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Autore: LaFine    20/04/2012    2 recensioni
Per una volta Jackson è solo un personaggio secondario.
Per una volta Jackson non si innamorerà di Annabeth.
Questa è la vicenda di Rose Tannembaum, di una profezia che la riguarda e delle sue caratteristiche che la rendono strana persino tra i semidei
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per una volta, lasciamo stare la Percabeth.
La battaglia dei demoni
PROLOGO

Sono una figlia di Atena


Il giorno in cui scoprii di essere una semidea avevo sette anni ed era il mio secondo giorno di seconda elementare.
Ero appena uscita di casa con i miei genitori alle calcagna e mi dirigevo verso l'autobus della scuola. Ho sempre considerato i miei due persone molto tranquille, poco ansiose, eppure quel giorno -così come il precedente - c'era qualcosa che non andava. Sentivo nel vero senso della parola che erano agitati per qualcosa, come se avessero paura di lasciarmi andare sola.
- Rose, saluta papà! - mamma sorrise, ma riuscivo a leggerle negli occhi l'ansia che le attanagliava lo stomaco.
Ero, a detta di molti, intelligente oltre misura. Possedevo delle qualità straordinarie per una bambina di sei anni e Miss Thor, la maestra, non appena mi aveva visto aveva deciso che ero destinata ad essere la sua prediletta nonostante la mia iperattività che era il mio peggior difetto fino ad allora.
Una delle cose che sapevo fare meglio era riusire a cogliere le emozioni delle altre persone solo guardando loro negli occhi e questa è una cosa fuori dal comune anche tra i non mortali. È come se nell'esatto momento in cui il mio sguardo incontra quello di un'altra persona quest'ultima tenda a circondarsi di un'aura colorata che solo io riesco ad identificare, cosa molto utile nelle battaglie oserei dire.
- Ciao papà. ciao mamma! - risposi, cercando di fingere non curanza - Non state in pensiero, è solo scuola! -
- Certo tesoro! - papà non credeva a quello che aveva appena detto, ma non avevo più tempo per indulgiare ancora e così salii sull'autobus.
Quasi i posti erano occupati. Coppie di bambini e bambine ridevano assieme, mentre l'autista -una donna cordiale ma massiccia, masticava rumorosamente una gomma.
A me toccò sedermi vicino ad una bambina graziosa, dai capelli biondi. Non l'avevo notata il giorno precedente però decisi di parlarle, almeno per capire che emozioni provasse. Tuttavia non fui io a parlare per prima, come ero sempre solita fare, fu lei.
- Ciao - disse tendendo la mano, con lo sguardo fisso su di me - Sono Annabeth Chase -
- Ciao - risposi a mia volta stringendole la mano che aveva teso - Sono Rose Tannembaum -
- Non è un cognome americano o inglese - notò, guardandomi negli occhi. Era stranamente nervosa. - Sei tedesca, forse? -
Ciò che in un primo momento mi colpì fu la sua perspicacia ma non sapevo di aver trovato, allora, una sorellastra.
- Mio padre lo è - spiegai, dimenticandomi totalmente di sporgermi dal finestrino per salutare i miei genitori -Di Amburgo, per la precisione -
Solitamente, ancora oggi, quando parlo tendo ad essere estremamente formale e all'antica e prima o poi la gente si scoccia di ascoltarmi però lei, invece, sembrava quasi affascinata dal mio modo di espormi, che non era affatto comune per una bambina di sei anni.
- Capisco, com'è la scuola? - domandò poi, distogliendo lo sguardo.
- Bella, se sai leggere l'alfabeto - dissi con una punta di amarezza, ero dislessica.
- Alfabeto.. - mormorò sovrappensiero - Alpha.. -
- ..e beta - conclusi io - le lettere greche! -
- Come fai a saperlo? -
- Me lo ha spiegato mia madre! -
Incrociai di nuovo i suoi occhi e notai una punta di invidia. Annabeth doveva non avere una madre e subito mi dispiacqui per lei, ignorando totalmente il fatto che quella che chiamavo mamma altro non era che una matrigna. Sospirai, eravamo quasi arrivate a scuola.
La Charm Elementary School era una delle scuole pubbliche più prestigiose dello stato. Circa cinquantamila bambini in uniforme ogni giorno abitavano quelle aule bianche e blu, ridendo e scherzando. Mi piace pensare che facevamo parte dell'élite dei poppanti che sarebbero diventati contabili o affaristi di qualche tipo, anche se non mi attirava nessuna di quelle professioni. Ero pur sempre una bambina!
- Hai detto di essere nella classe della signorina Thor? - mi chiese, mentre seguivamo i bambini che scendevano dal pullmino.
- Sì, anche tu? -
- Non so, mio padre questa mattina mi ha detto così - salutai l'autista e ritornai a prestare attenzione ad Annabeth - Insomma.. dov'è l'aula? -
- Oh, vieni.. ti faccio vedere! - la presi per mano e la trascinai per i corridoi della scuola.
Non avevo molti amici, lì. Era come se tutti mi evitassero a causa della mia stranezza e, detto in tutta confidenza, la cosa non mi dispiaceva. Almeno non mi rubavano la merenda come a Paul Anders, un mio compagno mingherlino e tanto ingenuo che era il bersaglio preferito dei bambini di quinta.
La cosa bella della Charm era la sua costruzione stranamente labirintica. L'edificio aveva più di quattrocento anni a quanto pareva e anche se ea stato continuamente ristrutturato una parte continuava ad essere antica. Mi ero imbattuta in quelle stanze e corridoi polverosi il dicembre precedente, durante l'intervallo.  Non mi andava di mangiare la merenda e così ero andata in esplorazione. Il ricordo restava ancora uno dei più belli che avessi mai avuto perché gli edifici antichi mi affascinavano più di quanto facessero quelli moderni. Decisi, quindi, di mostrare quel luogo alla mia nuova amica.
- Guarda! - dissi, indicandole una parasta in marmo - Non è una cosa molto comune, vero? -
Sembrava affascinata quasi quanto me. - È magnifico Rose! -
- Teoricamente questo posto è proibito agli studenti, quindi se vuoi tornare indietro non c'è problema - ci tenni a precisare, notando che la sua mano era diventata stramanete gelida.
- Assolutamente no! - rispose, trascinandomi. Lei era andata alla testa della spedizione, senza neanche conoscere il posto. Incredibile.
- Lì dovrebbero esserci degli archivi -
- Dove? -
- Lì - le indicai una porta vicino ad un grande vaso nero - Ci sono entrata un paio di volte e riesco perfino a leggere! -
Annabeth si fermò di colpo a guardarmi. - Non sai leggere? -
Arrossii violentamente. Non andavo fiera della mia dislessia. Era una cosa che mal sopportavo, come oggi del resto, mi impediva di fare molte cose, però in quell'archivio mi sentivo bene. C'erano molti libri e pergamene arrotolate. Le lettere, non appena iniziavo a guardarle, iniziavano a girare come se fossero state tante piccole trottole e si fermavano fino a che non assumevano un senso compiuto. La maggior parte degli scritti parlava di miti greci e romani. Quegli ultimi non mi piacevano, erano scialbi e privi di fantasia, mentre quelli greci erano più che affascinanti. C'erano molti argomenti sull'architettura e l'arte e i duelli.
Non ne avevo mai parlato con nessuno, però. Sapevo che se lo avessi detto ai miei genitori mi avrebbero presa per pazza o portata da uno psicologo ed ero abbastanza brava da non farmi beccare, almeno fino ad allora. Andavo con la scusa di aver bisogno del bagno e tornavo prima che qualcuno si chiedesse che fine avevo fatto. Dopo due o te visite, che non avvenivano mai di seguito, mi resi conto che quella lingua strana era greco e capii di essere davvero stramba come molti credevano. Nessun mio compagno leggeva il greco e io non avevo parenti stretti in quella penisola. Così mi limitai ad annuire alla domanda di Annabeth.
- Soffro di dislessia - spiegai, rabbuiandomi. - Ora andiamo in clas.. -
- Anche io - mi interruppe prima che potessi finire la frase - e sono iperattiva -
- Che coincidenza, anche io! - ero radiosa e vidi che lo era anche lei. Avevo trovato qualcuno come me.
- Rose - chiese Annabeth - ti è mai capitato di.. vedere mostri o cose simili? -
- I mostri non esistono - mi limitai a ripetere quello che mio padre mi diceva sempre quando la sera avevo paura di dormire in camera mia.
- Esistono invece! - Annabeth obiettò e lasciò la mia mano.
- Non è vero! Non sono mostri quelli! Non chiamarli così! - urlai stringendo i pugni.
Sin da quando avevo cinque anni mi capitava essere avvicinata da piccole creaturine strane. A volte avevano tanti occhi, a volte molte braccia e spesso e volentieri parlavo con loro. Erano cose che mi capitavano sempre quando ero da sola e quindi quasi sempre, escluso il tempo che passavo coi miei genitori.
- Quelli cosa? - Annabeth divenne curiosa.
- Quelli.. - ripetei - quelli che vengono accanto a me -
- Me li descrivi? - continuò a chiedermi.
- Alcuni sono piccoli, la maggior parte - una parte di me aveva paura che mi avesse presa per pazza, un'altra parte sapeva che non l'avrebbe fatto. Era semplicemente emozionata - vengono vicino a me e spesso ci parlo, anche se a volte tentano di farmi molto male -
- Non avevo dubbi, tu sei una semidea! -
- Io sono cosa? Quelle sono storiell.. - non riuscii a terminare la frase.
Un boato assurdo mi fece mozzare la lingua. Il soffitto, esattamente dietro di noi, era esploso bloccandoci la strada. Non potevamo ritornare indietro e non potevamo chiedere aiuto perchè da dietro quella montagna di macerie nessuno ci avrebbe sentito.
- Bene bene, due semidee! - una voce metallica ci entrò nella testa come per magia. Riuscivo a percepire la sete di sangue solo dal tono e non era una cosa positiva. - Credo di aver fatto bingo, oggi! -
- Lasciaci in pace! - gridai, sperando che se ne andasse - Chi sei? Perché non riusciamo a vederti? -
- Perché sono estremamente abile, Tannembaum! -
- Cosa sei? -
Notai che Annabeth rimaneva immobile. Stavo prendendo tempo, intuivo che fosse orgoglioso della propria natura e avrei continuato a fare domande se solo non avessi sentito dei passi in lontananza.
- Dobbiamo andarcene da qui! - urlò Annabeth, correndo - Sta arrivando qualcuno! -
Se siete arrivati a leggere fin qui, ragazzi, le ipotesi sono due. Nel caso in cui vi dimostriate riluttanti nei confronti di questa storia, convinti che due bambine di sette anni non possono sconfiggere un mostro invisibile, vi dico che siete fortunati. Molto. Significa che siete mortali, che la nube offusca i vostri occhi e che queste mie parole non solo altro che il frutto di una pessima abilità di scrittura. Se invece, e ahimè non velo auguro, vi riconoscete nella descrizione e se la vostra vita è molto più movimentata di quella dei vostri coetanei, vi dico che vi capisco e che potete vedere in me non solo un'amica ma anche una confidente.
Ritornando al mio racconto, decisi che ascoltarla era la cosa migliore. Sentivamo entrambe la voce ridere e il rumore dei passi aumentò, seguito da dei tonfi sordi. Era come se un robot stesse venendo verso di noi, oramai riuscivamo a vederne l'ombra sulla parete.
- Non riuscirete a fuggire, stupide figlie di Atena! -
Mi guardai attorno in cerca di qualcosa da lanciargli contro e mi ricordai della presenza dell'archivio accanto a noi. Aprii velocemente la porta - quel coso era molto lento, quasi facesse fatica a venire verso di noi - e mi ci tuffai dentro con Annabeth a seguito. La luce si accese da sola e rimasi totalmente a bocca aperta. Un drago rosso dormiva placidamente su quella che sembrava essere una coperta di lana blu. Era grande all'incirca otto metri e largo cinque e solo in quel momento mi resi conto che la stanza non conteneva più pergamene o roba varia, bensì era diventato una specie di ripostiglio per le armi spazioso quanto tre piscine olimpioniche. Sentivo al mio fianco il respiro affannato della mia nuova amica.
Avevamo paura. O almeno io ero terrorizzata. Non mi era mai capitato di vedere un drago in carne ed ossa, per quanto fossi strana e parlassi con delle allucinazioni. Quel drago, però, sembrava quasi carino. Vidi Annabeth avvicinarglisi e accarezzargli il muso, tentai di riportarla indietro con dei segnali ma lei sembrò non notarmi. E fu lì che la bestia si svegliò. Aveva gli occhi gialli e le zanne lunghe come quelle delle tigri dai denti a sciabola della preistoria; insomma non proprio un cucciolo domestico.
- Ti attaccherà! - dissi, in preda al panico.
- No, guarda - lei disse, sognante.
La porta cedette e la figura più strana che avessi mai visto ci si parò davanti. Era totalmente rossa, con le zampe caprine e la coda squamata; la parte superiore era quella di un uomo, ma la testa sembrava quella di un dobermann. Una sorta di mix di creature terrificanti, ecco. Non ero in grado di dare un nome a quella creatura.
- Bene bene, sembra che la tua sorellastra non sia poi così coraggiosa! -
Aveva ragione. Annabeth era scomparsa lasciandomi sola col drago, che a quanto pareva era anche abbastanza fifone, tante armi fin troppo pesanti per me e una creatura strana. Rimasi immobile, delusa.
- Non ho bisogno di lei! -
La creatura rise.
- Sei così piccola, quasi mi pento di doverti uccidere -
- Taci! -
Quando si mosse capii che non era stata lei a produrre quei rumori che avevo sentito prima. O meglio, la creatura non camminava. Fluttuava e basta, come se fosse stata sospesa su una nuvola nera e questo rallentava di molto i suoi movimenti.
Corsi verso una lancia e tentai di afferrarla, ma quella si tramutò in fumo nero. Iniziai a farmi largo nella stanza e capii, sebbene troppo tardi, che essa cambiava. Il drago, intanto, mi guardava atterrito cercando di ritirarsi in un angolo.
Ad un tratto sentii un'esplosione e mi voltai appena in tempo per notare che quel coso era scoppiato, come un fuoco d'artificio.
- Avevi bisogno di me eccome - Annabeth ricomparve levandosi un cappello da baseball dalla testa - Sei sicura che abbiamo la stessa madre? -
- Scusa? - ero molto confusa, voglio dire la conoscevo appena! Come facevamo ad avere la stessa madre?
Poi mi ricordai di quel discorso sugli dei, sui mostri e ripensai alla creatura. Il drago, nel frattempo si era riaddormentato, acciambellandosi vicino alle spade.
- Piacere, sono Annabeth Chase e sono una figlia di Atena come te - concluse, tendendo la mano.
L'ultima cosa che mi ricordo è che arrossii.



NOTE:
Non ho la minima idea della provenienza di tale storia.
Ho solo voluto cambiare le carte in regola, ecco.
Recensite e.. alla prossima :3
  
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