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Autore: CinderNella    18/04/2012    4 recensioni
Il ragazzo che doveva pagare solo un caffè americano –o almeno pensava fosse quello, anche se da Starbucks non era mai solo quello– non era propriamente sconosciuto.
Non che lei lo fosse, anche se cercava di mimetizzarsi al suo meglio, con il cappuccio, gli occhiali e le converse.
Lui invece si riconosceva perfettamente da lontano: Ben Barnes le stava offrendo un muffin al cioccolato.
Keira Knightley x Ben Barnes
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18.
Nella vita reale, quando ancora si frequentavano, non avevano mai passato due giornate interamente insieme: erano state intense e perfette, ed avevano permesso loro di visitare un po’ di Los Angeles. Insieme.
Non l’aveva mai vista sorridere così tanto, nemmeno quando si vedevano a Londra: era più tranquilla, come se quella per lei fosse una vacanza e non lavoro.
Gli aveva detto che l’avrebbe accompagnato lei stessa all’aeroporto, dopotutto era anche vicino all’hotel. Relativamente.
Si stava preparando, in bagno, facendosi la doccia; lui, nel frattempo, vagava per la camera, mettendo mani ovunque, divertendosi a cercare qualsiasi cosa: «Ehi Keira, tu sei andata al matrimonio di tuo fratello, ma il matrimonio Reale l’hai visto?»
«Certo! Stavo in prima fila!» il tono derisorio che aveva lo fece scoppiare a ridere «Tu hai ricevuto l’invito? Ti è piaciuta la carta su cui l’hanno stampato?»
«Certo! Ero in prima fila anche io, non mi hai visto?»
«No, davvero!» tacque per un po’ «Non sono contraria alla monarchia costituzionale, ma l’impatto mediatico che ha avuto è stato eccessivo. Sai quanto me ne importa di quei due che si sposano. Non l’avrei mai fatto davanti a ventimila telecamere che lo trasmettevano in diretta davanti a non so quanti paesi.»
«Oh, io neanche. Ma mi avrebbe fatto piacere partecipare al matrimonio del secolo.»
Dopo due secondi uscì la testa bagnata di Keira dalla porta del bagno: «Stai scherzando?»
Ben scosse la testa: «Non guardarmi male! Ma mi avrebbe fatto piacere presenziare, vedere e toccare Westminster Abbey addobbata a festa com’era. C’era una bella atmosfera.»
La ragazza aprì la bocca per replicare ma non riusciva a dire nulla, era rimasta troppo basita: «Non l’avrei mai immaginato.»
Ben fece spallucce, guardandola attentamente: era uscita dalla doccia solo per dirgli quello. Lo sguardo poteva arrivare solo sino al collo nudo e bagnato, al braccio che spuntava dalla porta. Ma poteva immaginare il resto.
«Forse è meglio che mi sbrighi.» disse quella, avendo probabilmente pensato all’incirca le stesse cose.
Lui continuò il suo giro di perlustrazione della camera evitando di pensare a quello che era appena accaduto, a cosa sarebbe potuto accadere se non si trovassero in quelle situazioni: spostando un copri scrivania di cuoio notò i lembi di un articolo di giornale, che prese immediatamente.
Era un’intervista fatta a lui e Robert Sheehan qualche settimana prima. E lei la custodiva gelosamente nascosta ma anche a portata di mano, in camera.
Guardò la porta del bagno, poi la camera e di nuovo il bagno: camminò a grandi passi fin lì, meditando. Aprire la porta o no. Avrebbe cambiato tutto.
Ma lo fece lei, era pronta ad andare: non comprese cosa ci facesse lì, ma poi lo guardò negli occhi; Lanciò un’occhiata alla scrivania, aveva scoperto le pagine staccate dalla rivista. Lo riguardò e capì perché fosse in procinto di entrare con la mano sulla maniglia.
Ben non attese più di un secondo, guardò la reazione alla sua presenza lì e la baciò: Keira non oppose resistenza, per la prima volta non lo fece. Anzi, si lasciò trascinare ovunque lui volesse, finendo seduta sul bancone accanto al lavabo, totalmente presa da lui.
«Ben...» non avrebbe voluto fermarsi nemmeno lei, ma dovette prendere il suo viso tra le mani, sebbene le gambe fossero ancora strette al suo tronco «Hai il check-in tra mezz’ora.»
Lui posò la fronte contro quella della ragazza, chiudendo gli occhi: «È giusto, hai ragione. Oramai era mancata l’occasione.»
Keira deglutì, rimanendo qualche altro secondo così: poi gli baciò la fronte e lo lasciò andare in camera.
Era una pazzia quella che avevano iniziato, ma non se ne stava pentendo e le aveva dato scariche di adrenalina ed emozioni che non provava da... dall’ultima volta che l’aveva baciato. In dimensioni ben maggiori dall’ultima volta.
«Andiamo?» Ben la aspettava sulla porta, serio.
Lei prese un cardigan nero, infilò un paio di Converse e lo raggiunse con la chiave.

Il tragitto fino all’aeroporto fu silenzioso, parlarono solo per i saluti.
«Ci rivedremo.» fece Keira, con tono rassicurante, passandogli una mano su una spalla.
Ben annuì, chiudendo gli occhi: «Certo che ci rivedremo.»
Non si sarebbero rivisti, ormai l’attimo era sfuggito. Le si avvicinò e le stampò un bacio sulla fronte «Arrivederci, Keira.»
«Ciao.» rispose lei, aspettando che lui passasse oltre il gate per andarsene.
Non appena fu tornato si buttò sul letto e riaccese il cellulare: venticinque chiamate di Tamsin senza risposta e sei del fratello.
Non voleva sentire la sua voce stridula, le avrebbe urlato contro per come era nervoso. Voleva solo dormire e lavorare. Almeno sul set sarebbe stato un’altra persona, senza problemi o con problemi  perlomeno diversi dai suoi.
Guardò l’orologio: a Londra erano le tre di pomeriggio, all’incirca.
Compose il numero di casa e dopo due squilli rispose il fratello: «Ben, finalmente! Tamsin mi ha scartavetrato le palle perché non rispondevi!»
Scoppiò a ridere, una grassa risata di gusto: quelle sei chiamate erano perché Tamsin gliele imponesse, non perché fosse preoccupato per lui. Non appena smise di ridere, rispose: «Ero a Los Angeles, in California.»
«Tanto per sapere, che ci facevi lì?»
A lui avrebbe potuto dirlo, non avrebbe fiatato con Tamsin: «Ero con Keira. Tamsin però dovrà sapere che mi si era scaricato il cellulare e non trovavo il caricabatterie.»
«Mhmh, okay. Qualcosa da riferirmi?»
«Sono nella merda.»
«Perché?» dall’altra parte del mondo, James strabuzzò gli occhi.
«Te la faccio semplice? Sto con Tamsin e sono innamorato di Keira.»
«Oh. Si spiega tutto. È successo qualcosa tra voi, quando eri lì?»
«Ci siamo baciati, prima che io partissi.»
«Bene. E?»
«E il bacio ha confermato la teoria già abbastanza solida da me prima espostati.»
«Bene. Lascia Tamsin.»
«Per telefono?! Dal Connecticut?»
«No. Vieni qui, vai a casa sua e lasciala. È quello che ti suggerisce una parte remota del tuo cuore, no? Non penso tu voglia tenere sulle spine due ragazze, non sei mai stato uno stronzo e vuoi troppo bene a Keira per anche solo poter pensare una cosa del genere.»
Il fratello gli aveva appena pianificato tutto quello che in realtà aveva già pensato ma non aveva il fegato di fare, non in quel momento almeno.
«Io... penso farò così.»
«Bene. Perché a dirtela tutta Tamsin non l’ho mai sopportata e Keira invece è un amore.»
Ben alzò gli occhi al cielo, sorridendo: «Ci avrei messo la mano sul fuoco che me l’avresti detto. Almeno la prima parte della frase. Aspetta un attimo, hanno bussato.» aveva sentito un leggero tocco alla porta e anche se non aveva alcuna voglia di alzarsi, lo fece: «Chi è? Non ho ordinato nulla...» aprì la porta, trovandosi Keira bagnata come un pulcino davanti alla porta «Servizio in camera non desiderato?»
Ben si illuminò, sorridendole: prima ancora di chiedere spiegazioni la baciò, molto più dolcemente dell’ultima volta. Quella alzò lo sguardo per fissarlo negli occhi e gli sorrise sinceramente: «Ho preso il tuo aereo, classe economica. Ho trovato un posto all’ultimo… Perciò non mi hai vista. avevo bisogno di terminare ciò che avevamo cominciato.»
L’aveva sorpreso in tutti i sensi e molto, molto piacevolmente: la baciò di nuovo, prendendola per mano e trascinandola dolcemente sul letto «Aspetta un attimo. Solo uno. Devo terminare anche io una cosa.»
Quella si sedette ancora bagnata ai piedi del letto, liberandosi dalle scarpe e dai calzini fradici per incrociare le gambe e guardare Ben riprendere il telefono.
«James, sto spegnendo di nuovo il telefono. La batteria è ancora scarica e non trovo più il caricabatterie. Per, diciamo... stanotte, il telefono sarà scarico. Buonanotte.»
«Buon divertimento! Ah, salutami Keira.» chiusero la chiamata e Ben si voltò ad osservare la ragazza: non un cenno di ripensamento, non un tentennamento.
Lo aspettava lì, con un grande sorriso sulle labbra, tranquilla e soddisfatta. Come se fosse certa di star facendo la cosa più giusta dell’universo.
«Vieni qui.» l’aveva detto col suo solito tono dolce, quello che le aveva sempre rivolto per consolarla: la baciò e l’abbracciò «Vuoi l’accappatoio? Avrai freddo.»
«È pioggia primaverile, sto bene.» incrociò i piedi con quelli del ragazzo, stringendosi a lui «Ora. Sto bene, ora.»
«Lo so.»  le baciò la punta del naso «Anche io.»
Si liberò della maglietta e si infilò sotto le coperte, riabbracciandola al calore.

Quando riaprì gli occhi, Keira si trovava ancora davanti a lui e un raggio di sole le illuminava il viso, mentre la stessa lo guardava con i grandi occhi da cerbiatta aperti.
«Buongiorno.» disse lui, sorridendole e baciandole la fronte.
«Buongiorno a te.» rispose quella, continuando ad osservarlo.
«Mi sento osservato, la smetti?»
«Lo sei. E poi sei bello quando dormi. Cioè, anche quando non dormi, ma quando dormi sembri un...»
«Sta’ zitta.» la bloccò posando dolcemente una mano sulle sue labbra, per poi baciarla per l’ennesima volta.
«Mi hai zittito! Hai osato farlo!» ribatté quella, issandosi su un gomito «Ora stai zitto tu!»
«Prego, zittiscimi.»
«Come potrei rinunciare!» gli andò sopra, per baciarlo ancora un po’: poi guardò l’orologio «Ho l’imbarco tra mezz’ora, dovrei muovermi.» fece cadere la testa su quella del ragazzo, sbuffando.
«Ehi...» sembrò riflettere attentamente «Ma lì ora sono le cinque.»
«Sì, riesco ad andare a lavoro con il volo che prendo ora.»
«Viva il fuso orario, insomma!» la baciò e poi si alzò «Mi vado a fare una doccia.» avrebbe voluto proporle di risparmiare tempo e farla in due, ma evitò: non avevano fatto null’altro che dormire quella notte.
Dopo che le cose si sarebbero risolte ci sarebbe stato tanto tempo per fare tutto, ogni passo nel tempo giusto.
«Okay, sbrigati o entro in bagno e ti caccio via.»
«Vedi che non ti accompagno e rimani mia prigioniera, eh.»
«Devi lavorare anche tu oggi, scemo!»
«Piano con le parole, bella!» uscì dal bagno in boxer solo per schiaffeggiarle amorevolmente una coscia e  poi ci ritornò, chiudendo la porta. Keira rimase lì ad aspettare evitando di pensare a come stesse bene senza vestiti, ma il pensiero andava e tornava nella sua mente ad alta velocità.
Dopo cinque minuti Ben era già in jeans e nella camera, mentre lei gli diede velocemente il cambio: dieci minuti dopo erano entrambi fuori dall’albergo, pronti entrambi alla giornata che avrebbero dovuto affrontare.
«Ci vediamo sabato prossimo, vengo io.» fece Ben fuori dall’hotel, baciandole una guancia.
«A sabato prossimo!» rispose lei, sorridendogli ancora una volta e prendendo il taxi.
Il giorno prima aveva fatto la cosa più avventata e soddisfacente da un bel po’ di tempo a quella parte e non se ne pentiva, assolutamente.
  
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