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Autore: direiellie    19/04/2012    1 recensioni
Vecchia fanfiction ispirata al film 'X-Men Le Origini: Wolverine.' (con pochi altri riferimenti agli altri film della saga) che ho deciso di portare avanti dopo un periodo di pausa abbastanza lungo.
Logan & Emily. Quello che ruota fuori e dentro loro lo scoprirete assieme a me.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Logan' Howlett/Wolverine, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Il silenzio di quella notte era interrotto ripetutamente da urla di terrore, forti, lunghe e rabbiose. Erano le mie. Non ero sveglia, non ero nemmeno addormentata, mi sentivo come intrappolata in un limbo in cui non potevo far altro che urlare, piangere e dimenarmi. Stringevo tra le mani la coperta di lana come se fosse l'unico appiglio a cui potevo affidare il mio dolore. I miei genitori... i miei genitori erano morti. Morti. Non avevo la forza di respirare, sentivo però il cuore battermi dentro all'impazzata, lo sentivo in tutto il corpo. I miei genitori erano morti ed io, per questo, non riuscivo più a respirare. Ogni urlo disperato era un tentativo di rimonta sul mio respiro, una chiamata d'aiuto senza risposta perché adesso ero solo io, i miei genitori erano stati uccisi ed il solo pensiero mi mandava a fuoco. Non sentivo nient'altro che questo immondo pensiero perforarmi la testa, lo stomaco, le budella... il cuore.
Era come se fino a quella notte il mio corpo si fosse automaticamente rifiutato di esprimere una reazione più che lecita a ciò che era accaduto, come se da quel momento fino a questa notte fossi vissuta in un corpo secondario capace di perfetto autocontrollo, datomi apposta per esser in grado di sopravvivere fino al momento in cui avrei trovato qualcuno che poteva e voleva mettermi al sicuro.
Logan.
Logan. Le braccia di Logan. Mi avevano appena afferrata senza farmi alcun male ed allo stesso tempo mi tenevano immobile, a penzoloni come una bambola di pezza.
«Ehi, ehi, ehi, ragazzina?! Ehi, va tutto bene, che ti prende?!»
Era la prima volta che mi toccava. Vedevo annebbiato, mi faceva male lo stomaco. Non sentivo né emanavo più nessun grido di terrore, ma continuavo a piangere.
«I miei genitori... i miei genitori...»
Sospirò senza dire niente, non lo vedevo ancora a fuoco, così come nient'altro attorno a noi. Sentii il pavimento freddo del bagno sotto di me, la sua mano mi accarezzò veloce e in modo impercettibile i capelli, scostandoli dalla fronte e dal collo sudati, vomitai una volta, due e poi chiusi gli occhi.
Il giorno dopo non mi mossi dal divano per la maggior parte del tempo, era come se fossi uno degli altri anonimi suppellettili della casa e come tale mi comportai. Immobile, apatica, distante. Rimuginai continuamente su ogni momento della notte appena passata, ancora e ancora.
Logan, la sera, aveva aperto bocca solo per chiedermi come stessi, ed io avevo aperto bocca solo per dirgli che stavo bene, anche se non era vero.
La mattina seguente a quella giornata instabile ero già in piedi alle sei del mattino. Avrei approfittato del lavoro di Logan, e quindi del suo tragitto, per scendere in città. Lavata e vestita, e nuovamente seduta sul divano del soggiorno, osservavo per la prima volta la routine delle prime ore del mattino di un boscaiolo. Innanzi tutto, quel che mi stavo chiedendo con più insistenza, era come facesse a resistere così esageratamente al freddo; se non era a torso nudo, una volta fuori dal letto, era in maniche corte, e in questo stato sbrigava tutto quel che era da elenco prima di uscire di casa. Forse il segreto stava nella sua reale natura di mutante, non c'era altra spiegazione. Una cosa era certa, Logan non era in grado di farsi una colazione, ed ora che ci pensavo, non era proprio un granché ai fornelli. Il giorno in cui mi portò a casa sua ero troppo scossa e disorientata per constatare la qualità della sua cucina, ma soprattutto troppo affamata. Stavo per dire qualcosa di estremamente sarcastico, ma non dissi nulla, ero ancora in forte imbarazzo dopo la notte appena passata. Lasciai parlare quelle battute solo nella mia testa, pensando a un'occasione più appropriata in cui le avrei tirate fuori. Ogni tanto voltava lo sguardo dalla mia parte per ritrarlo subito. Io facevo finta di sistemarmi un lembo della camicia o di spazzare via briciole immaginarie dai miei jeans.
Con un sigaro in bocca, sempre gli stessi, era pronto a uscire di casa. Prontamente lo seguii.
Il pick up era arancio scuro, sbiadito, molto vissuto. Non ne capivo niente di date e modelli ma mi piaceva.
«Forte questo pick up» studiai la portiera per riuscire a sedermi dal lato del passeggero senza far danni. Non fare danni, Emily, continuavo a ripetermi. Logan sorrise sotto i baffi e sparì al volante. Per lo meno lo faccio divertire, pensai.
Avevo intenzione di studiare attentamente l'intero tragitto, mi misi a gambe incrociate. Quando assumevo quella posizione ero solitamente a mio agio, quindi ostentavo tranquillità, ma Logan non sembrava d'accordo e lo notai osservarmi velocemente con la coda dell'occhio, dopodiché la sua bocca prese una forma buffa, mi aspettavo qualche commento accusatorio e sarcastico allo stesso tempo, ma non disse niente e mi venne di nuovo in mente la battuta che avrei voluto fargli a colazione, così parlai io, ma solo dopo essermi schiarita la voce per fargli sapere indirettamente che stavo iniziando a parlare.
«Sapresti consigliarmi qualche negozio che potrebbe fare al caso mio?»
Non scostò lo sguardo dalla strada e così nemmeno io.
«In realtà no, mi spiace, ma ti posso lasciare al grande magazzino più vicino. Te la saprai sbrigare da sola?»
«Va benissimo, grazie, e si, non preoccuparti.»
In realtà era l'unica cosa che continuavo a chiedermi ignara della risposta e pensando inutilmente ai negozi che avrei potuto trovare in quella zona mi misi lo zaino sulle gambe per controllare se il portafogli era al suo posto, e lo stesso per i soldi al suo interno e i miei documenti.
«Non fare domanda per nessun posto di lavoro.»
Sembrava leggermi nel pensiero, mentre controllavo i documenti stavo proprio pensando alla possibilità di trovare lavoro nelle vicinanze come gli avevo accennato qualche sera prima. 
«Cosa? E perché? Infondo la città non è poi così lontana, troverò sicuramente un modo per scendere e risalire senza crearti problemi, e poi-» m'interruppe.
«Non si tratta della distanza da casa... non farlo e basta.»
Per un brevissimo istante avrei giurato stesse per dire casa nostra, in ogni caso non sembrava voler sentire scuse, quindi non fiatai. Starlo ad ascoltare era il minimo che potessi fare, dopotutto, anche se non trovavo motivo sulla questione, ma ci avrei rimuginato sopra per il tempo seguente. Una cosa era certa: non vedevo l'ora di avere qualche vestito nuovo e le infinite cose di uso quotidiano che volente o nolente mi erano necessarie. Avevo intenzione di spendere il minimo per ognuna di esse.
Guardare il pick up di Logan allontanarsi da me per, infine, abbandonarmi momentaneamente alla città mi mise paura per qualche minuto, pensai subito alla possibilità di non poter tornare più alla casa legno e vetrate che mi piaceva, mi piaceva davvero, pensai di essere improvvisamente tornata indietro nel tempo, a quando vagavo per il bosco in cerca di aiuto. Pensai soprattutto al fatto di non aver concordato con Logan come ritornare a casa, e non avevo scordato di farlo ma non avevo voluto e lui non ci aveva di certo pensato, non aveva mai dovuto pensare a questo genere di dettagli quotidiani, infondo, ed io non volevo essere la persona sola al mondo che l'avrebbe cambiato, non quando potevo evitarlo. Mi dissi che sarei potuta tornare a casa a piedi quando volevo, la strada l'avevo memorizzata nel mio personale momento a gambe incrociate, ma dato che ci avrei messo un'eternità mi dissi anche che mentre sarei stata sulla strada del ritorno Logan avrebbe dovuto certamente rincasare, e quindi trovarmi sulla strada, al contrario, se fosse stato già a casa si sarebbe ricordato di me, prima o poi, e quindi sarebbe sceso nuovamente con il pick up trovandomi comunque su quella stessa strada.
La macchina che doveva posteggiare proprio dietro di me mi fece spazzare via quei pensieri suonandomi contro due colpi di clacson, così mi allontanai velocemente arruffandomi i capelli imbarazzata. Sarei sopravvissuta a quella giornata. Mentre me lo ripetevo entrai nell'unico posto che mi era stato consigliato in cui fare rifornimento di tutto quello che mi serviva.
A fine giornata avevo spulciato il grande magazzino in lungo e in largo, trovato un locale di mio gradimento a pochi metri, scoperto un negozio di musica molto piccolo ma ben fornito, mi ero persa due o tre volte nel tentativo di ritornare al punto di partenza per aver scordato un paio di acquisti dalla lista e sorriso a diversi passanti. Ero pronta a cercare di tornare a casa, quindi mi incamminai seguendo il tragitto invisibile del pick up che avevo in testa. Il freddo stava cominciando a farsi sentire molto più del pomeriggio, così decisi di inaugurare una delle felpe appena acquistate infilandomela continuando a camminare e cercando di guardarmi intorno il meno possibile.
«Ehi, ragazzina, stai cercando qualche altra roulotte in cui infilarti?»
Logan. La voce di Logan. L'unica voce che ormai potevo conoscere e sentire. Mi aveva trovata, di nuovo, come avevo sospettato. Avrei dovuto semplicemente saperlo.
«No, certo che no» gli sorrisi timidamente mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e salendo velocemente sul pick up cercando di non inciampare o lasciare per strada una delle mie preziose buste di acquisti.
«Scusa, non ci siamo messi d'accordo sui tempi, com'è andata? Dalla quantità di buste direi piuttosto bene» disse indicandole con lo sguardo. 
«E quella?» guardando invece la felpa che avevo infilato per strada.
«Bene» le cose che avevo da dirgli erano infinite, così mi limitai a fargli sapere che andava, davvero, tutto bene. Sulla strada di casa mi impegnai a guardarlo senza lasciarmi scoprire.

 

   
 
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