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Autore: Moco Foco    20/04/2012    0 recensioni
Una storia ambientata in Italia nel 2036 sugli zombie dopo una catastrofe
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I miei genitori avevano gia' fatto i bagagli prendendo tutto il necessario: acqua, cibo, vestiti e alcuni strumenti piu' importanti dal laboratorio di mio padre fondamentali per la ricerca. Appena partimmo i morti affamati erano proprio dietro di noi. La porta aveva ceduto e le finestre erano completamente distrutte. La mia casa non c'era piu' e di sicuro non l'avrei mai piu' vista. Eravamo diretti all'ospedale. Volevamo risposte. Le strade erano invase dagli "zombie". Un gruppo di loro mangiava qualcosa. Sembrava una persona, ma non ne ero sicura. Il suo corpo era a pezzi. Uno di loro tirava una gamba, mentre l'altro mangiava lentamente e con gusto il povero collo della persona ormai irriconoscibile. Un altro gruppo vagava per le strade senza saper cosa stesse facendo. Io li guardavo. Mi mettevano tristezza e, di sicuro, il voltastomaco. Mio padre era pallido come la neve, mentre guidava come un pazzo. Mia madre invece piangeva disperatamente. Pensai che tutti i miei sogni erano svaniti. Non avrei mai incontrato il ragazzo dei miei sogni, non avrei mai avuto una famiglia e dei bambini. Il mio cane abbaiava continuamente alle persone morte fuori. Invidiavo Teppa. Lei non sapeva cosa stesse succedendo e, molto probabilmente, per lei era solo un gioco. Invece non era affatto cosi'. Noi saremo di sicuro morti. Ero, e lo sono ancora, un'appassionata di zombie. Non credevo nella loro esistenza, ma da quel brutto e indimenticabile giorni, le mie idee erano totalmente cambiate! Faceva caldo in macchina e l'aria condizionata non funzionava. Allora decisi di tirar giu' il finestrino sporco dalle nasate di Teppa. L'odore del sangue nell'aria mi diede la nausea, ma era molto meglio di morire di caldo in una macchina circondata da centinaia di quelle cose. Il cellulare di mio padre squillo' e lui rispose con tono serio. Wow, non ci credevo. C'era ancora la linea! A quel punto presi il mio telefono e provai a chiamare Francesca, che non avevo sentito dopo l'esplosione dell'aereo. Non rispondeva e questo mi preoccupava molto. Chiamai tutti i miei contatti, ma nessuno rispose. Mio padre parlava con un certo Luigi... Ahhhh si Luigi, un nostro amico scienziato. Beh dai, almeno un'altra persona, oltre a noi, era sopravvissuta. Dopo circa mezz'ora eravamo a Milano. L'odore era molto forte, le strade erano rosse sangue e eravamo COMPLETAMENTE circondati. L'auto di mio padre si fermo' all'improvviso, svegliando Teppa. La benzina era finita. Mi prese un attacco di panico. Respiravo velocemnte e la testa mi girava. Allora mio papa' richiamo' Luigi. Non lo ascotai perche' ero troppo presa a guardare i morti avvicinarsi incuriositi. Mio madre ci disse di rimanere fermi immobili. Presi Teppa e la strinsi forte fra le mie braccia sudate. Ad un certo punto sentii uno sparo, poi un altro e le persone malate cadevano come sacchi pesanti di patate. Vidi una persona sul tetto di un palazzo che aveva in mano un fucile. Uscimmo in fretta dalla macchina e cominciammo a correre. Anche Teppa correva felice di fianco a me. Non sapevo dove stavamo andando, perche' non vedevo un ospedale attorno a noi. C'erano solo loro.
  
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