LA VERITA’ FA MALE
Kate Beckett uscì dall’ascensore
in fretta e furia, urtando tutti coloro che le si paravano davanti. Ryan ed
Esposito le andarono incontro.
“Dov’è?” chiese la donna
concitata.
Esposito le circondò una spalla e
la condusse in sala relax, nel tentativo di sottrarla allo sguardo generale dei
colleghi.
Kate si liberò della stretta e
ripeté la sua domanda: “Ragazzi, dov’è Rick? Vi prego ditemelo subito”.
“Per prima cosa cerca di calmarti
Kate” provò a tranquillizzarla Ryan, ma la donna lo interruppe bruscamente:
“Come faccio a calmarmi? Devo vederlo subito, devo parlarci. È accusato di
omicidio ragazzi, non di avere rubato le caramelle ad un bambino. Dobbiamo
assolutamente fare qualcosa per aiutarlo. Subito!”.
Esposito la prese per le braccia
e la costrinse la fissarlo, facendola volontariamente fermare: “Kate, Castle è
nella sala interrogatori e non puoi vederlo. Nessuno di noi può farlo. Ha
espressamente chiesto che noi tre ne stessimo fuori, vuole essere interrogato
solo dalla Gates in persona. Possiamo solo assistere all’interrogatorio dalla
stanza con lo specchio, il capo ce lo ha concesso”.
La donna era sorpresa: perché
Rick rifiutava la sua presenza e quella dei suoi amici? Non aveva nessun senso.
Ryan la riportò alla realtà
toccandole il braccio: “Becks dai andiamo, la Gates è appena entrata. Te la
senti?”.
“Certo” rispose e aprendo la
porta, si diresse a passo svelto nell’altra stanza.
Vide Castle seduto davanti al
capitano. Le fece impressione vederlo lì. Era stato molte volte in quella
camera insieme a lei per far crollare i colpevoli, ma ora si trovava dalla
parte sbagliata del tavolo. Lo aveva già arrestato una volta in passato, solo
per ripicca. Voleva fargliela pagare per non essersi presentato al distretto
quando era ritornato dagli Hamptons, dopo aver terminato il suo secondo libro
su Nikki Heat.. Ora era diverso, la sua situazione era molto più complicata.
Udì il borbottare di un tuono in
lontananza, si stava avvicinando un temporale.
Kate si sedette sul tavolo di
legno seguita sia da Esposito sia da Ryan. Voleva cercare d’ascoltare rimanendo
il più lucida possibile.
La Gates aveva iniziato a parlare
con Castle. Il capitano domandò perché avesse rifiutato di vedere gli altri
componenti della squadra.
Era un’ottima domanda, voleva
saperlo anche lei.
Un lampo illuminò la stanza,
seguito da un tuono così forte che la fece sobbalzare.
“Voglio rendere una dichiarazione
spontanea” aveva detto Rick senza rispondere al precedente quesito.
La Gates lo guardò truce
inconsapevole di ciò che stava per ascoltare: “Sono qui per ascoltarla signor
Castle, prego mi dica pure”.
Castle si fermò un attimo, posò
le mani sul tavolo intrecciando le dita, poi, cercando di mantenere un
atteggiamento serio e credibile affermò: “Sono io. L’uomo a cui state dando la
caccia sono io. Ho ucciso quella donna, sono il suo assassino”.
Un altro lampo fece vacillare la
luce per un attimo, seguito dall’ennesimo boato, ed il suono di una pioggia
battente risuonò dall’esterno nelle loro orecchie.
Kate Beckett non se ne rese
nemmeno conto, il suo cervello si era ammutolito e il suo cuore aveva smesso di
battere nell’istante in cui aveva sentito echeggiare la parola “assassino”
dalla bocca dell’uomo. Le girò la testa e si accasciò tra le braccia di un Ryan
incredulo, mentre Esposito manifestò la sua frustrazione dando un pugno contro
lo stipite della porta.
L’interrogatorio si concluse
qualche minuto più tardi. Castle aveva raccontato tutta la sua verità, aveva svelato
l’identità della vittima e il presunto motivo di quel delitto così efferato.
Delitto passionale, era stato respinto.
Aveva ricostruito minuziosamente
quella sera dalla cena a casa di Beckett al suo arrivo sulla scena del crimine.
Rifiutò un avvocato dicendo che
ne avrebbe contattato uno più tardi, prima doveva ripulirsi la coscienza.
In quel momento era rimasto solo nella stanza,
la Gates era uscita per formalizzare la deposizione e di conseguenza l’arresto.
Appoggiò una mano sulla fronte per sostenersi. Si sentiva stanco, ora che tutto
era finito.
Kate aveva assistito a tutta la
scena, non erano riusciti a convincerla ad allontanarsi. Ryan non la lasciò
nemmeno un minuto, era ancora seduto accanto a lei e le aveva circondato la
spalla in un abbraccio fraterno. Lei non aveva protestato, lo aveva lasciato
fare. Davanti a quella confessione non era riuscita a mantenere la sua forza,
la sua fierezza.
Aveva bisogno dei suoi amici
specialmente in quel momento.
Non le chiesero niente, non le
dissero niente, quel silenzio valeva di più di mille parole. La loro presenza
dimostrava quanto fossero una squadra unita, quanto in un gruppo così
eterogeneo non contassero le differenze, ma solo l’amicizia e la solidarietà.
Kate era loro riconoscente e,
vedendo rientrare Javier con un bicchier d’acqua e porgerglielo, il suo cuore
non poté non scaldarsi almeno un po’.
“So che avresti bisogno di
qualcosa di più forte, ma al momento ti dovrai accontentare” cercò di
sdrammatizzare l’uomo.
Lo accettò, ma riuscì a berne
solo un piccolo sorso, la sua gola era ancora chiusa, una goccia in più non
sarebbe passata.
Prima che il suo amico riuscisse
ad allontanarsi troppo, gli prese la mano con cui aveva colpito la porta. Era
gonfia, rosso-violacea e, al suo tocco leggero, l’uomo aveva chiuso gli occhi
in segno di dolore.
“Javi vai a mettere del ghiaccio
su questa mano e fattela medicare da Lanie. Speriamo non sia rotta”.
L’uomo la guardò serio: “Ci vado
dopo, ora non posso. Voglio rimanere qui e capire fino in fondo cosa diavolo
sta succedendo. È pura follia, non posso ancora crederci”.
“Io non ci crederò mai, non posso
farlo” sussurrò la donna.
Ryan le accarezzò l’avambraccio
ed accennò un sorriso. Sapevano benissimo entrambi quale era la sua posizione.
“Cosa possiamo fare per
aiutarlo?” chiese Esposito.
“Qualcosa ci verrà in mente, ma
dobbiamo far presto” sintetizzò la donna.
In quel preciso istante sentirono
la porta aprirsi e Victoria Gates li raggiunse all’interno.
“Bene siete qui. Avete ascoltato
tutto? Nessuno si osi dire che è impossibile, perché ho imparato che in questa
vita nulla può essere dato per scontato. Quindi dobbiamo attenerci ai fatti e
verificare se corrispondono a verità. Non fate quelle facce, so benissimo
anch’io che la situazione è tutt’altro che piacevole, ma non possiamo
concederci il lusso di lamentarci”.
La donna aveva parlato con l’intera
squadra, poi si rivolse direttamente il suo sguardo su Beckett: “Detective
questo caso è suo e mi aspetto che lei continui a lavorarci sopra”.
Kate tremò.
Davvero le stava chiedendo di
incastrare Castle? Non ci sarebbe mai riuscita.
Fu Ryan a rispondere per lei:
“Capitano con il dovuto rispetto..”
La donna non gli lasciò nemmeno
finire la frase, incenerendolo all’istante: “Ryan non accetterò repliche. Non
mi interessano i motivi personali, il detective Beckett porterà avanti questa
indagine, che le piaccia o no. Anzi vi dirò di più, adesso entra là dentro e mostra al signor Castle il
messaggio che l’assassino ha lasciato sul corpo di quella povera donna.
Dovrebbe conoscerlo, visto che ha appena confessato, ma si è dimenticato di
menzionarlo. E io non amo essere presa in giro”.
Stavolta fu Esposito a cercare di
far ragionare la donna: “Capitano il signor Castle ha chiaramente fatto capire
che non gradisce la nostra presenza..”
“E da quando sono gli imputati a
comandare? Non ho mai permesso a nessuno di mettermi i piede in testa,
figuriamoci se inizierò da oggi”.
Fece alcuni passi verso la
detective che, oltre a rimanere in silenzio per tutto il resto della
conversazione, aveva abbassato la testa e scrutava il pavimento. Allungò il
braccio e le porse la prova incriminata.
“Vada Beckett”.
Il suo tono non ammetteva
repliche.
Kate restò per qualche secondo
immobile, poi alzò la testa e cercò gli occhi della donna. La fissò per un
attimo che sembrò infinito, poi prese il foglietto tra le mani ed uscì dalla stanza.
Victoria Gates non fece una piega
e, incrociando le braccia sul petto, si
girò verso lo specchio in modo da avere la visuale libera. Si ritrovò a pensare
a ciò che aveva visto negli occhi della sua giovane collega pochi istanti prima
e dovette star attenta a non mostrare tutta la sua ammirazione.
“Brava
Kate, hai capito. Richard Castle ha ragione, sei una donna veramente
straordinaria”.
Non riuscì quasi a concludere il
pensiero che la porta della sala interrogatori si aprì e Kate Beckett fece il
suo ingresso con aria trionfale.
Il viso di Castle mostrò tutta la
sua meraviglia, non si aspettava di vederla.
“So
che non mi deluderai Kate, che lo show abbia inizio!”
Kate aveva dovuto fermarsi per
respirare prima di poter girare quella maniglia. Sembrava che il suo corpo
avesse dimenticato tutte le sue funzioni, anche quelle vitali. Riuscì a
tranquillizzarsi, doveva farlo. Aveva una chance per poter parlare con lui e
non doveva sprecarla non riuscendo a gestire i suoi sentimenti.
Quando entrò, puntò dritta alla
sedia senza mostrare incertezze e si sedette proprio davanti all’uomo. Solo
allora riuscì a guardarlo in viso.
Negli splendidi occhi azzurri
dell’uomo era presente solo un sentimento, il terrore. Perché era così
spaventato dalla sua presenza?
“Non dovresti essere qui”.
La voce dell’uomo la svegliò dal
suo torpore.
“Questo è il mio lavoro Castle,
sono esattamente dove dovrei essere. Chi si trova nel luogo e nella situazione
sbagliata sei tu. So che non hai ucciso nessuno..”.
La donna parlò con tono calmo, ma deciso,
andando al punto senza troppe metafore. Voleva gestire la conversazione
portandola a suo vantaggio, doveva trovare dei punti che l’aiutassero a
confermare la sua intuizione.
“Ti stai sbagliando, io ho
raccontato la verità”. Castle era apparentemente fermo quanto lei.
“Non vuoi che io segua il caso?”
“Esatto. Kate, tu non devi essere
qui”.
La donna scrollò il capo: “Mi dispiace
Castle, non posso accontentarti. Il caso è mio, e nessuno mi toglierà dalla
testa il fatto che tu stia mentendo”.
L’uomo parlò calmo: “Mi dispiace,
ma io ho detto semplicemente la verità. So che è difficile da accettare. Non so
cosa mi abbia preso. Lei ha respinto le mie avance ed io ho perso la testa..”
Pensava davvero di convincerla
con quella stupida storia? Castle non era un uomo che si alterava solo per
essere stato respinto, lei lo sapeva bene. Erano quattro anni che si attraevano
e si respingevano come calamite dello stesso polo, ma lui si era sempre
comportato come un Uomo.
A chi voleva raccontarla? Di
certo non a lei.
Lo fermò senza troppi
complimenti: “Smettila di raccontarmi una delle tue storie scrittore! Credi
davvero che mi beva questa farsa? Vuoi farmi credere di aver ucciso quella
donna, ma non vuoi che sia io ad indagare, non hai richiesto la mia presenza”.
“Non riesco a capire come mai tu
continui a sottolinearlo, ma te lo ripeto ancora una volta, non devi
interessarti a questo caso. Restane fuori!”. L’uomo aveva alzato la voce, ma la
situazione lo stava esasperando. Se lei avesse continuato, il suo sacrificio
sarebbe stato vano.
Kate si alzò, fece il giro del
tavolo, si accucciò accanto a lui e, guardandolo dritto negli occhi, con un
tono di voce dolcissimo disse: “E allora perché hai lasciato questo biglietto
sul corpo?”. Gli porse il foglietto.
“Tu non hai ucciso nessuno”.
Castle, stupito, prese la prova
in mano e la guardò, ma, quando lesse ciò che era stato scritto sopra, si sentì
morire.
“Alla
straordinaria KB e a tutti i miei amici del dodicesimo. Il nostro gioco è
appena cominciato. Prova a fermarmi Kate, ti sto aspettando”.
Lo avevano preso in giro, era
stato tutto calcolato. Volevano levarselo dai piedi per avere campo libero con lei.. Oddio, gli stava consegnando Kate
su un piatto d’argento.
Il panico si impadronì di lui, aveva commesso un
errore imperdonabile, forse, però, non era ancora tutto perduto, ma quella
conversazione doveva finire al più presto. Si limitò a dire: “Voglio un
avvocato”.
Kate non si aspettava quella
reazione, sperava in una risposta differente dall’uomo. Gli si avvicinò ancor
di più, posò una mano sul suo braccio e gli sussurrò: “Non so perché tu voglia
escludermi così. Non vuoi parlarmi? Va bene, rispetterò la tua decisione. Però tu puoi ascoltarmi. Non so ancora in
quale guaio ti sia cacciato, ma, lo giuro, non ti permetterò di gettar via la
tua vita così. Ti aiuterò che ti piaccia o no. Ti sei arreso, l’uomo che
conosco io non si sarebbe mai lasciato andare così, se non avesse avuto un
valido motivo. Io lo scoprirò e mi riprenderò il mio partner”.
La donna si alzò e fece per
andarsene, quando sentì Rick afferrarle un polso: “Non ho mentito Kate, sono
responsabile della morte di quella donna. Ho sempre detto la verità, ma
soprattutto l’ho sempre scritta, nei miei romanzi. Non sono solo l’uomo che
conosci, sono diverso”.
Stava per replicare, quando entrò
Ryan concitato: “Becks ha chiesto un avvocato, il colloquio è finito. Non puoi
più parlare con lui. Deve essere trasferito in carcere”.
La donna non aveva compreso bene
il vero significato l’ultima frase, ma non ebbe il tempo di pensarci troppo su.
Si perse per l’ultima volta negli occhi del suo amato Castle, poi spinta dal
collega, uscì dalla stanza.
Victoria Gates chiuse gli occhi,
una volta rimasta sola.
“Maledizione,
i miei sospetti sono diventati realtà”.
Prese il suo telefonino ed
inoltrò una chiamata. Non poteva permettere che la situazione le sfuggisse di
mano.
ANGOLO MIO
Kate sa finalmente la “verità”, o
almeno quello che vogliono farle credere. Prima era solo nell’aria, ora l’ha
sentita uscire dalla bocca del suo amato scrittore. Starà con le mani in mano?
Io non penso..
Castle si avvia per davvero alla
galera, tra lo sconcerto dei suoi amici.
Cosa succederà? Io vi posso solo
dire che le sorprese non sono finite.. Un bacione e grazie a tutte!!!