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Autore: sea_urchin    22/04/2012    0 recensioni
(SPOILER, capitolo 663)
"Se non ti riguarda --(che è sbagliato, che è un problema, che non c'è niente da ridere, che per una cosa del genere ci si può stare male)-- non lo vedi."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Non guardare.


Straniante e inebriante - i muscoli del volto obbediscono all'impulso di sorridere senza che gli appartengano. La differenza è tangibile e allo stesso tempo inesprimibile.
Prima di aprire bocca, lì per lì, non se n'era nemmeno accorto, quando è successo; l'abisso di diversità sensoriali, intessuto di minuzie (i capelli che ricadono lungo la schiena, la pelle e il suo profumo, il peso più leggero e l'influenza che ha sui movimenti...) lo ha travolto tutto d'un colpo in una folgorante e inaspettata realizzazione.


Chino su te stesso, a margine del gruppo, in disparte, abbastanza lontano per tentare di isolarti, non abbastanza da destare la maledetta curiosità di qualcuno dei tuoi nakama.
(Non abbastanza per non sentire.)


Il suo Io ha voglia di nicotina (i pantaloni si strofinano contro la vita attorno al bacino ogni volta che muove le gambe), ma essendo ospite non può fare a meno di chiedere il permesso. Per galanteria, per correttezza. Con un'amabilità che userebbe comunque, ma che, con l'apparenza di Nami-san, riuscirà sicuramente più effiace.
- Oh... posso? Posso? -
Una risatina nervosa. Se l'esteriorità di Nami-san è sempre la stessa (ogni volta che si sporge in avanti, ad ogni minimo movimento, la procacità del corpo in cui è si fa sentire, come se gli ammiccasse) e non ha perso una sola molecola del suo fascino irresistibile, la freschezza naturale dell'armonia della sua voce, ciò che la rendeva inconfondibilmente sua, si è disfatta.


Il vociare puoi non ascoltarlo, ma le tue orecchie, per quanto tu ti possa accanire a dir loro di non farlo, lo sentono lo stesso, quell'ibrido straniante -- riconosci nella voce alta e prepotente di Nami un tono che ormai sai distinguere bene, troppo bene, dannazione, come puoi smettere di notare intonazioni che sono praticamente parte di te, alle quali rispondi così d'istinto che non sai più dove stia il meccanismo che ti fa scattare.


Inebriato dalla fragranza che lo avvolge (anche se uno non si dovrebbe accorgere del proprio odore), elettrizzato da quella novità assurda e inattesa, il minimo che potrebbe servirgli ora è una foto che immortali questa occasione più unica che rara (il minimo che possa servirgli ora è una sigaretta).


Ti viene voglia di vomitare. Le tue interiora si rivoltano al punto che se non avessi su te stesso il controllo che hai, ti piegheresti in due e rimetteresti l'anima.
Smettila di ascoltare.


Prima di mettere la sigaretta in bocca se la rigira tra le dita, la stringe, le cambia posizione due, tre volte. Osserva le dita sottili, le unghie lunghe e curate, la loro grazia affusolata.
Gli occhi si riempiono di quell'immagine che annulla ogni altro suono, lo stranisce per una manciata di istanti surrealmente interminabili, in cui l'unico pensiero, Non sono le mie mani, che lo attraversa è solo un vuoto di desolante ovvietà.


Smettila.


Il primo tiro lo riscuote subito; la familiarità di una sensazione che gli appartiene (Nami-san non dovrebbe fumare) ha un che di rassicurante, di distensivo (a Nami-san non si addicono le sigarette).
Neanche nelle sue più perverse fantasie avrebbe mai concepito l'idea di essere Nami-san! Meravigliosa, seducente, più straordinaria di quanto non se la sarebbe mai potuta immaginare, ah! L'emozione potrebbe fulminarlo sul posto!
E la prospettiva di ciò che lo attende è un brivido di eccitazione che gli serpeggia per la schiena: vedere con i suoi occhi, sentire con le sue orecchie, parlare con la sua voce, percepire con il suo tatto...
- E noi siamo... NAMI-SWAAAN! -


Stringi le palpebre e soffochi un moto di rabbia che ti farebbe volentieri alzare una mano contro qualcosa --una roccia, una lastra sbrecciata di metallo, qualcosa di duro e resistente, che faccia male-- quando lui se ne esce con il suo tono sguaiato e una voce penetrante e non sua con l'ennesima cretinata e di scatto alzi gli occhi, non ci pensi --vorresti alzare le mani contro di lui se solo non volesse dire che dovresti smettere di evitarlo.


Gli altri non sembrano molto di più che esilarati. Leggermente allibiti, ovvio, ma la cosa principalmente li diverte. Da farli rotolare per terra.
(E che altro ci sarebbe da fare? Preoccuparsi? Come se potesse risolvere qualcosa. Se c'è un problema da sistemare lo si mette a posto appena si può. Farne tragedie rallenta tutto e basta.)


Ridono. Gridano come degli ossessi e ridono, come sempre, come fanno sempre, che ti puoi aspettare da loro? Se non ti riguarda --(che è sbagliato, che è un problema, che non c'è niente da ridere, che per una cosa del genere ci si può stare male)-- non lo vedi.


Parla per scoppi di voce, per esplosioni giocose di torrenziale trasporto. Si affretta a scusarsi esagerando la mortificazione e il terrore; venire presi a pugni da Franky e dall'indignazione della legittima padrona del suo corpo, è un'esperienza di cui, in effetti, avrebbe fatto volentieri a meno (forse reggerebbe meglio i colpi se--).
Gli dispiace per Nami-san. Vorrebbe alleggerire la tensione (esprimere un crogiolo di emozioni confuse) e comportarsi come se niente fosse (dell'esaltazione e del disagio che coesistono in quella condizione ibrida basta far leva sulla prima e-), comportarsi in una maniera che sia innegabilmente sua (-ignorare il secondo).
Anima un involucro splendido ed estraneo riempiendolo di un sé al settimo cielo, che non avrebbe mai potuto chiedere di meglio, si approfitta e gode delle sue insperate fortune, che sta bene.
(Ridono, meno male.)


Lo noti, ti basta quel breve lasso di tempo in cui hai lo stomaco di guardare, per notarlo. (Ti sta evitando. Nemmeno lui vuole che tu lo guardi.)
Lo noti, ma non c'è simpatia, solo ti fa arrabbiare ancora di più, se possibile, perchè --dannazione-- basterebbe già che lui stesse zitto --merda--


Sente il suo silenzio.


--perchè non sta zitto?!


Non è mai semplice capire i suoi pensieri da marimo deficiente, anche se un'intuizione non gli sarebbe completamente impossibile. Ma l'idea di quello che può trovare nel suo sguardo lo agghiaccia, così evita accuratamente di incrociarlo, pur combattendo comunque con la tentazione di spiare la sua reazione.
Tutto ciò che può avvertire è il suo silenzio.
Ostinato, rabbioso, ostile.


Stai contemplando il niente imbiancato di neve, enumeri nella testa mosse e posizioni, passaggi e colpi, dalla base dell'insegnamento fino alle maestrie più complesse, ne elenchi i nomi e scomponi la loro forma, riempi la testa con parole che allontanino la percezione dei suoni all'esterno, ma così facendo non fai che essere impreparato, senza difese, quando Chopper arriva alle tue spalle.
- Huh, Zoro? -


Alienante.
A questo tipo di atteggiamento che assume, alle sue dichiarazioni teatrali e giocosamente eccessive lui reagisce sempre; l'assenza, gelida, gli si incastra come un pugnale dritto nella bocca dello stomaco - sottile abbastanza da lasciarlo respirare, doloroso abbastanza da stordirlo.


La voce --la sua, eppure non la sua-- spacca l'isolamento che tenti disperatamente di tenere in piedi. Alzi lo sguardo, perchè che altro puoi fare? Ti viene spontaneo, anche se subito dopo vorresti non averlo fatto.
- Rufy mi ha detto del lago e dello squalo, è tutto a posto? -
Vieni scosso, violentemente, come da un terremoto nelle vene --l'aspetto di lui, solo che non è più lui-- e senti il sangue defluirti dal corpo come se ti si fosse aperta una ferita --è così sbagliato da far male.
- Sei pallido... - Allunga la mano.
No. Non questo. Non adesso. Come se la tua vita dipendesse da questo, non vuoi essere toccato.
Scatti, alzi un braccio con un gesto ostile, violento quasi. Il cuoco-- Chopper-- lui arretra, spaventato, sai che nei tuoi occhi brilla qualcosa che di solito riservi ad un nemico, ma ti stai soltanto proteggendo.
- No. -
Sai che Chopper non c'entra niente, che probabilmente ci rimarrà anche male, ma non ti importa, in quel momento vuoi solo che se ne vada. Il rifiuto è secco, netto, non ammette insistenze e per tua fortuna viene compreso e torni solo, ma il malessere ti resta addosso, come se ti avesse contaminato solo il guardarlo.


Stringe i denti, soffocando un ringhio nel fumo.
(Merda.)
La rigidità dello sforzo con cui si impone di fissare la neve (sì, alla fine ha ceduto a cercarlo. Un attimo soltanto.), l'inespressività feroce in cui si concentra, come si volesse annullare da tutto ciò che lo circonda (per vederlo scansare con violenza il tocco di una mano che era sua ma che per ora non gli appartiene) è un tormento a cui non può porre rimedio e su cui non può esercitare controllo.
Forse qualcosa -- qualsiasi cosa sarebbe meglio che ignorarsi.
Servirebbe a rassicurare anche lui stesso, forse.


Non guardare.
Non ascoltare.
Non...
  
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