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Autore: Twitch    19/04/2012    4 recensioni
Non so davvero che scrivere qua, anche perchè non so nemmeno se questa fanfic avrà una fine. Comunque preparatevi a qualcosa di triste, in ogni caso. Sono stata ispirata da 16.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-“Durante la notte il signor Armstrong ha avuto un lieve attacco cardiaco, si era formato un coagulo nella coronaria”
-“E perché diavolo non mi avete chiamata, Kristal?!”
-“Ma dottoressa, non c’è stato nessun arresto, abbiamo somministrato della nitroglicerina e qualche pastiglia di aspirina per prevenire un’ulteriore coagulazione del sangue”
-“Bene, anzi.. non molto bene. Comunque chiamami la prossima volta”
La dottoressa Lucy era leggermente turbata, ma la cosa che la turbava di più era il turbamento stesso.
‘Oh ma che cazzo mi sta succedendo? Se mi avessero chiamata di notte per un lieve attacco cardiaco di un qualsiasi altro paziente mi sarei innervosita e non poco! Avrei detto una cosa del tipo “a cosa servono gli infermieri o i medici di turno?!” non sono più una laureanda di 25 anni, non posso affezionarmi ai pazienti, non dovrei metterli su piani diversi neanche se venisse qui Gesù Cristo in persona a farsi operare al cuore da me, cazzo!’
Scacciò via quei pensieri quindi si lavò le mani e si sciacquò il viso, ed entrò in sala operatoria, pronta per sostituire il peacemaker ad un certo signor Jeremy di Los Angeles.

Adrienne dormiva ancora profondamente, quando il telefono squillò per la seconda volta:
-“Signora Armstrong?”
-“Sì, sono io, è l’ospedale, vero? E’ successo qualcosa a mio marito?!”
-“Sì, è l’ospedale, signora. Suo marito ha avuto un lieve attacco di cuore durante la notte, ma..”
-“Cazzo, lo sapevo che non avrei dovuto lasciarlo solo! Io, io arrivo subito!”
-“Signora, non si allarmi, suo marito sta bene. L’orario delle visite va dalle 10.30 alle 11.30”
-“Vorrà dire che aspetterò fuori dalla camera fino alle 10.30!”.
Adrienne si sentì pervadere di nuovo da quel senso di impotenza e disperazione della sera prima, iniziò ad ansimare, a percorrere la stanza a grandi passi rapidi. Lei non poteva fare assolutamente niente, non poteva impedire che tutto ciò succedesse di nuovo, non poteva salvare l’uomo che amava; e questo non riusciva davvero ad accettarlo.
‘Ora devo chiamare Mike, e Frank, e Joey, e Jackob. E cosa dovrei dire “Billie.. Papà ha avuto un attacco di cuore, ma nulla di grave” insomma, una cosa da nulla.’
Chiamò per prima Mike e Frank dicendo loro della telefonata, e del lieve attacco di cuore, ricevendo risposte altrettanto sbalordite e atterrite quanto la sua. Quindi chiamò i figli, ricordando loro dell’amplificatore, dicendogli di non preoccuparsi e di venire a prenderla per portarla all’ospedale.
Quando Adrienne chiuse la porta di casa erano le 9.00.
 
 -“Ragazzi, grazie mille per avermi portato l’amplificatore! Sapete, non è il massimo ‘suonare’ senza produrre suoni!” disse Billie sorridendo, intento a schiacciare il tasto che faceva tirar su il letto per mettersi in una posizione più eretta.
Imbracciò la chitarra, prese in mano il plettro e pennò con decisione quelle sei corde. Quel suono lo inebriò del tutto, gli fece raggiungere il nirvana.
-“Come stai, Billie?” disse Adrienne in tono piuttosto grave.
Il resto della famiglia era in silenzio, gli occhi erano puntati su Billie, che pareva un bimbo che stringeva il suo giocattolo più amato, noncurante di tutto il resto.
-“Adie, ragazzi io sto bene.. Grazie di tutto, ancora.”
Iniziò a strimpellare, quando un’infermiera furiosa chiese chi avesse permesso tutto ciò.
-“Ci ha dato il permesso la dottoressa Johnson” disse Jackob.
-“Ah, capisco” disse lei un po’ meno stizzita “ma faccia piano, la prego!”
Billie rise piano, poi Trè gli lanciò un paio di cuffie addosso dicendo:
-“Ogni tanto magari attaccale alla chitarra e non fare troppo casino, capito nano?”
-“Ahah grazie Trè!” rispose lui.

Finito l’orario delle visite Billie rimase nuovamente solo con la chitarra. Iniziò a colorare il silenzio della stanza, iniziò a gridare a bassa voce e a suonare mettendoci tutto quello che aveva con il volume al minimo, come non faceva da anni.
‘Mi mancava questa sensazione, cazzo! Mi mancavo io.’
-“Infermiera! Infermiera! Gridò ad un tratto.
Questa si precipitò nella stanza chiedendo se avesse dei dolori al petto o se avesse bisogno di qualcosa, ma Billie la interruppe subito:
-“Ho bisogno di un pezzo di carta e di una penna, per favore”
-“Cosa?”
-“Mi serve un foglio e qualcosa con cui scriverci sopra, grazie!” scandì Billie.
Nello stesso momento entrò la dottoressa, che sentendo la richiesta del paziente strappò un foglio dalla sua agenda, prese una penna dal taschino del suo camice e glieli porse.
L’infermiera uscì scocciata dalla camera.
-“Grazie” disse Billie con un ampissimo sorriso.
-“Di niente.. Cosa scrive? Se posso sapere..” disse lei con un tono tra il serio e il divertito.
-“Scrivo una canzone, è da tanto che non lo facevo, sa?”
Lei sorrise, e lui riprese:
-“L’ho sempre fatto quando avevo il cuore spezzato, o comunque quando il mio cuore aveva ripreso a battere per una persona dopo tanto tempo. Ed è successo anche questa volta, il mio cuore ha ricominciato a battere per me stesso e per tutte le persone che amo. Solo che questa volte non è successo solamente in senso figurato!”
“Lei è una di quelle persone che trova sempre le parole giuste, come la invidio!” i muscoli del viso della dottoressa non rispondevano più agli impulsi nervosi; Lucy continuava a sorridere lievemente e non sarebbe riuscita a fare altrimenti.
-“Chiamami Billie, se ti va ti chiamo Lucy, sennò continuerò a chiamarla dottoressa Johnson”.
-“Va bene Billie!” disse lei, poi si fermò un attimo e riprese “L’altra sera al telegiornale parlavano di te. Dicevano che hai fatto un incidente per guida in stato di ebbrezza”
-“Bastardi!”
-“Già”
 
 

 
  
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