La notte era ormai calata su Hogwarts e insieme alla luce del sole aveva portato con sè nelle tenebre anche molte vite.

Ginny era esausta. La morte di suo fratello l'aveva sconvolta, la paura che qualcun altro potesse lasciarla la spaventava ancora di più; aveva paura per la sua famiglia,  per i suoi amici, certo, ma ciò che la preoccupava di più era il fatto che il Tom Riddle faceva leva sul senso di colpa che provava Harry nei confronti dei caduti, e che quindi quest'ultimo potesse consegnarsi.

Avvolta da questi pensieri, la bacchetta in mano pronta ad un'eventuale imboscata lungo i corridoi del castello, cercava persone da poter soccorrere o cadaveri da riconoscere, quando sentì una debole voce femminile chiedere aiuto in lontananza.

La seguì, quasi correndo, e finalmente ne trovò la fonte: una ragazzina dai capelli dorati, probabilmente del terzo anno a giudicare dal viso ancora infantile, di Tassorosso sdraiata a terra, quasi schiacciata sotto il peso di un enorme calcinaccio, l'ennesimo venuto giù dai muri durante lo scontro con le forze Oscure.

«Aiuto, per favore, aiuto! C'è nessuno? Aiutatemi!» gemeva divincolandosi. Il suo respiro era affannoso e pian piano stava perdendo il suo colorito roseo, poichè la morte le stava venendo incontro.

«Tranquilla, ora ti libero» rispose la Rossa, mormorando «Wingardium Leviosa» e agitando con un fluido movimento la bacchetta. In pochi secondi il peso fu scagliato lontano a far compagnia ad altri massi caduti dai muri o lanciati all'interno della scuola dai Giganti.

Subito la ragazzina respirò meglio, ma era troppo debole per muoversi. Ginny notò che era ferita ad una gamba, ad un fianco e al polso sinistro: probabilmente non sarebbe riuscita a vedere di nuovo l'alba. Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma lei le ricacciò dentro quasi con foga.

«C-come t-ti chiami?» le chiese la ragazza dai capelli d'oro.

«Ginny Weasley»

«Dov'è mia mamma? Non voglio più combattere, voglio andare a casa», le sue labbra violacee tremarono, Ginny le prese la mano.

«Stai tranquilla» mormorò. Ma come poteva dirle di stare tranquilla? Come poteva dirle che sarebbe andato tutto bene, quando prima di raggiungerla aveva visto corpi, tra cui quello di suo fratello, feriti, dolore e disperazione?

«Smettila, Ginny», si disse. «Ora lei ha bisogno di te».

I suoi capelli rossi si mossero appena nel tentare di fasciare le ferite della ragazza, almeno provvisoriamente, fino a quando Madama Chips sarebbe arrivata, ma le sue condizioni erano sempre più gravi e le speranze erano ben poche.

«Presto sarà tutto finito» le disse la Rossa con la voce spezzata.

«Presto... presto quando? Tu-Sai-Chi è troppo forte per noi, persino per Potter. Non ce la faremo mai a sconfiggerlo» la ragazza iniziò a singhiozzare, a Ginny tremò la mano.

«Non puoi dire così» rispose con la voce più alta del solito, «Harry ce la farà. Noi tutti ce la faremo, nessuno è morto invano stanotte».

Un fruscìo smosse i lunghi capelli rossi di Ginny e lei si voltò. Un pensiero le attraversò la mente come un fulmine e lei pronunciò quel nome che tanto amava : «Harry».

La mano della ragazza, che teneva saltamente la sua, cedette; gli occhi azzurri si chiusero per sempre.

Ginny si abbandonò alle lacrime, che in poco tempo si fecero strada sul suo viso sporco di fango, sangue e terra.

Tutti l'avevano lasciata, anche Harry.

Probabilmente era vero, pensò. Nessuno sarebbe sopravvissuto.