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Autore: Aelle Amazon    14/04/2012    4 recensioni
Alla June Academy c'è una ragazza a cui nessuno rivolge la parola. Aelle Amazon è il suo nome. E' dislessica e non riesce a stare ferma.
In un giorno di pioggia, Percy Jackson diventa il suo nuovo compagno di banco. E allora i guai si moltiplicheranno all'infinito.
Questa storia si svolge alla fine del quinto libro, con la sconfitta di Kronos, con nuovi e vecchi semidei.
Dal secondo capitolo:
-Grover!- urlò Percy – Fai qualcosa!-
Alle mie spalle Grover si agitò. –Cosa?!-
-Qualunque cosa!- strillò la signora Jackson mettendosi le mani nei capelli –Il mio bambino … -
Io non dissi nulla: ero in uno stato di afasia assoluta. Anche se avevo gli occhi offuscati, guardai Grover dritto in viso.
-Per favore, non gridare- mi disse lui.
Poi si tirò giù i pantaloni. E io commisi l’errore madornale di abbassare lo sguardo.
Svenni.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rischio di soffocare per troppo affetto
 
C’era già qualcuno con Chirone quando entrammo nella Casa Grande. Era alta, sfiorava il metro e ottanta a occhio e croce, e aveva i capelli biondi. Nel momento in cui sentì dei passi e si voltò, potei guardarla in faccia. Aveva un viso molto carino e al contempo molto maturo. Me lo suggerivano gli occhi: grigi, come nuvole temporalesche.
-Annabeth!- la chiamò Percy.
La ragazza si illuminò, correndogli incontro. –Testa d’Alghe!- e con mio grande stupore lo baciò. Credo che mi si spalancò la bocca perché Grover, ridacchiando, mi disse di chiuderla.
-Mi sei mancata, sapientona- le mormorò Percy, mentre lei arrossiva e cercava di divincolarsi da quell’abbraccio in cui era avvinghiata. Evidentemente non amava le smancerie in pubblico.
Tirai sul col naso e la coppietta si staccò, sempre più imbarazzata.
-Allora- Chirone si schiarì la gola –Avevi bisogno, Aelle?
Scossi la testa. –Non proprio. Ma Grover sostiene che sia opportuno dirglielo-
Mi invitò a sedere e fu allora che notai che il Signor D non era presente, ma non feci domande a riguardo. Presi piuttosto un bel respiro ed iniziai il mio racconto. Non ci misi molto, in fondo era successo tutto in pochi attimi, ma Chirone volle ascoltarmi lo stesso.
Quando terminai, il centauro rimase in silenzio e non proferì parola finché non lo chiamai con voce insicura. Sembrava essersi incantato.
-Scusami, bambina- disse con tono grave –Ma ti è accaduta una cosa piuttosto insolita. Non ho mai sentito parlare di niente del genere-
Annabeth si girò a guardarlo. – Com’è possibile che non sia mai capitato qualcosa di simile? Tu hai vissuto moltissimi anni, dovresti sapere tutto!-
Chirone la fissò con un sorriso mesto. –Purtroppo non so tutto, Annabeth, anche se mi piacerebbe- ammise e la ragazza abbassò le spalle, con lo sguardo perso nel vuoto. Percy la attirò a sé, abbracciandola di nuovo, e questa volta lei non si oppose.
-Spero che non sia nulla di grave- dissi a bassa voce.
Grover sorrise a mezza bocca. –Quando si parla di semidei c’è sempre qualcosa di pericoloso- commentò –Ma fintantoché stai al Campo dovremmo riuscire a proteggerti-
Aggrottai le sopracciglia: il condizionale non mi faceva pensare ad un futuro roseo. Evidentemente avrei dovuto cambiare opinione riguardo alla mia idea di avvenire. Ora ero una mezzosangue.
Per l’ennesima volta starnutii e Grover scattò in piedi. –Ti conviene andare ad asciugarti per bene. Ammalarsi non è mai una buona cosa-
 
Fu Annabeth ad accompagnarmi nello spazio del Campo riservato alle case e ad introdurmi in quella in cui avrei alloggiato, la numero undici. Mi spiegò anche che non sarei stata lì per sempre perché ero la prima indeterminata entrata nel Campo da quando Percy, alla conclusione della Seconda Guerra, aveva fatto promettere agli dei di riconoscere tutti i loro figli.
-Che se ne siano già dimenticati?- ragionò tra sé e sé mentre sorpassavamo una casa che profumava di mare. La osservai in silenzio: qualcosa mi diceva che dovevo entrare. E così feci. O almeno ci provai perché Annabeth mi fermò un attimo prima che ne varcassi la soglia afferrandomi il polso.
-Ferma. Non puoi- mi ammonì con sguardo severo –E’ proibito entrare nella casa di un dio o di una dea che non sia il tuo genitore-
Appuntai questo particolare in testa e le feci un’altra domanda. –Questa casa a che dio è consacrata?-
-Poseidone- mi rispose, facendomi al contempo allontanare da essa. Continuò a trascinarmi finché non raggiungemmo una delle ultime case, quella che Annabeth mi aveva detto essere di Ermes.
-Il messaggero degli dei- sorrisi –Quando ero piccola era il dio che mi piaceva di più-
Annabeth rimase un po’ interdetta per la mia improvvisa confessione, ma scrollò le spalle come se non avessi parlato. Era una ragazza un po’ fredda, ma sentivo che i suoi lati buoni erano rintanati sotto la scorza gelata.
Mi lasciò davanti alla porta e si dileguò immediatamente, sostenendo di avere molto da fare. Sostai davanti alla casa per qualche secondo, poi mi decisi ad entrare. E rimasi scioccata. Era un disastro totale: c’era roba sparsa dappertutto, anche nei posti più improponibili.
Sul momento mi bloccai, ma dopo poco notai che c’erano tanti letti e altrettanti ragazzi che mi fissavano, tutti con lo stesso sorriso scaltro. L’aria divenne improvvisamente tesa. Loro mi osservavano senza dire una parola, ma con curiosità dipinta in faccia. Io non sapevo cosa dire e mi guardavo intorno, imbarazzatissima.
Quando uno di loro tossì, la bolla di sapone si ruppe ed essi presero a gridare tutti insieme. Indietreggiai, spaventata dal chiasso. Probabilmente mi stavano sommergendo di domande, ma non capivo niente. Andarono avanti fino a quando qualcuno non urlò più forte. Si zittirono all’unisono, ma temevo fosse la classica calma prima della tempesta.
-Nuova?- mi chiese uno.
Annuii.
Volevo sprofondare: la loro attenzione era completamente catturata dalla mia presenza. E non feci in tempo a coprirmi le orecchie perché ripresero a strillare. Immaginai che fosse il loro modo per darmi il benvenuto. E reputai che fossi un gesto carino, ma il pensiero mi morì in testa non appena mi si avventarono tutti contro, stringendomi in abbracci senza fine. Ognuno mi stritolava a modo suo, ma ci misi poco per sentirmi soffocare.
Quando finirono di accogliermi ero in fondo alla stanza, ormai asciutta. L’asciugamano mi cadde di mano, mentre il silenzio calva di nuovo e tutti mi fissavano –ancora!- in attesa che dicessi qualcosa.
-Uhm … grazie- strusciai un piede a terra.
Risero. –Di cosa? Sei una figlia di Ermes. Siamo la tua famiglia-
Spalancai gli occhi, affrettandomi a negare. –Oh, no. Non sono figlia di Ermes! Annabeth ha detto che sono indeterminata-
Un centinaio di bocche si spalancarono. E ripresero a parlare tutti insieme. Cercai di attirare la loro attenzione, ma per quanto ci provassi sembrava che quella parola fosse più interessante.
-Scusate … -
Nessuno mi ascoltò. Erano tutti intenti a cercare di capire perché fossi indeterminata ed erano preoccupati che altri ne potessero arrivare.
Rinunciai e mi scelsi un letto tra quelli vuoti, sdraiandomi. Abbassai le palpebre e mi addormentai.
Prima o poi avrebbero smesso,  no?
 
 
 
Note:
Ciao a tutti! Eccomi con il nuovo capitolo!
Spero che vi piaccia. Non vorrei però essere troppo veloce nell’aggiornare. Se lo sono, fatemelo sapere … rallento un po’.
Avevo promesso a Soni un po’ di Percabeth. Ho messo solo un bacio, spero vada bene lo stesso! Più avanti approfondisco un po’. E non pensare male!xD
Beh, al solito: gli errori fatemeli notare sempre.
Grazie per le recensioni e un grazie va anche a chi ha messo la storia tra le seguite –siamo a 11!!- GRAZIE MILLE!!
Ok, questo spazio-note fa schifo.
Al prossimo capitolo!
Baci,
Aelle
  
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