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Autore: almost_vale    18/04/2012    0 recensioni
Che cosa avesse in mente non lo so, ma il disprezzo per il mondo lo stava pian piano divorando
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che cosa avesse in mente non lo so, ma il disprezzo per il mondo lo stava pian piano divorando, aveva la consapevolezza innata di essere superiore, vedeva solo in poche persone del buono e quando lo trovava cercava di assorbirlo il più possibile. pretendeva di avere ciò che nessun altro osava desiderare. Voleva sapere, voleva mettersi alla prova, voleva vincere le sfide contro se stesso, gli altri alla fine non erano altro che lo sfondo della sua vita, non erano importanti per lui, probabilmente se avesse incontrato qualcuno di superiore l’avrebbe ammazzato e avrebbe continuato a vivere tormentandosi e a chiedersi perché tutti fossero così stupidi. Era di facile irritazione, tanto che si arrabbiava anche solo se gli cadevano le chiavi di mano, o qualsiasi altro oggetto, non faceva differenza. Si sentiva come se avesse il mondo ai suoi piedi, ma non era così, e tutti lo sapevano ma continuavano a credergli influenzati dalle sue parole sicure, lui non era altro che uno dei tanti ragazzi di una delle tante città e questo dentro di sé lo sapeva. Ma amava suscitare invidia, amava far credere agli altri di essere un’altra persona. Ho sempre pensato che lui non esistesse, era una di quelle persone che vedevi in giro e che avresti potuto vedere ovunque, ma era lì, poi il giorno dopo nello stesso luogo. Sapeva anche lui che se fosse uscito dal suo quartiere non sarebbe stato più nessuno. Figlio di due persone modeste, rinnegava le sue origini e sperava di diventare qualcuno di grande, voleva essere l’artefice della nuova storia moderna. Tutto ciò che sapeva era per merito suo, gli altri per un certo periodo non l’avevano mai considerato e lui aveva dovuto rimboccarsi le maniche per affrontare la giungla di questa grande città. Almeno questo è quello che diceva lui. Ma non sono nemmeno certo se lo pensasse o meno. Aveva fatto innamorare di sé una ragazza, lei era impazzita per lui, lui aveva fatto l’amore con lei, era la loro prima volta, tutti dicevano fosse amore, per lui era solo un mezzo come un altro per arrivare al successo, l’importante era risplendere come una stella solitaria fra le altre mille stelle fioche e trasparenti. Non dormiva perché il tempo è denaro, è il denaro serve per fare bella figura davanti agli altri. Partecipava alle manifestazioni quando andava al liceo, perché fare politica è il modo giusto per essere in vista, fa sì che la tua ragazza sia fiero di te e fa si che ti scopi le quattordicenni nei bagni del liceo. Tutto quello che diceva era legge per lui, non era influenzabile e parlare con lui era impossibile, parlava solo lui. In fin dei conti era una persona buona, quelle volte che era di buon umore, ovviamente. Una persona dalle mille sfaccettature, in continuo conflitto con se stesso. A volte gli capitava di fermarsi e voltarsi indietro, ripensava a tutto quello che aveva fatto e la parte umana riaffiorava, si sentiva in colpa e si arrabbiava, questa volta non con gli altri o con un mazzo di chiavi caduto a terra ma con sé. Un individuo interessante in fin dei conti, che dopo un po’ convinse anche me sul fatto che sapesse qualcosa. Le ragazze per lui erano utili per farlo restare di buon umore, ma alla fine le lasciava sempre, perché queste dopo un po’ impazzivano, nel vero senso della parola. Mi ricordo di una ragazza, che dopo che stettero insieme e lui la lasciò, continuò a chiamarlo, ad andare sotto casa sua, gli mandava messaggi nel cuore della notte, non poteva stare senza di lui ed era disposta ad essere la sua donna oggetto pur di stare ancora con lui. Poi arrivò un’altra, una ragazza a mio parere bellissima, lui diceva fosse stupida e porca, non era vero, ma lui non voleva mai vedere il buono nella gente. Quella ragazza diventò nel giro di una sera la sua seconda donna oggetto. La loro “relazione” andò avanti per dieci giorni. Poi lei partì, lui partì e non si fece più sentire. Anche lei impazzì, iniziò a chiamarlo, ogni volta per “chiarire” e lui ogni volta la insultava. Non mi piaceva questo suo atteggiamento, ma io chi ero per impedirgli di farlo? Io guardavo, lì seduto al bar dove lavorava, la sua vita; non commentavo e ascoltavo tutto ciò che doveva dirmi perché anch’io mi convincessi che fosse una persona in gamba, così gli offrivo una birra e il mio vecchio amico riprendeva la sua solita storia: “sai, tutto quello che sono adesso è per merito mio..”
  
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