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Autore: Gipsy Danger    21/04/2012    2 recensioni
48+1.
Quarantotto frammenti di vita e un epilogo. Quarantotto voci (alterne) e una fuori dal coro.
Quarantotto momenti mancanti. Più uno che non sarà mai dimenticato.
[In corso: arc 2Hero - Forever we are].
1# È persa nelle strade di Kyoto, in balia della corrente.
2# Dieci sassolini. Ora sono pietre.
3# Non c'è nome per il fiotto di calore che le sboccia nel petto.
4# La salita è finita. La scalata comincia ora.

Fan fiction partecipante alla challenge "The Four Elements"
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Land of Make-Believe
Part 1: Donten
-Forever we’ve been-

16.  Cominciare:
Aria#7. Brezza.

*
“Io e la mia ombra ci siamo messi in cammino
come un uccello folle, come un cieco ti seguo
come può una stella sola osare.”
Qualcuno con cui correre, David Grossman

*


Non crede più nelle favole.
Da piccola era tutto un altro discorso – quando era una bambina viveva per i racconti che suo padre le mormorava prima di spegnere la luce.
Il mondo fuori dalla porta non era interessante neanche la metà di quello costruito con le parole.
Ora ciò che l'aspetta là, oltre la soglia, è tutto quello che le resta. È un posto freddo, cattivo, feroce.
Il mondo si è mangiato sua padre.
Il mondo l'ha lasciata orfana.
Il mondo aspetta anche lei.
Senza la giusta protezione finisci per essere inghiottito vivo e masticato – non può avventurarsi da sola all'esterno, non così: è per questo che ha tirato fuori il piccolo specchio dal cassetto.
Ora, mentre guarda la propria immagine nella superficie increspata, si dice che la ragazza che vede deve sparire. Ad ogni costo.
L'obi se ne va per primo. Non è lungo come quello di un'attrice, ma avrebbe lo stesso bisogno di una mano amica, una che sappia come districare i nodi; ma le amiche non ci sono, allontanate dalla cautela e dalla necessità di troncare i rapporti, ad uno ad uno, perché nessuno la deve fermare.
Lotta contro la striscia di stoffa. Le spalle bruciano, le dita scivolano – alla fine ci riesce. Poi tocca allo yukata senza pretese, senza ricami: alla figlia di un medico non si addicono i fronzoli.
La seta fruscia sulla sua pelle. L'aria fredda traccia brividi sulle sue spalle.
Li ignora.
Sopporta, sopporta.
Stringe i denti e raccoglie le bende.
Ecco, questo sarà difficile.
È piccola, è magra: il suo corpo non ha ancora preso curve troppo evidenti, ma il suo petto sì, e non va bene. Si guarda i seni acerbi, piccoli, le punte dei capezzoli appena più scure della pelle chiara.
Via.
Qualcun'altra si fermerebbe a piangere sulla sua femminilità perduta quando non è ancora sbocciata.
China il capo e comincia a svolgere le fasce.
Adagio, ora.
Un giro, due. Incrocio. Schiacciare e stringere, trattenere il respiro. Quando ha finito riesce a stento a boccheggiare, oppressa dal desiderio di strapparsi via tutto. Si nasconde con l'haori, prima che la tentazione diventi troppo forte. Poi la casacca. Si sistema: se le pieghe sono ben tese, non si vede nulla.
L'aria fischia attraverso la carta di riso, fa fremere la fusuma come se qualcuno stesse cercando di aprirla. Lei si rannicchia e si infila gli hakama in fretta, per non guardare la propria ombra spaurita.
Nasconditi. Nessuno deve vederti.
Ultimo, i capelli. Via i fermagli elaborati, via il laccio di seta. Ciocche nere le ricadono sulle spalle. Sono lunghe – troppo. Non le ha mai tagliate prima, e la sua mano malferma si rifiuta di collaborare.
Non può chiudere gli occhi,, lei, mentre raccoglie la lama sottile e comincia a recidere le ciocche più lunghe.
Quando ha finito, nello specchio c'è un ragazzino androgino e tanto sottile da sembrare in punto di spezzarsi da un momento all'altro. Ha ancora un rimasuglio di capelli sulla guancia, una limatura nera.
La toglie con due dita. La pelle è asciutta.
Si ripromette che non piangerà, qualunque cosa succeda.
Ancora non lo sa, ma è la più grande menzogna che possa regalare a sé stessa.

(E la superficie dello specchio è incrinata, lì dove non può vederlo.
Quando apre la fusuma, la brezza soffia e fa inclinare la superficie.
Lo vedete?
Lì.
Quella crepa sottile.
Lì, a tagliare la gola di una ragazza cancellata).


***

C'era una volta.

Non crede più alle favole; eppure, quando si ritrova davanti alla porta di casa, si ferma a sfiorare i vecchi graffi nel legno con la solennità che si tributa ad un altare del sacrificio.  Segue le pieghe scavate, rese lisce dalla pioggia e dal tempo, e ricorda la fatica di grattare via la vernice.
Inseguendo un sogno -  questa impellente necessità di lasciare un segno, quasi la bambina che era avesse già intuito di non avere un futuro certo.
La rattristano, quegli stupidi segni, ma allo stesso tempo risvegliano memorie.
La voce di suo padre, il calore dei suoi sorrisi, la premura nei suoi gesti.
La brezza soffia ancora, portandole all'orecchio un tintinnio sommesso dall'ombra. Chizuru si guarda alle spalle.
Eccolo, appeso vicino all'ingesso: il furin. L'estate è passata, l'inverno sta arrivando in fretta – non importa, la campanella continua a suonare lieve. Lo stormire delle foglie può coprirla, ma non soffocarla.

C'era una volta.

Si sistema il bagaglio sulle spalle, stringe la mano sul fodero della kodachi. Goffa, si sistema la spada alla vita.
Spera di non doverla usare mai.

(Ma è solo un'idea.
Dopotutto, la sua storia non è ancora stata raccontata
e forse, se esiti ancora, non saprai mai se sarai
la fanciulla in pericolo o il tuo stesso salvatore).


La brezza soffia.
Non un addio: solo un arrivederci.

Cauta, Yukimura Chizuru si mette in cammino e comincia a scrivere da sola la sua storia.


*

[On the Path of Cloudy Weather
a girl who has forgotten her umbrella
is fearfully walking in the rain]


END.


Note dell'autrice:
Ed eccoci. Avevo pianificato questo capitolo da una vita, ma confesso di non essere mai stata sicura se sarei riuscita davvero a raggiungerlo. Ora, guardando i quindici che l'hanno preceduto, posso dirmi soddisfatta.
Quando ho iniziato questa raccolta ero ancora nel periodo in cui, se qualcosa non m'ispirava, la lasciavo a metà. Non avevo la minima idea se avrei portato a termine o meno il lavoro e a dirla tutta era il mio problema minore - avevo fretta di mettere su carta ogni cosa.
Poi è arrivato Derail, in tutta la sua mole e schifosa indole despota, e Land è diventata un modo per rilassarsi e distogliere occasionalmente l'attenzione dalla long in corso. Non è mai stato divertente, no, a volte avrei voluto prendere a capocciate la tastiera.
Ciò non di meno, è stato. E sarà, visto che questa è solo la prima parte della storia. Il resto arriverà a settembre, perché da questo momento in poi tutta la mia attenzione va esclusivamente a Bittersweet, che manterrà gli aggiornamenti regolari ogni dieci giorni, e Derail, ancora inedita e attualmente a metà strada. Land of Make - believe dovrà aspettare. Piccolo spoiler - il titolo dell'arc: Bakuchi Dancer; la canzone ispiratrice: Hero degli Skillet.
Ecco, insomma. Ho detto tutto. Ringrazio una volta di più chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui - recensori, lettori, seguaci eccetra - e vi rimando a settembre per l'inizio della seconda parte. :3



Kei



   
 
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