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Autore: lady dreamer    16/04/2012    1 recensioni
"Frammenti di morte/ Perché tutto quello/Che ieri era/Domani potrebbe/Non essere più."
Lorenzo è da sempre innamorato di Giulia nonostante siano stati separati per tanti, troppi anni. Il caso la fa tornare nella sua vita.
Alessandra fugge da qualcosa, forse da qualcuno e trova la morte.
A Lorenzo l'ingrato compito di scoprire da chi proprio quando scopre che nella sua stessa vita ci sono misteri irrisolti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi scusi, mi potrebbe chiamare Lorenzo Valdesi ?”
“Chi devo annunciare?”
“Un amico.”
“ Come preferisce…”
 
“Stefano, che piacere vederti!”
“Lorenzo, è possibile che devo chiedere a Sergio di te per parlarti?Avevamo appuntamento…”
“Avevo da fare e me ne sono dimenticato.”
“Ma se non vieni neanche a lavoro…”
“Sai cosa mi tiene impegnato e sai anche non possiamo parlarne qui…”
“Sì, lo so ma ricordati che non sono un agente segreto…”
“Andiamo ad aprire l’ufficio” disse ad alta voce in modo che anche Sergio lo sentisse.
 
“Ti sei fatto assumere al conservatorio?
“Ci sono riuscito ma hanno fatto storie, mi hanno fatto fare degli esami e hanno cercato in tutti i modi di mettermi in difficoltà…mi hanno preso a tempo determinato…”
“Quanto determinato?”
“Una settimana…il tempo necessario ad assumerne uno più qualificato…io non ho fatto tutti i corsi e le specializzazioni per diventare docente.”
“Quindi abbiamo solo una settimana per le indagini. Quando cominci?”
“Oggi pomeriggio.”
“Ti hanno già assegnato un cassetto, un armadietto, una cosa del genere?”
“No, perché? Cos’hai in mente?”
“Sai, ogni professore dovrebbe averne uno…quindi anche Alessandra, non credi?”
“Sì, però il suo sarà sotto sequestro se la polizia non l’ha già perquisito.”
“Tu devi solo informarti con discrezione. Nessuno sospetterà di te.”
“E perché non dovrebbero? Ho fatto io richiesta di essere assunto, già questo è strano perché io ho già un lavoro…tranne se non ti sia venuta in mente la brillante idea di licenziarmi…”
“Ti faccio presente che le battute in questo momento sono fuori luogo.”
“Invece quella Giulia non lo è mai, vero?”
“Preferisco non parlarne…e poi ne sai già abbastanza…”
“Eccolo che diventa serio e timido. Dai, Lorenzo, non prendertela, devi capire che non sono abituato a questo genere di situazione e che sto cercando di aiutarti, ma toglimi  anche la libertà di parola e divento un tuo schiavo.”
“Hai ragione, sto facendo il dittatore. Propongo e approvo le mie idee senza chiedere il tuo parere e ti obbligo a collaborare quando tu vorresti non avere ulteriori problemi. Scusami.”
“Se c’è una cosa che non sopporto di te è che passi da carnefice a vittima senza intermezzi…”
“Eh?! E questa espressione da dove salta fuori?”
“Lascia stare, è una cosa che dice sempre mio padre…”
“Se la tua situazione famigliare è travagliata mi chiedo perché devo preoccuparmi anch’io delle vostre scaramucce!”
Stefano lo guardò interrogativo non cogliendo l’allusione di Lorenzo, così quest’ultimo riprese la parola.
“Tu dovresti dire che preferisci non parlarne e che ne so già abbastanza…”
L’amico comprese che era il suo modo per mettere definitivamente un punto alla questione e per fortificare la loro intesa. Così entrambi sorrisero.
“Dove eravamo rimasti?”
“Al dibattito da prima pagina: Stefano verrà scoperto da tutti coloro che frequentano il conservatorio?”
“Secondo me il mio comportamento può apparire sospetto a chiunque mi conosce…”
“Non capisco perché. C’è qualcosa che ti ostini a non volermi dire.”
La sua supposizione si rivelò esatta perché l’amico aveva abbassato gli occhi e fissava un punto indefinito del pavimento. Dopo un attimo di insostenibile silenzio Stefano cominciò a parlare…
“Al conservatorio mi conoscono da tantissimo tempo. Avevo dieci anni quando varcai per la prima volta la soglia del fantastico mondo della musica. Ero affascinato dal suono dei violini e del pianoforte. Sembrava tutto uscito fuori da una favola. Fin quando i miei genitori mi spezzarono le ali. Mi riempirono la testa di preoccupazioni e di paure e per molto tempo abbandonai la musica ma questa trovò il modo di tornare da me. Una persona mi fece capire che non potevo separarmi da una parte di me stesso e quindi all’età di diciassette anni, dopo mesi di abbandono, tornai al conservatorio. I miei non ne sapevano niente e io ero costretto a pagare la retta con qualche lavoretto nella pizzeria del padre di un mio amico di allora. Il  tempo che non impiegavo a studiare musica o a guadagnare di che continuare a farlo lo passavo sui libri. A notte tarda, dopo aver cercato di fare nel minor tempo possibile i compiti del giorno dopo, finalmente prendevo sonno. La mattina mi svegliavo presto, studiavo quello che potevo per la scuola e prima di recarmici  andavo da un amico a esercitarmi con il violino. Ero perennemente in ritardo e, pur di guadagnare tempo libero, partecipavo a tutti gli scioperi. Tutto proseguì tranquillamente per i miei genitori che non faticavano a credermi a casa di un amico a fare i compiti anziché al conservatorio o in pizzeria o a sonnecchiare in biblioteca mentre cercavo di mettere insieme il coraggio per propormi volontario in latino o greco o qualunque altra materia avessi avuto il tempo di capire e studiare decententemente. Le giornate si susseguivano veloci senza un attimo di tregua. Ma ad un certo punto non riuscii più a reggere il corso degli eventi. Presi molte insufficienze che non ebbi il tempo di recuperare prima che arrivassero i colloqui. I miei, quindi, vennero a conoscenza della mia situazione scolastica e si presero la briga di controllarmi i quaderni e di impedirmi di uscire. I miei voti migliorarono notevolmente ma non ebbi più il tempo di andare alle lezioni al conservatorio. Quindi il mio insegnante, a cui non avevo raccontato tutti gli espedienti che adoperavo per continuare a studiare musica, chiamò a casa e anche questa mia attività “illecita” venne alla luce.”
“E poi?”
“I miei decisero che non potevo andare avanti così e mi lasciarono continuare gli studi ma mi fecero cambiare professore. Ne scelsero loro uno. Era terribile, non mi lasciava tregua, appena sbagliavo cominciava a lamentarsi, dirmi che non valevo niente, che non sarei  mai diventato qualcuno. Così finii per crederci. Decisi di lasciare di nuovo gli studi musicali, ma qualcuno mi spinse a ricominciare a vivere.”
“Ora mi sorge spontaneo un interrogativo: chi ti ha spinto a tornare per la terza volta al conservatorio?”
Lorenzo era in piedi davanti a Stefano e attendeva una risposta che lui era restio a fornire.
Quando alzò lo sguardo e incontrò quello dell’amico si era arreso a  svelare l’arcano ma inconsciamente cercò con gli occhi  l’orologio appeso alla parete…
“Mi spiace, devo andare. Mi aspettano…ho la prima lezione al Note stonate.”
Lorenzo lo seguì alla porta e con il capo accennò un segno di saluto.
“Questa volta me la sono cercata” pensò. Sconsolato andò all’albergo. Erano ormai due giorni che vi soggiornava ma non aveva ottenuto nessuna notizia di riguardo che non avesse già appreso dai giornali. La camera di Alessandra era stata la 15 e ora era sotto sequestro, ogni tanto la polizia vi tornava a cercare qualcosa che muovesse un po’ le acque, ma queste ristagnavano in un acquitrino di notizie sempre uguali e sempre più evidenti. L’autopsia aveva rivelato che la causa della morte era palese: un proiettile che l’aveva colpita mentre era di spalle. Era stato il colpo preciso di una mano esperta, di qualcuno che sapeva chi e dove doveva uccidere, si trattava senza dubbio di un assassinio premeditato.
Lorenzo aveva pensato più volte di intrufolarsi nella stanza e di trovarvi chissà che cosa ma era chiaro che non ci sarebbe stato niente che chi di dovere non avesse già prelevato. La sua unica speranza era Stefano, che nascondeva, a sua volta, un mistero. Nonostante tutto sentiva di potersi fidare di un compagno di università e di lavoro. Sentiva di potersi fidare di un amico. Prese quindi la decisione di abbandonare l’albergo, costatando di aver speso inutilmente il suo denaro: nella camera non  sarebbe potuto entrare, il personale non ne sapeva niente e da quello che aveva appreso da Sergio, quella sventurata notte la donna aveva fatto i bagagli e se ne era andata senza dare spiegazioni. Finse dunque una telefonata nella quale un interlocutore inesistente gli comunicava che sebbene i lavori a casa sua non fossero terminati, ora vi poteva tornare. Fu un sollievo tornare a casa, ma era meno rassicurante apprendere che il suo raggio d’azione era limitato e che dove non riusciva la polizia, non sarebbe certo riuscito lui.
Aveva sperato di incontrare al funerale di Alessandra qualche parente che avrebbe avuto la compiacenza di dargli qualche spiegazione, ma la salma venne trasportata al paese natale della donna e gli fu difficile raggiungerlo. Si trattava di un piccolo comune di provincia ubicato su una catena montuosa a lui sconosciuta. La notizia gli venne comunicata da un sms di Stefano che aveva visto, entrando al conservatorio, il manifesto delle onoranze funebri nel quale il corpo docente e gli studenti  esprimevano il loro cordoglio per la morte improvvisa di una valente insegnante ma in particolar modo di una donna dall’animo gentile e di indole generosa. “Tutti le volevano bene” pensò Lorenzo “ma qualcuno l’ha uccisa.” 

  
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