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Autore: Swindle    20/04/2012    4 recensioni
"Guarda oltre ciò che vedi."
Forse è stata questa la lezione più importante della vita di Luna.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Quello che gli altri non vedono.

 




Mi chiamo Luna Lovegood, e mi è sempre piaciuto il mio nome. Trovo che abbia una sua leggerezza, una gentilezza, un’eleganza che mi sembra rispecchiare almeno un poco la grazia e la delicatezza di mia madre.

Sì, bè, ovviamente non si è rivelata molto leggiadra quella volta. Ma è stato un incidente!

Il mio nome è Luna Lovegood, ma tutti mi chiamano “Lunatica”. Qualcuno dice che mi dovrei incavolare per questo soprannome, ma immagino che se mi arrabbiassi davvero, smetterebbero di chiamarmi così. Cioè, non sarei più lunatica a quel punto, vero?

O forse no.

Insomma, non ho mai ben capito perché mi chiamino così, anche perché di solito cercano di evitare di dirmelo in faccia, almeno i miei amici. Come se non lo sapessi…

Penso sia perché ho fiducia in cose a cui loro non credono. Che posso farci io? Ma quando finalmente troverò il Ricciocordo Schiattoso, ah! Allora sì che mi crederanno.

Comunque, probabilmente mi hanno dato questo soprannome anche perchè spesso do l’idea di non occuparmi di ciò che mi circonda, di vagare con i pensieri… Ma in realtà la maggior parte delle volte ascolto quello che mi viene detto, anche se sembra che io sia distratta.

Come in questo momento.

Un attimo, il Cappello Parlante ha già finito la sua filastrocca? E quando ha iniziato? Per tutti i peli della barba di Merlino, a cosa stavo pensando?!

Uhm, non ho sentito una parola.

Va bè, avrà detto le solite cose: siamo in tempi bui, mi raccomando state attenti… Come se non lo sapessimo già da soli. E poi ci avrà anche chiesto di essere uniti fra le case e robe simili. Ah! Come se fosse semplice essere alleati dei Serpeverde, coi tempi che corrono.

Che poi io sarei tranquillamente loro amica. Peccato che siano loro a non volermi come tale, chissà perché.

I nuovi arrivati si stanno avvicinando allo sgabello, mentre la McGranitt tira fuori la solita pergamena. Strano. Sono molto meno degli altri anni. Ma anche noi, dopotutto, siamo stati decimati. Tutta colpa di quelle stupide leggi Anti-Babbano.

Spero che Harry stia bene, e che si stia nascondendo, e che stia facendo qualcunque cosa Silente gli abbia detto di fare. L’ultima volta che l’ho visto non sembrava molto tranquillo. Ma forse era perché erano arrivati i Mangiamorte, al matrimonio.

Ginny mi ha detto che l’ha lasciata proprio per quello. Insomma, la storia della Profezia, del Prescelto e tutto il resto. Troppo pericoloso. Come se non ci fosse null’altro di pericoloso, ultimamente. Secondo me non avrebbe dovuto lasciarla.

L’amore è importante.

Chissà quanti nuovi Serpeverde ci saranno quest’anno. Chissà com’è avere Piton come Capocasa. Ora è lì, seduto nello scranno centrale al tavolo dei professori.

Oh già, ora è Preside.

Mmm. Immagino che il nuovo Capocasa Serpeverde sarà uno dei Carrow. Dopotutto, chi meglio di un Mangiamorte? O forse sceglieranno Lumacorno. Bè, spero per loro che scelgano il vecchio professore, anche se non so se i Serpeverde la pensino allo stesso modo.

E comunque persino Piton è resistito alla cattreda di Difesa contro le Arti Oscure solo un anno. Non stento a credere che in giro si dica sia un posto maledetto.

Probabilmente lo è davvero.

Eppure a me non dispiaceva Piton come insegnante di Difesa.

Mi ricordo soprattutto una lezione…

Non so esattamente quand’è stato, forse era una delle ultime lezioni, prima del fattaccio con Silente… Mmm, no, forse no, me lo ricorderei meglio. Ora che ci penso, forse è stato all’inizio dell’anno. Sì, è così, perché ricordo che erano tutti su di giri, spaventati e non so che altro dalla scoperta che Piton era finalmente diventato l’insegnante di Difesa. Forse era addirittura la primissima lezione.

Sta di fatto che noi Corvonero del quinto anno avevamo lezione con i Tassorosso. Eravamo già tutti in aula, e c’era un miscuglio di aspettative nella classe: chi non vedeva l’ora che finisse la lezione, terrorizzato da ciò che Piton potesse fare, e chi non vedeva l’ora che iniziasse, eccitato da un nuovo anno di studi e scoperte.

Adesso che ci rifletto, probabilmente i primi erano i Tassorosso, mentre i secondi erano i Corvonero.

Io? Oh, mi ero seduta al mio solito banco, quando qualcosa fuori dalla finestra aveva attirato la mia attenzione. Fino a quel momento non pensavo che i Plimpi Ghiottoni potessero anche volare, come potevo non prestar loro attenzione?

Così, rapita dalla mia scoperta, non ho sentito il momento in cui Piton entrò in aula, probabilmente con il suo solito svolazzare di mantello. Avrei però potuto capirlo dall’improvviso silenzio caduto sulla classe. In mia difesa posso dire che non avevo nemmeno notato il chiacchiericcio precedente.

Comunque, senza una parola Piton raggiunse la cattedra, e ci pose sopra due scatole di cartone. Senza dire né buongiorno né altro, esordì:

« Cosa vedete? »

La sua voce come sempre bassa e profonda attirò per un attimo il mio sguardo.

« Due scatole? » chiese una voce maschile.

Pensai che se ci fossero stati dei Grifondoro in aula, qualcuno avrebbe già fatto una battuta arguta. Tipo che con le sue domande stupide ci rompeva solo le scatole. Mi sembrava quasi di sentire la voce di Ron mentre pronunciava a mezza voce la frase.

« Vedo che la sua capacità di osservazione è eccellente, signor Adams. » rispose sarcastico il professore.

« Non era ciò che ha chiesto? » ribettè il mio compagno di Casa, colpito nell’orgoglio.

Ma Piton lo ignorò, occupandosi invece di aprire gli scatoloni e girarli in modo che potessimo vederne il contenuto.

« E ora cosa vedete? » chiese ancora.

Ma nessuno gli rispose: la classe era divisa fra esclamazioni di meraviglia e versi di disgusto.

A provocare le due reazioni opposte erano proprio i due esserini che stavano nelle scatole.

Erano due creature magiche, ma non le avevo mai viste né alcun professore ce le aveva mai fatte studiare.

Uno era una specie di piccolo porcellino rosa, con due grossi occhioni verdi e la codina arrotolato dello stesso colore. Questa creaturina attirava gli sguardi amorevoli di tutti gli allievi. Era veramente carino.

L’altro era una specie di ragno con il corpo peloso, gli occhietti neri da mosca e due alette da pipistrello al posto delle zampe. Questo era il motivo delle espressioni nauseate. Effettivamente non era proprio bello da guardare. E sembrava anche puzzasse.

« Cosa vedete? » ripetè la domanda Piton, alzando la voce.

« Un esserino adorabile? » chiese, con tono zuccheroso, quella smorfiosa di Anders.

« Un piccolo mostro? » saltò su Mills, un Tassorosso, con una smorfia.

« Esattamente. » rispose Piton « Questo è quello che vedete. Ora vediamo quello che sono. »

Piton avvicinò una mano al porcellino. Immediatamente, da rosa diventò rosso, e quando Piton fu tanto vicino da sfiorarlo, delle fiamme scaturirono dal suo corpo e un orribile ghigno comparve sul suo viso, mentre gli occhi si rimpicciolirono assumendo un’espressione cattiva. Il professore ritirò immediatamente le dita, scottate.

Stupore e sgomento serpeggiarono per la classe. Qualche ragazza, addirittura, si coprì la bocca con le mani, inorridita.

Sulle dita di Piton comparvero subito delle bolle verdastre, mentre le fiamme sparirono dal porcellino, ed esso riacquistò le sue precedenti sembianze.

La ferita sulla mano del professore sembrava davvero brutta, ma egli non si lasciò sfuggire nemmeno un sospiro.

Senza proferire suono, mentre la classe osservava rapita i suoi movimenti, Piton avvicinò la mano all’altra creatura magica.

Tutti avevano in mente un solo pensiero: se quel tenero porcellino aveva reagito in modo tanto assurdo, cosa avrebbe potuto fare quell’orribile creatura?

La mano del professore si arrestò, come se aspettasse qualcosa, e il ragno-pipistrello si alzò lentamente sulle alette fino a posarsi con calma sulla mano bruciata di Piton.

La classe trattenne il sospiro, preoccupata, mentre il viso del professore sembrava estremamente rilassato.

La creatura avvicinò la bocca alle dita del professore e lo morse.

Qualcuno mandò un gridolino. Quando però il ragno-pipistrello si rialzò in volo, lasciando scoperta la mano del professore, tutti videro che la ferita era completamente guarita.

L’incredulità impedì a chiunque di proferire parola. Il ragno-pipistrello tornò nello scatolone e sembrò addormetarsi. Nessuno prestava più attenzione al porcellino.

Con gesti accurati e precisi, Piton richiuse le scatole. La sua mano sembrava tornata come nuova.

« Cosa avete visto? » tornò a chiedere il professore.

Nessuno rispose. Ancora, evidentemente, non credevano ai loro occhi. Ho sempre pensato che le aspettative e i pregiudizi rendessero le persone cieche, e questa ne era la prova.

Io, comunque, avevo ripreso a guardare fuori dalla finestra, per cercare nuovamente quei Pimpli Ghiottoni che avevo scorto prima.

« Va bene, cambiamo domanda. » riprese il professore « Cosa vi fa capire tutto questo? »

« Che non tutto è quello che sembra? » rispose ironico qualcuno dalla parte dei Tassorosso.

« Non esattamente, signor Foster, non esattamente. » rispose Piton in tono basso « Dopotutto, quello che avete visto è proprio come sembra: una creatura incredibilmente simile a un porcellino e un’altra che è uno strano miscuglio tra un ragno e un pipistrello. »

Io osservavo i Plimpi Ghiottoni svolazzare nell’aria, e ancora non capisco come mi si sia avvicinato tanto silenziosamente da non accorgermene.

« Signorina Lovegood, forse potrebbe rispondere lei alla mia domanda, se non fosse così impegnata a pensare alle sue questioni personali. » sibilò con voce tagliente.

Lo guardai.

Ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi mi chiedevo cosa nascondessero e sentivo l’impellente desiderio di toccargli la mano, per vedere se era davvero freddo come voleva farci credere.

« Non farsi ingannare dalle apperenze e dalla prima occhiata che si lancia, direi, se dovessi rispondere alla sua domanda, professore. »

Un ghigno, che per lui doveva essere l’ombra di un sorriso, apparve sulle sue labbra.

« Bene, Lovegood, ci sei andata vicino, ma non ci siamo ancora. »

Poi si voltò e disse qualcosa che non dimenticherò mai, la lezione più importante della mia vita.

« Non solo non dovete farvi ingannare dalle apparenze e avere la mente aperta. Dovete sempre pensare di più, riflettere più approfonditamente, guardare oltre quello che vedete. Questo è il segreto. »

Il silenzio cadde per un secondo sulla classe.

Ripresi a cercare i miei cari Plimpi Ghiottoni, mentre Piton cominciava a descrivere le due creature, partendo dal loro nome.

I Plimpi Ghiottoni erano spariti.

« Ehi, Luna! » sussurra Dave, un ragazzino del terzo anno che è seduto affianco a me, dandomi una gomitata che mi riscuote dai ricordi « Il vecchio pipistrello sta iniziando il suo discorso da Preside. Questa non te la devi perdere. »

Mi guardo intorno, stralunata, chiedendomi quand'è che il Cappello Parlante ha finito con lo Smistamento: la McGranitt è di nuovo al suo posto.

Fantastico! Me lo sono perso.

Wow, ci sono un sacco di nuovi Serpeverde, rispetto alle matricole delle altre Case. Chissà perchè.

Piton si sta schiarendo la voce.

« Un benvenuto a tutti. » esordisce con tono distaccato.

« Non ti vergogni di essere al Suo posto? » urla una voce da qualche parte verso il tavolo dei Grifondoro.

« Assassino! » gli fa eco un altro urlo, da un punto imprecisato della sala.

Piton non si scompone, ma ad un osservatore attento non può sfuggire il fatto che la linea delle sue labbra si stringa e si faccia più dura.

« Traditore! Vigliacco! » rincara la dose un ennesimo grido.

« Silenzio. » dice finalmente il Preside, in un tono basso, calmo, che non ammette repliche. Immediatamente il brusio si dissolve, e sento la paura vagare nell'aria con il suo aroma tossico.

Ora che Piton è chiaramente un seguace di Tutti-Sanno-Chi il terrore che gli allievi hanno sempre avuto verso di lui è giustificato, nonché amplificato.

« Sì » afferma « Io ora sono il Preside, ed è bene che vi abituate presto a quest'idea, altrimenti quella è la porta. »

Nessuno ha il coraggio di dire nulla.

Piton percorre la Sala per lunghi momenti, sfidando, con gli occhi, qualcuno a parlare.

A chiunque sembrerà uno sguardo d'odio, di potere, di arroganza. Per far vedere che quelle esclamazioni, la paura e il disgusto che Hogwarts prova nei suoi confronti non lo toccano minimamente.

Ma io ricordo che bisogna guardare più a fondo, e non è questo ciò che vedo.

Quando riprende a parlare, il suo sguardo è cambiato.

Improvvisamente, un luccichio attira i miei occhi verso un punto lontano della Sala Grande.

Quelli sono sicuramente Gorgosprizzi.

Per Morgana, come vorrei avere con me i miei Spettrocoli!

 

***

 

Il cielo stasera è ricoperto di candide nuvole. Si vedono bene anche con questo buio. È possibile che fra poche ore nevichi.

E' già stagione, e qui ad Hogwarts gli altri anni nevicava da molto.

Immagino che persino la neve si accorga come i tempi siano cambiati.

Mi sto dedicando ad una delle mie passioni preferite: pensare.

Anche se ultimamente è più doloroso del previsto, non posso farne a meno. E' siccome nel mio Ufficio c'è quella fastidiosa presenza che non mi lascia nemmeno solo con i miei pensieri - dannato lui, è peggio che da vivo -, preferisco fare una passeggiata.

La forza dell'abitudine mi ha spinto dapprima verso i Sotterranei, verso i corridoi che per lunghi anni ho percorso da insegnante di giorno, e per la ronda di notte.

Ma poi ho riflettuto, e mi sono reso conto che avrei potuto beccare qualche studente fuori dal proprio dormitorio, e avrei perciò dovuto assegnare una punizione. Sono ancora infastidito da quando ho dovuto punire Paciock, Luna Lovegood e la Weasley. I Carrow non aspettavano altro che di metter mano a nuova carne fresca, e io avevo colto i tre in fragrante, a perpetrare nei loro infantili giochetti, non potevo non punirli, ma nemmeno volevo consegnarli a loro. Non vorrei proprio ritrovarmi in una situazione simile.

Perciò, eccomi qui, a vagare sul limitare della Foresta Proibita, almeno qui sono sicuro che nessuno osi metter piede.

Oltrepasso la capanna di Hagrid, e per poco non inciampo in una delle sue cianfrusaglie, dannato zoticone.

Entro nella Foresta ancora imprecando contro di lui, quindi solo all'ultimo noto la scena che mi si para davanti.

Mi fermo di botto.

A pochi passi da me, in una piccola radura, sta il branco di Thestral, ma non sono soli. In mezzo a loro, Luna Lovegood li sta accarezzando e nutrendo con quelli che hanno tutto l'aspetto di pezzi di carne cruda, gocciolanti sangue.

La loro vista mi riporta alla mente altre cose, altri momenti, e quasi mi si attorcigliano le budella.

Indietreggio lentamente, sperando nel fatto che la ragazza non abbia notato la mia presenza.

« Ha visto quanti Nargilli nel vischio, quest'anno, Preside? » chiede con voce limpida.

Chiudo gli occhi. Sono fregato.

La ragazza continua a nutrire le creature senza dar segno di avermi visto, ma è ovvio che stesse parlando con me.

Riprendo il mio solito contegno, e mi avvicino agli animali. Tanto non posso fare niente di meglio.

« Signorina Lovegood » inizio a dire con quello che spero sia un tono di voce intimidatorio « Tralasciando i suoi soliti vaneggiamenti, mi sa dire che ore sono? E non glielo sto chiedendo per cortesia, ma perchè mi sembra che il coprifuoco sia scattato parecchio tempo fa. »

La Lovegood alza le spalle.

« Aiuto Hagrid ad occuparsi dei Thestral. » ribatte « E non c'è momento migliore per dar loro da mangiare. »

« All'una di notte? » chiedo ironicamente « Mi spiace, ma se non torna subito al suo dormitorio, sarò costretto a punirla. »

Finalmente la ragazza si volta, rivolgendomi direttamente lo sguardo.

« E cosa vuole farmi? » chiede « Mandarmi di nuovo nella Foresta Proibita? Bè... ci siamo già. »

Rimango senza parole, boccheggiante.

E' sempre stato difficile trattare con questa ragazza, perché, a parte la sua evidente pazzia, possiede l'incredibile capacità di dire le cose più improbabili, nel momento esatto in cui meno te lo aspetti.

Studio il suo viso per un secondo, ma non vedo alcun segno di derisione nè di arroganza. La sua è davvero una domanda, una semplice domanda curiosa. Sono allibito.

Non so come prenda il mio silenzio, perchè si volta, tirando fuori un pezzo di carne sanguinolenta dalla borsa e avvicinandola al muso di una delle creature.

« Sono tutti rimasti sorpresi, lo sa? » continua a parlare, come se niente fosse « I Carrow vanno in giro per la scuola scagliando Cruciatus e Maledizioni varie ad ogni svolta di corridoio, e lei che fa? Ci manda nella Foresta Proibita. E con Hagrid per giunta. »

Arresta per un secondo il suo discorso senza capo nè coda, per avvicinarsi a un Thestral particolarmente diffidente, e ingraziarselo con qualche carezza.

« Cioè. » riprende « Non che la Foresta Proibita sia proprio una passeggiata, ma noi abbiamo affrontato decisamente di peggio, e lei lo sa. Neville era persino stato in punizione qui al suo primo anno. »

Non ho la forza di interrompere il suo sproloquio.

« E poi lei sapeva benissimo cosa stavamo facendo quando ci ha beccati. E non ha detto nulla, non ci ha puniti più seriamente, non ha indagato. »

La giovane arresta nuovamente il suo lavoro, e focalizza la sua attenzione su di me.

« Perchè? »

Non rispondo. Non posso rispondere. Cosa avrei potuto fare, in ogni caso?

Le punizioni che danno i Carrow a questi poveri ragazzi sono già abbastanza dure e crudeli, non potrei fare di meglio.

E nemmeno lo voglio, a dir la verità. Ho promesso di proteggere gli studenti ad ogni costo, ma non posso dire ai Carrow di smettere, perchè mi tradirei. Posso solo limitarmi a punizioni nella Foresta Proibita, con Hagrid, io che ero il terrore di ogni allievo. Ah, com'è divertente il destino.

« Lei sapeva cosa stavamo facendo, non è così? »

Oh, sì, certo che lo sapevo. Potter non è più tornato ad Hogwarts, eppure il suo fantasma, oserei quasi dire, aleggia ancora nel castello.

Tzè! Che stupida invenzione è stata l'Esercito di Silente.

E ancora più stolti sono questi tre, Paciock, Weasley e Lovegood, che cercano di portarla avanti. Ma cosa posso fare?

Dopotutto è l'unica speranza che hanno per contrastare i Mangiamorte e il loro lavoro. Se solo potessi, dovrei aiutarli. Di sicuro non ostacolarli.

« Già. Proprio come pensavo. Non mi risponde. »

La Lovegood mi lancia un'ultima occhiata, prima di tornare ad occuparsi dei Thestral e di uno in particolare che sembra attirato dalla sua borsa e dal suo contenuto.

« Oh, ma non si preoccupi. Io mi ricordo cosa ci aveva detto. Mi ricordo, e non ho smesso di guardardare. »

Ma di che sta parlando? Cos'è che avrei detto loro?

Dovrei proprio minacciarla di una vera punizione, così magari smetterebbe di dire cose senza senso.

Rimane in silenzio, finalmente, per qualche minuto, accarezzando la criniera delle creature.

So che questo è il momento in cui dovrei dirle di tornare a Hogwarts, dovrei pensare ad una bella punizione da darle in modo che non vada più in giro in questo modo, ma stranamente c'è qualcosa che mi blocca.

« Se si sta chiedendo come io faccia a vederli » riprende all'improvviso « E' perchè mia madre è morta davanti ai miei occhi, quand'ero bambina. »

No, in realtà non ci stavo affatto pensando, ma ora che l'ha detto effettivamente avrei dovuto domandarmelo. Non è normale che una ragazza così giovane veda queste creature di morte, anche se in questo periodo è più che possibile...

« Immagino sia inutile chiederle come possa vederli lei. »

Rimango sbigottito dalla sua capacità di darmi dell'assassino in maniera così naturale e senza insulti o doppi fini.

« La guerra non è mai bella. »

Anzi, no, non ci stava nemmeno pensando!

Non so come risponderle. Non mi era mai capitato di rimanere senza una delle mie battute sarcastiche, ma non riesco a pensare a nulla di pungente. Cosa mi sta succedendo? 

« Tanto meno la morte. » sento la mia voce proferire in un sussurro.

E questa da dove mi è uscita?

« E tutto ciò che porta, e ciò che oscura. » cerco di riparare al tiro.

Ma tanto non ci credo nemmeno io.

« Come la verità? »

Mi si secca la bocca.

« Sì » rispondo « A volte la morte, la paura e l'odio possono oscurare la verità. »

« Ma la verità è come i Nargilli, Preside: per vederla bisogna prima crederci. »

Per l'ennesima volta in questa nottata, rimango in silenzio, totalmente ammutolito.

Questa ragazzina sta dicendo cose che non comprende... o forse che comprende fin troppo bene.

Lovegood, Luna, mi rivolge un sorriso triste. Un cucciolo di Thestral le si avvicina, e lei si abbassa, abbracciandolo improvvisamente.

Quando si rialza, mi sta fissando.

« Lo sa perchè mi piacciono tanto i Thestral? »

Ovviamente non mi da' nemmeno il tempo di pensare ad una risposta sensata.

« Perchè sono creature sole e incomprese, che vengono nascoste a forza dietro al muro di pregiudizi che la gente ha costruito loro intorno. Le persone pensano che siano di cattivo auspicio, che star loro intorno porti male, che siano solo capaci di provocare morte. Eppure hanno anche loro un cuore, come tutti gli animale, come tutti gli uomini, come tutte le creature. »

Si zittisce all'improvviso, sembra pensierosa.

« Venga qui. » dice lentamente.

Come spinti da una forza primordiale, i miei piedi si muovono, arrivando fino a lei.

Quando le sono ad un palmo di distanza, una vocina mi chiede cosa io stia facendo, e subito un'altra la zittisce. Non riesco a dare un nome alle due.

Luna mi afferra la mano, e l'appoggia sotto il collo del cucciolo di Thestral, obbligandomi ad abbassarmi, accucciandomi a terra vicino a lei.

Poi chiude gli occhi.

« Ecco, lo sente? » mi chiede « Anche loro hanno un cuore. »

Poi li riapre di scatto, e il suo sguardo si fissa nel mio. Solo ora mi accorgo di quanto siamo vicini.

« Per me è sempre così, come con i Thestral. Gli altri non li vedono, ma io sì. »

Sento la sua mano calda sulla mia, e sotto di me il battere lento e regolare del cuore del Thestral. I miei occhi si fondono per un attimo nei suoi, così azzurri, così limpidi, così veri… così pieni di una nuova e strana consapevolezza che mai vi avevo visto dentro.

Mi riscuoto. Questa situazione sta diventando fin troppo inconcepibile e deplorevole per i miei gusti.

Mi allontano velocemente da lei.

Luna si rialza con calma, sbattendo le mani sui jeans.

« Sa professore » prende a dire con voce tranquilla un attimo dopo, come se si fosse completamente dimenticata di ciò che mi ha appena detto, come se non fosse accaduto nulla « Sono proprio contenta di tornare a casa, domani. Sono sicura che in queste vacanze riuscirò a provare la mia teoria sul fatto che le Puffole Pigmee a Natale cantino. »

Un sorriso stralunato le appare sul volto, mentre la mia espressione s’incrina.

Domani non tornerà affatto a casa, il suo viaggio finirà già sull’Espresso di Hogwarts, io lo so e lei no. Vorrei metterla in guardia, ma non posso.

Vorrei almeno poterle dire che andrà tutto bene…

« Sarà meglio che lei torni al suo Dormitorio. » dico invece, le parole che escono da sole, senza il mio consenso.

« Ha ragione. » sorride « Non vorrei mai costringerla a mettermi in punizione. Buonanotte. »

Mentre mi passa accanto, abbasso lo sguardo.

Sento i suoi passi allontanarsi da me, e nel silenzio non posso fare a meno di notare che hanno lo stesso ritmo dei battiti del mio cuore.

« Oh, nevica. » sento la sua voce lontana, ma ugualmente cristallina, come se fosse ancora qui accanto a me « La neve è bella. Copre tutto con il suo manto immacolato, tutta la malvagità, il dolore, la paura, il tormento. Ricopre tutto con la sua purezza. Dovrebbe nevicare più spesso su di noi, per ricordarci che possiamo dimenticare e ricordare. »

I suoi passi si spengono, e quando mi volto, Luna non c’è più.

E insieme ai suoi passi, non sento più nemmeno il mio cuore.

Per riempire il vuoto, mi incammino anch’io, tornando verso il castello.

Forse Luna ha ragione, la neve ha davvero il potere di ricoprire ogni cosa, ogni mia colpa, ogni mio ricordo, ogni mio pensiero.

Uscito dalla Foresta, mi fermo nei pressi del Platano Picchiatore, mentre i fiocchi cominciano a scendere più fitti e pesanti.

Forse Luna ha ragione, ma mentre domani Hogwarts si sveglierà coperta di neve, io, stanotte, sono qui da solo ad aspettare che ogni singolo fiocco di neve cada e compia il suo dovere.

« E allora nevica. » sussurro « Fai il tuo sporco candido lavoro. »

 

***

 

Le foglie del Platano Picchiatore sono ormai nuove, verdi, forti, e così l’erba ai suoi piedi.

Piton non può vedere nulla nell’oscurità della notte, ma neppure il silenzio può nascondere al suo cuore i passi di cui ha imparato la cadenza.

Perciò riconosce subito Luna che si avvicina dietro di lui.

Si ferma, chiudendo gli occhi. Sospira e poi si gira.

« Cosa ci fa qui, signorina Lovegood? »

La ragazza rimane un attimo a soppesare le parole, quelle che ha appena detto l’uomo, quelle che affermerà lei, e quelle che nessuno dei due avrà mai la forza di pronunciare.

« L’ho vista venire di qua, io non volevo seguirla, Preside, ma… »

« Non credo di essere più il Preside. »

Luna si morde le labbra, mentre Piton nota i segni che la battaglia le ha già inferto.

« Andrà tutto bene. » sussurra poi, quasi temesse di dire la cosa sbagliata, di innervosirlo con quelle parole.

Il viso del professore, invece, si apre in un’espressione intenerita. Ha usato le stesse parole che lui avrebbe voluto dirle quella notte, senza averne il coraggio.

Solo che è tutto invertito: lui avrebbe voluto consolarla per un pericolo a lei ignoto, ma non l’ha fatto, mentre ora lei lo sta confortando per una minaccia di cui non immagina nemmeno l’esistenza, mentre lui la conosce perfettamente.

« No, non questa volta. Non sarà così. » risponde alla fine, in una triste e consapevole rassegnazione.

Luna lo guarda e nei suoi occhi passa una luce diversa.

« A volte » dice lentamente « Abbiamo solo bisogno di sentircelo dire. »

Piton non ha nemmeno il tempo di permettere alla sua stanca mente di commuoversi, che Luna gli si butta fra le braccia, afferrandogli una mano.

La stringe fra le sue per un secondo, stupendosi, come già quella notte, che non sia affatto fredda come sembra, e poi l’appoggia sul cuore di Piton, fissandolo contemporaneamente negli occhi.

« Vedi? Anche tu hai un cuore, Severus. » dice, e Piton si rende conto di riuscire di nuovo a sentire i propri battiti « E anche tu, come i Thestral, hai bisogno di qualcuno veda quello che gli altri non vedono. »

E Severus, ormai non si stupisce più di Luna. Stringe la sua mano, sopra il suo cuore, e anche se sa che quella è probabilmente la sua ultima ora, si sente tranquillo, in pace.

Alza gli occhi al Platano Picchiatore, unico spettatore di quel momento di armonia.

« Grazie, Luna. » sussurra, tanto piano che la ragazza neanche lo sente.

Ma tanto non è importante che Luna lo senta, perché lei, lei riesce a guardare oltre a ciò che vede.









Fine

  
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