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Autore: Nebula216    18/04/2012    1 recensioni
"L’urlo del generale ci costringe a lasciare le nostre postazioni: non pensavamo ad un attacco degli americani, soprattutto in quella che è casa nostra.
Velocemente, ci vestiamo e armiamo, non solo per affrontare uomini Made in USA, ma anche il più grande combattente, l’unico che non fa distinzioni: l’inverno. E’ difficile capire come andrà a finire, è difficile capire chi di noi salverà ancora una volta la pellaccia e chi, invece, lascerà questo mondo."
Genere: Generale, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Nessuno mi ascolta…
 

 
L’urlo del generale ci costringe a lasciare le nostre postazioni: non pensavamo ad un attacco degli americani, soprattutto in quella che è casa nostra.
Velocemente, ci vestiamo e armiamo, non solo per affrontare uomini Made in USA, ma anche il più grande combattente, l’unico che non fa distinzioni: l’inverno. E’ difficile capire come andrà a finire, è difficile capire chi di noi salverà ancora una volta la pellaccia e chi, invece, lascerà questo mondo.
Senza esitazioni, sollevo la zip della divisa termica, controllando che il giubbotto anti-proiettile sia intatto e ben stretto attorno al mio petto, così come l’elmetto: per quanto finga, so già che non ne avrò bisogno, che, forse, è bene cederli a qualcun altro. Mi guardo intorno, vedendo tutti i miei compagni di plotone con i fucili d’assalto AK-47…
Kalashnikov per gli amici.
Ci disponiamo in file ordinate, fissando il nostro capo reparto dritto nelle sue iridi grigie piombo, parole che cercano di incoraggiare i nostri cuori impauriti: ci urla, ci incita con la sua voce potente, e noi acclamiamo, certi che torneremo vittoriosi.
Effettuiamo, in sincronia, un saluto militare, urlando a pieni polmoni per chi e cosa lo facciamo: non è l’onore, nemmeno la gloria, non sono questi elementi astratti a guidarci…
Solo il dovere.
Maledetto dovere… fottuto potere.
Percorriamo, come animali al mattatoio, il corridoio che ci farà uscire dalla base segreta, e posso giurare che l’adrenalina, mescolata alla paura che ci scorre nelle vene, prende a puzzare come carne marcia…
Carne putrida…
Ciò che potremmo diventare.
Deglutisco, stringendo con eccitazione e nervosismo, lo confesso, la canna del mio Kalashnikov: ogni volta è così, ormai ci ho fatto l’abitudine, o almeno cerco di farcela; la battaglia, la lotta, il sangue stesso hanno uno strano effetto su di me. Ogni volta che esco  richiedo sempre più sangue, più morti, non mi fermo davanti a niente e a nessuno: parto e il nemico può dire da svidaniya alla sua vita.
Appena la porta si apre con un cigolio, scattiamo in avanti, nella fredda e candida neve che, ben presto, si tingerà del sangue scarlatto…
Sicuramente, non il mio.
Come esco dal rifugio, prendo a sparare a raffica, uccidendo i primi militari con stampo Made in USA che mi si parano davanti, senza fare alcuna distinzione: sono tutti uguali, tutti fatti della solita pasta. Con il manico del fucile, tiro un colpo alla tempia di un americano, lo guardo cadere a terra come un peso morto e procedo, deciso a voler vincere, noncurante delle granate che vengono lanciate da entrambi gli avanposti.
Uccido altri due marines, quando un terzo tenta di disarmarmi: è uno sciocco, penso sicuro di me, mentre cerco di assestargli un colpo con il fucile; lo schiva agilmente, nonostante la montura invernale che dovrebbe mimetizzarlo nella neve, e tenta di rispondere col suo fucile d’assalto. Un attacco deciso, finalizzato a spaccarmi un labbro, a colpirmi uno zigomo o una tempia… colpo che non andrà a buon fine, ne sono certo.
Gli blocco, con la presa ferrea della mano sinistra, il fucile, ricevendo inaspettatamente un cazzotto sul volto: in quel colpo sono riuscito a percepire la sua disperazione, la sua voglia di vivere. Lo guardo, notando un passamontagna che gli lascia liberi solo gli occhi verdi: occhi troppo belli per esser maschili.
Privato della mia arma, lancio al mio avversario dei colpi di Kombat Sambo, i quali vanno a buon fine: cade l’elmetto, ribalta tre volte, ma si rialza sempre, facendomi ghignare di gusto.
È determinato… e questo mi piace.
Rincaro i colpi, mentre la guerra dilaga attorno a noi, mentre russi uccidono americani o vengono uccisi da quest’ultimi; un calcio dritto all’addome fa incespicare il mio nemico, consentendomi di afferrargli il passamontagna e toglierglielo con decisione.
Il mio nemico altri non è che una giovane ragazza castana, forse mia coetanea, pronta a tutto per tornare a casa viva: inizia a colpirmi, si libera ogni volta dalla mia presa, inutilmente. Come una calamita col ferro, le afferro sempre i polsi, ignorando i colpi che vuole darmi con le gambe; le porto le mani in basso, avvicinandomela inevitabilmente al volto: non vuole morire, mi fissa con odio, come se potesse uccidermi solo con le sue iridi smeraldine.
Scosta lo sguardo, improvvisamente, e questo gesto mi irrita.
-Смотри.-
Le dico di guardarmi nella mia lingua, evidentemente non capisce o non vuole capire, visto che non solleva il volto. Prendo fiato.
-Guardami.-
Ripeto nella sua lingua, guadagnandomi la sua attenzione: siamo così vicini che, fra l’odore della polvere da sparo, del tritolo, della benzina dei carri armati, percepisco il suo profumo…
Gelsomino.
La guardo, le scavo nell’anima, e così fa lei con me: siamo due ragazzi, due ventenni che si sono arruolati per scopi diversi, elementi di due fazioni diverse che, adesso, si ritrovano a decidere chi perde e chi vince. Oso avvicinarmi, oso sfiorarle le labbra con le mie, per sentire se sono spaccate per il gelo: le sue sono calde, morbide… una bocca ancora intatta, ancora viva.
Quando mi stacco da lei, la sento irrigidirsi e sputarmi sangue in faccia: crolla per terra e, istintivamente, mi inginocchio per tamponare la ferita infertale da un AK-47 del plotone russo; le controllo la piastrina, come se fosse una mia alleata, per vedere il gruppo sanguigno e il nome.
Lara Scarlett.
Il gelsomino della Siberia, adesso, ha un nome.
-Мне нужен врач… Мне нужен врач!- (ho bisogno di un medico!)
Urlo ad altri soldati russi, ma nessuno sembra darmi ascolto.
Nessuno mi ascolta…

  

Angolo Autrice: Mia prima One-Shot! Spero non sia venuta una schifezza.
Se ve lo state chiedendo... sì sono sadica (ormai non se lo chiede più nessuno! ndCervello)
Spero vi sia piaciuta!
Bacioni!
Nebula216 <3
   
 
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