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Autore: Minari OppaRi    21/04/2012    3 recensioni
Non posso ancora crederci.
Anche dopo tutto questo tempo io non posso ancora credere che tu sia sparito dalla mia vita.
Se solo quell’estate non fosse mai arrivata…
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non posso ancora crederci.
Anche dopo tutto questo tempo io non posso ancora credere che tu sia sparito dalla mia vita.
Se solo quell’estate non fosse mai arrivata…
 

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L’estate era appena iniziata e io ero in vacanza con i miei in Toscana, per essere più preciso ero a Livorno. Non che la cosa mi entusiasmasse molto, io preferivo stare in città o chiuso nella mia camera.
Simone, muoviti. Il mare non aspetta
Certo mamma, il mare infatti stava solo aspettando me. Ma cerchiamo di essere seri per una volta. Risposi con un grugnito disinteressato osservando lo schermo del mio cellulare.
-Ancora niente- pensai sospirando.
Tanto valeva andare a sto cavolo di mare, giusto per passare il tempo.
Presi dei pantaloncini blu, iniziando lentamente a cambiarmi. Faceva fin troppo caldo e questo mi dava sui nervi.
“Simone, cavolo. Sei lentissimo”
Ci mancava pure mia sorella Alice ad innervosirmi di più.
Non che la odiassi ma la sua presenza m’irritava parecchio. Forse perché se la tirava troppo per via del suo fisico mozzafiato.
Lunghi e lisci capelli biondi e due occhi verdi limpidi come zaffiri.
Curve sinuose, un corpo slanciato e alto e beh, meglio se non aggiungevo altro.
Alice non rompere. Io a differenza tua non ho fretta di andare in spiaggia per rimorchiare la prima persona che passa
Di sicuro la offesi, perché vidi una sua venetta pulsare.
“Bravo. Parla cosi a tutte le ragazze e vedrai che nessuna te la darà”
Dopo quella sua ultima frecciatina(?) se ne andò sbattendo la porta.
Mi guardai allo specchio. E’ vero, nessuna ragazza ci sarebbe mai stata con me. Insomma, non ero mica un modello.
Non ero granché alto e la mia pelle lattea faceva ridere. Avevo dei capelli corti biondi sempre arruffati e i miei occhi azzurri erano sempre nascosti da alcuni ciuffi.
Mi misi velocemente una camicia a maniche lunghe, sempre per nascondere la mia pelle imbarazzante e tornai dalla mia famiglia.
Il mare non era molto distante, anzi, ci volevano solo dieci minuti a piedi.
Sentite. Io vado a farmi un giro, ci troviamo dopo in hotel
L’idea di dover camminare con i miei genitori mi faceva rabbrividire e poi non volevo ascoltare le chiacchere di mia sorella su quanto fosse carina e su come tutti i ragazzi cadessero ai suoi piedi.
“Bravo, bravo. Vattene che non voglio avere uno sfigato intorno”
Ignorando Alice iniziai lentamente a camminare per la strada della città. Non conoscevo bene il posto, l’estati precedenti rimanevo sempre chiuso in camera a giocare col computer e quindi non avevo avuto la possibilità di orientarmi.
-Che tristezza. Devo vagabondare in queste strade sconosciute senza uno straccio di amico-
Non avevo amici ma questa è una storia che preferivo non ricordare. Svoltai molti angoli, non facevo altro che andare a destra e a sinistra senza una meta precisa. Presi il mio iPod, mettendo a massimo volume “Dame Reggaeton” di Dj Mastro, io adoravo quel genere di musica ma sembrava che tutte le persone che avevo intorno invece non l’apprezzassero. Bah, tanto ognuno aveva i suoi gusti, non potevo criticare nessuno.
Svoltai l’angolo andando a sbattere contro dei ragazzi che erano forse il triplo di me. Ottimo, la giornata iniziava solo a migliorare.
Ah, scusatemi
I due mi guardarono piuttosto male e quello più grosso mi prese per il colletto, sbattendomi contro il muro.
Non riuscii a trattenere un gemito di dolore. Purtroppo io ero uno dal corpo molto sensibile.
“Guarda, guarda. Una faccia nuova. Chi cavolo sei, mocciosetto? E da dove vieni?”
M-mi chiamo Simone Locatelli e…e vengo da Bergamo
“Oh ma guarda un Lombardo. Si da il caso che quelli come te ci stiano sulle scatole”
I due iniziarono a ridere. Ma che cavolo c’era di divertente?
Quel colosso alzò un pugno, intento a darmele di santa ragione. Ero nei guai fino al collo. Chi cavolo mi avrebbe salvato?
Maledizione, maledizione. Avrei dovuto imparare a difendermi quando ne avevo occasione. Perché cavolo avevo dovuto abbandonare il corso di Karate?
Chiusi gli occhi per evitare di guardare la mia fine dritta in faccia. Il sangue mi si stava congelando nelle vene e avevo sempre più paura addosso.
Hey, non lo toccate!”
Di chi era quella voce? E perché io non sentivo più la stretta al mio colletto? Ma domanda ancora più grande, perché non sentivo dolore?
Aprii lentamente gli occhi, ammirando la scena più incredibile di tutta la mia vita.
Un ragazzo, forse di tre centimetri più alto di me, era riuscito a mettere in fuga quei due colossi. Se era un sogno, per favore nessuno doveva svegliarmi.
Il ragazzo si girò verso di me e mi tese la mano.
Va tutto bene?”
Mi chiese sorridendo.
Cazzo. Quel suo sorriso era fottutamente bello. 

  
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