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Autore: xbritishgirl    20/04/2012    0 recensioni
Qualsiasi sia il posto da cui veniate dell'Italia, avrete di certo sentito parlare del terremoto del 25 gennaio 2012, che ha colpito il nord italia. Ebbene, io l'ho vissuto, questa è la mia esperienza. Cosa è successo mentre la terra tremava, quel 25 gennaio.
Il mio primo (e spero ultimo) terremoto. Un'esperienza unica
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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25 gennaio 2012, una giornata interminabile, stancante, terribile. 

Sembrava una mattina come le altre, e come al solito mi apprestavo ad uscire di corsa da casa. Come ogni mattina, ero in ritardo e prendere l’autobus diventava una missione sempre più ardua, ma alla fine vinceva sempre il ritardo dell’autobus, superiore al mio. 
Durante il viaggio in corriera ripensai a quello che era successo durante la notte: una scossa di terremoto aveva svegliato tutta la famiglia, tranne la sottoscritta. Mia madre mi venne a svegliare agitata e ci riunimmo in salotto per vedere se stavamo tutti bene e poi, ritornammo a dormire.  
Ad un certo punto mi resi conto che eravamo arrivati alla fermata alla quale dovevo scendere, così afferrai lo zaino e corsi verso la porta dell’autobus, che ormai era quasi chiusa. Il conducente riaprì, ringraziai e corsi alla fermata del secondo autobus che dovevo prendere. 
Arrivata in tempo per poter scorgere il mezzo mentre svoltava in direzione della fermata, salutai le mie amiche e ci accomodammo negli ultimi posti dell’autobus. Dopo aver parlato di vari argomenti, tra cui quello del terremoto notturno, arrivammo a scuola. 
Entrai e mi sedetti, preparando il materiale per la lezione di scienze e chiacchierando con le mie compagne. Iniziò la lezione, discutemmo su concetti non compresi e ascoltammo la spiegazione dell’insegnante in merito a nuovi argomenti. 
Improvvisamente, una cosa strana, che vi fecce rizzare le orecchie. Una scossa. La terra tremava, i piedi non sentivano più il pavimento, un rumore indecifrabile e la campanella suonare. E poi delle urla, ragazzi che uscivano dalle classi e si precipitavano verso le scale. Paura. Noi eravamo fermi, immobili, attoniti da quella scossa. Guardavamo fisso davanti a noi, con il cuore in gola. Poi ci fissammo tra di noi, con uno sguardo spaventato. Solo la voce dell’insegnante ruppe quel silenzio terribile.  
Anche noi ci precipitammo all’uscita e andammo in giardino. Negli occhi di tutti quei ragazzi presenti nel cortile si poteva notare la paura che avevano provato nel momento della scossa e che, piano piano, andava dissolvendosi. 
Dopo una manciata di minuti, ci rincamminammo verso la classe, ancora scossi per ciò che era accaduto poco prima. Riprendemmo a parlare con l’insegnante, ma questa volta non degli stessi argomenti in precedenza trattati, ma discutemmo su quello che era appena successo.  Sentimmo la campanella e subito sentimmo tutti un tuffo al cuore, pensando che fosse un altro terremoto, ma sorridendo ci rendemmo conto che si era solo appena conclusa la prima ora. 
L’ora successiva avremmo avuto il compito di greco, e questo influiva sull’agitazione già presente per il terremoto. La concentrazione ormai non c’era e sapevo che il compito sarebbe andato male. Passarono circa dieci minuti, usufruiti per farci calmare leggermente e poi ci fu consegnato il compito. Facemmo a malapena a scrivere il nostro nome che un’altra scossa fece tremare la terra, una scossa più potente. 
Penso di essere stata la prima, o quasi, ad andare sotto il banco, come ci era stato consigliato, perché prima della scossa potente sentii un lievissimo tremolio, pensai che fosse frutto della mia fervida immaginazione, ma quando girai la testa e incontrai gli occhi di una mia compagna, spaventata almeno quanto me, capii che era reale. Di nuovo le urla dei ragazzi che, affannosamente, si ammucchiavano sulle scale. 
Uscimmo dalla classe, con lo sguardo sempre più terrorizzato. Questa volta, arrivati nel punto di ritrovo, avvisai mia madre, e mentre cercavo di chiedere come stavano le cose nella sede centrale del Maffei a mio fratello, ricevetti un suo messaggio. 
Dopo dei minuti, tornammo in classe e la professoressa ritirò la verifica. Qualcosa che ci fece sentire meglio, in quel momento così difficile. Cominciò la spiegazione di un nuovo argomento, ma fu meglio ricontrollare di aver capito a casa, perché la mia concentrazione era assente, completamente. 
Alle 10.45 scendemmo le scale e, nonostante il freddo, rimanemmo in giardino per tutta la ricreazione. Eravamo in contatto con altre scuole di Verona, molte delle quali erano state evacuate subito dopo la seconda scossa. 
Quindi, ci fu una pretesa generale da parte degli studenti di essere rimandati a casa, ma fu negata. Finita la ricreazione, molti alunni ritornarono a casa perché in presenza di genitori. La maggioranza delle classi rimase nel cortile, mentre la mia, per volontà del professore, ritornò nell’aula. 
Ma poco dopo fummo ‘costretti’ a tornare nel giardino, perché alcune compagne erano rimaste lì dalla ricreazione e il professore doveva controllare tutti. Nel tempo in cui rimanemmo lì cercai di rilassarmi, ma ero troppo agitata da questa giornata ‘infinita’. Solo alle 11 e mezzo circa la notizia che saremmo usciti per mezzogiorno riuscì a tranquillizzarmi. 
Dopo essere tornata a casa, tutto era strano, diverso. Tutto pronto in caso di un’altra scossa. Anche la mia famiglia, io compresa, fu obbligata a rimanere per la maggior parte del tempo al primo piano. Le ore passavano molto lentamente e, appena ci fu l’occasione, mi preparai per dormire. Infatti, per me, è l’unico rimedio possibile per far passare il tempo velocemente e poi, dormendo, non avrei sentito un eventuale terremoto. Mi misi sotto le coperte e ripensai alla giornata che avevo passato, come sono solita fare dopo giornate emozionanti. 
Questa giornata sembrava non finire più, piena di paura, tensione, agitazione, ma anche di sollievo e felicità nel fatto che non sia successo nulla di catastrofico. Ecco come rimarrà impresso nei miei ricordi questo giorno, 25 gennaio: una tranquilla mattinata di paura.

   
 
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