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Autore: RoryTheSherlockian    20/04/2012    2 recensioni
Anche quella sera pioveva. Grosse nuvole si erano addensate due giorni prima, verso mezzogiorno, e da allora lo scroscio d’acqua non aveva smesso di battere sulle case.
Le strade erano tristi e vuote, nessuno aveva voglia di uscire con quel tempaccio, erano tutti rinchiusi in casa o in un pub, per rallegrarsi e scaldarsi in compagnia.
Bé, non proprio tutti.
Nelle cantine di una delle case più antiche della città un’ombra si muoveva lentamente, sola e infreddolita, facendo tintinnare lievemente le catene che la tenevano legata.
Niente slash stavolta, solo amicizia, massimo bromance e tanto fluff.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Anche quella sera pioveva.
Grosse nuvole si erano addensate due giorni prima, verso mezzogiorno, e da allora lo scroscio d’acqua non aveva smesso di battere sulle case.
Le strade erano tristi e vuote, nessuno aveva voglia di uscire con quel tempaccio, erano tutti rinchiusi in casa o in un pub, per rallegrarsi e scaldarsi in compagnia.
Bé, non proprio tutti.

Nelle cantine di una delle case più antiche della città un’ombra si muoveva lentamente, sola e infreddolita, facendo tintinnare lievemente le catene che la tenevano legata.
Dopo molti giri a vuoto della cantina, l’ombra finalmente si sedette in un angolo, quello più lontano dalla finestrella sbarrata che dava sulla strada.

Odiava quella finestrella.
Gli dava una visione del mondo esterno che, seppur ristretta, lo faceva stare male, perché lui, di un maschio si trattava, rinchiuso in quella cantina, non sarebbe mai potuto uscire.
E in più quando pioveva, spesso faceva entrare acqua, siccome era a solo una decina di centimetri dal suolo e la fogna vicina era spesso intasata.
Quella malinconica finestrella gli aveva fatto vedere tante cose, è vero: aveva visto nascere e morire amori, amicizie, aveva visto persona litigare e fare la pace, perone occupare con fatti straordinari e faccende di tutti i giorni. Ma soprattutto, gli aveva fatto vedere le persone.
Persone cha amavano, persone che vivevano.
Come se potesse ricevere anche lui un po’ di quell’amore stando a osservarle fino a farsi sanguinare gli occhi.

Ma adesso non poteva osservare nessuno, con quella pioggia.
E se non passava nessuno da due giorni, voleva dire che anche lui non mangiava da due giorni.
Era la gente che, un po’ per abitudine e un po’ per timore, gli lasciava del cibo davanti alla finestrella: quasi ogni giorno l’ombra trovava una pagnottina fresca fresca, dono della panettiera all’angolo in fondo alla strada, la signora Hudson; poi c’erano le mele, a volte buone e a volte un po’ marce, a seconda di cosa era rimasto nel botteghino a fine giornata; riconosceva anche quando era Natale o Pasqua, perché alcune bambine gli lasciavano canditi e cioccolato, che lui adorava.

E poi tante altre cose da mangiare, più o meno buone, che lui ogni giorno recuperava attraverso la finestrella sulla strada: si avvicinava piano ad essa, e con una mano afferrava quello che c’era e lo tirava subito dentro, come se temesse che la sua mano pallida come la neve potesse bruciarsi se esposta al sole.

Molti bambini restavano in strada fino a tardi, causando le ire delle loro madri, solo per vedere la mano bianca sbucare dalla finestrella sotto la casa antica.
Alcuni dicono anche di aver visto due occhi azzurri scintillare nel buio, ma non si può certo contare sulla parola di un bambino di sette anni.

La creatura guardava quei bambini, e si chiedeva se anche lui avrebbe avuto una famiglia, un giorno, qualcuno a cui voler bene e che ne volesse a lui.
Poi vedeva il suo riflesso in alcune schegge di uno specchio, e scoppiava a piangere silenziosamente.

Comunque, non è che stesse così male, la sotto.
Certo, un po’ buio, ma il cibo il più delle volte era ottimo, tranne che quando pioveva per più giorni, aveva un materasso comodo tutto per sé, una grossa coperta imbottita e rappezzata, che teneva un bel caldo quando fuori infuriava la neve.
La finestrella ogni tanto dava qualche problema, ma quando pioveva o nevicava troppo bastava starci alla larga e il gioco era fatto.
Adesso aveva incominciato ad appoggiare delle travi di legno contro le sbarre, in modo da bloccare quanta più acqua possibile, lasciando giusto uno spiraglio in modo che potesse andare a riempire un grosso secchio messo per terra, per cui aveva risolto in parte il problema, oltre ad avere acqua da bere.

Quello che alla creatura mancava era un po’ di compagnia. Mesto, si rannicchiò sul materasso, tirando su la coperta fino a scomparirvi dentro, e piangendo si addormentò.

 
 
Lui odiava la pioggia. Dopo i ratti e tutti gli animali era la cosa che più detestava. Le grosse gocce d’acqua lo avevano inzuppato da capo a piedi, incollandogli alla fronte i bei capelli biondi.
Il biondino arrancò a fatica per la strada, cercando un modo per salire sul marciapiede col peso che trasportava.
Certo, è parecchio difficile vivere da soli e procurarsi il cibo quando si è alti quanto due mele una sopra all’altra.
Ma oramai ci aveva fatto l’abitudine, in città lo conoscevano e spesso gli regalavano del cibo, come biscotti, frutta e a volte anche dei pezzi di carne. Tanto, piccolo com’era, non mangiava poi molto.
- E’ meglio darsi una mossa, o rischio che la mia cena si bagni – mormorò tra sé e sé, guardando di tanto in tanto il sacchetto – teoricamente -  impermeabile che si portava appresso – Devo trovare un posto dove fermarmi… -
Camminava a fatica nella pioggia, procedendo a zig zag per evitare le pozzanghere più grosse, quando un ringhio dietro di sé lo fece fermare e voltare.
Un ratto. Perfetto. Ci mancava solo questo.
Il piccolo biondino restò per una frazione di secondo ad osservare il grosso – grosso per lui – roditore di fogna, prima di voltarsi di nuovo e darsela a gambe il più velocemente possibile.

Sapeva che con quelle gambette corte che si ritrovava non sarebbe resistito fino alla fine della via, il ratto era più agile e aveva una falcata più ampia.
Imprecando silenziosamente, il piccolo uomo si guardava intorno cercando un riparo, quando trovò uno spiraglio in una trave posata contro una finestrella bassa.
Meglio che niente, pensò, e spinto dentro il suo fagotto entrò anche lui.

Appoggiato al legno, col cuore che batteva a mille, sentiva il ratto graffiare all’esterno, infuriato per aver perso la sua cena.
Era al sicuro dal ratto, e a quanto pareva anche dalla pioggia, quindi si decise ad esplorare il luogo dove si trovava. Ma non aveva fatto che due passi quando cadde.
Cadde nell’apparente vuoto, atterrando con malagrazia su alcune casse di legno, fortunatamente ricoperte in qualche modo da della stoffa, per cui non si fece troppo male, anche se produsse un gran fracasso.

Rialzandosi, tutto dolorante ma intero, controllò alla cieca se il suo pacco fosse intero pure lui, cosa che fortunatamente era.
Si era appena riseduto, quando una voce dal buio, come un sussurro incerto, lo fece scattare in piedi impaurito.
-Chi è la?-
 
 
 

 
 
Angolo dell’autrice:
Prima long che scivo, e contemporaneamente primo AU. Spero vi piaccia^^
L’idea mi è venuta su alcune fanart crossover tra Frankenstein (quello interpretato da Benedict) e Sherlock. Sono così irresistibili che non potevo non scriverci niente sopra.
Attenzione, le scene delle immagini verrano usate nel corso della storia, quindi sono un possibile spoiler. Anche se le immagino sono crossover, la mia storia NON sarà un crossover tra Sherlock e Frankenstein, perciò l'avvertimento Crossover non è presente.
http://rorynoyume.tumblr.com/post/21216357282/221cbakerst-hat-tea-abbyleaf101#notes

Comunque si, le due mele impilate sono una citazione dei puffi, che sono alti suppergiù due mele o poco più.
   
 
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