi amici, che lo tenevano per le braccia. Lo sguardo era furioso come non mai, i suoi bellissimi occhi nocciola erano contratti nell’espressione più terrorizzante che avessi mai visto. Dall’altra parte del corridoio, seduto con la testa contro la parete, stava un altro ragazzo biondo: aveva il viso ridotto male e si teneva un braccio con l’altra mano, lamentandosi del dolore.
Forse avrei dovuto essere spaventata, sdegnata, in pena ma… Tutto quello che pensavo era quanta forza dovesse avere in quelle braccia muscolose per sbattere al tappeto persino un giocatore di hockey. E non me ne pentii neppure: ero da ricovero.
Il suo torace si alzava e si abbassava velocemente, mentre continuava a tirare con le braccia per liberarsi dalla presa salda dei suoi amici. Erano quattro, ma faticavano a fermarlo.
Mi chiesi cosa fosse successo: probabilmente non l'avrei mai saputo.
Con uno spintone più forte si sottrasse dalle braccia dei ragazzi, avvicinandosi velocemente all'altro: lo fermarono ancora, poco prima che lo raggiungesse.
- Dannazione Justin, vuoi calmarti? Hai regolato abbastanza conti per oggi! – Chuck lo spinse contro il muro, e faticai ad ascoltare la sua risposta, coperta dalle voci degli altri ragazzi intorno.
Jake - solo in quel momento l'avevo riconosciuto - abbassò lo sguardo dal soffitto della scuola, soffermandosi sugli occhi di Justin per poi fissare il pavimento: allora mi accorsi della ragazza che stava poco lontano da Justin.
Madison era la bellezza fatta persona, non c’era altro modo per definirla: tutto ciò che di meglio si potesse avere in una ragazza – da un punto di vista maschile, ovviamente.
Aveva lunghi capelli castani e la sua abbronzatura era perfetta anche in pieno inverno. I lineamenti del viso erano dolci, un nasino perfetto, labbra piene e occhi di ghiaccio. Era una bellezza quasi fuori dal normale.
Dal punto di vista femminile, e più precisamente dal mio, era soltanto un'ipocrita. Peccato solo che nonostante avesse a disposizione praticamente l’intera popolazione maschile della scuola, aveva rivolto le sue attenzioni all’unico ragazzo che mi piaceva: lui, dal canto suo, l'aveva accolta a braccia aperte. E a quanto pareva stava durando: doveva essere una cosa seria.
Quando i ragazzi si calmarono e la folla cominciò a diradarsi, Madison si avvicinò a Justin. Scambiarono qualche parola, e lei gli stampò un bacio sulle labbra. Justin aggrottò le sopracciglia per il dolore ma non parlò, ricambiando il bacio.
Avevo visto abbastanza.
Per fortuna la campanella giunse in mio aiuto: avrei conservato volentieri solo le immagini dei muscoli facendo a meno dell’ultima parte, ma ormai era tardi.
Mi voltai e mi diressi verso la classe, senza neppure degnare Mark di un saluto. Sedetti al mio banco e tirai fuori un foglio per prepararmi a prendere appunti. Inspiegabilmente, nel tempo in cui la prof era arrivata e aveva chiamato i primi nomi dell’appello, la mia mano aveva iniziato a muoversi piano sul foglio: ad appello finito, mi accorsi che avevo disegnato un paio di occhi.
Ancora.
 
Aprii lentamente gli occhi: mi accorsi incredula di essermi appisolata sul banco. Mi guardai intorno: tutta la classe sonnecchiava – l’ora di spagnolo era atroce.
- Prof – biascicai, piatta. – Prof? –
- Williams – chiese lei, stupita che qualcuno facesse un intervento.
– Potrei andare in bagno? –
Affilò lo sguardo: era arrabbiata. Ehi, non era colpa mia se le sue lezioni erano così tremende.
– Veloce. –
Uscii dalla classe e camminai lenta fino al bagno delle ragazze.
Indugiai per qualche istante a guardarmi nello specchio, aggiustando inutilmente i capelli.
- Mi dispiace, Jake. -
Madison?
Mi guardai intorno alla svelta e, facendo il meno rumore possibile, entrai in una porta vuota richiudendomela poi alle spalle.
La porta accanto alla mia si aprì e poi una voce maschile: - Non fa niente. –
Che dannazione ci faceva Jake nel bagno delle ragazze?
- La prossima volta non provarci così spudoratamente, oppure finiamo nei casini sia io che te. – disse Madison, scocciata.
Mi appiattii contro alla parete: porca miseria.
- Justin non si farebbe scrupolo di prendersela con una ragazza, e lo sai bene. –
Sentii uno sbuffo - Non possiamo parlare qui. –
- Passo da te oggi pomeriggio tardi, ok? –
- D’accordo. –
Madison sospirò. – Allora a dopo. –
Quando fui sicura che entrambi fossero usciti, aprii lentamente la porta del bagno, con la sensazione di avere per le mani qualcosa di grosso.
   
 
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