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Autore: dahlia variabilis    15/04/2012    0 recensioni
Ora piangi davvero, e senza ritegno, e ti afflosci sotto il tuo piangere, simile alla pioggia che batte sui vetri, e tu uno spaventapasseri di quelli di un tempo fra il grano, con la giacca troppo larga per il torace, le maniche troppo lunghe. E la pioggia, lo sai, riduce lo spaventapasseri a straccio.
E pensi che non ti sei mai sentita così sola, tutte le paure del mondo appiccicate alla tua pelle.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia batte sulla finestra, come a voler colmare il silenzio che si è formato tra voi due. Tutto è schiacciato da un silenzio non spiegabile. Una totale assenza di rumore, di suono, di vita.

Rick si passa una mano sugli occhi, stancato dalla situazione.
«Credo..» sospira «Credo che dovremmo farla finita, non possiamo andare avanti così.» La sua voce è vuota, completamente priva di qualsiasi emozione. Anche i suoi occhi, così scuri da far paura, sono piatti, pozze di petrolio senza fondo. Le labbra sottili, tirate.

Resti in silenzio, e ti lasci scivolare giù, la schiena poggiata al frigorifero. Ti bruciano gli occhi, le lacrime te li  fanno pizzicare, ma non piangerai. Non davanti a lui. Non di nuovo.
«Rick.. Ti prego, parliamone.» La voce ti trema, è poco più di un sussurro.
«Parlare di cosa, Marion?»
Urla. La rabbia gli deforma la faccia. «Di questa.. Cosa?»
Te lo trovi davanti in pochi secondi. Ti tira su di forza e ti costringe a guardarlo in faccia.

Hai paura.
Il battito del tuo cuore riesce quasi a sovrastare la sua voce.
Ti prende per le spalle e ti scuote, batti la testa nel frigo. La ferita pulsa, e t’impedisce di pensare.
Rick ti lascia, e scivoli nuovamente a terra.


Sta ancora urlando. Attraversa il salotto a grandi passi, travolgendo tutto quello che si trova davanti. Butta giù i libri dagli scaffali.
Urla.
Rovescia la TV.
Sta ancora urlando.
Si passa le mani tra i capelli e continua a urlare. Ti rannicchi in posizione fetale, e ti copri le orecchie con le mani. Non vuoi più sentire le sue urla.
Bastabastabastabastabasta!

Butta a terra la caraffa con i fiori, che s’infrange, inevitabilmente. I vetri finiscono ovunque. Rick ci cammina sopra, e il suono che produce la gomma a contrasto col vetro sembra far pulsare la ferita dietro la tua testa ancora di più. Piangi.
Tropporumoretropporumoretropporumoretropporumore!


Afferra la giacca e si risistema i capelli. Ti getta un’ultima gelida occhiata. «Passerò domattina a prendere le mie cose.»
Lo guardi, svuotata di tutto. La rabbia, il dolore, tutto è scomparso con le lacrime.
«Ok.»
È poco più di un sussurro. Anche la voce se n’è andata.


Ora piangi davvero, e senza ritegno, e ti afflosci sotto il tuo piangere, simile alla pioggia che batte sui vetri, e tu uno spaventapasseri di quelli di un tempo fra il grano, con la giacca troppo larga per il torace, le maniche troppo lunghe. E la pioggia, lo sai, riduce lo spaventapasseri a straccio.
E pensi che non ti sei mai sentita così sola, tutte le paure del mondo appiccicate alla tua pelle.

La ferita alla testa continua a pulsare.
Ti tiri su, reggendoti al tavolo, barcolli un po’. Cominci a raccogliere i cocci della caraffa, e non t’importa se il vetro ti taglia. E raccogliere quei cocci, è come cercare di riattaccare i cocci della vostra relazione.
Un senso di attesa ti cresce dentro. Ti aspetti che Rick torni, che entri in quel salotto disastrato e ti abbracci, chiedendoti scusa per il suo comportamento inopportuno e dicendoti che sì, è una notizia bellissima, e che vorrebbe chiamarlo Jason oppure Sarah, sempre se tu sei d’accordo. E tu annuirai e gli dirai che sono dei nomi bellissimi, anche se Sarah non ti piace, ma pronunciato da lui sembra tutto un altro nome.
Ti stai illudendo, Marion. Ti illudi di aver avuto l’amore, e ne aspetti il ritorno.

Butti via i fiori, ed è come rassegnarsi un po’ al fatto che Rick non tornerà. E cominci a capire che anche il cappio può essere una cintura di salvataggio.

Riordini i libri sugli scaffali, ed è un po’ come riordinare i pensieri. Forse, è meglio che se ne sia andato. Non avresti voluto crescere tuo figlio con un padre del genere.

Cerchi di rimettere la televisione sul mobile, ma non ci riesci. È come cercare ti rimetterti in piedi e non riuscirci. È un po’ come rinunciare a tutto quello che ti eri illusa di avere. Ricominci a piangere, circondata da quel silenzio opprimente che ti fa fischiare le orecchie. La ferita dietro la testa continua a pulsare.
«Rick..»
Il tuo sussurro spezza per un secondo la solitudine della casa vuota, del salotto disastrato, della vostra relazione finita.

Il silenzio, resta silenzio anche ad ascoltarlo bene.
   
 
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