Sono circa le 5 di pomeriggio, il cielo è velato di un
grigio insolito, le nuvole lo fanno da padrone e Anita, con animo affranto
calpesta la ciottolata di un piccolo ponte, sotto di lei un fiume quasi del
tutto prosciugato scorre lentamente. Un vento leggero si leva e fa scompigliare
i capelli di un rosso spento, della ragazza. Anita fissa un biglietto che tiene
saldamente nelle sue mani affusolate, come se temesse che quel venticello si
portasse via quel pezzo di carta che potrebbe cambiare il suo destino, se solo
lei lo volesse. Camminando a passi tardi legge e rilegge il contenuto del
biglietto: destinazione New York solo andata
partenza: 29 febbraio. Suo padre
glielo aveva regalato con la speranza che lei lo avrebbe seguito in America.
“ Tesoro, almeno pensaci, New York è una città bellissima,
ci sono tante opportunità e in America ci sono delle Università molto valide.
Potrai iscriverti ad Harvard o Yale, e poi lo so che ami l’inglese e allora,
quale modo migliore per impararlo se non sperimentarlo sul posto?”
Ora fissa quel fiumiciattolo mentre nella sua mente quelle
parole risuonano continuamente, come una cantilena. Il padre vive già da molti
anni negli States e ogni tanto ritorna a Pavia per ritrovare qualche amico e i
suoi figli. Condivide la sua casa in periferia con una donna americana
conosciuta poco dopo il suo arrivo, ma
Anita non ne è infastidita; non aveva mai visto assieme i suoi genitori,
perciò perché esserne gelosa?. Non aveva mai conosciuto l’amore tra padre e
madre poiché i suoi avevano divorziato dopo solo qualche anno dal loro sontuoso
matrimonio e lei era troppo piccola per poterlo ricordare. Anita l’amore però
l’aveva conosciuto, l’amore quello vero, quello con la a maiuscola, l’amore che
cambia, che ti stravolge il cuore e la vita, l’amore che quando finisce ti
distrugge, proprio come le era successo. Luke il suo primo e unico amore
l’aveva lasciata due giorni fa e da quel giorno non sente più il suo cuore
battere, è come se si fosse fermato, come se fosse morta e in realtà, una parte
di lei è morta insieme al loro amore mai consumato.
Non scorrono più lacrime dai suoi occhi, hanno già irrigato
le sue guance pallide per tutto il giorno e il risultato è un paio di occhi
rugiada stanchi e gonfi. Il sole è calato da tempo e forse è ora per Anita di
ritornare a casa al caldo, in un posto sicuro, protetta dallo sguardo pietoso
dei passanti e dal dolore che germoglia dentro.
Costeggia l’argine del fiume sotto la luce di alcuni
lampioni mentre la sua mente è ancora altrove, in un luogo che vorrebbe
dimenticare, in un luogo in cui vorrebbe stare.
“Ciao tesoro, ehm, sono papà...” pausa di silenzio, cerca le
parole giuste da pronunciare alla sua bambina “allora, hai pensato alla mia
proposta?..ehm no, forse non ci hai ancora pensato” la sua insicurezza talvolta
è comica, pensa Anita mentre spulcia nell’armadio “ beh ecco i i io volevo dirti che qualunque decisione
prenderai sarà quella giusta, ricorda di farla con il cuore. Ti aspetterò
domani all’aeroporto alle 09.00 ma se non verrai sarà comunque giusto così. Ti
voglio bene”.
Nonostante si sentissero una volta ogni morto di Papa, e si
vedessero ancora più raramente, la ragazza non si capacita del
fatto che suo
padre sappia sempre trovare le parole per farla stare meglio e la sua
saggezza sia infinita. Mentre i pensieri vagano, i suoi occhi si
fissano su un
vestito, quel vestito che è appeso da non si sa quanto tempo,
quel vestito
color pesca, un ricordo di Luke, il ricordo del matrimonio di sua
sorella, lui
le aveva comprato quel vestito che le piaceva tanto, ma che non poteva
permettersi benché lavorasse al Supermarket del paese 5 volte a
settimana. Era
ed è tutt’ora bellissimo. Un fulmine attraversa la mente
di Anita che inizia a
correre giù per le scale, con ai piedi un paio di calzettoni
fucsia; arrivata
nell’umida cantina del condominio, recupera un cartone con il suo
coperchio,
deve essere un pacco del Natale appena passato poiché è
ricoperto da una
carta di color oro e sopra vi sono disegnate le renne trainate da Babbo
Natale.
Ritornata nell’appartamento che inizia ad emanare un timido
caldo, mette a soqquadro quell’abitacolo alla ricerca solo lei di chissà cosa;
ora corre a destra, ora corre a sinistra, senza accorgersi che la porta
d’entrata è rimasta aperta e i condomini sbirciano dentro, incuriositi.
È quasi mezzanotte ed Anita ha appena terminato di mettere a
posto ciò che aveva messo in disordine, le sembra il giorno delle pulizie di
primavera quando si disfa tutto per rimettere tutto in ordine, e forse è venuto
il momento di mettere a posto, si di mettere a posto la sua vita. Si siede sul
comodo divano a due posti nel centro della sala e prende delicatamente ad uno
ad uno gli oggetti che si trovano sul pavimento, ai piedi del divano. Li fa
scorrere nelle sue mani, lentamente, richiamando alla memoria un ricordo ad
essi legato e legato anche a quella persona importante che è uscita dalla sua
vita che d’ora in poi avrà un colore più spento.
Un braccialetto colorato, una lettera, una scatola di
cioccolatini vuota, una rosa rossa appassita che non mostra più il suo
splendore, un ciondolo , una felpa xxl e, infine, l’oggetto più doloroso da
riporre nello scatolone natalizio: una foto, una foto che ritrae due giovani
sorridenti, sullo sfondo il sole tramonta illuminando un cielo celeste.
“su forza Luke
avvicinati a lei,daiii”
“ma perché deve sapere
tutto il mondo che ci vogliamo bene?”
“taci e abbracciala,
dobbiamo immortalare questo pomeriggio al luna park”
Uno sguardo d’intesa
tra i due che scoppiano a ridere simultaneamente e la ragazza dietro la
macchina fotografica ferma quel momento.
Un’ultima, sottile lacrima scende nell’attimo in cui Anita
ripone quella foto nello scatolone assieme a tutti i ricordi di Luke e lo
chiude, come se con quel gesto riuscisse a cancellare tre lunghi anni d’amore.
Ora può guardare al futuro, ora niente sarà più grigio e,
detto questo, s’infila nella doccia per calmare quel ciclone di emozioni che
attraversano la sua anima.
Mentre la radio notturna passa una canzone degli Aerosmith,
Anita apre la grande valigia a scacchi e la riempie di ogni cosa si trovi
attorno a lei, maglioni di lana, jeans scoloriti, abiti troppo scollati e mai
indossati, collane e braccialetti a volontà, vecchi cd che non ascoltava da
tempo, una coperta infiltrita e, naturalmente tutti i libri a lei più cari da
quelli di medicina ai romanzi d’amore che probabilmente non toccherà ancora per
un po’. Chiusa con forza la valigia, prende in mano il telefono e digita un
numero che conosce a memoria.
“Ciao Thomas, lo so che non è l’orario giusto per chiamare, se non stai dormendo stai sicuramente facendo qualcosa di più interessante di me, comunque volevo dirti che ho deciso di accettare la proposta di papà, mi trasferirò con lui a New York, è una cosa improvvisa anche per me, credimi, ma penso sia più giusto così, mi spiace di non poterti salutare; abbi cura di te, ti voglio bene fratellone”. Thomas è il fratello maggiore di Anita, nonché l’unico, erano sempre stati legati ed era un confidente straordinario, era ed è tutt’ora il suo migliore amico, quante avventure hanno passato assieme. Anita le ricorderà tutte e così dicendo si consola di averlo lasciato con quell’addio un po’ squallido.
Dopo aver dato un’ultima occhiata al suo appartamento spegne
tutte le luci ed esce, cercando d’imprimere nella sua mente tutti i ricordi e
tutto ciò che era avvenuto in quel posticino caldo e protettivo.
L’orologio dell’auto segna le sei del mattino, Anita prende
un respiro profondo e avvia la macchina, quella macchina che sfreccia in
direzione dell’aeroporto dove comincerà una nuova vita lontano da tutto,
lontano da tutti, lontano da lui.
La radio trasmette una canzone che sembra fatta apposta per Anita.
“e forse partirò,per dimenticare, per dimenticarmi di te”
dice il ritornello, si è fatta per lei e forse questo indica che sta andando
nella direzione giusta lontano dal dolore, lontano dall’amore, lontano da lui. Mentre segue il ritmo della canzone dalle
labbra carnose color corallo esce un “addio Luke”.