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Autore: Francibella    16/04/2012    4 recensioni
La cosa peggiore, quella davvero triste, che a volte la sveglia nel bel mezzo della notte o le toglie il respiro è che è colpa sua. Non c’è nemmeno da discuterne, in fondo. Non vuole ricordare, ma preferisce pensare alle sue colpe che alla sua assenza. Erano una coppia – già, c’è stato quel periodo lontano e remoto – felice. Stavano bene insieme. E poi… Poi lei ha rovinato tutto. Un momento di debolezza, il dubbio, la gelosia per tutte quelle ragazze che aveva intorno. Un bacio sbagliato al ragazzo sbagliato. E il triste verdetto.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questa storia partecipa all'iniziativa "C.I.A. - Chi ha Incastrato l'Auror" - organizzata dal gruppo di FB "Cercando chi dà la roba alla Rowling [Harry/Hermione]"

Un viandante che ha la vita negli occhi

Questa volta non c'è nessuna dedica obbligatoria, quindi mi sento libera di dedicarla a chi voglio.
Come sempre, la dedico a tutti gli amanti (e non) di questo pairing.
Alle ragazze del gruppo.
Ma soprattutto alle organizzatrici di questo piccolo contest, 
perché ci danno sempre idee interessanti e ci stimolano a migliorare giorno dopo giorno.
Grazie, ragazze.
E a Fra, che ormai sta diventanto un elemento insostituibile della mia vita.
Ne abbiamo fatta di strada da quando avevamo sei anni, e tu avevi gli occhiali di Harry Potter.
Grazie per avermi accompagnata fino a qui.
Sei il mio migliore amico.




«Sono vestita troppo leggera.»
È un attimo, una considerazione semplice, che sfugge dalle labbra.
I primi giorni di primavera, le prime folate calde. Le giacche leggere escono dall’armadio, le ballerine sostituiscono gli stivali. Un timido sole convince tutti a svestirsi. I colori si rischiarono, pian piano. Poi, però, quando meno te lo aspetti, ecco l’improvviso vento freddo. Ecco che il sole scappa a nascondersi dietro le nubi. Ecco che l’aria vortica intorno a te e tu non sei pronta, perché, cavolo, la mattina c’era il sole. Può capitare a tutti, di avere freddo. Può capitare a tutti di vestirsi troppo leggeri. A Hermione no. A Hermione non capita. Lei controlla le previsioni, esce sul balcone la mattina per controllare di non avere freddo o caldo e ha sempre un golfino in borsa. Eppure ora è ferma, completamente immobile, in mezzo alla strada, con il vento che le danza intorno. Perché ha freddo, sente i brividi e non le era mai successo.
Hermione non ha freddo, perché non si fa sorprendere. Da niente e da nessuno.
Le persone le passano intorno, nessuno la degna di un’occhiata, è strano, perché di solito la riconoscono per strada, ma Hermione non si accorge di questa stranezza. Rimane lì, ferma, avvolta dal vento freddo, che soffia intorno a lei.
I primi petali sbocciati, troppo deboli, non resistono a quest’aria improvvisamente forte e cadono. Vorticano vicino a Hermione. Se ci fosse un pittore a immortalare questo momento, dipingerebbe una ragazza ferma in mezzo alla strada. Sarebbe una ragazza carina, abbastanza giovane, con i capelli crespi mossi dal vento. Non troppo alta, magra, con un trench blu e i jeans. Intorno a lei i petali che danzano. Nessuno guardando questo quadro riconoscerebbe mai Hermione. Quell’espressione, spaesata, non l’ha mai avuta. Guarda dritto avanti a sé, ma non vede nulla. Un petalo, delicato, timido, ma coraggioso, si appoggia sulla sua testa. Hermione si sveglia, si rende conto che è ferma da cinque, no forse dieci… Ok, quindici minuti.
Cosa pensava?
Cosa guardava?
Hermione scuote la testa, il petalo coraggioso cade, lentamente e inesorabilmente. Hermione lo osserva e pensa ai cigni. Quando muoiono emettono il loro canto più bello. La caduta di un petalo è la stessa cosa. Bellissima, caratterizzata da una lentezza inesorabile, ma è pur sempre una caduta. È la loro fine, senza possibilità di ritorno. Un uomo la urta, non si gira a scusarsi. Anzi, borbotta arrabbiato. Finalmente, Hermione si rende conto che non è dove dovrebbe essere. Quel posto ha qualcosa di familiare, ma non è certamente Tripper’s Tent, cioè dove avrebbe dovuto incontrarsi con Ginny. Però è già stata lì: quella via in ombra, un po’ desolata, le ricorda qualcosa.  Respira e cerca di rimanere calma. Ha sbagliato a smaterializzarsi, può capitare. Non è grave. Deve solo capire dov’è e andare nel posto giusto. Si siede su un muretto, si calma. Cerca di non pensare al fatto che è rimasta ferma per quindici minuti a… A fare cosa, poi?
Sta per smaterializzarsi nuovamente, ma quel paese l’attira, vuole ricordare quando l’ha già visto. Ginny attenderà, tanto è sempre in ritardo. Percorre la piccola vietta e sbuca in una piazza. Ora ricorda, ora lo sa. È Spinner’s End, paese di Severus Piton. Da quando il professore è diventato un martire della Seconda Guerra hanno ripulito un po’ il paese e reso casa sua un luogo di visita. Ricorda quando l’hanno costretta ad andarci. Niente di eccezionale, in realtà. Pensa di andarci di nuovo, per riprendere qualche ricordo, ma è meglio di no. Troppo dolore. Troppa sofferenza.
Questa volta apre subito gli occhi e con sollievo nota che è proprio davanti a Tripper’s Tent, il locale preferito di Ginny, che sicuramente non è ancora arrivata. Hermione prende posto e ordina, per entrambe. La cameriera la riconosce, la saluta. Ormai è un rito. Hermione e Ginny prendono sempre un the lì. Il martedì e il giovedì dopo pranzo. Poi ci sono tutte le altre tradizioni, ma a quelle Hermione pensa poco, di recente. Il the arriva subito, è caldo, come piace a Hermione. A Ginny piace freddo e – se tarda ancora un po’ – proprio così lo berrà. Oggi, miele. “Magari mi addolcisce un po’” prende il vasetto e infila il cucchiaino. Mentre lo porta verso la tazza, gliene cade un po’ su una mano e, di nuovo, il mondo si ferma. Hermione non riesce a staccare gli occhi da quella goccia caduta sulla sua mano. Sposta lo sguardo sul cucchiaio e vede che anche il resto sta cadendo, ma non si muove. Rimane così. E pensa che ha già vissuto questa scena, ma l’ultima volta c’era qualcuno a leccarle il miele dalla mano. L’ultima volta qualcuno l’ha imboccata con il miele e poi le ha dato un bacio che sapeva di miele.
«Ti sei sporcata con il miele, Hermione.»
«Volevo vedere se riusciva a entrarmi un po’ di dolcezza direttamente nella pelle, Ginny.»

Sa che dovrebbe smetterla.
Smetterla di fermarsi ogni due secondi a ricordare. E poi a cancellare i ricordi, ma non ce la fa.
Ormai non ha più senso, fa cose senza senso.
Non vuole ricordare, ma non vuole dimenticare.
Cerca qualcosa che la faccia ridere, ma non troppo.
Cerca qualcosa che la distragga, ma non troppo.
Cerca qualche che non la faccia pensare a lui, ma non troppo.
È che le manca. Le manca e non può mentire. Non a se stessa, non più.
È la decisione migliore, si erano detti.
Forse lo era.
 Ma… No.
Eppure… Sì, insomma, se è la decisione migliore perché ci sono ancora le mimose (regalo di lui all’ultima festa della donna) avvizzite in un vaso? Perché c’è ancora il paio di calze che le ha regalato a San Valentino (anticonformista si era definito quella volta) in un cassetto? Perché la cosa che proteggerebbe anche a costo della vita è la scatola con le loro foto?
La cosa peggiore, quella davvero triste, che a volte la sveglia nel bel mezzo della notte o le toglie il respiro è che è colpa sua. Non c’è nemmeno da discuterne, in fondo. Non vuole ricordare, ma preferisce pensare alle sue colpe che alla sua assenza. Erano una coppia – già, c’è stato quel periodo lontano e remoto – felice. Stavano bene insieme. E poi… Poi lei ha rovinato tutto. Un momento di debolezza, il dubbio, la gelosia per tutte quelle ragazze che aveva intorno. Un bacio sbagliato al ragazzo sbagliato. E il triste verdetto: mi vedi solo come un amico. Ho frainteso tutto.

Le parole che non escono dalla bocca, Hermione che urla ma non sente niente. Harry impassibile, che aspetta una risposta. Hermione dilaniata dal dolore non è in grado di rispondere. Ancora non si rende conto di quello che ha fatto. Rimane lì, ferma, guarda Harry, che la osserva. Le parole non escono, Hermione tenta di dirglielo, ma è tutto inutile.
Ricostruirà quella scena svariate volte, tenterà di capire cos’è successo, ma soprattutto come è potuto accadere. Piangerà, a volte vomiterà anche. Ma per poco, poi si riprenderà, tornerà la solita Hermione. Più o meno. La solita Hermione che qualche volta si estranea dalla realtà, che qualche volta ripensa a quel giorno. Ripensa a Harry che scuote la testa sconsolato e se ne va. È sulla porta, si gira, la guarda. “Per quello che vale…” Non finisce la frase, la osserva. Hermione lo sa, vorrebbe chiederle se va tutto bene, perché deve avere un’espressione sconvolta e Harry è sempre lui, anche dopo che lei l’ha tradito, vorrebbe chiedere a lei se sta bene. Chissà cosa avrebbe voluto dire. Per quello che vale cosa? Ne è valsa la pena? Cosa rimane ora? Dolore, ferite. Rimane lei, la solita Hermione.

La solita Hermione, se si esclude la consapevolezza di non essere stata in grado di combattere per quello che voleva. E gli attacchi di panico, rari, ma troppo frequenti. E la sua iniziale apatia. Tutto normale, insomma.
Insomma…
Il segreto è vivere un giorno dopo l’altro e non pensare a quel vuoto.
Vuoto nel letto.
Vuoto la mattina a colazione.
Vuoto accanto a lei mentre cammina per strada.
Vuoto nel suo cuore.
Vuoto nei suoi ricordi. A volte non capisce se qualcosa è accaduto davvero o se l’ha solo immaginato, sognato e desiderato così tanto che alla fine è diventato realtà.
Torna al presente, Hermione! Torna qui.
Che giornata strana! È sera, ma Hermione è ferma in quella via di Spinner’s End. È di nuovo in quella piazza e ricorda quando Harry l’ha portata lì. Hanno discusso. Hermione riteneva che Piton fosse un eroe, ma come altri.

Perché non andiamo a visitare la casa di Lupin e Tonks? Loro hanno messo sul piatto della bilancia la cosa più preziosa che avevano. Piton, in fondo, non aveva niente, se non un ricordo. Non dico che sia stato facile, lo ammiro, ma non lo mitizzo.

Harry ci era rimasto male,  lui si era imbarcato nella missione Riabilitazione di Severus Piton. Hermione non era d’accordo.

Quando faceva piangere Neville, stava lavorando per l’Ordine? Quando ha smesso di farti lezioni permettendo a Voldemort di entrare nella tua mente e di uccidere Sirius, lavorava per l’Ordine? Piton era un uomo e come tale si è comportato. Era un uomo e ha mostrato tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti. Tutte le sue buone azioni e le sue contraddizioni.

Avevano discusso, ma alla fine Harry si era arreso. Lei aveva un punto di vista diverso. Lo aveva rispettato, come sempre. Hanno discusso tanto, ma poi hanno sempre fatto pace. Sembrano tante sciocchezze, avrebbero potuto evitare quelle discussioni, ma li rendevano una bella coppia, una coppia vera.
Oggi in una fredda sera di fine marzo, Hermione è di nuovo lì. Nel cortile mal messo che fu di Severus Piton. La casa è chiusa ai visitatori e la strada è buia, ma Hermione vuole stare lì. Comincia a capire Piton. Ora, dopo tanti anni. Capisce perché ha votato la sua vita a preservare ciò che era rimasto di Lily Evans. Non la chiama Potter, per rispetto, per lui. Si sente vicino a quell’uomo con i vestiti e l’anima scuri. Lo capisce. Non condivide, quello no. E capisce perché Harry lo sostenesse. Rimane lì, davanti alla casa, immobile. Lascia che i ricordi la investano. Sente le parole di Harry, quando tentava di convincere tutti che Piton era un eroe. Lo rivede triste e avvilito, perché tutti storcevano il naso, ma Harry è forte, è andato avanti testardo.
“Sei tu la mia forza, Hermione”. Era vero? Chi lo sa? Questo vento freddo di inizio primavera porta via anche le parole, le mischia ai ricordi e alla paura di perdere tutto. E alla consapevolezza di averlo già perso.
Poi, un rumore dietro di lei. Si volta di scatto, è solo un povero ubriaco. Torna a fissare la casa, ma ha i brividi. Si avvicina alla casa, osserva dalle finestre quello studio sporco e unticcio. Vede Peter Minus che serve un po’ di Wisky a Piton con il naso immerso in un libro. Vede il suo ex professore che consuma con gli occhi una foto di Lily. Lo vede alla finestra, che guarda il cielo stellato e pensa a quella donna che tanto ha amato.
Hermione sente lo sguardo di qualcuno su di sé. Stupida! Ha fatto una sciocchezza a rimanere lì, in piena notte, se ne rende conto, ma non riesce a muoversi. Vuole sentire ancora un po’ di quell’anima che ha abitato quelle mura per tanto tempo. Vuole capirlo. E sì, forse vuole un po’ della sua sofferenza. Meglio quella di Piton, che la propria.
Passi che si avvicinano. La paura aumenta e Hermione non vuole tentare la sorte. Entra velocemente dentro la casa. Non pensa che forse quella piccola dimora a Spinner’s End non sia un buon rifugio. Non pensa, scappa soltanto. Sale le scale di fretta, inciampa, le scappa una lacrima, ma non si ferma. Corre dentro, fino alla mansarda; si siede per terra, appoggiata al divano, cerca di riprendere il fiato. È tutta suggestione, si ripete. È stato perché ha sentito Piton, l’ha sentito davvero. Chissà se le diceva di non fare il suo stesso errore o semplicemente di prepararsi meglio in Pozioni. Il respiro si regolarizza, pian piano. Rimane così, con gli occhi chiusi, appoggiata al divano, illuminata dalla luce della Luna che filtra dalla finestra. Si sta rilassando, quando sente un respiro. È vicino, molto vicino, troppo vicino. Apre gli occhi.

Un viandante che ha la vita negli occhi. Chissà dove ha sentito questa frase, forse l’ha coniata lei, chi lo sa. Sta di fatto che è perfetta per lui. È perfetta per quegli occhi verdi, profondi, insicuri, che ha tanto amato. Un viandante perché non ha casa, non ha dimora, non l’ha mai avuta. Aveva una stanza sotto le scale, poi ha trovato una scuola che lo ha accolto, ma ha dovuto lasciarla. Una volta condivideva una casa con una ragazza, ma ha dovuto lasciare anche lei, perché non era quella per lui. La ragazza, non la casa. E adesso vaga ancora. Forse è questo il suo destino, forse deve per forza vagare. Sarà che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo? Ma lo riconoscerà? Saprà quando fermarsi? Forse è per questo che non poteva durare tra loro, perché non era il suo posto. Perché è un viandante, è destinato ad andare in giro. Non può farne a meno, non può fermarsi.
Negli occhi ha scritta la propria vita. Quella della propria famiglia, degli amici. Ha la vita di quelli che non è riuscito a salvare e di quelli che ha aiutato. Ha la vita di quelli che ha ucciso e di quelli che avrebbe voluto uccidere. Ha la vita dentro gli occhi. Le diceva che lei era tutta la sua vita e Hermione ci credeva, perché si vedeva riflessa in quegli occhi verdissimi. Sono sempre stati occhi profondi, occhi che nascondevano pensieri e riflessioni. Dolore e gioia. In quegli occhi avrebbe potuto perdersi, una volta; alla fine non ha nemmeno potuto guardarli. Ha paura di dimenticare anche quelli, e con essi di dimenticare la vita. Nei suoi occhi la vita, il passato e il presente mischiati, il futuro appena accennato. Sicuramente c’è una strada e poi un’altra e un’altra ancora: sono tutte quelle che percorrerà.
Harry Potter è un viandante che ha la vita negli occhi.
«Harry?»
«Ti ho vista lì fuori. E ho avuto paura. Che cosa ci fai qui, tutta sola, di notte?» Quattro mesi, sedici giorni e ventidue ore che non si vedono e lui le chiede questo. Perché Harry continua a proteggerla. Anche ora. Anche dopo che dovrebbe proteggere se stesso da lei. Le mancano le parole, le manca l’aria. Hermione sospira sconsolata. Non riuscirà mai a parlare davanti a Harry. Mai più. «Puoi rispondere, per favore?» Hermione lo guarda, ma, davvero, le parole non escono.  È come l’altra volta, come l’ultima volta. «Rispondi, ti prego.» Ora è una supplica. «Ho bisogno di sentire la tua voce, o la dimenticherò. Riesco a ricordare il tuo volto e, quando ho il terrore di dimenticarlo, prendo una foto o ti sbircio al lavoro, ma ho il terrore di dimenticare la tua voce. Ho paura che non ricorderò il suono del mio nome sulle tue labbra.»
«Avevo paura, Harry.» è un sussurro, ma lo sentono bene entrambi.
«Per forza! È notte e sei in un paese che…» lei lo zittisce, adesso che ha trovato la voce deve parlare. Deve dire tutto quello che ha taciuto, allora e in questi quattro mesi.
«Avevo paura, era tutto…» Prende fiato, distoglie lo sguardo da quegli occhi.
«Hermione» Le passa una mano sul braccio, stringe lievemente. Hermione riapre gli occhi e cerca lo sguardo di Harry, sta per cominciare, ma qualcosa la ferma. Nuovamente.
«Cosa ti è successo?» lui la guarda, senza capire. «I tuoi occhi non sono loro. Non sono i tuoi.» Harry sorride amaramente.
«Di chi vuoi che siano?»
«Sono tristi, sono spenti. Non sono… vita.»
«Credi che non abbia sofferto?» Il tono è duro, un po’ sprezzante, ma rimane basso e familiare. Non sa cosa dire, Hermione. Lo guarda, ma non riconosce davvero quegli occhi. Harry si siede accanto a lei.
Due ragazzi, seduti uno di fianco all’altra, per terra, con i volti illuminati dalla Luna che filtra dalla finestra.
«Sono venuta tante volte nella casa di Piton, forse avevi ragione tu. No, continuo a pensarla come prima, però capisco che non è vero che non avesse nulla da perdere. A volte, quando i ricordi sono tutto quello che ti è rimasto, non è vero che non hai niente per cui combattere.»
«Prima hai detto che hai paura. Beh, ho paura anch’io.» Hermione è sorpresa, Harry ha difficoltà ad ammettere di avere paura. «In questo momento, l’unica cosa che vorrei è abbracciarti così stretta da toglierti il respiro, ma – lo ammetto – ho paura di soffrire ancora.»
«So che non cambia niente, ma mi dispiace.»
«Sai cosa cambierebbe?» Hermione spera che non le chieda per quale motivo lo ha fatto. Non lo sa nemmeno lei.  Rimangono in silenzio, per un po’. «Dimmi dove ho sbagliato. Ho ricostruito la nostra storia, giorno dopo giorno, ma non sono riuscito a trovare il nostro errore.»
Hermione sa cosa dovrebbe dire, lo sa bene. È colpa sua, lei ha baciato un altro ragazzo – quel ragazzo – è lei ad aver decretato la fine della loro storia. Sa che dovrebbe dire “mi dispiace”, almeno quello. Lo sa, eppure non lo dice.
«È colpa tua!» Harry la guarda spaesato. I suoi occhi si allargano a dismisura, rimane zitto, troppo scioccato per parlare. «Io ho baciato un altro e tu mi hai lasciato! Non ci sono andata a letto, non ho avuto una relazione parallela o roba del genere. Ogni giorno almeno tre o quattro ragazze molto più belle di me ti chiedono un autografo, una foto, ti toccano. Io ho sempre sopportato in silenzio, perché tu non ti rendevi conto di quanto soffrissi a doverti dividere, sempre. Poi, io bacio un ragazzo, per sbaglio, per errore, per stupidità. Dura meno di cinque secondi, mi faccio schifo, torno a casa e te lo confesso con il cuore in mano e tutto quello che sai fare tu è lasciarmi? Mollarmi? Non sei rimasto a combattere, Harry, mi dispiace. Se si tratta di salvare il mondo, sì, ma salvare la tua relazione con me, non ne vale la pena. È colpa tua. Lo capisco solo ora, tu mi sei mancato in tutto questo tempo, ma la verità è che io ero arrabbiata con te. Mi sono odiata per più di quattro mesi, ma è colpa tua.»
Hermione prende fiato, a Harry manca il fiato. Non sanno cosa dirsi.
Lei sa di essersi giocata il tutto per tutto.
Lui si sente come quando ha scoperto di essere un mago.
«Sei un viandante, Harry. Io ti amo, molto, troppo forse, ma non mi merito di soffrire per qualcuno che se ne andrà. Perché presto o tardi te ne andrai. Non sei rimasto a combattere una volta, non rimarrai più.» Harry non riesce a rispondere, non emette alcun suono. «So come ti senti ora. Mi sentivo così quando mi hai mollata. Passa, prima o poi. Forse non era destino, Harry.»
Hermione si alza, se ne va, che senso ha rimanere lì? Adesso lui ha bisogno di tempo. Non sa se l’ha perso per sempre, ma sa che doveva dirgli tutto. Lui è un viandante, non ha trovato il suo posto nel mondo e lei non può legarlo a sé contro la sua volontà. Le rimane solo un ultimo pensiero.

Spero che rimarrò nei tuoi occhi, Harry. Voglio solo un piccolo spazietto, promesso. Dicevi che ero la tua vita, mentivi, ora lo sappiamo entrambi. Sono stata parte della tua vita. Decidi tu quanto grande e quanto importante. Solo lasciami una parte nei tuoi occhi, lasciami lì. Quando altre persone ti vedranno e guarderanno nei tuoi occhi, voglio che mi riconoscano. Portami con te, Harry, perché quello è il mio posto.
 
****
«Hai visto quel ragazzo?»
«Quello nuovo seduto in angolo?» Lorette non alza nemmeno gli occhi dal bancone dal bar, l’ha già notato. E sapeva che anche Ronnie l’avrebbe fatto, non le sfugge mai nessun bel ragazzo che mette piede nel bar dove lavorano.
«Sì. So che non è il mio genere, ma un pensierino ce lo farei. Affascinante, tremendamente affascinante.» Lorette reprime un moto di stizza. Ronnie si accalappia sempre i ragazzi più belli.
«Hai visto gli occhi?»
«Come potrei non averli visti?»
«Ragazze!» l’austera Mrs. Boll le richiama dalla cucina «Vi pago per fare le cameriere, non per chiacchierare.» Ronnie alza gli occhi al cielo e si dilegua a portare un paio di caffè. Lorette rimane al bancone, continuando a lanciare occhiate al nuovo arrivato.
«Lascia stare, Lorette.» Mrs. Boll è uscita dalla cucina e sta osservando il ragazzo moro nell’angolo. «Non hai visto lo sguardo? Si legge tutto lì dentro.»
«Si legge cosa?»
«Quello è uno sguardo che parla, Lorette, e quando avrai vissuto un po’ più di anni come me, lo riconoscerai. È lo sguardo di un innamorato deluso. Chissà dov’è il suo cuore ora, certo non è qui. E non potrebbe darlo a te o a Ronnie. Non è pasta per i vostri denti. È uno sguardo marchiato, segnato, se fai attenzione lo noterai anche tu. La nasconde, la confonde, ma non la dimentica. Lei è lì, e mai nessuno gliela farà cancellare. Forse un giorno tornerà da lui, o lui tornerà da lei.»
«Perché si sono lasciati, Mrs. Boll?»
«Oh, non sono mica una strega! Non lo so, tesoro. Forse il suo destino è questo. Viaggiare per sempre, portando il ricordo di lei ovunque. O forse lui crede che sia questo il suo destino. Lascia stare, Lorette. Lui appartiene a un’altra.» Mrs. Boll torna nella sua piccola cucina, troppo lontano perché Lorette possa sentire il suo ultimo sussurro. «Chissà perché il grande Harry Potter ancora non trova pace. Ah, quando racconterò a Camille che Harry Potter è stato nel mio bar non ci crederà. Dirà che sono una stupida Nata Babbana che si inventa le cose. Ma so che è lui. E so chi è lei.»

Ti porto sempre con me, Hermione. E non potrei fare altrimenti. Hai ragione tu, non sono rimasto a combattere, sono un codardo. Forse un giorno mi perdonerò per tutto questo. Forse un giro ci sarà un lieto fine per noi. Forse un giorno smetteremo di spiarci a vicenda, fingendo di non vederci. O forse sono solo un illuso. Dimenticherò il suono della tua voce, dimenticherò il tuo profumo. Mai ti dimenticherò, Hermione, mai.




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Non era così, in origine. Aveva una fine diversa. Vi giuro che era lì pronta da settimane, ma non volevano finire. Non ce la facevo a lasciarli soli e separati. Poi però... Non so, doveva essere malincolino, no? E malinconico è, credo. Lo ammetto io sono una da commedia romantica, soprattutto se si tratta di loro due. La fine... Cazzo! Ops... Scusate... Alla fine è così. So che non è niente di spettacolare, so che è troppa descrittiva e pesante, so che non è molto bella, ma certamente non avrei potuto ritirarmi. Alla prossima! :)
 
 
 

 

   
 
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