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Autore: Kaderin    17/04/2012    6 recensioni
Dopo aver letto una miriade di ff, ho deciso di scriverne una di mio pugno. Forse troverete i personaggi un pò diversi, ma fondamentalmente spero che i pensieri e i dialoghi risultino vicini alla loro naturale indole... In questa ff voglio descrivere piccoli squarci di vita quotidiana attenendomi all'anime. Come noterete è passato un pò di tempo dalla fine di quest'ultimo, e i personaggi risulteranno cresciuti sia fisicamente che psicologicamente. Bhe non so cos'altro aggiungere, spero la leggiate e mi facciate sapere come vi sembra. Sono ben graditi commenti e/o critiche! Buona lettura.. Kade.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva mai disdegnato tutto quel calore, e le multiple nuvolette di vapore che si alzavano dalla vasca colma d’acqua bollente. Anzi, il tutto, era un autentico toccasana per lui, e anche per il suo vecchio, a pensarci.
L’unica sana abitudine che quell’idiota di un genitore gli aveva trasmesso.
Ma adesso, trovarsi in quella vasca, dopo gli ultimi sviluppi del caso non riuscì a calmarlo nemmeno un po’.
 
Era un autentico fascio di nervi, le cose con Akane andavano bene, come lamentarsi?!
Ma il ritorno dei loro genitori, e l’ignoto testimone delle loro prime paroline di affetto reciproche, erano i primi problemi che quel nuovo capitolo della sua vita gli stava ponendo di fronte.
E il perché era relativamente chiaro. Entrambe le cose, secondo le sue idee, potevano tranquillamente combaciare alla grande.
 
E comunque, anche se si stesse sbagliando, le cose non potevano che peggiorare con quei due guastafeste tra i piedi, e la sua neo-relazione con Akane.
Non gli andava giù che le cose si potessero mettere nuovamente male con lei, il che era probabile e lui decisamente pronto all’evenienza, non era mai stata una novità quella, però a pensarci bene era stufo marcio di tutti quei problemi. Per cosa poi? Per l’insolenza altrui il più delle volte.
 
No. Doveva fare qualcosa, altrimenti non avrebbe trovato pace.
 
Finito il bagno si rivestì e con cautela decise di prendere la situazione di petto con suo padre e fece ingresso nella loro stanza, pronto a tutto.
Genma aveva stranamente ripreso la forma umana, e ciò voleva dire solo una cosa. Era pronto a far scaldare quella sua insolente linguaccia.
Con un teatrale, e disinvolto inchino, Ranma salutò il suo vecchio con tanto di pacca non tanto amorevole sulla spalla, prima che quello si girasse.
 
Stava tranquillamente leggendo un manga al chiarore di un lampione, vicino la loro finestra, appostato lì sotto con le gambe incrociate.
“Finalmente ci si rivede, eh papà?”
“Figliolo, è stata dura dover scampare alle insidie riservateci dal nostro caro maest…”
 
Con un calcio degno di un talentuoso giocatore di football, usò la preziosa testolina del genitore a mo della solita palla ovale destinata a eseguire un touchdown vincente.
Se solo si fossero trovati nel bel mezzo di una partita.
Peccato che non lo fossero, e soprattutto che quell’aggeggio rotondo e calvo non si mosse poi di molto dal collo di suo padre, facendolo semplicemente schiantare contro il pavimento, favorendo la lettura ad una distanza decisamente ravvicinata, dal suo manga.
 
Avrebbe dovuto ringraziarlo, per tanta premura. Invece, come previsto, inveì contro di lui nella solita serie di turpiloqui che usavano scambiarsi di frequente.
 
“Dove diamine sei stato per tutto questo tempo?”
“Non sono affari tuoi Ranma.”
“Ah no, e per caso dimmi, da quanto siete tornati?”
“Mmm qualche ora fa, perché tanto interesse? Ti sei preoccupato per me, oh che figlio adorabile che mi ritrovo…”
 
Si avventò su di lui, con la pretesa di affondargli il collo e la testa nella fitta rete di parquet che costituiva il pavimento, in un finto abbraccio, per ricambiare il gesto affettuoso di poco fa nei suoi confronti probabilmente.
Ma Ranma conosceva fin troppo bene il suo vecchio, e quel guizzo di sfida nei suoi occhi lo tradirono, prima di avventarsi sul figlio.
 
Con un cazzotto dritto dritto sulla tempia di quel padre degenere, lo mise ko, regalandogli un biglietto di sola andata nel mondo dei sogni. Pensò bene che perdere del tempo ancora con lui non avrebbe aiutato molto le sue ricerche, così uscì dalla stanza per dirigersi verso quella di Akane.
 
Bussò lentamente un paio di volte, prima di decidere che forse, sarebbe meglio dare un’occhiata dentro dato che non ricevette risposta.
Ma la stanza della mora era vuota. Probabilmente sarà andata di sotto a mangiare un boccone. Dopotutto era da un po’ di tempo, a quanto gli parve, che non avesse messo cibo nello stomaco.
Causa sua, ovviamente.
 
Con quella convinzione si diresse al piano sottostante, dove effettivamente trovò la fidanzata, il padre e la sorella intenti in una accesa conversazione.
Soun, inequivocabilmente in lacrime, si protendeva sulle ginocchia della figlia, mentre quella cercava disperatamente di mandare giù qualche boccone di riso.
 
Sullo sfondo una Nabiki divertita fissava la scena, anche se non capiva il perché di quella nuova recita. Lo si leggeva nei suoi occhi. Ma non parve fare domande. E neppure Akane lo fece, in chiara difficoltà, e quando si girò verso di lui lo implorò sommessamente di liberarla da quella situazione.
 
Scese velocemente le scale, catapultandosi in sala da pranzo.
“Soun… allora come va?”
Il tono della sua voce faceva trasparire finto interesse, e poca convinzione.
Akane lo incenerì con lo sguardo.
 
“Bambina miaaaaa… sono così contento, oh la mia piccola bambina sta diventando una donna!”
 
Era tutto chiaro.
I loro genitori sapevano. Sapevano tutto, ma qualcosa non quadrava.
Nabiki era stranamente calma, quasi indifferente, Akane normalmente scocciata, Kasumi doveva trovarsi in cucina a ultimare la cena da portare in tavola, e in quanto a suo padre, gli era sembrato che mostrasse un comportamento davvero insolito, nonostante sospettasse che sapessero tutto.
Forse li avevano spiati, durante quei giorni in ‘viaggio’.
Ma rimaneva ancora l’incognita di quella famosa telecamera, appostata dentro quel vicolo a riprenderli.
 
Intanto, ai margini del muro di cinta che costeggiava l’abitazione e il dojo, qualcosa si mosse in maniera impercettibile. Movimento che, nonostante tutto il baccano all’interno della casa, al codinato non sfuggì.
 
Saltò con un unico preciso movimento verso quell’inatteso ospite.
 
 
 
***
La faccia tramutata inconsapevolmente in Oni, di suo padre, le incombeva con troppa vicinanza di fronte la propria, travasando litri e litri di lacrime.
Non sopportava più tutto quello spettacolino, cosa che ancor di più la irritò fu il comportamento di Ranma.
Se ne è andato via. Di corsa per giunta. Che codardo.
Di cosa si spaventava?
Ormai il guaio era fatto, e entrambi ne erano responsabili con lo stesso grado di colpevolezza.
 
Allontanando bruscamente Soun si alzò, e uscì fuori nel piccolo giardino che ornava il lato esposto della sala da pranzo. Era sparito.
I nervi iniziarono a saltarle uno ad uno. Non solo suo padre dava segni di cedimento mentale e fisico, ora quel deficiente si prendeva anche il lusso di svignarsela a suo piacimento lasciandola, lì, da sola in quella situazione.
 
“Papà calmati non è successo assolutamente niente. La tua bambina è rimasta tale, tranquillo.”
Con quelle parole congedò sua sorella, una statua non curante delle intemperie emotive del padre, al suo confronto, e lo stesso Soun ora stranamente zittito e al quanto allibito.
 
Attraversò velocemente il corridoio, arrivando alle scale.
Per un attimo si fermò. In un angolo del piano cottura della cucina, Kasumi stava fischiettando un motivetto allegro e finendo di tagliuzzare delle verdure.
Quanto la invidiava.
Una lacrima le scivolò lungo il viso, esaurendosi sul colletto della camicia, lasciandovi un piccolo alone bagnato. Le ricordava tanto la loro defunta madre. Sarebbe stata orgogliosa nel vederla prendersi cura della casa e di tutti loro, in maniera così magnanima e senza interessi.
 
Riguardo a lei invece cosa avrebbe pensato?
Il vuoto si dilagò tra i suoi pensieri, non sapeva assolutamente cosa pensare per la prima volta, riguardo sua madre.
Prima che le lacrime le inondassero il viso, corse su per le scale, diretta in camera sua e destinata a restarvi fin, almeno, il giorno dopo.
 
Palesemente sgraziata, chiuse la porta sbattendola con violenza, e sentì la solita paperella di plastica dall’altra parte, battere un sonoro tonfo sulla superficie liscia della porta. 
Con lentezza estenuante si adagiò sul letto, restando seduta e lasciò che le lacrime uscissero liberamente.
 
Non successe. O almeno, non come si era aspettata. Solo un paio di solitarie lacrime fecero capolino, fuoriuscendo da i suoi dotti lacrimali.
Quant’era patetica, pensò.
Covando nuova rabbia, verso se stessa ora, si diresse verso la finestra con l’intento di andare a cercare quel disgraziato del fidanzato. E, come al solito, scaricare su di lui la rabbia.
 
Prima che riuscisse a scavalcare il piano in marmo del davanzale della finestra, due braccia robuste la trattennero dallo scappare. Guardò in basso dove quelle la afferrarono, e con una crescente preoccupazione notò che non si trattava di Ranma.
 
Un acuto degno di un assolo lirico, si levò a gran voce dalla sua gola, frastornando probabilmente i timpani del suo assalitore.

 
  
 
 






 
Ok è un tantino corta, e me ne scuso davvero! Non so sto avendo un tilt… spero possiate non volermene.
Dubbi, domande, perplessità saranno chiarite nelle recensioni, se continuate a farmi sapere cosa ne pensate. Sarò lieta di leggervi e rispondere a tutti!
Ora scusate, ma vado di fretta purtroppo, come sempre ultimamente.
Vi saluto tutti, con un forte abbraccio,
Kade
  
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