A
spasso nel 40 a.
C.
Era
una calda estate
del 1987, quando Ranma e Akane si stavano godendo le loro vacanze
estive
all’ombra della tettoia della loro casa.
Il
caldo era così
soffocante che il ghiaccio nei bicchieri si scioglieva subito.
Improvvisamente:
Ranma:Cos’è
questo forte vento?
Akane:Non
lo so Ranma…Aiuto !
Ranma
e Akane:Ah!
Furono
risucchiati da
uno strano vortice.
Nello
stesso momento:
Shampoo:Nonna
vado a fale le consegne!
Obaba:Sta
attenta Shampoo, di questi tempi
c’è gente che ruba per mangiare a sbafo. Portati
dietro Mousse. Se ti
succedesse qualcosa, potresti sempre ripararti con lui.
Mousse:Arrivo
Shampoo! Ma cosa…Ah!
Shampoo,
Obaba e
Mousse finirono risucchiati.
Sulle
montagne vicino al monte Fuji:
Ryoga:Uffa!
Ma non dovrei essere sulle
spiagge di Okinawa? Ma cosa…Aiuto!
Ryoga
faceva la
stessa fine. Stessa sorte tocco anche a Kuno, mentre si stava
“allenando” nella
sua residenza.
Si
ritrovarono tutti insieme in una landa desolata.
Akane:Ma
che posto è questo? Dove ci
troviamo?
Obaba:Che
strano. Sembra quasi il deserto che
percorsi per allenarmi 2000 anni fa… Senza dubbio ci
troviamo in Cina.
Ryoga:Come
facciamo a tornare indietro
adesso, se ci troviamo nel bel mezzo di un deserto, eh vecchia strega?
Ce lo
spieghi?
Obaba:Basterà
attraversare il deserto,
ovvio!
Tutti:Oh,
no!
Cominciarono
la
traversata. Diventava ogni secondo più caldo.
Ad
un certo punto si
sollevò un polverone seguito da scalpiccii e urla tremende.
All’orizzonte
apparve una schiera di uomini al galoppo. Tutti, molto irritati e
camminando
nervosamente cominciarono a chiedersi cosa stesse succedendo; solo
Obaba era rimasta ferma e
rigida. Deglutì e poi urlò:
Obaba:Scappate
più veloce che potete! Sono
Unni! Ci troviamo nel 40 a. C.!
Tutti
impietriti si
fermarono mentre gli Unni si avvicinavano…passò
un attimo e l’avanzata
continuava…scoppiarono in un grido collettivo:
Tutti:Cosa?!?
Obaba:Scappiamo
prima che ci prendano
prigionieri!
I
ragazzi
cominciarono a correre, ma ormai era troppo tardi. Gli Unni li
accerchiarono;
successivamente li legarono molto stretti e li portarono via.
Erano
in un epoca
lontana, prigionieri di un popolo ormai inesistente.
I
giorni e le notti
passavano; gli Unni vagavano senza una meta apparente, la speranza di
tornare a
casa era quasi vana.
Una
notte mentre
tutti dormivano, Ranma rimase sveglio a contemplare le stelle che
riusciva a
vedere dalla tenda. Ad un certo punto senti un rumore, che
all’apparenza era
continuo; si mise in ascolto: era il pianto di qualcuno: ma di chi?
Ranma si
guardò intorno e vide il suo unico e vero amore: Akane. Fra
tutti
era
la persona che
l’aveva presa peggio. La scuola era finita e poteva godersi
le vacanze, invece
era stata risucchiata da un vortice ed era rimasta prigioniera in un
epoca
antica chissà dove. La situazione la faceva stare molto
male, a tal punto che
quella sera scoppiò in un pianto.
Le
si avvicinò e le
chiese dolcemente:
Ranma:Perché
piangi Akane?
Akane:Ho
paura di rimanere qui per sempre.
Ranma:Non
è vero. Non rimarremo qui per
sempre. Prima o poi un altro vortice verrà e allora potremo
tornare a casa.
Akane:Lo
spero veramente, con tutto il
cuore.
Ranma:Fidati,
ce la faremo.
Ranma
per rincuorarla
la strinse a se più forte che poteva. Il momento era
talmente emozionante, che
sembrò fosse durato per anni, e invece furono solo pochi
attimi.
Il
tempo tornò a scorrere
interminabile. Ne era passato molto e sicuramente si trattavano di
alcuni mesi,
o forse… anni.
I
nostri amici
prigionieri, ignari di tutto, avevano attraversato i territori della
Russia
attuale sopravvivendo con loro grande fortuna.
Il
clima desertico
del Gobi si alternò bruscamente con quello della tundra
siberiana.
Un
giorno la
differenza si fece sentire bruscamente. Stavano svolgendo alcune
riparazioni
all’accampamento nomade per conto dei capi unni, quando
improvvisamente un nugolo
di polvere desertica si sollevò dal nulla. La maggior parte
delle tende fu
scaraventata via o risucchiata; i capi unni si nascosero con tutto il
loro
popolo, ma Ranma e gli altri rimasero in balia della tempesta. Quando
finì,
Mousse, Shampoo e Obaba erano scomparsi. Tutti si guardarono bene
attentamente.
C’era una componente che stonava in quel luogo quasi
anti-diluviano: era un
pezzetto di un qualcosa… plastica! Non esisteva ancora la
plastica! Questo dava
la spiegazione.
I
tre erano stati
risucchiati in un altro vortice e dovevano essere tornati a casa.
La
speranza si
riaccese.
Poco
tempo dopo
giunsero in una terra desertica all’apparenza monotona, ma la
linea del deserto
era interrotta da quella di fiorenti oasi, da una grande
città.
Le
case erano
semplici e maestose allo stesso tempo, fra di loro due edifici
spiccavano
particolarmente; c’erano monumenti e altri edifici che
terminavano appuntiti…
avevano un’aria familiare… forse li avevano visti
nei libri della storia del mondo…
ma sì! Erano in Egitto! Le grandi costruzioni appuntite
erano piramidi e
obelischi, i grandi edifici che spiccavano erano il tempio di Athon, il
loro
dio Sole, e il palazzo del faraone; quelle che sembravano oasi, erano
in verità
un’area lussureggiante che si stagliava sulle rive del Nilo.
Ma
gli Unni non erano
lì per ammirare le grandi opere egizie.
I
nostri infatti, si
erano introdotti quasi furtivamente nella grande città. I
loro schiavisti si
erano nascosti in ampi mantelli e camminavano rapidamente in mezzo alla
folla.
Per
non dare
nell’occhio si erano anche sparsi; ogni capo aveva
però in mano uno degli
schiavi, per evitarne la fuga.
La
città in poco
tempo fu attraversata e si ritrovarono nuovamente nel deserto, ma
stavolta
aveva un aspetto diverso, sicuramente si trattava di un deserto
roccioso.
Attraversato
un alto
colle si ritrovarono davanti un immenso esercito di soldati mongoli e
unni. Il
loro piano era quello di attaccare l’Egitto e di
impossessarsene.
Erano
tutti terribili
e minacciosi, ed ispiravano qualcosa di rozzo, primitivo e sanguinario.
Erano
disposti a tutto pur di sconfiggere l’esercito egizio-romano.
I
ragazzi ignari di
tutto furono gettati nelle schiere dei fanti e armati di pugnali,
mentre Akane
era stata messa a fare assistenza ai feriti. Mentre la gettavano
insieme ad
altre ragazze prigioniere, urtò contro una di loro e con sua
meraviglia vide
che…:
Akane:Nabiki
sei tu!
Nabiki:Sorellina!
Akane:Ma
come sei finita tu qui?
Nabiki
preso un
momento di silenzio rispose:
Nabiki:Quel
giorno che voi spariste nel
vortice sono stata risucchiata anch’io . Ero venuta a
cercarvi e invece di
trovarvi, sono stata condannata a fare da schiava a questi rozzi. Per
tutto
quello che mi è successo, avrei bisogno di un bel rimborso!
Akane:…
Poco
dopo videro un
uomo corpulento, che si alzò sopra tutti in groppa ad un
cavallo, il quale
iniziò a parlare molto velocemente e a gesticolare. Ad un
certo punto si
interruppe e tutto l’esercito iniziò a muoversi.
Ranma e gli altri furono
spintonati insieme ad esso.
Stavolta
il ritmo
della marcia era frenetica e in poco tempo si ritrovarono vicino alla
città; ci
fu un attimo di pausa, poi l’esercito accompagnato dalle urla
selvagge dei
soldati, si scagliò all’attacco della capitale
egizia. Questa situazione durò
poco: infatti subito dopo l’esercito unno-mongolo si
bloccò: si cominciarono a
sentire sempre più distintamente voci, rumori di zoccoli di
cavalli…il
silenzio. Quel momento di silenzio sembrò durare
un’eternità; Ranma, Ryoga e
Kuno furono attraversati dai brividi dalla paura.
Improvvisamente
un
nugolo di frecce investi l’esercito mongolo e molti uomini
furono trafitti e
molti altri morirono; i nostri (anche Kuno incredibilmente!) riuscirono
a
sfuggire, ma nel farlo si ritrovarono tra le schiere del potentissimo
esercito
egizio-romano: vi erano moltissime schiere di legionari romani, le fila
delle
catapulte, la
fanteria
egizia, i comandati egizi posti sulle bighe, i centurioni romani a
cavallo ed
infine videro loro, i più potenti, ma con loro grande
sorpresa: Cleopatra, la
grande regina egiziana, posta su di una magnifica quadriga,
assomigliava
incredibilmente ad Akane, e Marco Antonio, il grande triumviro, a
cavallo di un
bellissimo purosangue, era la copia sputata di Ryoga. Essi vedendo i
ragazzi
piombati improvvisamente tra le loro fila, li fecero catturare senza
pensarci,
così vennero portati via.
La
battaglia
continuò, sempre a vantaggio degli Egiziani e dei Romani.
Il
conflitto era
quasi finito e le sorti segnate, ma avvenne l’incredibile:
due guerrieri mongoli
si avvicinarono a Cleopatra e a Marco Antonio e senza che essi se ne
accorgessero furono pugnalati alle spalle. Anche se un generale egizio
se ne
accorse quasi subito, i due erano ormai morti dissanguati.
L’esercito
egizio-romano adirato e addolorato da tale avvenimento, si
scagliò con ferocia
contro gli Unni e Mongoli, trucidandoli uno ad uno, fino al loro
accampamento
provvisorio. I pochi sopravvissuti furono fatti prigionieri; tra di
loro, oltre
a Ranma, Ryoga e Kuno, c’erano Nabiki e Akane.
Ranma
si ritrovò solo
in una piccola cella abbandonato a se stesso per qualche ora,
finché un soldato
lo fece uscire, ma la situazione non migliorò: fu legato e
condotto in strada
insieme ad altri prigionieri.
Quando
scoprì la meta
fu assalito dai brividi per la paura: le guardie della prigione lo
stavano
conducendo al mercato degli schiavi.
Fu
messo in fila
insieme ai tanti sfortunati che erano con lui; poi un uomo, che aveva
proprio
la faccia da mercante, gli mise al collo un cartello e lo spinse in
bella vista
su di un piccolo palchetto di legno. Ranma veniva continuamente
osservato,
toccato, squadrato da capo a piedi finché una donna con
colui che doveva essere
suo marito, sentenziarono qualcosa parlando col mercante e poi fecero
portare
via il nostro povero protagonista.
Ranma
fu lavato e
rivestito da capo a piedi; poi fu messo a lavorare come sguattero dalla
mattina
alla sera.
La
permanenza di
Ranma al palazzo del signore egizio sembrò interminabile:
ogni sera si
soffermava a guardare l’orizzonte, nella speranza di vedere
Akane comparirvi
all’improvviso, ma questi erano solo pensieri, che
alleviavano i dolori causati
dalla realtà.
Una
mattina il
padrone del palazzo fece chiamare Ranma, gli disse parole
incomprensibili, lo
fece rivestire con abiti migliori dei soliti e lo fece salire con lui
su di una
biga. Quale sarebbe stata la meta stavolta? Forse il signore aveva
deciso di
sbarazzarsi di lui? Questi pensieri funesti sparirono subito dalla
mente del
nostro amico, non appena cominciò a intravedere la
città del palazzo faraonico,
dove molto tempo prima era stato fatto prigioniero.
La
biga del signore
si avvicinava sempre di più al palazzo della regina, facendo
ritornare a Ranma
i tristi ricordi della battaglia.
Quando
arrivarono al
palazzo, il signore egizio e il nostro protagonista furono condotti al
suo
interno, arrivando fino alla sala del trono dove c’era lei,
ancora sempre più
maestosa: Cleopatra.
Ranma
sapendo chi
fosse, si inginocchiò automaticamente per evitare pericolosi
fraintendimenti,
ma nel vedere la regina fu preso dallo sconforto.
Cleopatra
gli
ricordava terribilmente Akane, che non aveva più visto dal
fatidico giorno.
Preso da una morsa allo stomaco scoppiò lentamente in un
pianto silenzioso:
Cleopatra:Tu,
servo. Come mai piangi? Non sei
forse felice di poter venirmi a servire nel mio palazzo imperiale?
Ranma:Voi
sapete parlate la mia lingua,
regina?
Cleopatra:Naturalmente.
Io sono Cleopatra, la
grande regina d’Egitto, non una comune mortale. Allora,
servo, ditemi, il
vostro padrone mi ha parlato molto bene di voi, siete davvero
così efficiente?
Ranma:Ah,
sono sicuro di essere migliore
di tre servi egiziani messi insieme!
Cleopatra:Bene,
se vi sentite così forte,
potete mettervi subito all’opera. Un’ultima cosa:
qual è il vostro nome?
Ranma:Ranma,
Ranma Saotome.
Ranma
fu subito
condotto nelle sale dei ricevimenti, in cui dovette pulire, lavare e
lucidare
tutti i giganteschi pavimenti; poi dovette sgomberare i giardini dai
sacchi di
farina e grano; infine poté coricarsi nella sua piccola
stanza assegnatagli.
Le
attività di
pulizia e sgombero diventarono una routine per lui, tale che eseguiva
gli
ordini quasi meccanicamente.
Una
sera mentre
tornava nella sua stanza, vide nella sala dei banchetti la regina che
parlava
con un’ancella. Incuriosito si nascose dietro ad una colonna
ad ascoltare:
Ancella:Senti,
mi vuoi spiegare com’è che
ancora non gli hai detto che sei tu la regina?
Cleopatra:Non
posso ancora! Devo riuscire a
trovare il momento giusto. È incredibile solo che stasera
siamo riuscite a
parlare da sole. Le ancelle e le schiave sono più
appiccicose di Kuno e
Happosai messi insieme!
Ancella:Eh!
Non cambierai mai sorellina!
Cleopatra:Uffa
Nabiki! Sei sempre la solita!
Non perdi occasione di biasimarmi.
Ranma
con suo grande
stupore e felicità scoprì che l’ancella
era Nabiki e, ricordando un po’ i fatti
accaduti nella battaglia, riconobbe, in quella falsa Cleopatra, Akane.
Veloce
come un
fulmine andò verso la sua stanza, ma il caso volle che Ranma
si scontrasse con
una guardia:
Guardia:Stolto
di un servo, che tu venga
maledetto! Ora subirai la punizione degli dei!
Ranma:Accetto
la tua sfida. Fatti
sot…Kuno?
Ranma
nel rialzarsi
da terra vide che la strana guardia non era che quello scemo di Kuno.
Kuno:Tu!
Come conosci il mio nome e come
osi pronunciarlo! Non ti ho mai visto prima d’ora in
vita…mia…Ora comprendo!
Saotome, sei tu! Il solito irrispettoso, ora te la farò
pagare con la mia
spada. Combatti!
Ranma:Yahh!!!!!
Kuno
come al solito,
fu steso al tappeto in men che non si dica, e come al solito non si
voleva
dichiarare sconfitto:
Kuno:Saotome!
Prima o poi te la farò
pagare!
Ranma:È
stato divertente battermi con te,
Kuno, ma facciamo un’altra volta, ok? Ciao, ciao!
Ranma,
contento come
non mai, tornò alla sua stanza. Rivedere Akane era stata una
gioia per lui, una
gioia immensa; gli erano poi mancati i combattimenti assurdi con Kuno:
in quei
pochi attimi si era commosso e divertito come prima. Due parole gli
balenarono
in mente: 1987 e Giappone. Gli mancavano, ma rivedendo gli altri, una
speranza
si riaccese in lui.
Il
giorno dopo, il
passo più importante da fare era quello di riuscire a
parlare con Akane: teneva
a starle vicino come un tempo, quando era Ranma Saotome, il ragazzo un
po’
strano venuto ad abitare a Tokyo, dopo la sventura in Cina.
Ranma
si diresse
nella sala del trono. Il piano scattò:
Ranma:Mi
perdoni mia regina per
l’interruzione, ma c’è una lettera
importante da Roma. Mi è stato detto che
solo lei può leggerla e che deve rimanere con lei, per
assicurarsi che non
succeda niente, il servo che ve l’ha portata.
Akane:Bene!
Tutti fuori tranne lui. Su
ditemi, di che si tratta? E dov’è questa lettera?
Non la vedo…
Ranma:Razza
di stupida! Perché non mi hai
detto niente! Sono stato schiavo per molto tempo, credendoti perduta o
morta!
Akane:Io
non capisco…Cosa significa?
Ranma:Smettila
di recitare, Akane! So che
sei tu!
Akane:…Oh,
Ranma, hai capito tutto.
Purtroppo non ho potuto dirti niente perché non sono
riuscita ad avvicinarmi a
te. Quel giorno, quando ci catturarono, la regina fu uccisa, e vedendo
che le
assomigliavo, mi supplicarono di sostituirla, a patto di mantenere il
segreto.
Se avessi detto tutto, a quest’ora sarei morta!
Ranma:Io…
Akane
iniziò a
piangere. Aveva un’espressione in volto di dolore, anche se
in verità, il suo
era un pianto di gioia. Anche se da molto tempo aveva sotto gli occhi
Ranma,
ritrovarselo così davanti, le aveva provocato forti emozioni.
Ranma:Oh,
no, Akane. Non piangere…
Akane:Ranma…
Ranma
la strinse a se
dolcemente, accarezzandole i capelli; poi le diede un bacio sulla
fronte:
Ranma:Ora
devo andare. Qualcuno potrebbe
accorgersene. Ciao…
Akane:Aspetta,
Ranma!
Ranma:Si?
Akane:Ogni
sera io mi ritiro nelle mie
stanze. Non saranno presenti ancelle. Ti prego, verrai?
Ranma:Beh…Non
posso rifiutare un invito
della mia regina. Verrò…
I
due si congedarono:
Ranma tornò alla sua routine giornaliera e Akane a andare a
destra e manca per
il palazzo, per svolgere tutte le cerimonie più assurde e
possibili.
Nel
pomeriggio tutti,
dai servi alla nostra cara regina, furono convocati nella sala del
trono:
qualcosa stava accadendo.
Ranma
entrando vide
Akane sul trono, Nabiki che le stava di fianco come ancella e Kuno, che
stava
ritto immobile come una statua, vicino alle colonne
dell’ingresso della sala
del trono.
Arrivò
un legionario,
si piazzò in mezzo e iniziò a parlare:
Legionario:Marcus
Antonius, Romae magnus
triumviri!
(Marco
Antonio, il grande triumviro di Roma!)
La
folla della gente
presente si aprì, e comparve lui. Ranma se lo ricordava
bene: come si faceva a
non ricordare uno che aveva la faccia antipatica di Ryoga?
Si
avvicinò e si
inginocchiò davanti ad Akane:
Marco
Antonio:Vi
porgo i miei
omaggi, o dolce regina d’Egitto. La vostra bellezza risplende
in tutto il
palazzo. Ho deciso di venire qui per alcune settimane. Ora vo. Se
vorrete
venire, io sarò nel mio palazzo. Vi aspetto.
Ah,ah,ah,ah,ah,ah!
Marco
Antonio uscì
dalla sala e se ne andò, continuando ininterrottamente la
sua risata pazza.
Nabiki:Sai,
sorellina, tutti quegli anni
passati a Roma, hanno fatto impazzire un po’ Ryoga, non trovi?
Akane:Concordo…
Nel
tardo pomeriggio,
Ranma, mentre stava andando furtivamente da Akane, ripenso a Marco
Antonio: era
troppo strano. Poi mise insieme alcuni elementi che lo avevano reso
ancora più
strano: l’elmo, che era completamente assente dal vestiario
militare del
triumviro, e invece la presenza di una strana bandana
gialla…:
Ranma:…RYOGA!
Infatti
era così.
Marco Antonio non era altri che Ryoga, a cui era capitata la stessa
sorte di
Akane, con la solo differenza che lui era stato portato a Roma.
Finalmente
arrivò
alle sue stanze:
Ranma:C’è
nessuno? Si può?
Akane:Shhhhhhhh!
Non urlare! O ti
scopriranno.
Ranma:Sì,sì.
Giusto. Senti me lo potevi
dire anche prima che il bellimbusto romano era Ryoga! Che rabbia!
Sembrava un
pavone allo zoo!
Akane:Ranma,
non è che sei geloso come
sempre? Sai, sei tutto rosso.
Ranma:Tse,
figuriamoci, ora poi che è
rincitrullito di più; poi geloso di te,ma fi…
Ranma
si bloccò
all’improvviso: osservò Akane. Era bella come non
l’aveva mai vista. I capelli
le erano tornati lunghi come un tempo e la bellissima veste bianca con
i
bracciali dorati la rendevano ancora più bella.
Arrossì.
Insieme
si spostarono
vicino ad una finestra e lì rimasero in silenziò
per un po’. Il sole stava
tramontando e il cielo si accendeva di un rosso fuoco.
Akane:Questo
tramonto è bellissimo. È
forse la prima volta che mi sembra così bello dopo tanto
tempo…
Automaticamente
i due
si guardarono negli occhi. Ranma guardò Akane, come se
l’avesse rivista solo in
quel momento. I loro volti si avvicinarono, e due si scambiarono un
tenero
bacio. Quel bacio durò molto.
Dopo
Ranma
l’abbracciò…:
Ranma:Ho
sofferto molto in tutto questo
tempo senza di te. Giurò che da ora in poi non ti
lascerò più, per nulla al
mondo!