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Autore: Defective Queen    12/11/2006    9 recensioni
Hermione guardò davanti a sé e lo vide: il ragazzo che amava. Sorrise inconsciamente tra sé al pensiero di tutto quello che avevano passato. Gli prese una mano e gli carezzò il viso. I capelli rossi, un po’ lunghi sotto le orecchie, spettinati e indomabili ricordavano ancora il ragazzino smilzo e buffo dei tempi di Hogwarts, ma la barba ramata le fece ricordare che ormai quello che aveva davanti era un uomo. Incontrando però i suoi occhi, il filo dei ricordi cessò d’incanto ed Hermione si ritrovò ad affrontare la dura realtà. La guerra era finita, era viva, erano vivi, lei era con Ron, ma lui non c’era lì con lei.[...]
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Shottina sugli amori della mia vita…che ne dite?
All’inizio pensavo di farla terminare in modo drammatico…ma poi mi son detta, ma perché intristire la domenica a qualcuno? U__u perciò eco un bel lieto fine per tutti i Drunks-Side o altri appassionati che mi leggeranno (spero xD).
P.S. l’incantesimo Exaurio l’ho inventato io…e viene dal latino, letteralmente significa svuotare u_u
P.P.S. Le parti tra gli asterischi (***) sono flashback.

[Per chi me l'ha chiesto...Ron riesce a svegliarsi perchè il vuoto dove si trovava è stato riempito dall'amore di Hermione u__U quindi non era più vuoto xD...]
Spero che vi piaccia…me la lasciate una recensioncina? *_*
Baciotti a tutti!!
 
“Found what I've lost inside”
 
Hermione guardò davanti a sé e lo vide: il ragazzo che amava. Sorrise inconsciamente tra sé al pensiero di tutto quello che avevano passato. Gli prese una mano e gli carezzò il viso. I capelli rossi, un po’ lunghi sotto le orecchie, spettinati e indomabili ricordavano ancora il ragazzino smilzo e buffo dei tempi di Hogwarts, ma la barba ramata le fece ricordare che ormai quello che aveva davanti era un uomo. Incontrando però i suoi occhi, il filo dei ricordi cessò d’incanto ed Hermione si ritrovò ad affrontare la dura realtà. La guerra era finita, era viva, erano vivi, lei era con Ron, ma lui non c’era lì con lei. Gli occhi azzurro scintillante che la facevano sentire importante non appena si posavano sulla sua figura, erano annebbiati da una patina grigia, che li privava di qualsiasi splendore. Hermione deglutì, cercando di interrompere il corso delle lacrime che le si erano formate ai lati degli occhi scuri. Continuò a carezzare la guancia del suo amato e gli parlò:
«Ron, sai a cosa stavo pensando?» la ragazza attese fremente una risposta che tuttavia sapeva non sarebbe mai arrivata. Prese una delle mani che Ron teneva in grembo e ne baciò il dorso lievemente, mentre una piccola lacrima percorreva le sue guance vellutate. Tuttavia Hermione continuò a parlare, sperando che ovunque fosse lui ora, potesse sentirla.
«Mi è tornato in mente quando raccontasti a me e ad Harry della tua paura dei ragni…e del tuo orsacchiotto Teddy!» la risata cristallina della ragazza dai capelli crespi echeggiò per tutto l’umile salotto della casa. «La trovavo una cosa buffissima, ma mi sforzai di non ridere, altrimenti sono sicura che sarebbe scoppiata un’altra delle nostre solite litigate…» sorrise al corpo immobile davanti a lei, appoggiato su una sedia a rotelle. «Mi manca tanto litigare con te, sai?» un tono di voce serio, malinconico, triste. Hermione sospirò affranta, erano passati due anni eppure nessun miglioramento da quel giorno. La battaglia finale.
 
***
Hermione stava fronteggiando abilmente un mangiamorte dai capelli blu elettrico davanti a lei. I lineamenti del suo nemico erano contorti in una smorfia: Hermione gli stava dando del filo da torcere. Nonostante fosse ormai allo stremo delle forze, la ragazza non si dava per vinta e cercava di eliminare quanti più mangiamorte possibili, per spianare la strada ad Harry verso Voldemort.
«Stupeficium!» un lampo rosso scaturì dalla bacchetta della giovane e colpì in pieno petto il suo nemico. Questi ricadde a terra dolorante, producendo un sonoro tonfo. Ma Hermione si rese conto che i suoi incantesimi stavano diminuendo di intensità a causa della stanchezza accumulata. Si asciugò la fronte imperlata di gocce di sudore, riprendendo la bacchetta per pietrificare l’omone steso a terra di fronte a lei, ma prima di compiere qualsiasi movimento, si trovò immobilizzata da una stretta. Qualcuno l’aveva attaccata da dietro e ora le puntava la bacchetta alla tempia.
«Hai finito di ballare, dolcezza.» disse l’aggressore alle sue spalle, ma prima che potesse fare altro Hermione udì un imprecazione e il suono di una bacchetta caduta a terra. Alzò lo sguardo e riconobbe l’azzurro degli occhi di Ron, che la fissava con preoccupazione, mentre riprendeva fiato. Hermione gli sorrise grata, girandosi per vedere il mangiamorte inerte a terra, pietrificato da Ron. Con un misto di orrore, però, vide che il mangiamorte che aveva schiantato poco prima di essere attaccata da dietro, si era rialzato e la fissava con un sorriso sadico in volto brandendo la bacchetta.
«Exaurio!» gridò l’uomo dai capelli blu, con ferocia. Hermione, prontamente alzò la bacchetta a sua volta e si difese: «Remando!» il mangiamorte con una mossa degna di un acrobata, schivò abilmente l’incantesimo appiattendosi sul terreno.
Successe tutto così velocemente, eppure agli occhi di Hermione la scena era stata vissuta alla moviola. Dopo essere stato schivato dal suo nemico, l’incantesimo aveva arrestato la sua corsa colpendo qualcun altro. Una pugnalata straziò il cuore della ragazza. Ron, il suo migliore amico, il ragazzo di cui era segretamente innamorata da anni, giaceva a terra inerte, in posizione supina, con gli occhi spalancati, immobile. Hermione urlò, mentre incrociava lo sguardo del mangiamorte che ghignava ancora, ma non ebbe più dubbi. Con furia distruttrice gli puntò la bacchetta in mezzo agli occhi e disse, mentre sul suo volto il sudore si confondeva con le lacrime: «Avada Kedavra!». Fu così che uccise per la prima volta, ma non se ne curò perché in quel momento aveva in mente solo una cosa: Ron. Corse da lui ed accolse la testa del ragazzo sul suo grembo, tenendogli febbrilmente le mani e singhiozzando forte. «Ron! Ron! Ti prego rispondimi!» ma Ron giaceva ancora immobile, con gli occhi vitrei rivolti al cielo stellato di quella notte macchiata di sangue. Temendo il peggio, poggiò una mano nell’incavo del collo del ragazzo, per riuscire a captare il suo battito cardiaco. Sì, il suo cuore batteva, era vivo, ma c’era lo stesso qualcosa che non quadrava…sembrava quasi svuotato, incapace di parlare, muoversi, provare emozioni, un involucro che non conteneva più nulla. La ragazza piangeva disperata, stringendo a sé il suo amato, e cullandolo in silenzio, mentre la battaglia infuriava dietro di loro. «Ron, ti prego…Ron!», ma per quanto Hermione potesse richiamarlo, quello che ricevette fu solo il più totale silenzio. Alzò la testa, e con gli occhi arrossati dal pianto, vide una landa deserta di corpi, stesi al suolo. Pochi i sopravvissuti, che si sorreggevano l’uno con l’altro. La guerra era finita, ma quel giorno era finita anche la sua vita, la loro vita.
***
 
Hermione aveva appena 20 anni, ma la vita le aveva tolto ciò che di più bello avesse al mondo. Le aveva tolto Ron, e tanti amici che le erano stati accanto nel dolore di quella notte. La so-tutto-io, furba e dallo sguardo vispo era sparita con lui. Appariva diversa anche nell’aspetto fisico, i capelli crespi e voluminosi si erano appiattiti e si erano fatti grassi ed untuosi, quasi come quelli di Piton. Il volto smagrito e le guance infossate, la invecchiavano, eppure quegli occhi color cioccolato tristi e malinconici, restavano identici a quelli della bambina di undici anni che Harry Potter aveva conosciuto sette anni prima sull’ Espresso di Hogwarts.
Il dolore e il senso di colpa, per aver rimandato l’incantesimo le attanagliavano il cuore in una morsa che non le permetteva quasi di respirare. Si ritrovò a pensare, che se fosse stata maledetta lei stessa, ora sarebbe stata svuotata di tutto, anche del dolore e non avrebbe sofferto così tanto.
Scostò una ciocca ramata dalla fronte di Ron e gli sorrise debolmente, cercando di trovare in quegli occhi un minimo scintillio o un minimo segno che le facesse capire che lui c’era ancora. Ma niente. Trattenne un singulto, con una mano, ma subito si ricordò che non poteva farsi vedere da lui in quello stato. Lei stava soffrendo abbastanza per tutti e due.
«Perdonami Ron, perdonami è tutta colpa mia…» disse afferrando le mani calde del giovane inerte che aveva di fronte, conficcandosi forte i denti nel labbro, per trattenere l’ennesima crisi di pianto.
«Perdonami se puoi, ti darei la mia vita se potesse aiutarti a tornare…» fece una breve pausa, sospirando e poi continuò: «Avrei voluto essere svuotata io dell’anima, al posto tuo, perché la mia non è vita senza di te.» Per quanto potesse provarci, le lacrime tornavano a galla e le annebbiavano la vista. Sbattè le palpebre un paio di volte, desiderosa di tornare a contemplare il volto di Ron, che non era cambiato di una virgola. «Perché io…» iniziò Hermione con voce strozzata, ma il suono del campanello la interruppe. Corse alla porta, cercando di asciugarsi il volto e soffiandosi il naso, lievemente prima di infilare la testa appena fuori dalla porta e vedere chi fosse. Una ragazza dai capelli rossi, vestita con una maglietta bianca e un paio di jeans, accompagnata da un ragazzo smilzo e alto dai capelli neri spettinati, vestito in modo altrettanto sportivo, stavano davanti alla porta, fissandola preoccupati. Hermione sospirò ed invitò Harry e Ginny ad entrare in casa. Si diresse in cucina, senza dire una parola, per preparate un po’ di the, mentre i due ospiti, andavano a raggiungere Ron, in salotto.
 
Quando Hermione tornò con un vassoio sul quale erano state poggiate tre tazze, vide che Harry e Ginny, prima intenti a confabulare tra di loro, si erano improvvisamente interrotti vedendola arrivare. Appoggiò il vassoio sul tavolino e si sedette di fronte ai suoi migliori amici che la fissavano ancora con un’espressione indecifrabile.
«Cosa c’è?» chiese Hermione, che si sentiva ancora un po’ troppo confusa da quella situazione.
«Niente, niente.» si affrettarono a dire i due, lanciandosi un’occhiata furtiva, che però Hermione notò.
«Per quanto io stia male, non sono ancora diventata una stupida.» dichiarò Hermione sprezzante, afferrando violentemente una tazza di the e portandosela alle labbra, noncurante del fatto che fosse ancora troppo caldo.
«Hermione…noi…io…» provò a dire Harry, ma non appena i suoi occhi tornarono a posarsi sulla figura immobile e assente del suo amico, si rabbuiò e fissò lo sguardo lucido a terra, evitando quello confuso di Hermione.
«Cosa tu, Harry?» chiese Hermione con voce irritata, ormai il suo rapporto con il resto del mondo si era incrinato. Vedeva raramente sia Harry che Ginny, dopo averli pregati di lasciarla in pace, perché lei stava bene così. Bugia colossale. Lei non avrebbe mai potuto star bene senza di lui. Anche Harry e Ginny se n’erano accorti, ma Hermione sembrava irremovibile. Voleva soltanto continuare a vivere con il proprio dolore, lontana dal mondo, per evitare di condannare a quella situazione di strazio nessun altro.
«Hermione vorremmo che tu ci pensassi…a-a quello.» intervenne Ginny balbettando sul finale, nascondendosi dallo sguardo dell’amica.
Dapprima Hermione non comprese il significato di quelle parole, ma ricordò la conversazione tra lei ed un medimago, un mese prima, quando aveva portato Ron ad una visita.
 
***
«Allora dottore, ci sono miglioramenti?» chiese Hermione, stringendosi nel suo cappotto scuro.
«No, nessuno, signorina Granger.» rispose il medimago con voce pacata e professionale.
«Oh.» fu l’unica cosa che riuscì a dire melanconicamente la ragazza abbassando il capo. Il medico vedendola in quello stato riuscì a dire solo un flebile: «Mi dispiace…»
«Mai quanto dispiace a me.» disse Hermione, guardandolo in modo glaciale. Di compassione ne aveva ricevuta fin troppa, ma per sua sfortuna questa non avrebbe aiutato Ron a ritornare da lei.
«Allora, quando possiamo tornare per un’altra visita di controllo, dottore?» continuò la ragazza, per troncare la discussione.
«Se proprio vuole, come al solito tra sei mesi.» dibatté il medico.
«Come ‘se proprio vuole’?» lo citò Hermione confusa.
«Signorina…io voglio che per lei sia chiaro che il signor Weasley non migliorerà ora, né tra sei mesi. Non c’è cura per l’incantesimo con cui è stato colpito, ricordo di averglielo già detto un anno fa quando l’abbiamo dimesso dal San Mungo.» replicò l’uomo che indossava il camice, con la sua solita freddezza.
«Ricorda bene.» riuscì solo a rispondere Hermione, sostenendo non senza fatica lo sguardo indagatore che le rivolgevano tutti, quasi come fosse lei la malata al posto di Ron.
«E allora? Perché continua ad ostinarsi in questo modo? È ancora così giovane, ha una vita davanti!» continuò il medimago, stavolta con un tono di voce più dolce, che fece credere ad Hermione che si fosse staccato per un attimo dai suoi panni prettamente professionali.
«Una vita condannata dal dolore non è vita, dottore.» disse la ragazza, stringendosi un po’ di più nel suo cappotto, mentre un brivido la percorreva.
«Signorina Granger» il medico aveva usato di nuovo il tono professionale. «Lei è di origini babbane, sicuramente saprà della pratica dell’eutanasia…»
«Eutanasia?» chiese Hermione strabuzzando gli occhi e iniziando a tremare. Lei non avrebbe ucciso Ron, né ora, né mai. Lo aveva già condannato per sbaglio ad una vita di vuoto eterno, ma non avrebbe potuto mai e poi mai ucciderlo, perché nel suo cuore conservava ancora la speranza che un giorno sarebbe tornato. Per questo continuava a parlargli, per riuscire a guidarlo nel baratro nel quale era caduto, per dimostrargli che non l’avrebbe mai dimenticato, per dimostrargli che lei gli era accanto nonostante tutto. Per dimostrargli che lo amava e l’avrebbe amato finché l’ultimo respiro non l’avesse colta.
«Sì, mi auguro sappia di cosa parlo.» tornò a parlare il medimago.
«Certo, lo so di cosa si tratta, e sa che cosa le dico? Visto che per lei Ron è senza speranza, non tornerò più da lei, ma nemmeno ucciderò la persona che amo!» inveì Hermione in preda alla rabbia.
«Signorina si calmi la prego…siamo in un ospedale…» disse il mago, invitandola ad abbassare la voce con un cenno della mano.
«Non me ne frega niente di dove siamo! Appunto perché siamo in un ospedale, bisognerebbe fare di tutto per salvare una persona, per guarirla…a cosa servono gli ospedali se non a dare una speranza a chi l’ha persa? Io non posso arrendermi così, lui tornerà, con o senza il suo aiuto!» urlò Hermione, noncurante della richiesta del dottore e con velocità, prese la carrozzina sul quale era seduto Ron ed uscì dal San Mungo, mentre rabbia e dolore, la scuotevano attraverso disperati singhiozzi.
 
***
A quel ricordo Hermione scattò in piedi, fissando Harry e Ginny in cagnesco. Puntò un indice verso la porta e senza scomporsi sibilò: «Fuori.»
Harry e Ginny la guardarono sconsolati, mentre la ragazza dai capelli fulvi, piangeva tenendosi alla spalla del fidanzato e uscirono da casa di Hermione, come lei aveva chiesto di fare.
Hermione guardò verso Ron, che aveva la testa voltata verso di lei. Hermione trattenne il respiro, mentre tremava e cadde a terra, tenendosi la testa tra le mani.
«Basta, basta, basta! Ti prego Ron! I-io non volevo, io non volevo, perdonami!» pregava la ragazza, senza il coraggio di guardare verso Ron. L’aveva visto voltarsi verso di lei, ma sapeva che era solo un’allucinazione, questione di minuti e poi sarebbe tornata a vedere la vera realtà. Stava impazzendo e lo sapeva, ma Hermione, quella che tutti conoscevano, quella che tutti amavano o odiavano, non c’era più. Era sparita chissà dove con Ron, imprigionata nel buio del niente.
Espirò ed inspirò regolarmente per calmarsi e con riluttanza alzò il capo verso Ron. Il ragazzo era ancora voltato verso destra e la fissava con gli occhi spalancati dallo stupore. Hermione non capiva più niente. Com’era possibile? Chiuse gli occhi un’altra volta e li riaprì, ma quello che vide la emozionò come mai era successo. Ron era ancora seduto sulla sua sedia a rotelle ma sorrideva lievemente mentre guardava le buffe espressioni che la ragazza aveva in faccia. Incredulità, stupore, ostinazione, felicità. Hermione si rialzò da terra e il capo di un Ron ancora sorridente la seguì nei movimenti. Si mosse con calma, mentre si imponeva di non illudersi e girò in tondo alla stanza. Ron aveva gli occhi fissi saldamente su di lei e un sorriso dolcissimo in faccia. Hermione scosse la testa, impedendosi di pensare a lui e continuando a girare in torno alla carrozzina. Ron non la perdeva di vista nemmeno per un secondo, mentre sul suo volto andava allargandosi il sorriso.
«Hermione vuoi stare un po’ ferma?» disse con voce impastata il ragazzo. Hermione sbarrò gli occhi e si portò una mano davanti alla bocca, mentre cadde in ginocchio sul tappeto. Quella voce, era sicura perché l’avrebbe riconosciuta tra mille era la sua, e ora lui era lì davvero e la stava guardando sorridente con i suoi soliti occhi blu… e non più grigi, quegli stessi occhi che le avevano fatto perdere la testa. Le lacrime sgorgarono improvvise dagli angoli degli occhi della ragazza che strisciò sulle ginocchia fino a Ron e si aggrappò alle sue gambe, stringendole forte.
«Ahio, mi stai stritolando!» bofonchiò Ron ed Hermione rallentò un po’ la presa, sempre continuando a singhiozzare aggrappata a lui. «Ron…» riuscì a sillabare Hermione con voce fievole.
«Shhh, sono qui.» disse lui, prima di tendere le sue mani verso di lei, invitandola tra le sue braccia. Dopo un lunghissimo abbraccio Hermione si discostò da Ron, confusa.
«Come faccio a sapere che sei davvero tu e non un altro scherzo della mia mente?» domandò tremante. Ron non rispose niente ma aveva una strana luce in quegli occhi color del mare. Semplicemente si chinò su di lei, per quel che potè, e assaggiò per la prima volta le sue labbra. Labbra contro labbra, poi due bocche leggermente dischiuse, una danza di lingue, unite per la prima volta dopo anni di desiderio. Quando si staccarono Hermione teneva ancora gli occhi chiusi ma sorrise, quella risata piena di vitalità che le era sempre appartenuta. E anche Ron iniziò a ridere con lei, perché dopo aver vissuto il vuoto, quello era per lui il suono più bello da udire. E risero insieme dopo tanto, perché quella risata riusciva a cancellare ogni traccia di dolore. E risero ancora, e ancora, perché anche il nulla si era arreso al loro amore.
   
 
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