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Autore: cup of tea    15/04/2012    5 recensioni
Quando si hanno diciassette anni e le proprie valige nel baule dell’auto di mamma, accettare di dover dire addio alla propria vita e rifarsene una nuova in un posto sconosciuto rischia di essere una faccenda alquanto critica.
Dunque, questa è una storia sul valore e sulla ricchezza dell'amicizia vera. I My Chem ci sono, ma, almeno nei primi capitoli rimarranno solo sullo sfondo. Spero vi piaccia, è la prima fanfiction che scrivo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gerard Way controllò la propria casella di posta elettronica.
Era un’operazione che ultimamente non aveva effettuato spesso, perché era stato impegnato con la band nelle prove e nella composizione nel nuovo album, per non parlare del poco tempo che passava con la sua famiglia. Ma quella mattina aveva ricevuto una telefonata dal direttore del magazine con cui la band stava collaborando.
“Signor Way,” gli aveva detto, “ieri è arrivata in redazione una lettera che riteniamo sia in qualche modo indirizzata alla sua band. Non siamo soliti riportare ogni singola lettera dei fan ai rispettivi artisti, può capire quanto altrimenti il nostro lavoro diventerebbe ingestibile, ma qui si tratta di un caso particolare.”
“La ascolto” aveva risposto lui, incuriosito dalla insolita telefonata.
“Si tratta delle vincitrici del concorso. Una delle due ci ha scritto qualche riga e ha commosso tutti, qui in redazione. Ci sembrava opportuno che la leggeste anche voi. Un mio collaboratore ha provveduto a scannerizzarla e a mandarla al suo indirizzo di posta elettronica.”
“La ringrazio. Questo pomeriggio sarò in studio con gli altri, la leggeremo insieme senz’altro.”
Così, radunatisi tutti i membri nel loro studio nuovo di zecca, Gerard aveva brevemente spiegato loro la faccenda e, acceso il computer, era pronto a leggere la tanto misteriosa lettera.
Era seduto su una poltrona di pelle nera, di fronte a Mikey e Ray, che sedevano su un divano. Appoggiato con la schiena ad esso, Frank stava invece a gambe incrociate sul tappeto.

 
“Alla cortese attenzione di… ok, non so chi leggerà questa roba.
A dir la verità, non so nemmeno se qualcuno la leggerà.
Perciò, credo che utilizzerò all’occorrenza un vago e generico “Voi”.
Dunque, mi chiamo Hannah Smith. Sono una delle due vincitrici del concorso “What is My Chemical Romance?” e Vi scrivo perché rinuncio al nostro premio.
Mi sembra giusto informarVi di questa mia decisione, così che possiate dare la possibilità di incontrare la band a qualcun altro.
 
Il fatto è che, poco più di una settimana fa, la mia migliore amica, nonché co-vincitrice, Jenny, è venuta a mancare.
E’ stata molestata dall’assurda imbecillità di chi non è capace di accettare l’altro, il diverso.
E’ stata uccisa dall’ignoranza e dalla delinquenza di chi, per sentirsi forte, ha bisogno di offendere, spaventare, minacciare chi sembra essere più debole.
 
Oh, ma Jenny non era affatto debole.
Al contrario, mi ha insegnato cosa vuol dire credere in sé stessi.
Mi ha insegnato che ci si può sentire a casa anche in una nuova città, addirittura in un nuovo Stato.
 Mi ha insegnato che la musica unisce, ma divide, anche.
Uno dei motivi per cui era vittima di bullismo era proprio il fatto che se ne andava in giro tutta fiera di quello che era. E molto di ciò che era, molto di ciò che sono sicura è ancora adesso, lo deve alla musica che amava. Credeva in quello che faceva, credeva in quello che aveva imparato dalla musica e dalla vita.
Qualcuno probabilmente non riesce semplicemente a comprendere, figuriamoci ad accettare, che ci si possa sentire bene anche solo con l’indossare le proprie passioni in formato Tshirt o accessori.
“Sei solo ossessionata!” o “Non ti sembra di esagerare? Chiamare ‘Eroi’ o ‘Idoli’ dei perfetti sconosciuti!” questi sono i commenti preferiti della gente che non capisce quanto si possa imparare da un gesto, o da canzone.
Se, poi, tatuaggi e piercing ti rendono un facile bersaglio per chi ti vuole per forza etichettare, la cosa assurda è che lei neanche ne aveva: probabilmente, però, era sufficientemente sopra le righe per essere presa di mira.
 
La sera della tragedia non ero presente.
Sono sicura, però, che la sua incredibile forza l’abbia tenuta aggrappata alla vita fino all’ultimo.
E che i suoi occhi debbano essere stati così penetranti da provocare una voragine nella coscienza di quei teppisti, perché uno di loro non ne ha retto la gravità e ha confessato.
Jenny era proprio così: capace di farti capire quando e dove tu stessi sbagliando.
Capace di coinvolgere anche i muri con il suo entusiasmo.
Capace di credere nei suoi sogni, e a farmi credere nei miei.
Capace di farmi uscire dal mio guscio.
Questa era Jenny.
E ho voluto raccontarVi di lei in questo modo purtroppo un po’ confusionario perché era una persona straordinaria, che merita di essere ricordata per sempre.
 
Per questo motivo ho deciso di non venire al concerto.
Ho intenzione di organizzare una veglia che si terrà nel cortile della nostra scuola quella stessa sera, per ricordarla insieme a tutti quelli che le volevano bene e insieme a tutti quelli che sono stati incapaci di apprezzarne la straordinaria indole.
Mi dispiace aver rubato il Vostro tempo con queste righe, ma valeva la pena disturbarVi in onore di Jenny.
 
Un saluto,
Hannah Smith”
 

Gerard Way si fermò e riprese fiato.
Nessuno dei quattro osò aprire bocca per non rovinare quel momento di solennità.
Hannah Smith aveva scritto con un tale distacco, che celava in realtà un lungo lavoro di rielaborazione e accettazione dei fatti.
Ma non c’era freddezza, l’affetto per l’amica scomparsa si sentiva dietro ogni parola.
Era, piuttosto, una matura dimostrazione di presa di posizione.
Stava cercando di uscire dal guscio.
 
Il primo a rompere il silenzio fu Frank, che riuscì a riassumere esattamente ciò che tutti e quattro, di fatto, stavano pensando. “Al diavolo il concerto! Di quelli ne faremo finché campiamo. Qui dobbiamo fare qualcosa per questa Jenny – e anche per Hannah! Propongo di rimandare il concerto del 10, al momento dobbiamo pensare a queste due ragazze.”

***

 

Hannah nel frattempo era riuscita a riprendere in mano la sua vita.
Era tornata a scuola, aveva ripreso a uscire, a disegnare e ad ascoltare la musica.
Quella stessa sera si sarebbe tenuta la sua veglia.
Negli ultimi giorni era stata molto occupata a organizzare tutto nel migliore dei modi, aiutata da Luke, in compagnia del quale ormai passava tutti i pomeriggi.
Aveva chiesto il permesso al preside di poter utilizzare il cortile della scuola e l’idea era stata accolta con calore. Aveva creato e distribuito dei volantini agli studenti e ai professori, invitando loro e le loro famiglie a partecipare. Era anche andata a farsi stampare la foto del concorso su una maglietta, che avrebbe indossato quella sera e ogni volta che la lavatrice non l’avesse presa in ostaggio.
In quel momento, mentre la teneva tra le mani, le scappò un sorriso, ripensando al pomeriggio in cui avevano scattato la foto. La infilò, indossò i jeans e le scarpe e entrò nella camera di Susan.
“Mamma, sei pronta? Dobbiamo uscire, è quasi ora!” Susan si diede una sistemata davanti allo specchio e poi stampò un bacio sulla fronte della figlia.
Si sentiva davvero fiera di lei.
“Sono pronta. Possiamo andare.”
 
 
Arrivate a scuola, madre e figlia si posizionarono dietro un tavolo su cui Hannah aveva appeso un piccolo lenzuolo su cui aveva scritto: “Sing About Everyone That You Left Behind”.
Accanto al tavolo c’erano diversi scatoloni e ognuno di essi conteneva delle candele, che avrebbero distribuito ai partecipanti.
Quando arrivò, Luke si unì alle due donne, mentre Catherine e suo marito stringevano la mano ai primi arrivati. Con grande sorpresa di Hannah, non erano pochi.
In neanche mezz’ora il cortile si stava riempiendo: gli studenti, i professori, le loro famiglie, e il resto del personale avevano preso parte all’iniziativa con rispettoso entusiasmo.
 
Svuotati anche gli ultimi scatoloni, Hannah, Luke e Susan presero le loro candele e si unirono agli altri.
Le centinaia di luci delle candele sconfiggevano silenziosamente il buio di quella notte senza stelle.
 
Hannah sentiva di aver fatto una cosa importante.
Hello Angel, tell me, where are you?
Si chiedeva se Jenny fosse lì con lei.
Can you hear me?
Are you near me?
Oh sì che c’era. La sentiva ridere al suo fianco.
 
E sentì anche qualcuno toccarle un braccio per chiamarla.
Quando realizzò di chi si trattasse sentì mancarle il respiro e credette di avere le allucinazioni.
Gerard Way le stava accanto e le stava dicendo qualcosa a bassa voce, ma dovette chiedergli di ripetere, perché non aveva capito niente.
“Tu devi essere Hannah, giusto?” ripeté il cantante.
“S—Sì.”
“Bene, vorremmo prendere parte anche noi alla tua iniziativa. Ah, detto tra noi, è stato un casino riuscire a reperire l’indirizzo della tua scuola!” rise Gerard, mentre da dietro la sua figura facevano capolino le teste dei suoi compagni.
“No, cioè volevo dire sì, ma voi non dovreste essere all’House of Blues in questo momento?” Riuscì a rispondere Hannah.
“Oh beh, ci andremo un’altra volta! Ora è qui che dobbiamo stare.” A parlare era stato Mikey.
Hannah non potè fare altro che sorridere come un'ebete. “Purtroppo abbiamo finito le candele.” Disse poi.
“Non importa. Anzi, se non ti dispiace, pensavamo di accompagnare le veglia con qualche canzone, sempre se tu sei d’accordo.” Intervenne Ray, con uno sguardo incoraggiante, mostrando gli strumenti.
“Ma certo. Certo che potete. Jenny l’avrebbe davvero apprezzato.” Era una fantastica idea. Hannah sorrise e, sotto gli occhi incuriositi di tutti i presenti, fece spazio ai My Chemical Romance dove prima si trovava il tavolo.
Prima di posizionarsi, Gerard, Mikey e Ray strinsero la mano di Hannah e dei Goldman al completo. Frank invece li abbracciò tutti. Poi tolsero le giacche, rivelando inconsapevolmente di aver avuto la stessa idea di Hannah, ovvero di aver stampato la foto del concorso e averne fatto una maglietta.
 
Hannah prese la mano di Luke, mentre la musica e la voce di Gerard si sposavano benissimo con l’atmosfera.
Le fiamme delle candele si muovevano appena, il vento era pressoché inesistente.
 
Jenny era lì con loro, Hannah lo sapeva.
 
Sometimes I get the feeling  She’s watching over me
And other time I feel like I should go.
And through it all, the rise and fall,
The bodies in the streets.
And when you’re gone we want you all to know
WE’LL CARRY ON.

***

 

Il tempo ricuce tutte le ferite, così dicono.
Ed è vero in parte, perché Hannah riprese a vivere la sua vita, ma sempre con Jenny nel cuore.
Alla fine era riuscita ad andare al concerto a Los Angeles con Luke, e aveva appeso al muro di camera sua i due biglietti che sua mamma aveva trovato nel cestino e che le aveva restituito. Era riuscita addirittura a recuperare il plettro di Frank, che aveva lanciato al pubblico.
In realtà sospettava che avesse preso la mira e l’avesse lanciato proprio a lei.
Poi aveva provato a regalarlo a Luke, memore della promessa di Jenny di “procurargli qualche aggeggio per la sua chitarra”, ma lui aveva rifiutato e le aveva stampato in risposta un bel bacio sulle labbra.
 

La vita di Hannah aveva finalmente ricominciato ad avere un senso.
Le cose con sua madre non potevano andare meglio e anche a scuola tutto filava liscio.
Hannah era animata da una nuova musica.
La musica di chi è riuscito a uscire dal guscio.
 

***

 
Ehi!
E così siamo giunti alla fine.
Ora che la storia è finita non so se esserne soddisfatta o delusa, quindi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. Ma non siate cattivi, vi prego!
Le canzoni che ho citato questa volta sono, nell’ordine, Sing, Skyline and Turnstiles, Helena e Welcome to the Black Parade.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di arrivare fino a qui, significa molto per me.

Un bacio,
la vostra ansiosa Cup of Tea.
 

 
   
 
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