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Autore: Rox the Fox    22/04/2012    4 recensioni
Cosa potrebbe succedere se il freddo e donnaiolo generale Marian Cross prendesse sotto la sua ala protettiva un altro allievo oltre Allen?*parte musica inquietante senza motivo* E cosa succederebbe se questo "allievo" nascondesse un segreto terrificante?
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marian Cross, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questo, come capitolo, non mi piace per niente X°°D Ovviamente pretendo consigli, critiche costruttive, ecc ecc xD Spero comunque che a voi piaccia!E___E Ho paura di essere sprofondata nel banale .__." Buona lettura, oh anime pazienti!







Capitolo III
Gli occhi del male.
 
Non avrei mai pensato di rimanere sola. La mia vita era perfetta, stavo bene. Non ero ricca, ma facevo parte di una famiglia. Io ero la loro gioia e loro la mia. Non volevo nient’altro. Sarò patetica, ma loro per me erano davvero tutto.
 
Le figure oscurate dei miei genitori mi passarono in mente, solo come ombre, ma comunque riconoscibili e così distanti. Aprii gli occhi, piano, mettendomi seduta. Che ore erano?Mi alzai dal morbido letto, guardando fuori dalla finestra. Era l’alba e dalle labbra schiuse appena mi lasciai sfuggire un sospiro. Dovevo rimettermi in viaggio. Erano ormai due giorni che mi ero allontana dall’Ordine Oscuro ed ero quasi giunta nella città designata, in India. Komui mi aveva dato precise istruzioni per arrivare lì, per recuperare della possibile Innocence.
Erano passati ben quattro anni da quando ero arrivata all’Ordine, dopo essere fuggita dalla tirannia incontrollata di Cross Marian. Sin dall’inizio tutti si erano mostrati curiosi nei miei confronti e della mia Innocence, che in effetti era molto particolare. Era di tipo parassita e si trovava proprio nei miei occhi. Con essa potevo pietrificare, incenerire o bloccare gli Akuma fino al secondo livello, dato che non ne avevo mai incontrato uno di terzo e non ne avevo assolutamente desiderio. I miei occhi erano davvero strani. Quando attivavo l’Innocence, tra il grigio chiaro dell’iride vi erano vari frammenti di verde chiaro. Tutti potevano notarli, dato che disattivavo la mia arma anti-Akuma solo la notte. Questo perché avevo paura di chi mi circondava. Chiunque poteva essere mio nemico e, con l’uniforme che portavo dovevo stare sempre allerta. Così facendo, però, m’indebolivo parecchio, anche se cercavo sempre di migliorare la mia forza tramite la meditazione, soprattutto. Mi avvicinai ad uno specchio a muro che si trovava nella stanza della locanda dove stavo alloggiando e mi guardai. In quegli anni i capelli mi erano cresciuti tantissimo, incredibilmente e mi avvolgevano come un mantello. Ovviamente al quartier generale mi ero presentata come femmina, dicendo loro il mio vero nome. Omega Sonne. Così mi chiamavo. Omega. Proprio come l’ultima lettera dell’alfabeto greco. Ero forse l’ultima di qualcosa?Che senso aveva quello sciocco nome?Mi passai una mano fra i capelli, che mi arrivavano inverosimilmente al sedere e mi sistemai la frangetta, che pensava a nascondere le mie impurità della pelle. Avevo i brufoli, ma era normale alla mia età. Avevo sedici anni, fortunatamente non avevo dimenticato il giorno del mio compleanno né avevo perso il conto.
Mi preparai per uscire e misi l’uniforme da esorcista. Johnny l’aveva fatta apposta per me e mi piaceva davvero molto. Era un unico vestito, corto, ma non stretto, chiuso da dei bottoni argentati. Attorno la vita avevo una cintura nera, sulle spalle una mantellina e sotto la gonna dei pantaloncini neri, così da essere comoda durante i combattimenti. Misi un mantello sopra le spalle, mi spazzolai i capelli e poi, finalmente, uscii. Ero pronta per un’altra lunga giornata e per un’altra probabile serie di combattimenti. La città era caotica già a quell’ora e le strade erano piene di persone, commercianti e vacche sacre. Non osai toccarle. Tutti mi guardavano in modo strano, ma alla fine non potevo dargli torto.
Feci mente locale e ripensai a ciò che Komui mi aveva detto.
Ultimamente in quella zona era stato avvistato uno strano ragazzo evanescente che sembrava brillare di una strana luce verdognola. Oltretutto, da quando era apparso, molti bambini erano spariti. E questo mi faceva salire la rabbia al cuore. Non ci capivo nulla, non sopportavo che degli innocenti venissero presi come prigionieri di quella stupida guerra che veniva alimentata dall’odio reciproco fra il Bene e il Male. Un odio eterno, che mai sarebbe finito, una guerra impossibile da vincere e da perdere. Dopo che il Conte sarebbe stato ucciso che sarebbe successo?Un’altra ombra sarebbe calata sul mondo, senza dubbio, un altro nemico sarebbe apparso e così via.
Non dovevo fare quei pensieri così pessimisti, ma ciò mi risultava impossibile, data la caducità della vita. Sospirai e con aria stanca feci per chiedere informazioni ai cittadini. Nessuno sembrava volermi rivolgere la parola e mi sentii più confusa di prima. Così facendo mi passò tutta la mattinata davanti, senza concludere un bel niente. Non ero stanca, ma mi sentivo scoraggiata e, oltretutto, il mio stomaco si stava lamentando perché voleva essere riempito. Senza pensarci troppo entrai in un piccolo locale, uno dei pochi che c’erano in città. Eppure appena entrai mi passò tutto. Fame, pessimismo, sete, voglia di vivere. Già. Perché appena aprii la porta lignea di quel posto, un colore mi saltò subito all’occhio.
Il rosso. Rosso ardente come delle fiamme, un rosso pieno di passione, un rosso che comunque non avrei mai voluto rivedere. A pochi metri da me, girato di spalle, vi era il generale Cross. Ero sicura che fosse lui. Il vestiario era inconfondibile. Rimasi a bocca aperta. Poi caddi nel panico più assoluto. Perché lui era lì?!Speravo di non incontrarlo mai più!E invece?Dio si stava prendendo gioco di me, in quel momento ne ero più che sicura. Poi ragionai. Non mi avrebbe possibilmente riconosciuta, era vero… ma era strano rivederlo dopo tutto quel tempo. Non era in compagnia di nessuno: né di una donna, né di Allen. Vi era solo Timcampi, il suo golem dorato che amavo tanto. Avrei voluto prenderlo tra le mani di nuovo, come facevo sempre, ma mi trattenni. Così, rigida come un pezzo di legno, mi avviai verso il bancone, cercando di stare il più lontana possibile dal generale. Così mi sedetti e feci per ordinare qualcosa, ma poi ci pensai su. Potevo fare un tentativo, per la mia missione. Mi sporsi in avanti e guardai l’uomo che era dietro il bancone: << Mi scusi… sa qualcosa riguardo le sparizioni di bambini che ci sono state ultimamente…? >>
Lo vidi indietreggiare appena. Sembrava restio dal volermi rispondere. Così lo feci, come previsto. Feci strisciare sul bancone i miei soldi del pranzo e l’uomo li prese subito, frettoloso: << Bhe, vedete, signorina… proprio l’altra sera ho visto un bambino che veniva portato via, mano nella mano con il ragazzo evanescente di cui si parla tanto. Non sono intervenuto perché avevo paura. >> ammise, guardandosi attorno nervosamente. Io lo guardai negli occhi: << Capisco. Sa altro? >>
L’uomo annuì: << Sì… succede ogni venerdì. >>
Inclinai il capo. Questo era strano e feci per replicare, fino a che qualcuno non mi interruppe: << Ah, quindi è così?Ora capisco. >>
Qualcuno arrivò accanto a me e il mio naso percepì un familiare odore di fumo. Mi voltai e sbiancai, almeno credo. Sentii le forze abbandonarmi per un attimo e riuscii a rimanere in piedi grazie al bancone, a cui mi tenevo. Di fianco a me vi era proprio il generale Cross!Forse anche lui stava lavorando a quel caso?Voltò il capo verso di me, proprio mentre lo guardavo sorpresa e mi sorrise, stringendo una sigaretta tra le labbra. Non era cambiato di una virgola in quei quattro anni. Non era nemmeno invecchiato. Io non ricambiai il sorriso, al contrario, lo guardai male. Poi tornai a guardare l’uomo dietro il bancone, dato che mi stava venendo il torcicollo a furia di guardare quell’odioso esorcista: << Grazie. >>
In fretta e furia feci per allontanarmi, ma appena fui fuori mi resi conto che Cross mi stava seguendo. Mi fermai e mi voltai, guardandolo, cercando di fare l’espressione più brutta del mio repertorio di facce: << Perché mi state seguendo? >>
<< Mi chiedevo perché una piccola e bella ragazza come te abbia chiesto quelle informazioni, tutto qui. >>
Notai il suo sguardo. Era sospettoso e terribilmente serio. Odiavo quando aveva quello sguardo indagatore: << Saranno affari miei? >>
<< Esci fuori da questa situazione. Può essere pericolosa. >>
A quel punto scoppiai a ridere. Lui mi guardò perplessa. Sì, possibilmente pensava che io fossi pazza. Tanto meglio.
A grandi falcate mi avvicinai a lui e ringhiai, come un animale: << Generale Cross Marian, per chi diavolo mi avete presa?! >>
Ero nervosa, ansiosa e arrabbiata. Lui era proprio la ciliegina sulla torta. Lo vidi stupirsi e poi indietreggiare, come se avesse visto un mostro… poi si tranquillizzò di colpo: << Un’esorcista, eh? >>
<< Già. >> confermai, annuendo e cercando di calmarmi. Una strana luce passò attraverso l’unico occhio visibile che aveva: << Come fai a conoscere il mio nome? >>
Olè. Mi ero appena  buttata la zappa sui piedi. Mi morsi il labbro inferiore, cercando di trovare una veloce soluzione a quel casino che io stessa avevo generato: << A-ah… ecco… >>
Cominciai a balbettare com’ero solita fare quando ero messa alle strette. Lui poi si abbassò ed ebbi il suo viso a pochi centimetri dal mio. Uno strano calore mi salì fin sulle guance e cominciai a dire cose senza senso. Mi accarezzò il viso con una mano e sorrise: << Sei davvero molto bella. Ti andrebbe di prendere qualcosa da bere con me? >>
A quel punto sentii il cuore uscire quasi dal mio petto e indietreggiai: << N-no!Sono ancora minorenne! >> esclamai. Lui tentò di replicare, ma qualcosa gli arrivò in testa, facendolo sbilanciare e cadere dalla posizione in cui si trovava. Notai che gli era arrivato in testa Timcampi. Mi voltai e vidi un ragazzo dai capelli bianchi che, ansimante ed irato, guardava il generale con aria da serial killer: << Maestro!Che diamine state facendo?!E’ tutta la mattinata che vi cerco! >> esclamò, furente. Marian si alzò, massaggiandosi il capo, dolorante: << Bhe, adesso mi hai trovato, discemolo. >>
Allen si avvicinò a noi due e mi guardò: << Signorina, perdoni il mio maestro, se vi stava importunando! >>
<< Non la stavo importunando. La stavo invitando. >> fece lui, pulendosi i vestiti intrisi di terra. Io sorrisi e finalmente decisi di smascherarmi: << Tranquillo Allen. >>
<< C-come fai a conoscere il mio nome?! >>
<< Sono Andrew. >> dissi tutto d’un fiato, sforzandomi di mantenere il sorriso sulle labbra. Mi guardarono attenti e poi si guardarono fra loro: << Sei diventata una ragazza?! >>
Marian Cross era scandalizzato, data quella prospettiva, ma io li calmai: << Sono sempre stata una ragazza. >>
Poi mi fermai di colpo, notando che la gente ci stava osservando, incuriosita, stranita, spaventata.
<< Forse è meglio allontanarsi da qui… >> mormorai, insicura. Nonostante lo shock iniziale, entrambi annuirono e andammo in un posto più isolato, dove avrebbero potuto possibilmente tartassarmi di domande.
 
Eppure, senza saperlo, qualcuno ci stava osservando, dalle tenebre più infime e oscure. Due paia di occhi dorati ci scrutavano con odio ed interesse, con disgusto e disprezzo. Occhi dorati opposti ai miei, che erano argentati.
Gli occhi del male.
   
 
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