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Autore: HIGH and MIGHTY COLOR    22/04/2012    2 recensioni
And to the losers go the shackles.
Ai vincitori il bottino, agli sconfitti i ceppi. Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Ma alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.
[Genre: Friendship/Family, Pairing: Bulma/Vegeta]
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bardack, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils.
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89.

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.


Raditz era seduto con le braccia incrociate sul petto, guardando suo padre camminare avanti e indietro per il pavimento di legno massiccio. Seguì l'uomo più anziano con gli occhi, e Bardock continuò a andare avanti e indietro. Raditz iniziò a tamburellare con un dito sul proprio bicipite, e si schiarì lievemente la gola. Suo padre non diede alcun cenno di aver sentito così se la schiarì di nuovo, questa volta più rumorosamente. Ancora una volta Bardock non gli prestò alcuna attenzione, e continuò a camminare. Raditz alzò gli occhi al cielo e voltò la testa.

"Dovrei chiamare qualcuno perché venga a sostituire il pavimento, oppure il tuo piano è consumarlo fino a scavare un buco che arrivi al centro del pianeta?"

Bardock si voltò rapidamente a fissare suo figlio, e aprì la bocca, come se stesse per gridargli contro o fargli una tipica tirata sul badare ai fatti propri, ma con grande shock di Raditz suo padre chiuse la bocca e si voltò, camminò fino al letto e ci si sedette. Intrecciò le mani sopra la bocca e iniziò a battere leggermente per terra con il piede, fissando con aria truce un punto sul muro.

"Padre, che sta succedendo?" Disse Raditz inarcando un sopracciglio. "Non ti vedevo tanto sconvolto dalla nascita di Kakarot."

Gli occhi di Bardock salirono di scatto su di lui, un' espressione furiosa sul viso. "Chi ha parlato di Kakarot?" Sbottò sulla difensiva.

Raditz sollevò un sopracciglio. "Io. Proprio in questo momento." Disse, scacciando la confusione dal suo viso con un battito di palpebre.

"Cos'hai da dire al riguardo?" Bardock stava squadrando suo figlio con un certo grado di sospetto.

Raditz aggrottò la fronte. "Niente." Disse, cercando di capire di che stesse parlando suo padre. "Ho detto che sembravi sconvolto come il giorno in cui è nato."

"Quel guerriero di infimo livello probabilmente è morto, perché dovrei essere sconvolto?" Disse Bardock, congiungendo le mani sopra la propria bocca. "Il pianeta su cui è stato inviato perché lo invadesse era ancora intatto quando l'abbiamo trovato, quindi chiaramente ha fallito ed è morto."

Raditz si limitò a fissare suo padre. "Cosa c'entra quello?" Poi ebbe un' illuminazione. "E' davvero per quello che sei tanto preoccupato? Kakarot? Padre sono passati quattro cicli! Perché stai pensando a lui solo adesso?"

"NON ci sto pensando!" Sbottò Bardock.

Raditz lo guardò in cagnesco a sua volta, e incrociò le braccia. "Beh se non è quella la ragione per cui sei tanto agitato, allora qual è?"

"Non sono affaracci tuoi." Bardock si alzò in piedi e si diresse verso la porta, e la aprì violentemente. "Sto uscendo. Tornerò più tardi." Se ne andò, sbattendosi dietro la porta. Raditz fece roteare gli occhi e si sfilò l'armatura, preparandosi per andare a letto. Aveva preso l'abitudine di non interessarsi davvero a ciò che faceva suo padre, dato che a suo padre non era mai davvero interessato ciò che faceva lui. Era il tipico metodo educativo dei genitori Saiyan.(*) Crescendo, Raditz aveva sempre silenziosamente invidiato il suo fratellino, nonostante fosse probabilmente morto. Scrollò le spalle e si lasciò cadere sul suo letto. Suo padre poteva fare quello che gli pareva.




Bardock percorse i corridoi sbattendo furiosamente i piedi. Fumò lievemente di rabbia prima di giungere in fondo al corridoio e spalancare la porta. Sbatté le palpebre e si fermò quando uno dei cardini si allentò e cigolò lievemente, staccandosi dal telaio. Sospirò e si massaggiò gli occhi, prima di appoggiarsi al muro. Non importava con quanto impegno o quanto a lungo ci pensasse, era una coincidenza troppo grossa. Suo figlio, che condivideva il suo codice genetico, e i suoi capelli -come l'aveva visto da bambino- era stato inviato sulla terra, e adesso più di qualche ciclo più tardi, un giovane dai lineamenti Saiyan, proveniente dalla Terra, gli correva incontro, scambiandolo per il proprio padre. Era una coincidenza eccessiva, e non importava con quanta forza provava a trovarle una spiegazione, continuava a giungere alla stessa conclusione. Il ragazzo era il figlio di Kakarot.

"No. Non è possibile." Disse, appoggiandosi al muro. "Non è possibile, non può essere!"

Tirò giù la mano dalla faccia e fece una smorfia. Doveva trovare un modo di accertarsene. Sia Tora che Fasha gli avevano suggerito di trascinare il ragazzo da Malaka e fargli fare dei test per vedere se si trattasse veramente di un Saiyan.
Ma così facendo gli sarebbe toccato spiegare perché avesse trascinato uno schiavo fuori dalla sala caldaia, e ne avesse fatto esaminare il sangue. E se il ragazzo si rivelava non essere un Saiyan, si trattava di un bel po' di spiegazioni da dare. Poteva semplicemente andare dal ragazzo e chiedergli se conoscesse Kakarot, ma anche così ci sarebbe stato parecchio da spiegare. Qualcosa doveva fare, però. Camminò per i corridoi e aprì la porta che dava sulla caldaia. Entrò e si appoggiò contro la porta. Incrociò le braccia sul petto, e chiuse gli occhi, seppellendosi in una profonda concentrazione. Ci doveva essere un modo di risolvere la situazione, e di farlo in fretta. Anche se non era proprio certo di cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che il ragazzo era suo nipote. Comprarlo dall' acquedotto e portarlo a casa? Quello non era mai stato lo stile di Bardock; non era un gran genitore, quello era certo. Tuttavia, tenere un Saiyan come schiavo era inaudito. Non era sicuro di come avrebbe reagito il resto della comunità. Probabilmente avrebbero ucciso il ragazzo, colpevole di essere un disonore per il sangue Saiyan, cosa che avrebbe spiegato perché il ragazzino non ne parlasse.

Tuttavia, non poteva semplicemente lasciare le cose così. Avrebbe dovuto trovare un modo di entrare in possesso segretamente del DNA del ragazzino e farlo esaminare. A quel punto poteva decidere che direzione prendere. Ma dove diavolo poteva andare a prendere il DNA del ragazzino? Non era come se potesse semplicemente avvicinarsi al ragazzino e dire: "Dammi il tuo sangue."

La testa di Bardock si sollevò di scatto, e i suoi occhi si spalancarono. "Aspetta un secondo." Borbottò. "Sangue." Infilò una mano nella tasca e tirò fuori il panno marrone che portava con sé. Lo dispiegò, e fece un largo sorriso. Era ancora macchiato di sangue. Il sangue del ragazzino. Sorrise, si rificcò il panno nella tasca e girò i tacchi, diretto all'uscita dell'impianto. Si diede mentalmente una pacca sulla schiena per aver aiutato il ragazzino la volta prima. La fortuna stava finalmente girando dalla sua parte.




Goten si lasciò cadere sulla sua amaca e ci si stese con il braccio sinistro che pendeva da un lato. Seppellì il viso nel cuscino e fece una smorfia mentre gli altri schiavi iniziavano a fare lo stesso. Sembrava che questa giornata fosse durata anni, e per qualche motivo aveva lasciato addosso a Goten una sensazione di profonda ansia. Come se stesse per succedere qualcosa di brutto. Sussultò al dolore alle articolazioni lasciatogli dal lavorare, e al dolore al viso lasciatogli dal pestaggio subito prima. Nel complesso si sentiva malissimo. Si voltò sulla schiena e fissò il soffitto, che si trovava a soli pochi passi di distanza dalla sua testa. Allungò la gamba fino a toccarlo e scalciò, lasciando che la sua amaca dondolasse avanti e indietro, dolcemente. Chiuse gli occhi e ascoltò i sibili e gli stridii della caldaia, e i singhiozzi sommessi degli altri schiavi. Alcuni di loro erano più nuovi rispetto agli altri, e non erano ancora abituati alle piaghe e alle bruciature rimaste sui loro corpi. La ninna nanna del marmocchio di caldaia.

Goten si voltò su un fianco mentre la sua amaca tornava gradualmente immobile, e canticchiò lievemente tra sé e sé, a labbra strette. Afferrò i bordi della sua coperta e se la tirò addosso, nascondendo il viso. Da qualche parte sotto di lui sentiva gli altri schiavi parlare, il tono rassicurante, cercando di aiutare coloro che stavano male.

"Shh, va bene." Sussurrò uno. "Vedi? Il dolore va via. Lo fa sempre."

Goten sollevò la mano e si toccò il segno nero e blu rimastogli sul naso e sotto gli occhi. Il dolore si era già attenuato, ed era quasi certo di essersi distrutto tutti i nervi delle mani. Le bruciature e le bolle non gli davano più neanche fastidio. Si passò di nuovo un dito ruvido sul naso e si voltò con il viso rivolto verso il soffitto. Perché? Perché quel Bardock l'aveva aiutato? Non aveva senso.

Era quasi più crudele per Goten. Il giorno prima aveva visto Bardock e l'aveva scambiato per suo padre. Ma era riuscito a liberarsi di quell'attaccamento con facilità, quando aveva visto la fredda occhiataccia spietata che Bardock gli aveva rivolto. Poi, oggi... gli aveva ripulito il viso, e gli aveva parlato come se fosse una persona. Faceva emergere tutto il dolore e la rabbia che Goten provava quando doveva ricordarsi che quest'uomo non era suo padre. Era così difficile tenere i volti separati. Se assomigliava a suo padre, ma non si comportava come suo padre, allora non c'era confusione. Ma quando assomigliava a suo padre ed esprimeva una qualche forma di preoccupazione... era come se una morsa ghiacciata serrasse il cuore di Goten.

"Jeez, che problema ha...?" Mormorò. I Saiyans erano crudeli, sì, ma pochi di loro potevano essere definiti dei geni psicologici. Nessuno che avesse incontrato comunque. I Saiyans di terza classe da cui era circondato non erano precisamente i soggetti più sagaci e capaci. (**) Aveva sentito dire che l' elite avesse una fama per cose simili, ma non la terza classe. Goten scosse la testa e incrociò le braccia dietro la nuca. "Beh... oh beh." Sorrise. Non aveva intenzione di lamentarsi quando qualcuno lo aiutava. Dopotutto, se non fosse arrivato Bardock, Raditz avrebbe potuto anche ucciderlo.

Goten rotolò sullo stomaco e guardò gli schiavi sotto di lui, notò alcuni altri schiavi più grandi andare in giro a medicare le ferite. Aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia, appoggiandovisi. Desiderava intensamente aiutare, ma l'ultima volta che ci aveva provato era stato più d' intralcio che d'aiuto. Era bravo a infliggere ferite, non tanto bravo a curarle. S'inclinò in avanti e sussurrò: "Serve aiuto?"

Un' altra schiava alzò lo sguardo verso di lui, e sorrise. "Penso che siamo a posto." Rispose. "Tra l'altro, vuoi che qualcuno ti dia un'occhiata alla faccia?"

"Hm?" Si toccò di nuovo i lividi. "Cosa, questo? No, no, va bene." Le rivolse un ampio sorriso, incrociando le braccia. "Guarirà da sé." Si dondolò un po' nell'amaca, prima di accigliarsi. "Tra l'altro, i Topi di Fogna non hanno chiesto di me affatto?"

"Non che io sappia. Perché?"

"Ho chiesto delle informazioni." Rispose Goten. "Niente di grosso."

Un altro schiavo si tirò su, e si sporse dalla sua amaca per alzare lo sguardo su Goten. "Che cosa hai chiesto?" Disse, la curiosità splendente negli occhi.

"Informazioni su quel Saiyan." Disse, appoggiando il mento sulle braccia.

"Quello che ti ha picchiato?"

"No, quello che mi ha aiutato."

"Oh già." Un altro schiavo lo fissò. "L'ho visto, è stato strano. Cos'era?"

"Non so. E' un tipo strano." Rispose Goten rivoltandosi sulla sua amaca, incrociando le braccia dietro la testa.

"E' quel Bardock, giusto?" Disse una ragazza, asciugandosi le mani con uno straccio.

"Lo conosci?" Chiese Goten, voltandosi all'istante e quasi gettandosi giù dall'amaca.

"Ne ho sentito parlare." Rispose lei, sedendosi. "Appartiene alla terza classe, ovviamente, ma a quanto pare, è forte quasi quanto il Principe." Disse, gettandosi lo straccio sulla spalla. "Dicono torni da ogni missione quasi morto, e quando guarisce rinviene potente almeno tre volte tanto. Lui e la squadra prendono lavori che nemmeno i guerrieri d' elite toccherebbero."

Goten alzò un sopracciglio. "E' così forte?" Non aveva neanche sentito il Ki di Bardock, ma non aveva mai pensato di doverlo fare. "Perché fa ancora parte della terza classe se è tanto potente?"

"Non so, forse gli piace."

"Giusto, perché essere al gradino più basso della scala gerarchica è talmente divertente." Disse un altro ragazzo. "Voglio dire, guarda noi. Siamo semplicemente euforici!"

Tutti risero, e Goten sorrise, tornando a voltarsi sulla schiena. Se non altro, poteva almeno trarre conforto dal fatto che sarebbe potuta andare peggio.




Bardock stava ritto di fronte al medico, con impazienza, le braccia incrociate. Il suo piede scalpicciava su e giù, e sul volto aveva un'aria corrucciata. Ci stava volendo più tempo di quanto si aspettasse, e non gli piaceva. A quanto pareva semplicemente imbrattare di sangue un panno e poi gettarlo ad un medico dicendogli di identificarlo non era una buona idea, perché a quanto sembrava rendeva il lavoro del medico molto più difficile. Se ne stava là in piedi da un'ora ormai, e stava diventando sempre più impaziente ogni secondo che passava. Malaka lo guardò di rimando e sospirò attraverso le narici in cima al suo becco.

"Sai, Bardock, fissarmi non mi farà andare più veloce."

Bardock sbuffò e voltò i tacchi. "Lasciami solo sapere quando hai finito."

Malaka continuò il suo lavoro, e fissò Bardock con sospetto. "Cosa speri di trovarci, Bardock?"

"Non sono affari tuoi, solo fa' ciò che ti dico."

"Se sapessi cosa stai cercando potrei trovarlo più facilmente."

"Voglio sapere a che tipo di persona appartiene il sangue!" Sbottò. "Quindi limitati a capirlo, e dimmelo. Faresti più in fretta se la smettessi di voltarti a parlarmi ogni cinque secondi!"

I due piombarono in un silenzio sgradevole, e Bardock aggrottò la fronte. Non era ancora sicuro di cosa avrebbe fatto se il sangue avesse avuto un riscontro positivo. Una parte di lui era nel panico e pregava dio che non lo fosse. Il silenzio continuò per lungo tempo prima che Malaka afferrasse un foglio di carta appena stampato da una macchina.

"Ecco, finito. Soddisfatto?"

"Lo sarò una volta che mi dirai i risultati." Bardock sbatté il piede su e giù, rabbiosamente. "Quindi?"

Malaka esaminò il foglio, e scrollò le spalle. "E' normale." Disse semplicemente. "Gruppo sanguigno normale, leggeri sintomi di malnutrizione, e leggermente anemico, ma nel complesso niente di serio-"

"Non m'interessa quello!" Sbottò Bardock facendo un passo avanti. "E' Saiyan?" Sibilò.

"E'... che cosa?" Malaka alzò lo sguardo su di lui, la confusione incisa nei suoi lineamenti.

"E' sangue Saiyan?"

"...Sì, certo che lo è." Affermò Malaka, sembrando scioccato. "Che hai fatto, hai solo raccolto un panno insanguinato a caso e me l'hai portato? Non sai neanche a chi appartiene questo sangue?"

Bardock aveva smesso di ascoltare. Fece un passo indietro e sbatté con la schiena contro il muro. "Lo sapevo..." Sussurrò. Si strinse la testa tra le mani. Combaciava; il ragazzo era un Saiyan. Quello poteva significare una cosa sola. Bardock era nonno. Scosse la testa e fece un passo indietro. "E' un Saiyan."

"Beh, quasi." Disse Malaka, guardando il foglio.

"Quasi?" Bardock lo fissò.

"Sì, è solo per metà Saiyan."

Bardock riportò lo sguardo di fronte a sé, e sospirò. Aveva senso. "Mi sai dire se è corrispondente... al mio?" Chiese sommessamente.

"Non è il tuo sangue, Bardock."

"Lo so! Puoi dirmi se è... imparentato con me?"

"No, non c'è abbastanza per quello."

Bardock annuì e si sedette. Non ne aveva bisogno; aveva tutte le prove che gli servivano. Incrociò le braccia e fissò il muro per un minuto prima di chiudere nuovamente gli occhi e corrugare la fronte. "Grazie, doc." Si voltò e abbandonò la stanza, massaggiandosi il mento. Il ragazzo doveva essere figlio di Kakarot. Non c'erano altre spiegazioni. Sì, il Principe Vegeta aveva fatto un atterraggio di fortuna là un po' di tempo prima, ma non c'erano stati Saiyans di terza classe a bordo di quella navicella. Tuttavia, adesso che lo sapeva, doveva capire cosa fare dell'informazione. Poteva semplicemente affrontare il ragazzo, dirgli che sapeva, ma non era ancora sicuro che fosse la scelta più furba. Bardock avrebbe dovuto tenersi l'informazione per sé, per il momento. Poteva chiedere a Tora e agli altri cosa pensavano che avrebbe dovuto fare, ma per ora avrebbe tenuto la bocca chiusa al riguardo. D'altro canto. Nonno. Non aveva mai pensato che sarebbe stato una cosa del genere, con Kakarot presunto morto e Raditz che era, beh... Raditz. Bardock si diresse di nuovo verso l'acquedotto, e alzò lo sguardo al cielo. Era veramente un bel casino.



Note dell'autrice:

Per qualche motivo sono parecchio insoddisfatta da questo capitolo. L'ho riscritto sette volte prima di arrivare al punto di ritenerlo pubblicabile. :/

Note di traduzione:

(*) "This was typical Saiyan parenting" - "Parenting" è un po' ambigua come parola. Non sono sicura che la traduzione sia la migliore. Ho pensato anche a: "Il tipico rapporto padre/figlio Saiyan."
(**) "the best and brightest" - Inizialmente l'avevo tradotto più letteralmente "i migliori e più brillanti elementi", però non mi piaceva molto perché veniva a mancare l'assonanza originale. Così ho chiesto consiglio qui, dove myellin91 ha suggerito questa nuova traduzione. :)
  
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