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Autore: Lusio    19/04/2012    12 recensioni
Un ricordo che ossessiona, come il ticchettio di un orologio, il pigro battere insistente di un dito sul tasto di una macchina da scrivere inutilizzata, il gocciolio di una bottiglia d'assenzio rovesciata. Come una voce che proviene dal profondo di un'anima disperata.
E' questo che spinge un "giovane scrittore squattrinato" a riportare su carta la storia del suo amore finito, a dipingere con lettere nere d'inchiostro "il ragazzo che amava" perché lui glielo ha chiesto.
"... così sarò sempre con te".
In una vecchia camera ammobiliata del quartiere bohèmien, in una pista da ballo di uno dei locali più famosi e più scandalosi dell'epoca, in un boudoir dallo stile orientale, sulle assi di un palcoscenico...
La loro storia, la loro vita, la loro canzone.
Ispirato a "Moulin Rouge!" di Baz Luhrmann.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Children of the Revolution

 

Con un sospiro soddisfatto, Blaine Anderson si lasciò cadere sulla brandina cigolante della stanzetta che aveva affittato; il materasso era sottile  e scomodo ma poco gli importava in quel momento. Riusciva solo a pensare al fatto che era nella patria dell’arte, la città dei cantanti, degli attori, dei musicisti e degli scrittori, lontano dalla dittatura di suo padre che avrebbe voluto vederlo ammuffire dietro la scrivania della loro azienda di famiglia, a compilare moduli, firmare note di assunzione e di licenziamento, controllare le entrate ed altre cose mentalmente massacranti. Quando gli aveva parlato delle sue aspirazioni da scrittore aveva dovuto sopportare le sue urla, i suoi rimproveri, il suo chiamarlo “figlio snaturato” e mille altre cose, con sua madre che riusciva solo a disperarsi per quell’ennesima lite tra padre e figlio. Sembrava dovesse concludersi come tutte le altre volte precedenti: con Blaine che si isolava nella sua stanza; ma quella volta le cose erano andate in modo diverso.

La loro discussione, ad un certo punto, aveva preso una brutta piega e, ad una frase del padre (“Credi veramente di avere talento? Sei solo un bambino viziato che crede di poter fare tutto ma che non ha nemmeno l’ingegno per affrontare il lavoro serio!”) Blaine non ce la fece più. Sentitosi punto nel vivo, radunò in fretta e furia le sue cose, prese i soldi che si era guadagnato lavorando in una libreria della città e, senza voltarsi indietro, lasciò quella casa con l’intenzione di non farvi più ritorno.

Qualche ora dopo, quando la rabbia era sbollita e si trovava sul treno che lo avrebbe condotto alla meta che si era prefisso di raggiungere, prese coscienza del suo gesto. Si era comportato come un bambino fuggito di casa perché gli era stato negato il giocattolo desiderato, ma una cosa che aveva sempre odiato era sentirsi dire che la sua vita sarebbe stata un fallimento perché non era un ragazzo concreto e perché viveva sempre tra le nuvole, in un mondo di sogni e romanticismi futili; va bene, forse era vero, forse non sarebbe mai diventato uno scrittore famoso, forse era veramente un povero illuso ma non sarebbe rimasto bloccato in una vita monotona per poi ritrovarsi ad una certa età a domandarsi “Come sarebbero andate le cose se…”. No, avrebbe colto l’occasione, come stavano facendo tanti altri giovani come lui, sulla scia delle nuove correnti artistiche rivoluzionarie dell’epoca.

Sarebbe diventato uno di loro, uno dei “Figli della Rivoluzione”; avrebbe seguito le orme del poeta che più ammirava, Arthur Rimbaud, avrebbe fatto una vita da zingaro, da artista, precario certo, povero sicuramente, ma da artista. Avrebbe fatto la sua vita.

Ed eccolo lì, in una piccola camera ammobiliata, con un affitto ragionevole da pagare, una macchina da scrivere e tanta voglia di scrivere, di dare vita ai suoi sentimenti.

Facendo schioccare le dita, Blaine si rialzò e si sedette al tavolino,davanti alla macchina da scrivere, ansioso di mettersi all’opera; ma proprio mentre stava per battere l’indice su un primo tasto, due cose lo bloccarono: la prima fu il rendersi conto di non sapere come iniziare (la cosa peggiore che può capitare a chi scrive); la seconda, molto più strana ed inaspettata, fu un ragazzo che piombò con un gran fracasso nella sua stanza… dal soffitto per essere precisi.

Blaine saltò letteralmente dalla sedia nel vedere un ragazzo, asiatico a giudicare dai tratti somatici, svenuto a quanto sembrava, appeso ad una corda per la gamba e completamente ricoperto dal calcinaccio del soffitto. Non poté nemmeno prendere coscienza di quanto era accaduto perché la porta della stanza si aprì ed una ragazza bassina vestita “alla garçon” entrò di gran carriera.

- Oh, buongiorno – disse la ragazza, aggiustandosi i capelli, notando Blaine – Sono Rachel Berry, l’inquilina del piano di sopra, nonché “grande attrice”. Ma sono certa che avrete sentito parlare di me – concluse con una punta di vanità.

- Veramente… no – disse Blaine, sconvolto da quella “doppia” intrusione.

- Oh… be’, non ha importanza – replicò Rachel, cadendo dalle nuvole e concentrandosi sul ragazzo svenuto ancora appeso a testa in giù al centro della stanza – Cielo, che disastro! Sono desolata per il soffitto; non è mai capitata una cosa del genere. Di solito quando gli succede ha il buon gusto di trovarsi con i piedi piantati al suolo.

- In che senso “quando gli succede”? – esclamò Blaine.

- Vedete, questo mio amico, Mike, è affetto da una strana malattia: la narcolessia. In poche parole, un momento prima è perfettamente sveglio e l’istante successivo è più svenuto di una gallina con un panno sugli occhi. Io lo dicevo che accogliere uno come lui nella nostra compagnia era uno sbaglio ma…

- Rachel! Hai finito di fare conversazione?

Quelle parole sguagliate e volgari furono seguite dalla comparsa di tre volti che fecero capolino dal buco sul soffitto: il primo (quello che aveva parlato) apparteneva ad un ragazzo dalla carnagione bruna ed una curiosa cresta sulla testa, il secondo ad un ragazzo biondo con delle labbra vergognosamente grandi e il terzo ad un ragazzone dall’aria poco sveglia.

- Fantastico! – esclamò il ragazzo con la cresta – E’ svenuto di nuovo. Mi spieghi come facciamo ad andare avanti col protagonista maschile fuori uso?

- Non preoccuparti Puck – disse Rachel, tranquillamente – Con il mio talento riusciremo ad ultimare lo spettacolo.

- Non lo mettiamo in dubbio – fece il ragazzo biondo con lieve ironia – Ma sarà un po’ difficile continuare a lavorare senza protagonista maschile.

- Troveremo qualcuno che sostituirà Mike; non so dove, ma lo troveremo.

- Rachel – fece il terzo ragazzo – Perché non lo chiedi a quel ragazzo lì vicino a te? Ha la faccia del poeta innamorato.

- Questo? – valutò la ragazza, esaminando in modo inappropriato Blaine, il quale non riusciva proprio a capacitarsi di quanto stava accadendo – Sì, potrebbe fare al caso nostro.

- Bando alle ciance! – disse Puck rialzandosi, seguito dagli alti due – Rachel, recupera Mike e porta su quel ragazzo. Dobbiamo ultimare lo spettacolo entro stasera.

- Bene… eh… come ti chiami, scusa? – chiese Rachel, rimasta sola con Blaine (e Mike ancora svenuto).

- Blaine Anderson – risposa il ragazzo.

- Bene Blaine. Ti do il benvenuto nella nostra compagnia.

- Potrei almeno sapere qualcosa di più, invece di essere sballottato qui e là senza sapere niente? – fece Blaine, esasperato da quella presa di posizione.

- Scusa. E’ vero, siamo stati invadenti ma il fatto è che siamo con l’acqua alla gola. Dobbiamo portare, entro stasera, uno spettacolo teatrale per il Moulin Rouge, il noto locale qui di fronte. Uno spettacolo innovativo, che sarà portavoce degli ideali bohémien di noi Figli della Rivoluzione. Uno spettacolo che parlerà di “Libertà”, di “Verità”, di “Bellezza” e di “Amore”. E con questo spettacolo risolleveremo anche le sorti del Moulin Rouge, rendendolo un teatro vero e proprio. Allora, stavolta te lo domando ufficialmente: vuoi partecipare a questa nostra opera, Blaine?

Blaine aveva ascoltato ogni parola di Rachel, prima con titubanza, poco convinto dal fare superbo della ragazza, poi con sempre maggior interesse. Uno spettacolo, un’opera che avrebbe racchiuso gli ideali che lui stesso stava inseguendo. Solo pochi minuti fa stava lamentando il fatto di non sapere come iniziare ed ecco che gli si presentava un’opportunità, un trampolino di lancio, un inizio. La sua nuova vita non gli era mai sembrata così nitida e vicina come in quel momento. Avrebbe dovuto sostituire momentaneamente un attore; non sarebbe stato come recitare in un ruolo principale ma sarebbe stato pur sempre un inizio. Il suo inizio.

Accettò.

Dopo aver staccato Mike dalla corda, i due ragazzi salirono al piano di sopra ed entrarono nella stanza adibita a “sala prove”, una camera enorme, che prendeva luce da un’ampia vetrata sul tetto, piena di bozze di copioni, strumenti musicali, oggetti di ogni tipo, scenografie malandate, un odore di sigarette che rendeva l’aria irrespirabile. Un vero ritrovo di artisti bohémien.

A parte Rachel e Mike Chang, che venne adagiato su una brandina, gli altri componenti erano Noah Puckerman, chiamato semplicemente Puck, il ragazzo con la cresta, e Sam Evans, il ragazzo biondo dalle labbra esagerate, che erano gli addetti alla musica, e Finn Hudson, quello dall’aria poco sveglia, che era un interprete.

Misero in mano a Blaine un copione scritto a metà, gli diedero alcune indicazioni sul suo ruolo e ripresero il lavoro.

Ma quello spettacolo sembrava tutto fuorché “rivoluzionario”; Blaine se ne accorse subito. Già la storia di per sé era veramente scontata: l’amore a prima vista tra un pastore-poeta ed una ragazza di città, lo struggimento dei due amanti al limite dello stucchevole e del monotono, il lieto fine prevedibile, il tutto infarcito di frasette sdolcinate ed elogi esagerati nei confronti della protagonista, interpretata da Rachel. Certo, c’erano gli ideali dei Figli della Rivoluzione ma non erano riportati nella loro pienezza. Si avvertiva anche una certa incomprensione tra i vari attori su alcuni pezzi, sul finale da costruire, sul ruolo dei vari personaggi (tecnicamente “del personaggio”, visto che la protagonista era perennemente presente in scena). E Blaine, in mezzo alle esclamazioni di Rachel, i rimproveri di Puck, i tentativi musicali di Sam e la passività di Finn, si sentiva soffocare ed una grandissima voglia di dire la sua, di non essere un semplice “oggetto di scena”, gli premeva nel petto aspettando solo di uscire. Ed esplose quando venne ripreso il punto in cui il protagonista declamava il suo amore.

- Perché? – si azzardò a domandare Blaine e facendo voltare tutti verso di lui.

- “Perché” cosa? – chiese Rachel.

- Perché il protagonista maschile è così sicuro dei suoi sentimenti?

- Ma mi pare ovvio – rispose la ragazza – Perché la protagonista è una fanciulla bella, dotata di ogni virtù e solo un idiota non capirebbe che è la compagna perfetta.

- Sicuramente – replicò Blaine vincendo la tentazione di alzare gli occhi al cielo – Non mi azzardo a negare che il colpo di fulmine esista ma, così facendo, non rischiamo di perdere di vista il concetto di “Verità”?

- Non lo stiamo perdendo di vista – rispose Puck, infastidito da quel “novellino” che si sentiva in diritto di dire la sua – Nessun sentimento è “vero” come l’amore.

- Appunto perché è vero non può essere racchiuso in un solo concetto e dimenticando tutte le sue sfaccettature.

- Cosa vuoi dire? – chiese Finn che, assieme a Sam, sembrava più interessato.

- L’amore… - iniziò Blaine, cercando di calcolare ogni parola – Secondo me l’amore si evolve attraverso vari stadi: prima c’è l’attrazione fisica che ti porta a guardare, ad esplorare l’oggetto dei tuoi desideri; c’è poi la curiosità, la voglia di conoscere di più quella persona, apprezzare i suoi lati positivi, accettare quelli negativi; se poi capisci che sei disposto ad accettare quella persona nella sua interezza, se anche l’altra persona fa lo stesso con te, allora c’è l’amore. Quell’amore che nulla può distruggere, che vivrà per sempre, fino al loro ultimo giorno di vita. Lo so, il modo in cui ho esposto questo concetto è troppo freddo e clinico ma se mi deste la possibilità di adattarlo in un dialogo o in un monologo per lo spettacolo…

- Aspetta! – lo fermò Rachel, il sangue che le stava inondando la testa – Stai per caso dicendo che vorresti riscrivere a tuo piacimento il mio… cioè il “nostro” spettacolo?!

- Fermi tutti!

Queste ultime parole furono pronunciate da Mike che si era risvegliato e stava fissando Blaine con sguardo allucinato.

- E’ geniale! – continuò, alzandosi e avvicinandosi agli altri – Ragazzi, ma vi rendete conto? Questo tipo può essere la voce dei Figli della Rivoluzione. Potrebbe scrivere lui lo spettacolo.

- Ammetto che ha una mentalità ancora acerba – disse Sam – Ma credo anch’io che, se ben indirizzato, possa avere delle potenzialità.

- A me piace – si limitò a dire Finn, entusiasta.

- Fermi! Fermi tutti! – sbottò Rachel – Vi rendete conto di quello che state dicendo? State proponendo di buttare al vento mesi di fatica, quando dovremmo già portare almeno una trama completa entro stasera.

- Tanto non è che siamo riusciti a fare tanto – disse Puck – Tentare non ci costa nulla. Poi, questo ragazzo sembra sapere il fatto suo.

- E Schuester dove lo mettete? – chiese Rachel, imperterrita – Credete seriamente che accetterà di proporre al finanziatore uno spettacolo scritto da un ragazzino privo di esperienza? Senza offesa Blaine.

- Esperienza o no, si vede che ha talento – Finn corse in difesa di Blaine – E per quanto riguarda Schuester, ho la soluzione: Kurt. Se gli presentiamo Blaine, lui ci spianerà la strada verso Schuester.

- Sì, con Kurt sarà più semplice – convenne Sam – In fondo lui è, più o meno, uno di noi anche se ha più gioielli di un usuraio, mentre Rachel non ha nemmeno lo stile di George Sand* quando vuole indossare abiti maschili… - non poté terminare la frase, visto che gli arrivò, dritto sulla fronte, un volume de “Les Fleurs du Mal” di Baudelaire.

- Farò finta di non aver sentito – disse Rachel, tranquillamente, aggiustandosi le maniche della camicia – Se la mettete così… proviamo. Ma sappiate che non mi prenderò nessuna responsabilità nel caso in cui il piano fallisse.

- Allora Blaine – si rivolse Finn al ragazzo, rimasto in silenzio, in attesa – Vorresti scrivere il nostro spettacolo per il Moulin Rouge?

Blaine sarebbe potuto annegare nel mare di novità che lo aveva investito in modo così inaspettato. Non era trascorsa nemmeno una settimana da quando si era lasciato alle spalle la sua famiglia, la sua casa, la sua vita passata, e nemmeno un’ora da quando non sapeva come iniziare la sua nuova vita da artista ed ecco che, in un attimo, gli si era parata davanti una strada colma di possibilità, con un modo per esporre il suo pensiero, di dar vita ai sentimenti che aveva dentro e che aspettava solo una scintilla per esplodere come tanti fuochi d’artificio. Non gli erano chiare alcune parti di tutti quei discorsi come “Schuester”, “Kurt”, “finanziatore” e, francamente, non gli interessava più di tanto. In quel momento, l’importante per lui era l’opportunità che gli stavano concedendo quei Figli della Rivoluzione.

Aveva accettato di sostituire un attore svenuto; accettò di scrivere quello spettacolo bohémien.

 

* * *

 

Quella sera, si sentivano tutti in balia dell’ansia; dal buon esito di quella serata dipendevano tante cose: il salto di qualità del Moulin Rouge, una solida sicurezza per i Figli della Rivoluzione e un inizio che avrebbe segnato un futuro per Blaine. Ma, col cuore colmo di positività, speranza e tenacia, il gruppo si diresse verso il Moulin Rouge.

Blaine, stretto nello smoking che gli avevano procurato, non aveva mai visto un posto simile; come tutti i giovani aveva il suo bagaglio di esperienze in fatto di locali notturni, ma il Moulin Rouge non era come gli altri. Già visto di fuori era un vortice di luci e colori, ed era un caldo e tenue rosso a prevalere con il mulino che si ergeva sull’ingresso, quasi un’ironica beffa in mezzo a tanti altri monumenti seri ed importanti e forse era per questo che i bohémien lo preferivano agli altri luoghi di ritrovo artistici. Lì non era richiesta la concretezza e il conformismo; lì potevi abbandonare la maschera che mostravi alla società e mostrare il tuo vero io e nessuno ti avrebbe mai giudicato.

Un mondo nuovo e fuori dal tempo presente.

Attraversato l’ingresso ci si trovava in un ampio spiazzale all’aperto dove si trovavano due componenti separati del locale: la “Torre Gotica” un edificio a quattro piani, dall’aria oscura e tetra, sulla sinistra e l’ “Elefante”, al centro, una curiosa struttura a forma d’elefante indiano con tanto di finimenti e decorazioni che fungeva da alcova per i “personaggi importanti” che desideravano intrattenersi con le ballerine del Moulin Rouge.

C’era poi il secondo ingresso, quello definitivo. Una porta e subito una tenda rossa, per stuzzicare l’eccitazione di chi entrava. Poi… luci, colori e musica.

 

 

 

Nota dell’autore

* Pseudonimo di Amandine Aurore Lucile Dupin (1804-1876), scrittrice francese e femminista moderata che era solita indossare abiti maschili.

 

Penso che il giovedì sarà il giorno in cui posterò i capitoli di questa fic. visto che è il giorno in cui ho meno impegni, anche se non assicuro che gli aggiornamenti saranno settimanali. Io, per me, farò del mio meglio per essere preciso e costante.

Per tutti gli altri aggiornamenti, questo è il link della mia pagina facebook:  http://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483

Una bacio enorme a tutti.

 

Lusio

  
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