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Autore: Giulia_G    16/04/2012    4 recensioni
Il mio cuore sostituiva perfettamente i miei occhi, donandomi forse una vista migliore.
L'amore di una fan che non può permettersi di ammirare, ma soltando di amare.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentivo il cuore battere.
No, in realtà non lo sentivo. Le mie orecchie erano piene solo delle loro voci, di quelle linee che si incrociavano una con l’altra, creando quel meraviglioso disegno, ricco di colori, di emozioni. Tutte le urla intorno a me sembravano scomparire, gli spintoni che ricevevo non mi davano fastidio, mi cullavano in mezzo a quella melodia, quasi come se mi trovassi immersa in acqua. Gli occhi chiusi, l’unico contatto che avevo con il mondo esterno era la mano, avvinghiata a quella del mio angelo custode, che anche quella volta mi aveva accompagnata; senza di lei sarei stata persa, nel verso senso della parola. La musica si fermò e per un attimo mi resi conto di essere in mezzo ad altra gente, in mezzo ad altre persone che come me cercavano di godersi al meglio quel momento, forse in un modo un po’ diverso. Ripresero quasi immediatamente, dopo aver stropicciato un paio di bottiglie di plastica probabilmente per bagnare la bocca. Quando sentii di nuovo il suono della chitarra, presi un respiro e cercai di allargare il campo fino a quelle corde, per unire la loro voce a quella dei ragazzi di fronte a me. Sentivo l’emozione nel loro canto, ero in grado persino di percepire se stessero sorridendo. Il pavimento vibrava, qualcuno stava saltando, imitando loro che, stando in piedi in quello spazio ristretto, non avrebbero potuto muoversi in altra maniera. Accanto a me potei sentire il suono di una macchina fotografica, che scattava una foto dietro l’altra, come un mitragliatore che spara proiettili. Le note rimbalzavano contro le pareti, arrivando a noi leggermente modificate dopo una frazione di tempo impercettibile. A giudicare dal rimbombo che avevano le casse dovevamo trovarci al massimo in un paio di centinaia di metri quadrati di superficie. Li sentivo vicini, quasi come se potessi sfiorarli. Mi tremavano le braccia, mentre mi concentravo per ricevere ogni singola parola di ciò che veniva cantato, ogni singola espressione nella loro voce. Frase dopo frase, accordo dopo accordo, sentii le grida intorno a me farsi sempre più deboli, in attesa del momento in cui finalmente avrebbero potuto annullare la distanza che si trovava tra noi e loro. Sorridevo, chissà se qualcuno si sarebbe mai accorto che non stavo fiatando, che non ne avevo la forza. I muscoli erano bloccati, incapaci di stendersi o contrarsi per compiere il minimo movimento. Sembrarono pochi secondi, quelle che invece realizzai fossero diverse decine di minuti. Erano volati via, come se fossero voluti scappare da noi, come se avessero voluto portarci via tutto quello splendore. Che avversario, il tempo. Forse uno dei più temibili, uno di quelli di cui si dovrebbe maggiormente avere paura, ma di cui mai nessuno comprende l’importanza e la potenza. La ragazza alla mia destra si mosse, avanzando leggermente, per poi fermarsi esattamente davanti a me. Una luce di una finestra, che fino a quel momento era stata coperta dal suo corpo, mi colpì in piena faccia, riscaldandomi la guancia. Provai ad allungare una gamba, ma la mano che stringevo mi trattenne, facendomi capire che ancora non era il mio turno. Sentii la sua presa aumentare, era emozionata almeno quanto me. C’era il senso di vuoto nel mio petto, come se le voci che avevano occupato il locale fino a dieci minuti prima mi fossero appartenute da sempre. E adesso che non c’erano più, mancava qualcosa. Le sentivo ancora, decisamente più basse di prima, non amplificate dai microfoni, ma comunque appena udibili per me che mi trovavo a pochi metri da loro. Una ragazza cinquanta centimetri più avanti di me piangeva, con singhiozzi che sarebbero stati degni di una commedia d’amore. Mi sentii tirare il braccio e avanzai di poco, avvicinandomi a loro.

Una mano forte mi prese sotto un braccio, ma mi sentii strattonare dall’altra parte.
«Ci sono io» disse la voce al mio fianco, quella voce delicata che conoscevo benissimo, rimproverando l’uomo che rispose con un mugugno e con quella che immaginai fosse un’alzata di spalle. Lasciò la presa, alzando un braccio che mosse l’aria vicino a me. Doveva avere una bella stazza quell’uomo, probabilmente era una delle guardie. Mi mossi verso sinistra, rischiando di inciampare nei miei stessi piedi. Quando con la mano sfiorai all’altezza dell’ombelico quello che doveva essere un tavolo, quasi mi si fermò il cuore. Ero di fronte a loro. Senza che me ne rendessi conto quel momento era arrivato, non mi sembrava neanche vero.
«Ciao» salutò con un sorriso il ragazzo di fronte a me, con uno stupendo accento inglese. La stessa persona che poco prima mi aveva presa per un braccio, sussurrò qualcosa al suo orecchio, la voce era la stessa. Passò qualche secondo, poi la notizia corse alle orecchie di tutti i ragazzi, che cercavano di parlare il più piano possibile, senza sapere che il buio aveva migliorato il mio udito e che la mia buona conoscenza dell’inglese mi avrebbe permesso facilmente di capire cosa si fossero detti.
Liam biascicò qualche scusa, esattamente di fronte a me. Il sussurro della mia amica, alla mia sinistra, mi suggerì di spostarmi di lato. Camminai lentamente, attenta a dove mettevo i piedi, fino a quando non sentii il vento di marzo sferzarmi un colpo in pieno viso. Mi coprii con la sciarpa che avevo al collo, cercando di comprendere come mai mi avesse portata fuori.
«Il buttafuori oggi pare particolarmente buono» osservò, facendomi sedere su una panchina di legno. Era fredda, probabilmente anche bagnata, ma poco mi importava.
«Non è bontà, solo pena» le feci notare. Ormai ci avevo fatto l’abitudine, non mi faceva neanche più male immaginare cosa le persone provassero o pensassero quando si ritrovavano a contatto con me. Mi lasciai scappare una risata, che lei imitò. Mi conosceva bene, sapeva che non mi sarei depressa per la scena di cui ero appena stata la protagonista.
«Quindi?» la invitai a spiegarmi come mai ci trovassimo lì fuori. Fremevo ancora dall’emozione, ma non mi era chiaro qualcosa.
«Li incontriamo dopo» mi tranquillizzò, appoggiandomi una mano su una gamba e premendo leggermente per trasmettermi il tremore che non aveva abbandonato neanche lei.

«Ciao» mi salutò di nuovo la voce di Liam, dolce come poche volte l’avevo sentita. Di persona era ancora meglio, più melodiosa di come la ricordavo. Mi si avvicinò e mi abbracciò, stringendomi a sé. Sentivo il suo fiato sul collo, e per un secondo ebbi l’impressione che non mi avrebbe mai lasciata andare. Quando sciolse l’abbraccio si allontanò, ma feci appena in tempo a tenerlo. Dopo un attimo di esitazione, percorsi con la mano il suo braccio, fino a sfiorargli il viso. Aveva la pelle liscia, fredda per il vento che tirava. Allungai un dito, spostandogli una ciocca di capelli dietro un orecchio. Erano ricci, esattamente come me li avevano descritti. Mi avevano detto che erano castano chiaro, del colore simile a quello di un tronco d’albero vicino al quale giocavo sempre quando ero piccola. Sapevo che anche i suoi occhi erano di un colore molto simile a quello. Ricordavo bene quella tonalità di marrone, decisamente una delle mie preferite. Quasi persi un battito quando mi azzardai a sfiorargli con il pollice le labbra. Erano morbide e bagnate, probabilmente vi ci aveva appena passato sopra la lingua. Sorrisi, al pensiero di cosa dovesse passargli in quel momento per la testa. Mi sporsi avanti per abbracciarlo ancora una volta, sussurrandogli un grazie all’orecchio e sapendo che non se la sarebbe presa con me. Si spostò leggermente, per lasciare il posto all’abbraccio silenzioso di un altro di loro, che non riconobbi fino a quando non iniziò a parlare. Tentò qualche parola in italiano, ma quando capii che era in difficoltà gli feci intendere che sarei stata in grado di conversare in inglese, così da facilitare le cose anche a tutti gli altri. Sentii quasi un sospiro di sollievo generale, del quale non mi seppi spiegare il motivo, ma che rilassò anche me. Le voci intorno a me iniziarono piano ad alzarsi, mescolandosi tra di loro, ma tentai di prestare attenzione a quella di Louis, davanti a me. Annuii quando mi chiese come stavo, se ero contenta di essere lì con loro. I suoi capelli erano lisci, li sentivo scorrere tra le dita, mentre con l’altra mano percorrevo ogni singolo centimetro del suo volto, cercando di immaginare quanto fosse bello. Quando arrivai all’altezza della bocca sentii che stava sorridendo e mi stupii, non me lo sarei mai immaginato. Probabilmente quel ragazzo non provava nessuna pietà nei miei confronti, era solamente felice di fare qualcosa per me, qualcosa di diverso. Mi avevano raccontato che i suoi occhi erano azzurri, riuscii quasi a figurarli in mente. Sentii la sua mano avvicinarmi a sé, per stringermi ancora. Avevo quasi paura che potesse sentire la velocità alla quale il mio cuore stava battendo, ma sapevo che per lui non sarebbe stato un problema.
«Sono Zayn» sussurrò il ragazzo che mi si presentò dopo di fronte, attirandomi a sé con una forza che non sarei aspettata. L’abbraccio durò poco, ma fu abbastanza per sentire il cuore uscirmi dal petto. Mi prese la mano e se la portò al viso, appoggiandola delicatamente su una guancia. Aveva la barba appena percettibile al tocco, sul mento. Risi insieme a lui quando mi spiegò che non la tagliava dal giorno prima. Ero sicura fosse perfetto anche così. Evitai di toccargli i capelli, sapendo che non gli sarebbe andata a genio la cosa, fissandomi a passargli le dita sul collo. Era caldo, dentro probabilmente la temperatura non era scesa. Quando tornai su sentii che aveva addosso gli occhiali; nessuno mi aveva detto che li portava. Disse che erano una novità, accorgendosi che li avevo notati. I suoi occhi erano marrone chiaro, li immaginavo tendenti al verde, ma non sapevo se fosse realmente così. Aveva un buon profumo, sapevo che lo avrei ricordato per sempre. Sentii gli orecchini che aveva indosso e lo salutai battendogli un dito sul naso, sorridendogli spontaneamente. Mi scompigliò i capelli con una mano, come se mi conoscesse da tutta una vita. Lo sentii ridere mentre si allontanava per lasciar venire avanti uno dei due che mancavano. Harry mi salutò in inglese, prima di avvolgermi con le sue braccia. La prima cosa che feci fu appoggiargli un dito sulle labbra, tentando di raffigurarmi il sorriso che mi stava regalando. Me l’avevano descritto come uno dei più bei sorrisi di sempre. I suoi occhi dovevano essere verdi, la mia amica diceva di essersene innamorata a prima vista. Li sfiorai con un dito, per poi spostarmi a passargli una mano tra i ricci. Chissà quante ragazze dentro il locale avrebbero voluto fare lo stesso. Erano lunghi, più di quello che avevo pensato, ma erano sicura che gli stessero benissimo. Tutte le ragazze a cui insistentemente avevo chiesto un parere mi avevano assicurato che Harry fosse uno dei ragazzi più belli che avessero mai visto, mi sarebbe piaciuto dare anche il mio parere. Mi sfiorò una guancia con la mano, fermandosi per qualche secondo e parlando in un inglese così veloce che persi qualche parola. Gli sorrisi comunque, abbassando il mento al complimento che mi aveva appena fatto, non troppo convinta che fosse sincero, ma apprezzando sicuramente il suo gesto. Sentivo l’imbarazzo che c’era stato con tutti, ma la cosa non mi stupiva affatto. Anzi, sarebbe stato strano percepire il contrario, non sarebbe stato naturale. Mi buttò un braccio intorno al collo, appoggiandomi l’altra mano sul fianco, in quello che sembrò un tentativo particolare di abbraccio. Sentii i passi di Niall avvicinarsi, era rimasto solo lui. Quando mi salutò ebbi un tuffo al cuore, avrei riconosciuto la sua voce tra mille. Mi strinse a sé anche lui, come avevano fatto tutti gli altri, ma la sua vicinanza fu diversa, sembrava volesse farmi capire che mi voleva bene. Quasi mi cullò, per quella che mi sembrò un’eternità, in uno dei migliori abbracci che io avessi mai ricevuto. Ormai aveva capito come sarebbero andate le cose, quindi lasciò che gli accarezzassi il viso senza opporre resistenza. Immaginai di perdermi nell’azzurro dei suoi occhi; mi avevano assicurato che vi sarei morta affogata. Sorrideva leggermente, allargando solo le labbra, le sentivo sotto le dita. A sentire quello che dicevano gli altri, i suoi capelli erano biondi, ma il suo colore naturale era sul castano. Sentii che li portava corti, alzati sul davanti. Gli poggiai una mano sul petto e gli lasciai un bacio sulla guancia. Non l’avevo fatto con gli altri, ma avevo come sentito il bisogno di avere quel genere di contatto con lui, e non me ne sarei pentita. Feci per tornare dritta davanti a lui ma mi tirò a sé e mi strinse ancora, dandomi poi un bacio tra i capelli.
«Ora non li laverà per due mesi» mi prese in giro la mia amica, costringendomi a girarmi per nascondere le guance che prendevano colore. Era troppo distante da me per colpirla e farla stare zitta, così mi limitai a soffocare la risata che sentivo salire e tornare rivolta verso di loro. Avevo tenuto gli occhiali da sole sul viso per tutto il tempo, non avrei voluto che fossero costretti a vedere il mio sguardo perso nel vuoto, e da parte mia non sarei riuscita a tenermi molto in equilibrio con gli occhi chiusi. Mi portai una mano dietro la testa, non riuscivo a credere che il nostro incontro sarebbe terminato di lì a poco, ma era così.


Mi piacerebbe raccontare che uno di loro si innamorò all’istante di me, che la storia prese una piega strana e romantica, ma non fu così. Fecero sì che io vivessi la mezz’ora più bella della mia vita, tra un abbraccio, una chiacchiera e il mezzo bacio lanciato a uno di loro, ma niente di più. Loro erano loro, e io ero una semplice ragazza, una fan, solo un po’ diversa dalle altre. Per mesi avevo avuto il terrore che questo avrebbe potuto allontanarli da me, ma loro erano stati meravigliosi. Si erano rivelati per le persone magnifiche che tutti pensavano fossero, e io mi ritenevo la persona più fortunata del pianeta per averli potuti conoscere, per aver avuto l’opportunità di stringerli a me. Non avrei desiderato niente di più, davvero. Era tutto quello che avrei voluto. Sentirli dal vivo era stato uno dei più bei regali che chiunque ci fosse lassù potesse farmi, la loro musica che mi rimbombava intorno era stata un’emozione unica. Le loro voci che risuonavano nelle mie orecchie, nell’aria, nel cuore di chiunque li stesse ascoltando, sarebbero state la cura per ogni tristezza, il rimedio per tutte le delusioni, le lacrime e i dolori. Erano stati vicino a me, anche se per poco tempo, mi avevano parlato.
Non li avevo mai visti, non potevo sapere come fossero i loro sorrisi, i loro sguardi, i loro corpi, ma li amavo lo stesso. L’unica cosa di loro che avevo sempre potuto ricevere erano le voci, e mi sarebbero bastate quelle.
Sapevo che nessuno avrebbe potuto capire quello che avevo dentro, quello che sentivo, ma mi compiacevo del fatto che nessuno avrebbe mai potuto provare quello che provavo io, che nessuno avrebbe mai potuto amarli come li amavo io, andare oltre e ascoltarli con l’anima.
Il mio cuore sostituiva perfettamente i miei occhi, donandomi forse una vista migliore.




RAGAZZE!
Ciao a tutti (:
Questa one-shot mi è uscita tutta insieme. Ci ho pensato per tutta la giornata a scuola, e arrivata a casa ci ho passato il pomeriggio. Spero vi sia piaciuta, davvero. Volevo solo precisare un paio di cose..
La fine potrebbe sembrare accusatoria, ma non lo è affatto. Potrebbe lasciar intendere che io creda che tutte le fan tranne me li seguano per la loro bellezza, ma vi assicuro che non è assolutamente così! È una one-shot che ho scritto per provare a descrivere esattamente il contrario. Per provare a spiegare che ci sono fan che li seguono per la musica. Non tutte ovviamente, tante sono ipocrite, ma ci sono fan che non si fermano al loro aspetto fisico. La ragazza della storia, nella quale vorrei chiarire non mi rappresento io, si sarà capito sia cieca. Il suo amore per il gruppo dovrebbe rappresentare un po’ quello di tutte le vere fan, quello che appunto non si ferma al loro aspetto esteriore, ma che va oltre. Lei non potrà mai vedere in faccia i suoi idoli, non potrà mai sapere che sono belli, ma li ama lo stesso, per quello che fanno e per chi sono.
Non saprei spiegare bene a parole quello che volevo passare con questa one-shot, ma spero che voi siate più intelligenti di me e riusciate a capirlo lo stesso xD
Ovviamente, non manca la mia firma, con cui ho calcato un po’ di più sull’incontro con Niall, ma non fateci caso xD
Niente, spero vi sia piaciuta (:
E’ la seconda one-shot che scrivo, quindi abbiate pietà di me xD (la prima è inerente alla mia fan fiction “You, like nobody else.” e la pubblicherò più avanti).
Beh, non ho molto altro da dire (: Recensite, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate (: Passate anche dalle mie due fan fiction se avete voglia (: Come dico sempre, per chi legge una recensione non è molto, ma è importante per chi scrive le storie (:
Un bacio e grazie a tutti.
Giulia.
  
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