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Autore: Beauty    13/04/2012    7 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è una mia personale rivisitazione de "La Bella e la Bestia", la mia favola preferita...
Catherine, diciottenne figlia di un mercante decaduto, per salvare il padre dalle grinfie di un misterioso essere incappucciato, accetta di prendere il suo posto. Ma quello che la ragazza non sa è che nelle vesti del lugubre e malvagio padrone di casa si cela un mostro, un ibrido mezzo uomo e mezzo animale. Col tempo, Catherine riuscirà a vedere oltre la mostruosità dell'essere che la tiene prigioniera, facendo breccia nel suo cuore...ma cosa succede se a turbare la felicità arrivano una matrigna crudele e un pretendente sadico e perverso?
Riuscirà il vero amore ad andare oltre le apparenze e a sconfiggere una maledizione del passato? E una bella fanciulla potrà davvero accettare l'amore di un mostro?
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mostro e la fanciulla'
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- Va bene, Lydia, pronta?

- Pronta.

- Al mio tre. Uno…due…tre!

Catherine e Lydia cominciarono a tirare con tutte le loro forze, ma quella maledetta erbaccia non voleva proprio saperne di venire sradicata.

- Santo cielo, l’ho sempre detto io che l’erba cattiva è la più dura a venire via!- sbuffò Lydia, con il volto arrossato, tirando come una dannata.

- Forza, Lydia! Ci siamo quasi!- la incitò Catherine, con il viso contratto dallo sforzo.

L’erbaccia si staccò dal suolo all’improvviso; Catherine perse l’equilibrio, cadendo all’indietro sull’erba, mentre la vecchia governante ruzzolava alle sue spalle, con un gridolino a segnalare tutto il suo disappunto.

- Uff!- sbuffò Catherine, alzandosi a sedere, con l’erbaccia ancora fra le mani. - Beh, se non altro, è venuta via…

- Già - ansimò Lydia, arrancando sull’erba nel tentativo disperato di rimettersi in piedi.

Catherine si rialzò, ripulendo con le mani il vecchio vestito logoro e rattoppato. Prese Lydia per un braccio, aiutandola a ritornare in posizione eretta.

- Non dovresti fare queste cose, Lydia…- mormorò la ragazza, osservando la vecchia balia massaggiarsi il fondoschiena.

- Neanche voi - borbottò quella di rimando.

Catherine non rispose, limitandosi a pulire le mani sporche di terra con un lembo del grembiule.

- Che ne dici, rientriamo?

Prima che Lydia potesse rispondere, in lontananza si udì il rintocco di una campana. Era un rintocco lento e lugubre, lo stesso che annunciava un funerale.

- Ne hanno trovato un altro…- disse Lydia, vedendo che Catherine stava ascoltando.- Un altro morto…proprio come quel conte, avete saputo?

- Un altro?- ripeté Catherine, un po’ sorpresa.

Lydia annuì in maniera grave.

- Anche lui nobile?- domandò la ragazza.

- No, ma parecchio ricco, a quel che ho sentito dire…Anche lui mancava da casa da un po’ di tempo, era uscito per una battuta di caccia e non è più tornato.

- L’hanno trovato nella foresta?

- Sì, anche lui ammazzato. Sbranato vivo, a quanto pare…Che il Signore abbia pietà della sua anima…- mormorò Lydia, facendosi il segno della croce.

Le due donne si diressero all’interno dell’abitazione. Catherine vi gettò un’occhiata d’insieme; sì, alcuni mobili erano ancora coperti da teli bianchi e c’era ancora qualche ragnatela qua e là, ma si poteva dire che nel complesso fosse decisamente migliorata, da che erano arrivati.

- Dov’è la vostra matrigna?- domandò Lydia, entrando in cucina.

- Di sopra, a rimirarsi nello specchio, credo. Oppure ad escogitare qualche altro modo per rendermi la vita ancora più difficile…- commentò Catherine, sollevando il coperchio di una grossa pentola e avvicinandovi il viso per odorare il profumo del suo contenuto.

Da che suo padre era partito, Lady Julia si era scatenata, non perdendo occasione per dimostrare alla figliastra tutta la sua antipatia. Tanto per cominciare, aveva fatto sfoggio di quanto fosse ottimale la sua memoria, dal momento che non aveva per niente dimenticato la “promessa” di Catherine di occuparsi della casa, anzi. Negli ultimi giorni, la ragazza si era praticamente spaccata la schiena a furia di lucidare pavimenti e spaccare legna, e le sue dita avevano perso completamente sensibilità a causa del continuo lucidare argenterie e passare lo strofinaccio sulle cornici dei quadri.

- Non ha il diritto di trattarvi così…- bofonchiò Lydia, estraendo da uno scaffale una tovaglia mezza bucherellata.

Catherine fece spallucce.

- Penso che non gliene freghi niente, Lydia.

- Ma insomma! Quella…quella donna…voi sgobbate tutto il giorno e lei non fa niente!

- Appunto. Ce la vedi tu, Lady Julia, a pulire le scale? Qualcuno deve pur occuparsi della casa, se la lasciassi in mano sua probabilmente il soffitto crollerebbe nel giro di dieci secondi. E poi, non essere così ingiusta, Lydia. Non è vero che non fa niente tutto il giorno…- ammiccò, sfoderando un sorrisetto ironico.

Dopo l’attenta e minuziosa cura del proprio aspetto fisico, ecco che veniva la seconda occupazione preferita di Lady Julia: scandagliare accuratamente tutto l’elenco di uomini – possibilmente con un bel sette e quaranta in tasca – scapoli del paese nel tentativo – ormai disperato – di affibbiare ad uno di loro la sua tanto bella quanto detestata e squattrinata figliastra.

L’aggettivo squattrinata, comunque, Catherine sospettava venisse puntualmente omesso. Altrimenti non si sarebbe spiegato come mai nel giro di sette giorni scarsi Lady Julia fosse riuscita a portarle in casa ben cinque uomini.

Il primo era arrivato la mattina seguente la partenza di suo padre. Un giovanotto biondo e distinto, neanche poi tanto male, Catherine aveva dovuto convenire…fino a che non aveva aperto la bocca!

Catherine non avrebbe mai creduto che una persona, per quanto poco istruita, potesse combinare un tale pasticcio grammaticale e lessicale come quello! Per non parlare poi della cultura generale…per quell’illetterato Socrate avrebbe anche potuto essere un venditore ambulante!

Quando si era giunti alla fatidica domanda – Catherine Kingston, volete diventare mia moglie? – lei aveva risposto:

- Molto gentile, signore, ma vorrei avere un marito che sia in grado di leggere.

Inutile dire che non si era più fatto vedere.

Gli altri due non erano stati molto meglio. Uno di loro era un soldato zotico e rozzo, che, invitato a pranzo, non aveva trovato niente d’altro da fare che pulirsi i denti col coltello; l’altro, un bellimbusto tutto tirato a lucido che per ore non aveva fatto altro che blaterare su quanto egli fosse bello, giovane, ricco, abile nella caccia, capace di camminare sull’acqua tutti i giovedì…

Scartati anche loro due, ovviamente.

Il quarto era stato anche peggio, se possibile. Un damerino fatto e finito, un dandy dei poveri che per ore non aveva fatto altro che attentare al già provato sistema nervoso della ragazza, continuando a parlare della casa di papà, della carrozza di papà, dei cavalli di papà…

Altro giro altro regalo. Altro candidato, altra uscita di scena da respinto imbestialito.

Infine, Lady Julia, forse come ultimo tentativo prima della resa totale, il giorno prima aveva annunciato che ci sarebbe stato un ospite a pranzo. Col senno di poi, Catherine avrebbe dovuto insospettirsi del fatto che anche lei fosse invitata a tavola con sua sorella, Henry e la sua matrigna con tanto di abito elegante – dato che Lady Julia l’aveva specificatamente relegata a mangiare in cucina con la sola compagnia di Lydia, che ormai le prestava anche i vestiti da lavoro –, ma stranamente non ci aveva pensato.

L’ospite in questione era un ricco barone locale, sui sessant’anni e, come Catherine apprese nel corso della conversazione, vedovo con cinque figli.

Lì per lì, la ragazza aveva creduto che si trattasse di un vecchio amico o di un collega di suo padre, fino a che, inaspettatamente, lui le aveva chiesto la sua mano.

Credendo che si trattasse di uno scherzo, Catherine era scoppiata in una sonora risata, coinvolgendo anche Rosalie e Lydia. Henry, che in quel momento si stava infilando una fetta di arrosto in bocca, era rimasto con la mascella spalancata a guardarla come se fosse stata un oggetto misterioso, mentre Lady Julia le aveva scoccato un’occhiata di puro odio.

Il vecchio barone, naturalmente, s’era offeso a morte, e se n’era andato più veloce del vento.

Tutti questi categorici rifiuti non avevano fatto altro che aumentare i motivi di tensione fra matrigna e figliastra, anche se Catherine dubitava fortemente che Lady Julia avrebbe gettato la spugna così facilmente. Infatti, si aspettava da un momento all’altro l’arrivo di un sesto pretendente.

Intanto, Lydia aveva ripreso ad inveire contro la padrona di casa e tutti i lavori ingrati a cui obbligava Catherine.

- Almeno i lavori pesanti, come quelli in giardino, potrebbe farli svolgere a qualcun altro…

- Non voglio che mia sorella lavori al posto mio, Lydia - dichiarò fermamente Catherine.

- Ma non intendevo certo la signorina Rosalie, che diamine! Abbiamo abbastanza denaro per assumere temporaneamente un inserviente? Oppure, per una volta, potrebbe farlo il signorino Henry…- Lydia non si curò di trattenere una smorfia di disgusto nel nominare il figlio del mercante.

- Temo che mio fratello sia sparito di nuovo…- mormorò la ragazza.

E spero solo che non sia dove penso…

- Che c’è di buono per cena, Lydia?- domandò Catherine, ostentando allegria, ben decisa a levare Henry dal centro della conversazione.

La vecchia domestica si avvicinò al focolare, togliendo attentamente una padella dalla brace.

- Salmone e carote, signorina!- esclamò.- Per una volta possiamo permetterci qualcosa di chic…

Catherine si sentì avvampare, al pensiero di quello che sarebbe stata costretta a dire di lì a poco.

- Ehm…io ti ringrazio molto Lydia, sei stata davvero gentile, sul serio…ma…- mormorò.- Ma…credo che dovrò fare a meno del salmone…

L’anziana governante avvampò a sua volta, rivolgendo uno sguardo colpevole al pesce.

- Oh, mi dispiace tanto, signorina!- esclamò, affrettandosi a gettare il salmone nella pattumiera, nonostante le proteste della ragazza.- Dimentico sempre che siete allergica…

Lydia posò la padella vuota sul ripiano del tavolo; nel mentre, si udì aprirsi la porta d’ingresso.

- Sono a casa!- biascicò una voce impastata, accompagnando l’annuncio con una risata strascicata.

Catherine sospirò, con una punta di disperazione, correndo fuori dalla cucina e precipitandosi incontro a suo fratello, che continuava a ridere come un ebete, ubriaco fradicio, barcollando e sbattendo rumorosamente contro i mobili senza riuscire a rimanere in equilibrio.

- Henry!- Catherine lo afferrò per un braccio, riuscendo a malapena a sostenerlo quando lui le crollò letteralmente addosso. La ragazza sbuffò, cercando di far riprendere al fratello una posizione eretta, o quantomeno che non gravasse su di lei.

- Henry, ma che combini?!- esclamò, mentre il giovane continuava a sghignazzare.- Puzzi d’alcool, mamma mia, ma proprio non ce la fai a stare lontano dai guai?

- Ma che guai!- esclamò Henry ad alta voce. - Io non mi caccio nei guai…io…volevo solo divertirmi un po’, tutto qui…Ho vent’anni, che c’è di male?

- C’è di male che sei ubriaco fradicio! Ma quante volte te lo devo ripetere che…

- E fa’ la brava, Cathy! Ho anche portato un ospite...

- Un ospite?- fece eco Catherine, sbirciando da sopra la spalla del fratello.

Sulla soglia della porta, in piedi, con addosso un elegante mantello di velluto nero e un sorriso molto simile ad un ghigno, c’era un giovane sui venticinque anni, con un viso affascinante incorniciato da folti capelli castani.

- Lord William!- esclamò Catherine, sbigottita.- Io…non…non mi aspettavo…

- Mi sono sentito in dovere di riaccompagnare a casa vostro fratello, signorina Kingston - spiegò Lord William, accennando al barcollante Henry.- Temevo che da solo non ce l’avrebbe fatta…

- Io…vi ringrazio davvero molto, Lord William. Lydia!- chiamò, al che la domestica accorse subito.- Lydia, per favore, accompagna mio fratello in camera sua…

- Certo, signorina Catherine.

Lydia prese il braccio di Henry, standogli il più lontano possibile, e prese a condurlo con fatica su per le scale.

Catherine si sistemò brevemente il vestito stropicciato.

- Grazie, Lord William, siete stato molto gentile…- disse, costringendosi ad essere cortese con quell’uomo che, nonostante mantenesse quell’atteggiamento ambiguo che la rendeva diffidente, aveva pur sempre evitato che suo fratello si cacciasse in ulteriori guai.

- E’ stato un piacere, signorina. Anche se, devo ammetterlo, il mio non è stato un gesto del tutto disinteressato…

- Come, prego?

- Quando ho incontrato vostro fratello, mi stavo giusto dirigendo qui. Avevo desiderio di parlarvi.

Catherine rimase un attimo interdetta. Poi, riuscendo a recuperare un minimo di autocontrollo, disse:

- Bene. Accomodatevi, allora.

Lord William la seguì in cucina; si sedettero l’uno di fronte all’altra, accanto al tavolo.

- Dunque, che avete da dirmi?- fece Catherine, andando subito al sodo.

- Io…ero venuto a dirvi che vi amo.

Se Catherine rimase stupita da questa dichiarazione, certo seppe mascherarlo molto bene. La sua impassibilità, però, dovette innervosire parecchio Lord William.

- Beh?- fece il giovane, con una smorfia di fastidio.

- “Beh”, che cosa?- chiese Catherine di rimando.

- Non dite niente?

- No.

- No?!

- Non ho niente da dire.

- Ma…non mi dite che anche voi ricambiate il mio amore?- insistette Lord William, già vagamente innervosito. Non si sarebbe mai aspettato quella reazione, nessuna donna lo aveva mai rifiutato.

- No. L’unica cosa che mi viene da dire è che reputo impossibile che vi siate innamorato di me dopo avermi vista una sola volta.

- Non credete al colpo di fulmine?

- Certo. Le disgrazie purtroppo capitano - rispose Catherine, sardonicamente.

Questo era troppo!

Lord William la strattonò violentemente per un braccio, digrignando i denti.

- Voi diventerete mia moglie, Catherine!- urlò. - Avete capito?! Diventerete mia moglie!

- Ma come osate…

Lord William non le diede il tempo di finire la frase; l’attirò a sé, baciandola con foga sulla bocca. Catherine cercò di divincolarsi, riuscì a staccare le labbra dalle sue per un secondo, ma lui riprese subito a baciarla, e agli spintoni della ragazza rispose afferrandola per i capelli e attirandola ancora di più a sé.

A Catherine sembrò di morire di rabbia, finché non notò la padella vuota che Lydia aveva lasciato sul tavolo. Scattò con un braccio nella sua direzione, l’afferrò per il manico e la sollevò, colpendo violentemente Lord William sul capo.

Il giovane finalmente si staccò, uggiolando di dolore. Catherine non gli diede il tempo di accusare il colpo, e gliene sferrò un altro, colpendolo in pieno volto. Lord William si accasciò ai piedi della ragazza, portandosi le mani al viso. Catherine non perse l’occasione, e lo colpì con un’altra padellata su una spalla.

Lord William si alzò, tutto dolorante, guardando la ragazza con rancore; si voltò di scatto, dirigendosi a grandi passi verso l’uscita.

Catherine lo guardò andarsene trionfante.

Sporgendosi oltre il corrimano delle scale, accorse al rumore, osservavano la scena Lydia, Rosalie e Lady Julia, quest’ultima con addosso solo la vestaglia da notte, i capelli raccolti con dei bigodini e uno strano impasto verde usato a mo’ di crema di bellezza spalmato sulla faccia.

- Diventerai mia moglie, Catherine Kingston!- urlò Lord William, prima di andarsene sbattendo la porta.

- Soltanto una cagna vi vorrebbe per marito, Lord William, e meglio per voi se sdentata!*- gridò Catherine di rimando.

Quando il giovane se ne fu andato, il turno di strillare toccò a Lady Julia.

- Che hai fatto?- domandò, quasi sotto shock, scendendo le scale.

- Esattamente ciò a cui avete appena assistito, signora madre.

- Pazza! Tu sei pazza!- strillò la donna, fuori di sé. - Quello…quello è l’uomo più ricco del paese…ti ha chiesto di sposarlo…e tu…tu…che cosa hai fatto…

- Forse sono pazza, Lady Julia, ma preferisco avere tutte le rotelle fuori posto, piuttosto che essere la moglie di quel porco!- la rimbeccò Catherine.

- Piccola vipera!- sibilò Lady Julia.- Dannata serpe! Me la pagherai, questa me la pagherai…

- Quando tornerà mio padre…

- Tuo padre, ragazzina, non vede l’ora che tu te ne vada, e possibilmente con un uomo che ci tiri fuori dalla melma in cui siamo finiti, grazie al tuo caro papà!

- Come vi permettete?!- scattò la ragazza, indignata.- Come vi permettete di parlare di mio padre in questo modo? E’ anche vostro marito…E se vi sento ancora dire qualcosa contro di lui, parola mia che quella lingua biforcuta ve la taglio in due!- ringhiò.

Lady Julia non rispose, limitandosi a squadrarla da capo a piedi con quel suo sorrisetto freddo e sprezzante. Si voltò, facendo frusciare la vestaglia, salendo le scale con quell’aria da primadonna che non perdeva mai neanche nei momenti più critici.

- Come vuoi, ragazzina…- disse.- Come vuoi. Evidentemente non ti dispiace di dare un ulteriore peso a tuo padre, con la tua presenza. Ma se ti piace essere un fardello, per lui, fai pure. L’importante è che tu ne sia felice.

Lady Julia entrò in camera sua sbattendo la porta. Lydia e Rosalie rivolsero uno sguardo interrogativo a Catherine, la quale strinse i pugni dalla rabbia.

La ragazza salì a sua volta le scale, in silenzio, chiudendosi in camera sua. Si sedette sulla sedia a dondolo, appoggiò il braccio disteso sul davanzale della finestra e vi pose sopra il mento,fissando le torri nere all’orizzonte.

Non si voltò quando sentì la porta aprirsi scricchiolando alle sue spalle. Rosalie entrò in punta di piedi, seguita da Lydia.

- Dai, Cathy, non te la prendere…- fece Rosalie, accovacciandosi a gambe incrociate sul pavimento di fronte alla sorella.

Catherine sospirò.

- Io non me la sono presa, Rose, è solo che…

- Che?

- Che ogni tanto anch’io ho bisogno di prendermi una pausa da Lady Julia - concluse la ragazza, con un sorriso tirato.

- Sono sicura che non intendeva dire…

- Oh, lo intendeva eccome, Rose!- esclamò Catherine, abbandonandosi contro lo schienale della seggiola.- Io non lo faccio apposta, credetemi - disse poi, guardando prima la sorella poi Lydia.- Ma tutti quanti mi vogliono sposare solo perché…sì, insomma, mi considerano bella…o sperano in una dote che non esiste…E poi, quel porco mi ha messo le mani addosso!

- E Lady Julia questo non l’ha visto?- cinguettò Rosalie.

- Io penso di sì. Ma penso anche che non gliene importi niente - dichiarò Catherine.

- A volte mi chiedo come ha fatto papà a sposarla…

- A volte? Io me lo chiedo in continuazione.

- Credo che volesse solo trovare una madre per voi, al posto della povera Lady Elizabeth…- mormorò Lydia, posando delicatamente le mani grassocce sulle spalle di Catherine.

- Beh, se era una sostituta della mamma che cercava, Lady Julia è perfetta…tranne che con noi, ovviamente - rispose la ragazza, acida.

Catherine sapeva che Lady Julia, malgrado ostentasse affetto e gentilezza in presenza degli estranei e del mercante, non aveva mai potuto soffrire i tre figliastri che le erano piombati fra capo e collo quando aveva sposato il loro padre. Beh, con Henry e Rosalie non si poteva dire che fosse tanto male. Il primo le era indifferente, d’altronde il maggiore dei tre Kingston passava gran parte della giornata fuori casa, e lui e la matrigna si parlavano a malapena; Rosalie, invece, aveva sempre avuto un carattere talmente dolce e ingenuo, e uno spirito così docile, da non essere un gran fastidio per Lady Julia, che si limitava a trattarla come un animaletto da compagnia, un cagnolino da coccolare quando faceva il bravo, ma da tenere ben lontano quando ci si stancava di lui.

Era Catherine che non poteva veramente soffrire, e il sentimento d’odio era pienamente reciproco. La ragazza aveva capito quasi subito che quelle di Lady Julia erano soltanto della false moine e niente di più, e non aveva mai perso occasione per rispondere a tutte le sue frecciatine.

D’altra parte, Catherine aveva sopportato faticosamente che Lady Julia prendesse letteralmente il posto di sua madre. Era una tortura continua vederla andare in giro con addosso gli abiti e i gioielli che erano stati della prima signora Kingston, presentarsi come lei alle feste e addirittura proibire che venisse nominata in sua presenza.

- Sono io la signora Kingston - ripeteva sempre.

Lady Julia avrebbe anche voluto sbarazzarsi dei dipinti e delle miniature che ritraevano la bionda e sorridente Lady Elizabeth, ma Catherine vi si era opposta con tanta ferocia che alla fine la matrigna aveva dovuto cedere.

- Non ha il diritto di trattarti così!- esclamò Rosalie, indignata.

- Sai quante volte me l’hanno già ripetuto oggi?

- Non preoccupatevi, signorina Catherine - disse Lydia.- Vedrete che quando vostro padre tornerà…

Il resto delle parole di Lydia si disperse nel vuoto. Catherine ebbe come una folgorazione, e si rizzò a sedere sulla seggiola. Quando vostro padre tornerà…

Santo cielo, da quanto tempo suo padre era partito?

- Cathy, tutto bene?- fece Rosalie, vedendola impallidire di colpo.

- Signorina Catherine, vi sentite male?

Catherine non si degnò di rispondere a nessuna delle due. Fece velocemente un calcolo mentale cercando di ricordare da quanto esattamente suo padre mancasse da casa. Quattro…cinque…ben nove giorni!

Dieci giorni, si disse, vedendo il sole tramontare.

Scattò in piedi, slacciandosi velocemente il grembiule.

- Lydia, aiutami a vestirmi, per favore!- disse, estraendo dal guardaroba un vestito verde smeraldo bordato d’oro, semplice ma molto pratico.

- Ma…signorina, che vi succede?- fece la vecchia balia, non sapendo più dove guardare.

- Papà…- rispose semplicemente Catherine, iniziando a spogliarsi e ad indossare da sé l’abito da viaggio.

- Papà? Che c’entra papà?- domandò Rosalie, alzandosi in piedi, senza smettere di fissare attonita la sorella.

- E’ in ritardo, Rose - annaspò la ragazza.- Aveva detto che sarebbe tornato fra una settimana, e sono già passati da dieci giorni.

La ragazza corse in corridoio, precipitandosi in direzione della camera di Henry e bussando con violenza alla sua porta. Suo fratello ci mise diversi minuti prima di aprire, e quando lo fece Catherine vide che aveva le occhiaie e la camicia mezza slacciata sul petto.

- Che c’è?- fece, mangiandosi le parole. Probabilmente la sbronza non gli era ancora passata.

- Henry, papà non è ancora tornato!- fece Catherine, sperando che il fratello conservasse ancora un minimo di lucidità per riuscire a capirla.

- Beh? E’ in viaggio, no?

- Sì, ma aveva detto che sarebbe tornato tre giorni fa!

- Potrebbe aver avuto un imprevisto, no?- cinguettò una voce melliflua alle sue spalle. Lady Julia era apparsa dal fondo del corridoio, ora con addosso un abito di seta rossa.

Catherine scosse il capo.

- No, non è da lui. E’ sempre stato puntuale, sempre, anche quando viaggiava per mare. Se era in ritardo trovava ogni volta il modo per avvertirci, perché non stessimo in pensiero…Dev’essere successo qualcosa…

- Beh, e se anche fosse?- commentò Lady Julia con un’alzata di spalle.- E’ un uomo adulto, sa badare a se stesso e…

Catherine non stette a sentire la risposta. Afferrò velocemente il suo mantello nero e se lo mise sulle spalle, avviandosi di corsa verso le scale.

- Devo andare a cercarlo, subito.

Lady Julia la bloccò per un braccio.

- Dove credi di andare?- sibilò fra i denti.

- A cercare mio padre!- Catherine si liberò dalla stretta della matrigna.

- Per carità, signorina…- mormorò Lydia, congiungendo le mani al petto e iniziando a pregare tutti i Santi del Paradiso.

- Sta’ attenta, Cathy - fece Rosalie, osservando la sorella scendere in fretta le scale.

- Ehi, ma…e chi mi stirerà la camicia?- saltò su Henry.

- Oh, Henry, sta’ zitto, altrimenti prendo a padellate pure te!- Catherine aprì la porta d’ingresso.

- E i tuoi doveri, signorina?- abbaiò Lady Julia, sporgendosi dalla scala.

- I miei doveri? Provate a lavare un po’ voi, i pavimenti, è un’ottima manicure!

La ragazza uscì sbattendo la porta. Doveva trovare suo padre, e in fretta. E il pensiero che già quattro uomini fossero stati trovati uccisi nella foresta…no, non voleva neanche pensarci…!

Si diresse verso le scuderie, sellò un cavallo marrone scuro, l’unico, insieme a quello grigio del padre, che fossero riusciti a non vendere. Saltò in sella e lo spronò al galoppo.

Si coprì i capelli corvini con l’ampio cappuccio del mantello, e si addentrò nella foresta, mentre, in lontananza, l’oscurità della notte aveva cominciato ad avanzare.

 

*citazione dal primo episodio de I pilastri della terra, Aliena a William Hamleigh.

 

Angolo Autrice: Rieccomi qui di nuovo a rompere le scatole con le mie follie! D’accordo, questo è un capitolo, diciamo, “di passaggio”, forse molti di voi si aspettavano che ripartissi dalla scena dell’ultimo – vedi mercante terrorizzato da un misterioso essere incappucciato parecchio incavolato J –, ma questo capitolo andava fatto, perché anche la vita normale continua, spesso con parecchi guai, come s’è visto…A questo proposito, so che questo capitolo potrebbe risultare un po’ noioso, ma c’è un motivo per cui continuo ad insistere sulla famiglia di Catherine, e anche sui suoi corteggiatori…ora, molti di voi penseranno che l’idea che Lord William si sia innamorato della nostra protagonista dopo averla vista una sola volta sia a dir poco assurda, ma siamo comunque in una favola, dove questo genere di cose sono all’ordine del giorno…Spero che la figura di Cathy non sia stata ridimensionata negativamente, in questo capitolo, non era nelle mie intenzioni, se ha avuto un calo di stile, chiedo scusa e prometto che nel prossimo migliorerà!

Dunque, avevo promesso delle immagini – sempre molto vaghe, comunque, si avvicinano solo a come potrebbero essere i personaggi – di Lord William e di Henry, ed eccole qua:

 

 

Questo è Lord William, alias Ben Barnes nel film Dorian Gray. Ora, sicuramente la maggior parte di voi considererà questo film come niente più che un porno in piena regola – e, per certi versi, sono anch’io di questo parere – ma il protagonista m’intrigava, in quanto è un bel ragazzo ma con un’anima nera…come, vedremo, lo è anche Lord William.

Ed ecco qui invece un’immagine di un ipotetico Henry:

 
 

Ok…fatemi dire due paroline: nel primo capitolo si dice che Henry ha i capelli biondi, ed è presumibilmente un bel ragazzo, ma, come avrete capito, è un po’…come dire…idiota, per certi versi…Bene, questa immagine è tratta dal film/musical Il Fantasma dell’Opéra, e benché io non abbia niente contro Patrick Wilson, il personaggio da lui interpretato, Raoul de Chagny, mi è sempre stato altamente sulle scatole – non so perché, forse per il mio smisurato e incondizionato amore per il Fantasma… – e l’ho sempre considerato un emerito cretino, perciò mi è parso perfetto per Henry.

Bene, finiti gli sproloqui…che succederà? Catherine è andata a cercare suo padre, ma riuscirà a far fronte alla furia del misterioso individuo che lo tiene prigioniero? Quale sarà il prezzo da pagare?

Per scoprirlo, non vi resta che sopportarmi ancora un po’ e attendere il quinto capitolo!

Nel frattempo, ringrazio tutti coloro che hanno letto, Niglia per aver aggiunto la mia ff alle seguite, Alex_J per la sua recensione ed Ellyra per averla aggiunta alle preferite e per aver recensito.

Grazie a tutti, e appuntamento al prossimo capitolo!

Ciao!

Dora93

  
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