Spero si tramuti in
romanzo, poiché è mio desirio che lo diventi, ma è in mio potere solo ciò che voi leggete ciò che vi
trasmette e nelle mani dei vostri sensi. Avrei voluto dargli un nome
leggerissimo che al solo dirlo è gia sparito (A.B. ki lo conosce lo capirà)
spero mi porti fortuna.
ETERE
Etere, la sua leggerezza.
-
Doroty sento freddo…-
Etere, la sua mano che
sfiora il suo viso.
Gli occhi di un pallido sereno, cielo appena sveglio; dolce onda bionda.
-
In fretta dai.-
-
Su, su, su!-
-
In fretta la
signorina non può aspettare.-
-
Su, su!-
-
Grazie Doroty. –
Etere,
le sue parole, mai labbra riuscirono a sfiorarsi con tale delicatezza; mai
pronuncia sia stata così gentile; non era solo un ringraziamento, bisognerebbe
parlare aria per capire, bisognerebbe gratificare con profondo pensiero per
immaginare il simile, ed allora ci parrebbe di sentirlo.
-
Grazie Doroty. -
-
Se la luce del faro
fosse verde, Rima sarebbe molto più allegra.-
-
Tu credi?-
-
Certo! E così intelligente…-
-
E questo che c’entra? -
-
Capirebbe al volo che
è un regalo per lei… è così intelligente.-
-
Ma perché proprio verde. –
-
È un segreto. –
Un anziano che i segreti
conosce come vita ed un bimbo.
Un giovine
che i segreti conosce come un gioco, fra i più meravigliosi che possiede, ed un
vecchio.
-
Doroty c’è qualcuno alla porta. -
-
Non ho sentito
bussare Signorina.-
-
Perché nessuno ha
bussato, si rechi alla porta la prego.-
Etere, il suo sguardo.
Doroty ci mise pochi secondi e si voltò, andò alla porta
e l’aprì lentamente.
-
Salve. entrate pure siete i benvenuti.-
Davanti alla porta un uomo
e un bambino stanziavano in piedi come in attesa, in
realtà più un bambino e un uomo, poiché fu la presenza più piccola a rispondere
agli atteggiamenti cordiali del comitato di benvenuto.
-
Con gran piacere.-
anzi forse un bambino e un altro, molto diverso.
-
Come vi chiamate?-
Etere,
le sue parole, mai labbra riuscirono a sfiorarsi con tale delicatezza; mai
pronuncia sia stata così gentile; non era una semplice domanda, bisognerebbe
parlare aria per capire, bisognerebbe desiderare la risposta con la morbidezza
di un velo di brezza per immaginare il simile, ed allora ci parrebbe di
sentirlo.
-
Come
vi chiamate?-
I suoi occhi si rivolsero
al fanciullo, le sue mani sfiorarono il suo viso con
un gesto, le sue mani bianche e affusolate, le sue mani gentili e delicate che
solevano appoggiarsi sul viso stanche come per reggerlo; in realtà era il viso
a sostenerle poiché sarebbe ingiusto pensare che un corridore appoggiato ad un
muro stia aiutando un palazzo a star su.
-
Il suo nome è Davide,
a volte però è diverso. -
-
Ma qual’è il vostro?-
Ora insistenza.
-
Ludovico. -
-
Ludovico…-
Etere,
fra le sue labbra rosee.
-
Si Ludovico, sempre. –
Continua…