Quello che gli
altri non vedono.
Mi
chiamo Luna Lovegood, e mi è sempre piaciuto il mio nome.
Trovo che abbia una
sua leggerezza, una gentilezza, un’eleganza che mi sembra
rispecchiare almeno
un poco la grazia e la delicatezza di mia madre.
Sì,
bè, ovviamente non si è rivelata molto leggiadra quella volta. Ma è stato un
incidente!
Il
mio
nome è Luna Lovegood, ma tutti mi chiamano
“Lunatica”. Qualcuno dice che mi
dovrei incavolare per questo soprannome, ma immagino che se mi
arrabbiassi
davvero, smetterebbero di chiamarmi così. Cioè,
non sarei più lunatica a
quel punto, vero?
O
forse no.
Insomma,
non ho mai ben capito perché mi chiamino così,
anche perché di solito cercano di
evitare di dirmelo in faccia, almeno i miei amici. Come se non lo
sapessi…
Penso
sia perché ho fiducia in cose a cui loro non credono. Che
posso farci io? Ma
quando finalmente troverò il Ricciocordo Schiattoso, ah!
Allora sì che mi
crederanno.
Comunque,
probabilmente mi hanno dato questo soprannome anche perchè
spesso do l’idea di
non occuparmi di ciò che mi circonda, di vagare con i
pensieri… Ma in realtà la
maggior parte delle volte ascolto quello che mi viene detto, anche se
sembra
che io sia distratta.
Come
in questo momento.
Un
attimo, il Cappello Parlante ha già finito la sua
filastrocca? E quando ha
iniziato? Per tutti i peli della barba di Merlino, a cosa stavo
pensando?!
Uhm,
non ho sentito una parola.
Va
bè,
avrà detto le solite cose: siamo in tempi bui, mi raccomando
state attenti…
Come se non lo sapessimo già da soli. E poi ci
avrà anche chiesto di essere
uniti fra le case e robe simili. Ah! Come se fosse semplice essere
alleati dei
Serpeverde, coi tempi che corrono.
Che
poi io sarei tranquillamente loro amica. Peccato che siano loro a non
volermi
come tale, chissà perché.
I
nuovi arrivati si stanno avvicinando allo sgabello, mentre la McGranitt
tira
fuori la solita pergamena. Strano. Sono molto meno degli altri anni. Ma
anche
noi, dopotutto, siamo stati decimati. Tutta colpa di quelle stupide
leggi
Anti-Babbano.
Spero
che Harry stia bene, e che si stia nascondendo, e che stia facendo
qualcunque
cosa Silente gli abbia detto di fare. L’ultima volta che
l’ho visto non
sembrava molto tranquillo. Ma forse era perché erano
arrivati i Mangiamorte, al
matrimonio.
Ginny
mi ha detto che l’ha lasciata proprio per quello. Insomma, la
storia della
Profezia, del Prescelto e tutto il resto. Troppo pericoloso. Come se
non ci
fosse null’altro di pericoloso, ultimamente. Secondo me non
avrebbe dovuto
lasciarla.
L’amore
è importante.
Chissà
quanti nuovi Serpeverde ci saranno quest’anno.
Chissà com’è avere Piton come
Capocasa. Ora è lì, seduto nello scranno centrale
al tavolo dei professori.
Oh
già, ora è Preside.
Mmm.
Immagino che il nuovo Capocasa Serpeverde sarà uno dei
Carrow. Dopotutto, chi
meglio di un Mangiamorte? O forse sceglieranno Lumacorno.
Bè, spero per loro
che scelgano il vecchio professore, anche se non so se i Serpeverde la
pensino
allo stesso modo.
E
comunque persino Piton è resistito alla cattreda di Difesa
contro le Arti
Oscure solo un anno. Non stento a credere che in giro si dica sia un
posto
maledetto.
Probabilmente
lo è davvero.
Eppure
a me non dispiaceva Piton come insegnante di Difesa.
Mi
ricordo
soprattutto una lezione…
Non
so
esattamente quand’è stato, forse era una delle
ultime lezioni, prima del
fattaccio con Silente… Mmm, no, forse no, me lo ricorderei
meglio. Ora che ci
penso, forse è stato all’inizio
dell’anno. Sì, è così,
perché ricordo che erano
tutti su di giri, spaventati e non so che altro dalla scoperta che
Piton era
finalmente diventato l’insegnante di Difesa. Forse era
addirittura la
primissima lezione.
Sta
di
fatto che noi Corvonero del quinto anno avevamo lezione con i
Tassorosso.
Eravamo già tutti in aula, e c’era un miscuglio di
aspettative nella classe:
chi non vedeva l’ora che finisse la lezione, terrorizzato da
ciò che Piton
potesse fare, e chi non vedeva l’ora che iniziasse, eccitato
da un nuovo anno
di studi e scoperte.
Adesso
che ci rifletto, probabilmente i primi erano i Tassorosso, mentre i
secondi
erano i Corvonero.
Io?
Oh, mi ero seduta al mio solito banco, quando qualcosa fuori dalla
finestra
aveva attirato la mia attenzione. Fino a quel momento non pensavo che i
Plimpi
Ghiottoni potessero anche volare, come potevo non prestar loro
attenzione?
Così,
rapita dalla mia scoperta, non ho sentito il momento in cui Piton
entrò in aula,
probabilmente con il suo solito svolazzare di mantello. Avrei
però potuto
capirlo dall’improvviso silenzio caduto sulla classe. In mia
difesa posso dire
che non avevo nemmeno notato il chiacchiericcio precedente.
Comunque,
senza una parola Piton raggiunse la cattedra, e ci pose sopra due
scatole di
cartone. Senza dire né buongiorno né altro,
esordì:
«
Cosa
vedete? »
La
sua
voce come sempre bassa e profonda attirò per un attimo il
mio sguardo.
«
Due
scatole? » chiese una voce maschile.
Pensai
che se ci fossero stati dei Grifondoro in aula, qualcuno avrebbe
già fatto una
battuta arguta. Tipo che con le sue domande stupide ci rompeva solo le
scatole.
Mi sembrava quasi di sentire la voce di Ron mentre pronunciava a mezza
voce la
frase.
«
Vedo
che la sua capacità di osservazione è eccellente,
signor Adams. » rispose
sarcastico il professore.
«
Non
era ciò che ha chiesto? » ribettè il
mio compagno di Casa, colpito
nell’orgoglio.
Ma
Piton lo ignorò, occupandosi invece di aprire gli scatoloni
e girarli in modo
che potessimo vederne il contenuto.
«
E
ora cosa vedete? » chiese ancora.
Ma
nessuno gli rispose: la classe era divisa fra esclamazioni di
meraviglia e
versi di disgusto.
A
provocare le due reazioni opposte erano proprio i due esserini che
stavano
nelle scatole.
Erano
due creature magiche, ma non le avevo mai viste né alcun
professore ce le aveva
mai fatte studiare.
Uno
era una specie di piccolo porcellino rosa, con due grossi occhioni
verdi e la
codina arrotolato dello stesso colore. Questa creaturina attirava gli
sguardi
amorevoli di tutti gli allievi. Era veramente carino.
L’altro
era una specie di ragno con il corpo peloso, gli occhietti neri da
mosca e due
alette da pipistrello al posto delle zampe. Questo era il motivo delle
espressioni nauseate. Effettivamente non era proprio bello da guardare.
E
sembrava anche puzzasse.
«
Cosa
vedete? » ripetè la domanda Piton, alzando la voce.
«
Un
esserino adorabile? » chiese, con tono zuccheroso, quella
smorfiosa di Anders.
«
Un
piccolo mostro? » saltò su Mills, un Tassorosso,
con una smorfia.
«
Esattamente. » rispose Piton « Questo è
quello che vedete. Ora vediamo quello
che sono. »
Piton
avvicinò una mano al porcellino. Immediatamente, da rosa
diventò rosso, e
quando Piton fu tanto vicino da sfiorarlo, delle fiamme scaturirono dal
suo corpo
e un orribile ghigno comparve sul suo viso, mentre gli occhi si
rimpicciolirono
assumendo un’espressione cattiva. Il professore
ritirò immediatamente le dita,
scottate.
Stupore
e sgomento serpeggiarono per la classe. Qualche ragazza, addirittura,
si coprì
la bocca con le mani, inorridita.
Sulle
dita di Piton comparvero subito delle bolle verdastre, mentre le fiamme
sparirono dal porcellino, ed esso riacquistò le sue
precedenti sembianze.
La
ferita sulla mano del professore sembrava davvero brutta, ma egli non
si lasciò
sfuggire nemmeno un sospiro.
Senza
proferire suono, mentre la classe osservava rapita i suoi movimenti,
Piton
avvicinò la mano all’altra creatura magica.
Tutti
avevano
in mente un solo pensiero: se quel tenero porcellino aveva reagito in
modo
tanto assurdo, cosa avrebbe potuto fare quell’orribile
creatura?
La
mano del professore si arrestò, come se aspettasse qualcosa,
e il
ragno-pipistrello si alzò lentamente sulle alette fino a
posarsi con calma
sulla mano bruciata di Piton.
La
classe trattenne il sospiro, preoccupata, mentre il viso del professore
sembrava estremamente rilassato.
La
creatura avvicinò la bocca alle dita del professore e lo
morse.
Qualcuno
mandò un gridolino. Quando però il
ragno-pipistrello si rialzò in volo,
lasciando scoperta la mano del professore, tutti videro che la ferita
era
completamente guarita.
L’incredulità
impedì a chiunque di proferire parola. Il ragno-pipistrello
tornò nello
scatolone e sembrò addormetarsi. Nessuno prestava
più attenzione al porcellino.
Con
gesti accurati e precisi, Piton richiuse le scatole. La sua mano
sembrava
tornata come nuova.
«
Cosa
avete visto? » tornò a chiedere il professore.
Nessuno
rispose. Ancora, evidentemente, non credevano ai loro occhi. Ho sempre
pensato
che le aspettative e i pregiudizi rendessero le persone cieche, e
questa ne era
la prova.
Io,
comunque,
avevo ripreso a guardare fuori dalla finestra, per cercare nuovamente
quei
Pimpli Ghiottoni che avevo scorto prima.
«
Va
bene, cambiamo domanda. » riprese il professore «
Cosa vi fa capire tutto
questo? »
«
Che
non tutto è quello che sembra? » rispose ironico
qualcuno dalla parte dei
Tassorosso.
«
Non
esattamente, signor Foster, non esattamente. » rispose Piton
in tono basso «
Dopotutto, quello che avete visto è proprio come sembra: una
creatura
incredibilmente simile a un porcellino e un’altra che
è uno strano miscuglio
tra un ragno e un pipistrello. »
Io
osservavo i Plimpi Ghiottoni svolazzare nell’aria, e ancora
non capisco come mi
si sia avvicinato tanto silenziosamente da non accorgermene.
«
Signorina Lovegood, forse potrebbe rispondere lei alla mia domanda, se
non
fosse così impegnata a pensare alle sue questioni personali.
» sibilò con voce
tagliente.
Lo
guardai.
Ogni
volta che i miei occhi incontravano i suoi mi chiedevo cosa
nascondessero e
sentivo l’impellente desiderio di toccargli la mano, per
vedere se era davvero
freddo come voleva farci credere.
«
Non
farsi ingannare dalle apperenze e dalla prima occhiata che si lancia,
direi, se
dovessi rispondere alla sua domanda, professore. »
Un
ghigno, che per lui doveva essere l’ombra di un sorriso,
apparve sulle sue
labbra.
«
Bene, Lovegood, ci sei andata vicino, ma non ci siamo ancora.
»
Poi
si
voltò e disse qualcosa che non dimenticherò mai,
la lezione più importante
della mia vita.
«
Non
solo non dovete farvi ingannare dalle apparenze e avere la mente
aperta. Dovete
sempre pensare di più, riflettere più
approfonditamente, guardare oltre quello
che vedete. Questo è il segreto. »
Il
silenzio cadde per un secondo sulla classe.
Ripresi
a cercare i miei cari Plimpi Ghiottoni, mentre Piton cominciava a
descrivere le
due creature, partendo dal loro nome.
I
Plimpi Ghiottoni erano spariti.
«
Ehi,
Luna! » sussurra Dave, un ragazzino del terzo anno che
è seduto affianco a me,
dandomi una gomitata che mi riscuote dai ricordi « Il vecchio
pipistrello sta
iniziando il suo discorso da Preside. Questa non te la devi perdere.
»
Mi
guardo intorno, stralunata, chiedendomi quand'è che il
Cappello Parlante ha
finito con lo Smistamento: la McGranitt è di nuovo al suo
posto.
Fantastico!
Me lo sono perso.
Wow,
ci sono un sacco di nuovi Serpeverde, rispetto alle matricole delle
altre Case.
Chissà perchè.
Piton
si sta schiarendo la voce.
«
Un
benvenuto a tutti. » esordisce con tono distaccato.
«
Non
ti vergogni di essere al Suo posto? » urla una voce da
qualche parte verso il
tavolo dei Grifondoro.
«
Assassino! » gli fa eco un altro urlo, da un punto
imprecisato della sala.
Piton
non si scompone, ma ad un osservatore attento non può
sfuggire il fatto che la
linea delle sue labbra si stringa e si faccia più dura.
«
Traditore! Vigliacco! » rincara la dose un ennesimo grido.
«
Silenzio. » dice finalmente il Preside, in un tono basso,
calmo, che non
ammette repliche. Immediatamente il brusio si dissolve, e sento la
paura vagare
nell'aria con il suo aroma tossico.
Ora
che Piton è chiaramente un seguace di Tutti-Sanno-Chi il
terrore che gli
allievi hanno sempre avuto verso di lui è giustificato,
nonché amplificato.
«
Sì »
afferma « Io ora sono il Preside, ed è bene che vi
abituate presto a
quest'idea, altrimenti quella è la porta. »
Nessuno
ha il coraggio di dire nulla.
Piton
percorre la Sala per lunghi momenti, sfidando, con gli occhi, qualcuno
a
parlare.
A
chiunque sembrerà uno sguardo d'odio, di potere, di
arroganza. Per far vedere
che quelle esclamazioni, la paura e il disgusto che Hogwarts prova nei
suoi
confronti non lo toccano minimamente.
Ma
io
ricordo che bisogna guardare più a fondo, e non è
questo ciò che vedo.
Quando
riprende a parlare, il suo sguardo è cambiato.
Improvvisamente,
un luccichio attira i miei occhi verso un punto lontano della Sala
Grande.
Quelli
sono sicuramente Gorgosprizzi.
Per
Morgana, come vorrei avere con me i miei Spettrocoli!
***
Il
cielo stasera è ricoperto di candide nuvole. Si vedono bene
anche con questo
buio. È possibile che fra poche ore nevichi.
E'
già
stagione, e qui ad Hogwarts gli altri anni nevicava da molto.
Immagino
che persino la neve si accorga come i tempi siano cambiati.
Mi
sto
dedicando ad una delle mie passioni preferite: pensare.
Anche
se ultimamente è più doloroso del previsto, non
posso farne a meno. E' siccome
nel mio Ufficio c'è quella fastidiosa presenza che non mi
lascia nemmeno solo
con i miei pensieri - dannato lui, è peggio che da vivo -,
preferisco fare una
passeggiata.
La
forza dell'abitudine mi ha spinto dapprima verso i Sotterranei, verso i
corridoi che per lunghi anni ho percorso da insegnante di giorno, e per
la
ronda di notte.
Ma
poi
ho riflettuto, e mi sono reso conto che avrei potuto beccare qualche
studente
fuori dal proprio dormitorio, e avrei perciò dovuto
assegnare una punizione.
Sono ancora infastidito da quando ho dovuto punire Paciock, Luna
Lovegood e la
Weasley. I Carrow non aspettavano altro che di metter mano a nuova
carne
fresca, e io avevo colto i tre in fragrante, a perpetrare nei loro
infantili
giochetti, non potevo non punirli, ma nemmeno volevo consegnarli a
loro. Non
vorrei proprio ritrovarmi in una situazione simile.
Perciò,
eccomi qui, a vagare sul limitare della Foresta Proibita, almeno qui
sono
sicuro che nessuno osi metter piede.
Oltrepasso
la capanna di Hagrid, e per poco non inciampo in una delle sue
cianfrusaglie,
dannato zoticone.
Entro
nella Foresta ancora imprecando contro di lui, quindi solo all'ultimo
noto la
scena che mi si para davanti.
Mi
fermo di botto.
A
pochi passi da me, in una piccola radura, sta il branco di Thestral, ma
non
sono soli. In mezzo a loro, Luna Lovegood li sta accarezzando e
nutrendo con
quelli che hanno tutto l'aspetto di pezzi di carne cruda, gocciolanti
sangue.
La
loro vista mi riporta alla mente altre cose, altri momenti, e quasi mi
si
attorcigliano le budella.
Indietreggio
lentamente, sperando nel fatto che la ragazza non abbia notato la mia
presenza.
«
Ha
visto quanti Nargilli nel vischio, quest'anno, Preside? »
chiede con voce
limpida.
Chiudo
gli occhi. Sono fregato.
La
ragazza continua a nutrire le creature senza dar segno di avermi visto,
ma è
ovvio che stesse parlando con me.
Riprendo
il mio solito contegno, e mi avvicino agli animali. Tanto non posso
fare niente
di meglio.
«
Signorina Lovegood » inizio a dire con quello che spero sia
un tono di voce
intimidatorio « Tralasciando i suoi soliti vaneggiamenti, mi
sa dire che ore
sono? E non glielo sto chiedendo per cortesia, ma perchè mi
sembra che il
coprifuoco sia scattato parecchio tempo fa. »
La
Lovegood alza le spalle.
«
Aiuto Hagrid ad occuparsi dei Thestral. » ribatte «
E non c'è momento migliore
per dar loro da mangiare. »
«
All'una di notte? » chiedo ironicamente « Mi
spiace, ma se non torna subito al
suo dormitorio, sarò costretto a punirla. »
Finalmente
la ragazza si volta, rivolgendomi direttamente lo sguardo.
«
E
cosa vuole farmi? » chiede « Mandarmi di nuovo
nella Foresta Proibita? Bè... ci
siamo già. »
Rimango
senza parole, boccheggiante.
E'
sempre stato difficile trattare con questa ragazza, perché,
a parte la sua
evidente pazzia, possiede l'incredibile capacità di dire le
cose più
improbabili, nel momento esatto in cui meno te lo aspetti.
Studio
il suo viso per un secondo, ma non vedo alcun segno di derisione
nè di
arroganza. La sua è davvero una domanda, una semplice
domanda curiosa. Sono
allibito.
Non
so
come prenda il mio silenzio, perchè si volta, tirando fuori
un pezzo di carne
sanguinolenta dalla borsa e avvicinandola al muso di una delle creature.
«
Sono
tutti rimasti sorpresi, lo sa? » continua a parlare, come se
niente fosse « I
Carrow vanno in giro per la scuola scagliando Cruciatus e Maledizioni
varie ad
ogni svolta di corridoio, e lei che fa? Ci manda nella Foresta
Proibita. E con
Hagrid per giunta. »
Arresta
per un secondo il suo discorso senza capo nè coda, per
avvicinarsi a un Thestral
particolarmente diffidente, e ingraziarselo con qualche carezza.
«
Cioè. » riprende « Non che la Foresta
Proibita sia proprio una passeggiata, ma
noi abbiamo affrontato decisamente di peggio, e lei lo sa. Neville era
persino
stato in punizione qui al suo primo anno. »
Non
ho
la forza di interrompere il suo sproloquio.
«
E
poi lei sapeva benissimo cosa stavamo facendo quando ci ha beccati. E
non ha
detto nulla, non ci ha puniti più seriamente, non ha
indagato. »
La
giovane arresta nuovamente il suo lavoro, e focalizza la sua attenzione
su di
me.
«
Perchè? »
Non
rispondo. Non posso rispondere. Cosa avrei potuto fare, in ogni caso?
Le
punizioni che danno i Carrow a questi poveri ragazzi sono
già abbastanza dure e
crudeli, non potrei fare di meglio.
E
nemmeno lo voglio, a dir la verità. Ho promesso di
proteggere gli studenti ad
ogni costo, ma non posso dire ai Carrow di smettere, perchè
mi tradirei. Posso
solo limitarmi a punizioni nella Foresta Proibita, con Hagrid, io che
ero il
terrore di ogni allievo. Ah, com'è divertente il destino.
«
Lei
sapeva cosa stavamo facendo, non è così?
»
Oh,
sì, certo che lo sapevo. Potter non è
più tornato ad Hogwarts, eppure il suo
fantasma, oserei quasi dire, aleggia ancora nel castello.
Tzè!
Che stupida invenzione è stata l'Esercito di Silente.
E
ancora più stolti sono questi tre, Paciock, Weasley e
Lovegood, che cercano di
portarla avanti. Ma cosa posso fare?
Dopotutto
è l'unica speranza che hanno per contrastare i Mangiamorte e
il loro lavoro. Se
solo potessi, dovrei aiutarli. Di sicuro non ostacolarli.
«
Già.
Proprio come pensavo. Non mi risponde. »
La
Lovegood mi lancia un'ultima occhiata, prima di tornare ad occuparsi
dei Thestral
e di uno in particolare che sembra attirato dalla sua borsa e dal suo
contenuto.
«
Oh,
ma non si preoccupi. Io mi ricordo cosa ci aveva detto. Mi ricordo, e
non ho
smesso di guardardare. »
Ma
di
che sta parlando? Cos'è che avrei detto loro?
Dovrei
proprio minacciarla di una vera punizione, così magari
smetterebbe di dire cose
senza senso.
Rimane
in silenzio, finalmente, per qualche minuto, accarezzando la criniera
delle
creature.
So
che
questo è il momento in cui dovrei dirle di tornare a
Hogwarts, dovrei pensare
ad una bella punizione da darle in modo che non vada più in
giro in questo
modo, ma stranamente c'è qualcosa che mi blocca.
«
Se
si sta chiedendo come io faccia a vederli » riprende
all'improvviso « E' perchè
mia madre è morta davanti ai miei occhi, quand'ero bambina.
»
No,
in
realtà non ci stavo affatto pensando, ma ora che l'ha detto
effettivamente
avrei dovuto domandarmelo. Non è normale che una ragazza
così giovane veda
queste creature di morte, anche se in questo periodo è
più che possibile...
«
Immagino sia inutile chiederle come possa vederli lei. »
Rimango
sbigottito dalla sua capacità di darmi dell'assassino in
maniera così naturale
e senza insulti o doppi fini.
«
La
guerra non è mai bella. »
Anzi,
no, non ci stava nemmeno pensando!
Non
so
come risponderle. Non mi era mai capitato di rimanere senza una delle
mie
battute sarcastiche, ma non riesco a pensare a nulla di pungente. Cosa
mi sta
succedendo?
«
Tanto meno la morte. » sento la mia voce proferire in un
sussurro.
E
questa da dove mi è uscita?
«
E
tutto ciò che porta, e ciò che oscura.
» cerco di riparare al tiro.
Ma
tanto non ci credo nemmeno io.
«
Come
la verità? »
Mi
si
secca la bocca.
«
Sì »
rispondo « A volte la morte, la paura e l'odio possono
oscurare la verità. »
«
Ma
la verità è come i Nargilli, Preside: per vederla
bisogna prima crederci. »
Per
l'ennesima volta in questa nottata, rimango in silenzio, totalmente
ammutolito.
Questa
ragazzina sta dicendo cose che non comprende... o forse che comprende
fin
troppo bene.
Lovegood,
Luna, mi rivolge un sorriso triste. Un cucciolo di Thestral le si
avvicina, e
lei si abbassa, abbracciandolo improvvisamente.
Quando
si rialza, mi sta fissando.
«
Lo
sa perchè mi piacciono tanto i Thestral? »
Ovviamente
non mi da' nemmeno il tempo di pensare ad una risposta sensata.
«
Perchè sono creature sole e incomprese, che vengono nascoste
a forza dietro al
muro di pregiudizi che la gente ha costruito loro intorno. Le persone
pensano
che siano di cattivo auspicio, che star loro intorno porti male, che
siano solo
capaci di provocare morte. Eppure hanno anche loro un cuore, come tutti
gli
animale, come tutti gli uomini, come tutte le creature. »
Si
zittisce all'improvviso, sembra pensierosa.
«
Venga qui. » dice lentamente.
Come
spinti da una forza primordiale, i miei piedi si muovono, arrivando
fino a lei.
Quando
le sono ad un palmo di distanza, una vocina mi chiede cosa io stia
facendo, e
subito un'altra la zittisce. Non riesco a dare un nome alle due.
Luna
mi afferra la mano, e l'appoggia sotto il collo del cucciolo di
Thestral,
obbligandomi ad abbassarmi, accucciandomi a terra vicino a lei.
Poi
chiude gli occhi.
«
Ecco, lo sente? » mi chiede « Anche loro hanno un
cuore. »
Poi
li
riapre di scatto, e il suo sguardo si fissa nel mio. Solo ora mi
accorgo di
quanto siamo vicini.
«
Per
me è sempre così, come con i Thestral. Gli altri
non li vedono, ma io sì. »
Sento
la sua mano calda sulla mia, e sotto di me il battere lento e regolare
del
cuore del Thestral. I miei occhi si fondono per un attimo nei suoi,
così
azzurri, così limpidi, così veri…
così pieni di una nuova e strana
consapevolezza che mai vi avevo visto dentro.
Mi
riscuoto. Questa situazione sta diventando fin troppo inconcepibile e
deplorevole per i miei gusti.
Mi
allontano velocemente da lei.
Luna
si rialza con calma, sbattendo le mani sui jeans.
«
Sa
professore » prende a dire con voce tranquilla un attimo
dopo, come se si fosse
completamente dimenticata di ciò che mi ha appena detto,
come se non fosse
accaduto nulla « Sono proprio contenta di tornare a casa,
domani. Sono sicura
che in queste vacanze riuscirò a provare la mia teoria sul
fatto che le Puffole
Pigmee a Natale cantino. »
Un
sorriso stralunato le appare sul volto, mentre la mia espressione
s’incrina.
Domani
non tornerà affatto a casa, il suo viaggio finirà
già sull’Espresso di
Hogwarts, io lo so e lei no. Vorrei metterla in guardia, ma non posso.
Vorrei
almeno poterle dire che andrà tutto bene…
«
Sarà
meglio che lei torni al suo Dormitorio. » dico invece, le
parole che escono da
sole, senza il mio consenso.
«
Ha
ragione. » sorride « Non vorrei mai costringerla a
mettermi in punizione.
Buonanotte. »
Mentre
mi passa accanto, abbasso lo sguardo.
Sento
i suoi passi allontanarsi da me, e nel silenzio non posso fare a meno
di notare
che hanno lo stesso ritmo dei battiti del mio cuore.
«
Oh,
nevica. » sento la sua voce lontana, ma ugualmente
cristallina, come se fosse
ancora qui accanto a me « La neve è bella. Copre
tutto con il suo manto
immacolato, tutta la malvagità, il dolore, la paura, il
tormento. Ricopre tutto
con la sua purezza. Dovrebbe nevicare più spesso su di noi,
per ricordarci che
possiamo dimenticare e ricordare. »
I
suoi
passi si spengono, e quando mi volto, Luna non c’è
più.
E
insieme ai suoi passi, non sento più nemmeno il mio cuore.
Per
riempire il vuoto, mi incammino anch’io, tornando verso il
castello.
Forse
Luna ha ragione, la neve ha davvero il potere di ricoprire ogni cosa,
ogni mia
colpa, ogni mio ricordo, ogni mio pensiero.
Uscito
dalla Foresta, mi fermo nei pressi del Platano Picchiatore, mentre i
fiocchi
cominciano a scendere più fitti e pesanti.
Forse
Luna ha ragione, ma mentre domani Hogwarts si sveglierà
coperta di neve, io,
stanotte, sono qui da solo ad aspettare che ogni singolo fiocco di neve
cada e
compia il suo dovere.
«
E
allora nevica. » sussurro « Fai il tuo sporco
candido lavoro. »
***
Le
foglie del Platano Picchiatore sono ormai nuove, verdi, forti, e
così l’erba ai
suoi piedi.
Piton
non può vedere nulla nell’oscurità
della notte, ma neppure il silenzio può
nascondere al suo cuore i passi di cui ha imparato la cadenza.
Perciò
riconosce subito Luna che si avvicina dietro di lui.
Si
ferma, chiudendo gli occhi. Sospira e poi si gira.
«
Cosa
ci fa qui, signorina Lovegood? »
La
ragazza rimane un attimo a soppesare le parole, quelle che ha appena
detto l’uomo,
quelle che affermerà lei, e quelle che nessuno dei due
avrà mai la forza di
pronunciare.
«
L’ho
vista venire di qua, io non volevo seguirla, Preside, ma…
»
«
Non
credo di essere più il Preside. »
Luna
si morde le labbra, mentre Piton nota i segni che la battaglia le ha
già
inferto.
«
Andrà tutto bene. » sussurra poi, quasi temesse di
dire la cosa sbagliata, di
innervosirlo con quelle parole.
Il
viso del professore, invece, si apre in un’espressione
intenerita. Ha usato le
stesse parole che lui avrebbe voluto dirle quella notte, senza averne
il
coraggio.
Solo
che è tutto invertito: lui avrebbe voluto consolarla per un
pericolo a lei
ignoto, ma non l’ha fatto, mentre ora lei lo sta confortando
per una minaccia
di cui non immagina nemmeno l’esistenza, mentre lui la
conosce perfettamente.
«
No,
non questa volta. Non sarà così. »
risponde alla fine, in una triste e
consapevole rassegnazione.
Luna
lo guarda e nei suoi occhi passa una luce diversa.
«
A
volte » dice lentamente « Abbiamo solo bisogno di
sentircelo dire. »
Piton
non ha nemmeno il tempo di permettere alla sua stanca mente di
commuoversi, che
Luna gli si butta fra le braccia, afferrandogli una mano.
La
stringe fra le sue per un secondo, stupendosi, come già
quella notte, che non
sia affatto fredda come sembra, e poi l’appoggia sul cuore di
Piton, fissandolo
contemporaneamente negli occhi.
«
Vedi? Anche tu hai un cuore, Severus. » dice, e Piton si
rende conto di
riuscire di nuovo a sentire i propri battiti « E anche tu,
come i Thestral, hai
bisogno di qualcuno veda quello che gli altri non vedono. »
E
Severus, ormai non si stupisce più di Luna. Stringe la sua
mano, sopra il suo
cuore, e anche se sa che quella è probabilmente la sua
ultima ora, si sente
tranquillo, in pace.
Alza
gli occhi al Platano Picchiatore, unico spettatore di quel momento di
armonia.
«
Grazie, Luna. » sussurra, tanto piano che la ragazza neanche
lo sente.
Ma tanto non è importante che Luna lo senta, perché lei, lei riesce a guardare oltre a ciò che vede.
Fine