10
Una
volta che tutti furono tornati al castello, Joanne dovette subirsi una sonora e
meritata lavata di capo per il suo gesto sconsiderato, che per poco non era
costato la vita a lei e alle sue moschettiere.
La giovane donna era inginocchiata al centro
del salone, con il capo chino ed il pugno al cuore, mentre Saito e Louise la
osservavano seduti sui rispettivi scranni; sembravano proprio il re e la
regina.
C’era anche Kaoru, in piedi in un angolo della
sala.
«Ti avevamo dato un ordine preciso, Joanne.»
disse severamente Saito «Ti avevamo detto di coordinare l’evacuazione dei
civili.
Ma tu hai agito di testa tua, e per poco non
ci hai rimesso la vita.»
«Non ho giustificazioni, vostre maestà.
Anche se umilmente ritengo di aver voluto
seguire la decisione più giusta, sono consapevole della gravità della mia
scelta, e me ne assumo la piena responsabilità.
Accetterò qualsiasi punizione vogliate
infliggermi».
Louise guardò Saito in modo enigmatico, quasi
indagatore.
«Visto e considerato che nessuna di voi è
stata uccisa, e che i civili sono tutti in salvo, per questa volta passeremo
sopra a tutto.»
«Tuttavia.» aggiunse Louise «Se dovesse
succedere ancora una cosa del genere, allora ci comporteremo davvero da
Padroni, come tu sembri desiderare così tanto.»
«Vi ringrazio infinitamente. E vi prometto che
non succederà più.»
«D’accordo, per ora basta così.» tagliò corto
Saito «Ora parliamo piuttosto di quello che è successo all’accampamento di Deville.»
«Sì, mio signore.» rispose Joanne, e ad un suo
cenno due moschettiere portarono dentro un soldato nemico che una spia era
riuscita a catturare «Quest’uomo ha visto tutto.»
«La Maschera di Ferro.» disse quello con gli
occhi sbarrati e la voce mozzata per la paura «È stata la Maschera di Ferro!»
«La Maschera di Ferro!?» ripeté Saito.
Il pensiero andò immediatamente all’ombra
comparsa due giorni prima nel palazzo, quella che aveva tentato di entrare
nella loro camera e che Kaoru aveva brevemente affrontato prima che fuggisse.
Quando il soldato si fu calmato, Saito e
Louise riuscirono a farsi raccontare l’intera storia.
Poco dopo la battaglia sulle rive del fiume,
un uomo in nero che indossava una maschera metallica era comparso dal nulla nel
centro dell’accampamento di Deville, dove aveva fatto
strage di guardie ed ufficiali prima di sgozzare lo stesso generale.
I soldati all’esterno avevano appena fatto in
tempo a sfondare il portone del forte con un ariete, ma non avevano potuto fare
altro che osservare impotenti l’assassino fuggire via dopo aver terminato la
sua strage.
Privato dei propri comandanti l’esercito di
Grasse era rapidamente andato nel caos, facendo ritorno in tutta fretta nel
proprio territorio lasciandosi alle spalle un accampamento dismesso e deserto,
lo stesso che le spie avevano trovato al sorgere del sole.
La cosa diventava sempre più ingarbugliata e
complessa.
Perché la Maschera di Ferro, come l’aveva chiamata
il soldato, aveva ucciso tutti i comandanti della forza d’invasione sancendo di
fatto la vittoria degli assediati, se solo due giorni prima aveva tentato di
fare irruzione nella villa di Ornielle?
«E adesso, cosa ne sarà di Grasse?» chiese
Louise
«Ho mandato un esploratore a verificare la
situazione.» rispose Joanne «Purtroppo, ora che tutti i suoi capi, nonché il
suo signore, sono morti, il feudo è già in preda alla confusione. In
circostanze normali le terre passerebbero allo Stato, ma nell’attuale
situazione è chiaro che questo non potrà accadere».
Saito si passò una mano sul mento e si alzò
dallo scranno.
A quanto pare aveva evitato che la popolazione
del suo feudo rimanesse vittima della guerra civile, ma ora erano gli abitanti
di Grasse ad essere in pericolo.
«Non c’è nulla che possiamo fare per quella
gente?» chiese Louise
«Solo una cosa.» rispose Joanne non senza
esitazioni «Che qualcuno reclami il feudo per sé e ne assuma il controllo».
Seguirono secondi di silenzio, durante i quali
nessuno parve rendersi realmente conto di cosa significasse realmente la
proposta di Joanne, poi sia Saito che Louise sgranarono gli occhi.
«Vorresti che prendessimo il controllo di
Grasse!?» esclamò Saito
«È l’unica soluzione per evitare conseguenze
peggiori.» disse Joanne
«Credo abbia ragione.» intervenne Kaoru «È
chiaro che se qualcuno non prenderà al più presto il potere in quella regione,
entro poco tempo Grasse sprofonderà nell’anarchia, con tutte le conseguenze
facilmente prevedibili.»
«Anche se non è avvenuta per mano vostra, è
chiaro che la morte del generale Deville ha sancito
la vittoria delle vostre maestà nella guerra tra i due feudi. E quindi ora, in
base alla legge, voi che siete i vincitori avete il diritto di pretendere il
controllo dei territori dello sconfitto.»
«Quella è una vecchia legge dei tempi delle
guerre feudali.» replicò Louise «Quei tempi ormai sono finiti.»
«Abbiamo sempre detto che non volevamo una
guerra civile.» disse Saito «Non possiamo rimangiarci la nostra parola
occupando un feudo che non ci appartiene.»
«Invece, secondo me, è esattamente quello che
dovreste fare».
Tutti volsero lo sguardo verso la porta, dalla
quale Lucas aveva appena fatto la propria comparsa con al seguito il
vicecomandante del suo esercito, Kiriya, un ragazzo
cresciuto per strada che era stato adottato dai genitori di Lucas e che
quest’ultimo considerava quasi come un fratello minore.
Kiriya aveva
anche una sorella, Seena, che da alcuni anni però
serviva un altro signore.
«Lucas!?» disse Saito «Alla fine sei arrivato».
Saito lo aveva chiamato subito per informarlo
dell’attacco di Deville usando la penna magica, e
Lucas, abbandonata ogni altra cosa, lo aveva immediatamente raggiunto a bordo
della sua aeronave ammiraglia. Si era anche portato dietro un piccolo manipolo
di efficienti soldati, e la sua sorpresa era stata grande quando si era reso
conto che il loro intervento non era più necessario.
«Cosa intendi dire con questo, Lucas?» chiese
Louise «Che dovremmo occupare Grasse?»
«Se volete evitare un bagno di sangue, questa
è l’unica soluzione. Ma ci sono anche altri motivi.»
«Per esempio?» domandò Saito
«Per esempio i soldati. Il generale Deville poteva contare su di un esercito numeroso, come
avete avuto modo di vedere, e se voi occupaste Grasse quell’esercito diventerebbe
vostro.
E c’è anche un’altra cosa.
Questo palazzo non è una fortezza in grado di
reggere un assedio o garantire la dovuta sicurezza. La residenza del generale,
invece, è molto più efficace sotto questo aspetto. Al suo interno sareste al
sicuro.»
«Quindi ci stai dicendo che non dovremmo
limitarci a prendere Grasse, ma che dovremmo addirittura stabilirci laggiù!?»
«Considerate un fatto. Questa volta siete
stati molto fortunati. Se questa Maschera di Ferro non ci avesse messo del suo,
eliminando il generale, nonostante i vostri sforzi Ornielle a quest’ora sarebbe
già capitolata.
La verità è che ormai siamo in guerra. E in
quella, la cosa più importante per un comandante è un luogo sicuro dove potersi
trincerare in caso di necessità. E Ornielle, per quanto mi dispiaccia doverlo ammettere,
non fa a questo scopo».
Sia Saito che Louise guardarono altrove, le
facce scure e l’espressione affranta.
Purtroppo, era una verità ormai innegabile.
La guerra civile era ufficialmente iniziata, e
fermarla non era, almeno per il momento, in loro potere. Tutto quello che
potevano fare era cercare di porvi un freno, ma per riuscirci dovevano
quantomeno riuscire ad essere competitivi, e avere i mezzi per difendersi e
difendere quando necessario.
A ragione di tutto ciò, la scelta di reclamare
Grasse sfruttando per altri fini quello che il generale Deville
voleva usare per il proprio personale tornaconto sembrava l’unica scelta
possibile.
«Non mi interessa cosa può succedere.» disse
Saito a denti stretti «Non mi interessa quello che penseranno gli altri. Volevo
bene alla principessa Henrietta, e a suo tempo le
promisi di aiutarla in ogni cosa. Se permettessi al Paese che ha tanto amato di
andare in rovina, non rispetterei certamente quella promessa».
Quindi, alzò gli occhi rossi di fuoco.
«E se per farlo dovrò combattere, così sia!»
«Saito…» disse
Louise.
Per un attimo la ragazza tornò con la mente a
quel giorno, nel Campo Vestri, quando per la prima
volta Saito aveva dato prova di quella che era la sua forte volontà, e della sua
determinazione a non indietreggiare mai, anche nelle situazioni più
impossibili.
Era anche per questo che lo amava così tanto;
per questa sua indole gentile e risoluta allo stesso tempo.
«Parli proprio come un vero Signore.» disse
soddisfatto Lucas.
Dopo poco Saito chiese di poter stare da solo
con il cognato, dando disposizione che si preparasse tutto per la partenza.
«Cosa intendevi dire, con il fatto che ormai
siamo in guerra?» chiese Saito «Ci sono stati altri problemi oltre a questo?»
«Dunque, tu non ne sai niente.»
«Riguardo a cosa?»
«Il sud-est del paese è già in fiamme. Santin
sta annettendo un feudo dopo l’altro, e altri lo stanno imitando. Ha iniziato a
far rotolare teste subito dopo l’ultima riunione.»
«Quel maledetto. Non ha perso tempo.»
«Anche io presto temo che dovrò procedere. Il signore
del feudo a sud del mio sta ammassando tutto il suo esercito lungo il confine,
e io sono stato costretto a fare altrettanto. Ormai è solo una questione di
tempo, temo.»
«Però, io credo che nessuno sarebbe tanto
pazzo da attaccarti. Voglio dire, i tuoi Cavaleiri
del Grifone sono i più conosciuti e temuti del Paese.»
«Purtroppo, il confine che separa l’ambizione
dalla follia è fin troppo sottile. Io come te non vorrei una guerra, ma se mi
ci dovessero trascinare non potrei far altro che rispondere.»
«Sì, capisco».
Intanto, nel corridoio, Siesta aveva già
iniziato a radunare le sue cose in vista della partenza, e le stava portando
all’ingresso perché fossero caricate su carri. Camminando, incontrò Kaoru,
appoggiato al muro con le braccia conserte e gli occhi chiusi, come se stesse
dormendo.
Gli si avvicinò, e lui dopo qualche attimo
alzò lo sguardo.
«Non carichi le tue cose?» gli chiese «Entro
stasera dovremo partire.»
«E che cosa dovrei caricare?» replicò il
ragazzo «Tutto quello che possiedo ce l’ho proprio qui».
Siesta guardò altrove, poi fece una cosa che
non avrebbe mai creduto possibile.
Gettati i sacchi, si avvicinò ancora di più a
Kaoru, quasi mossa da una volontà altrui, toccandogli la guancia con le labbra;
per il momento, questo era il massimo che il suo coraggio e il suo cuore le
consentivano di fare.
Kaoru rimase basito, e non si mosse, e quando
siesta lo guardò di nuovo negli occhi anche lui arrossì.
«Volevo dirti, che ho apprezzato quello che
hai fatto per me in più di un’occasione».
Detto questo, raccolse le sue cose e scappò
via senza voltarsi; rimasto solo, Kaoru si sfiorò la guancia restando in
silenzio.
Allora, si disse, lui forse non era stato il
solo ad avvertire qualcosa di strano nel momento in cui lui e Siesta si erano
guardati negl’occhi per la prima volta.
Entro
mezzogiorno, tutto quello che possibile e necessario portare via dalla villa
venne caricato sui carri, ed il convoglio, con al centro la carrozza dei
Padroni, si preparò a partire.
Gli esploratori inviati a Grasse riferivano
che la popolazione non aspettava altro che l’arrivo di un buon reggente,
qualcuno migliore del generale, in grado di evitare che la regione sprofondasse
nel caos e di ripristinare la gerarchia all’interno dell’esercito.
Saito, uscito a sua volta, fece un ultimo
controllo, per essere sicuro che fosse tutto a posto. Avrebbe lasciato alla
villa una ventina di guardie, e una volta preso il controllo di Grasse vi
avrebbe avviato un intero distaccamento; quanto alle difese, Joanne aveva già
disposto l’inizio dei lavori di costruzione per una serie di forti e postazioni
in tutti i valichi e i punti strategici.
«Dov’è Louise?» domandò Saito non vedendola
«La signora è ancora in biblioteca.» disse il
vecchio maggiordomo.
Saito andò da lei.
«Louise.» disse aprendo la porta «Dobbiamo
partire».
Lei era lì, in piedi davanti alle finestre, ad
osservare il paesaggio con aria spaesata.
«Louise…».
Lei si girò, guardandolo.
«Non riesco a crederci che dobbiamo
andarcene.»
«Ti capisco, Louise.» disse Saito carezzandole
la guancia «Anch’io ho il cuore a pezzi per quello che dobbiamo fare. Ma ti
prometto che sarà solo una cosa temporanea. Quando tutto questo sarà finito, ti
prometto che ritorneremo».
Poi, Saito si accorse che Louise stava
piangendo.
«Louise..»
«E pensare che avrei voluto dirtelo proprio
qui. In questa stanza. Ma più avanti, quando fosse stato in momento.»
«Dirmi che cosa?».
Louise raccolse allora tutto il suo coraggio. A
questo punto, non si poteva più tergiversare.
«Saito. Presto sarò incinta!».
Colto alla sprovvista, Saito minacciò di
svenire lì dove si trovava, e pensò di aver sentito una cosa per un’altra.
«Come, scusa!?»
«Per ora non lo sono ancora, ma ne ho tutti i
sintomi. Il motivo per cui non riesco ad usare come vorrei la mia magia, è perché
il mio potere magico si sta separando, per generare quello del bambino. Quando
i miei poteri torneranno del tutto, vorrà dire che sarò incinta per davvero».
A quel punto Saito realizzò di non stare
sognando, e abbracciò Louise pazzo di gioia.
«Non mi stai prendendo in giro, vero? Avremo presto
un bambino!»
«Sì, Saito!» gli rispose lei ritrovando il
sorriso tra le lacrime «È la verità. Avrei voluto dirtelo da tempo, ma non ne
ho mai trovato il coraggio!»
«Non avrei mai sperato di avere una notizia
così bella!».
Poi, passato il comprensibile momento di
gioia, entrambi si calmarono, tornando coi piedi per terra.
«Lo prometto.» disse Saito «Prometto che
nostro figlio crescerà qui, in questo palazzo.»
«Davvero?»
«Davvero. Saremo la famiglia più felice che
questo regno abbia mai visto, parola mia».
Poco
dopo, purtroppo, venne il momento dell’addio.
Saito, fattosi improvvisamente più premuroso
del solito, aiutò Louise a salire sulla carrozza, quindi salì a sua volta.
«Lascio tutto nelle tue mani.» disse Saito
prima di salire al vecchio maggiordomo
«Non temete, padrone. Avrò cura di questo
posto fino al vostro ritorno».
A quel punto, il convoglio si mise in marcia,
con i carri a precedere e seguire la carrozza, scortata e protetta dalle
moschettiere e da un manipolo di guardie. Kaoru e Siesta venivano subito
dietro, lui in sella ad un cavallo lei assieme agli altri inservienti a bordo
di un carretto, ma nessuno dei due aveva il coraggio di guardare l’altro.
Addio alle piacevoli passeggiate in giardini;
addio ai pomeriggi spesi a leggere all’ombra di una tenda da sole; addio alle
serate nella sorgente termale, ad abbracciarsi l’uno con l’altra; addio agli
amorosi ed appassionati incontri sul letto di nozze.
Louise si voltò a guardare un’ultima volta
quella villa dove aveva abitato per due anni con il suo sposo, e che, forse,
non l’avrebbe vista dare alla luce il loro primo figlio.
Ma che razza di mondo avrebbe trovato alla sua
nascita il bambino che presto avrebbe portato in grembo?
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Questo capitolo è
molto breve, come avete notato. Il fatto è che quasi tutta la carne era stata
messa al fuoco già nel capitolo precedente, quindi non restava molto altro da
dire.
Che dire? Saito e
Louise hanno abbandonato la loro villa, e posso confermarvi già da ora che non
vi faranno ritorno per un lungo, lungo periodo.
I prossimi capitoli
saranno una specie di intermezzo, un po’ distaccati dal contesto visto finora,
ma dai successivi si tornerà a parlare di guerra civile, annessione, complotti
e affini.
A presto!^_^
Carlos Olivera