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Autore: MaikoxMilo    22/04/2012    13 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 17

 

PUNTO DI INCONTRO TRA I LIBRI

 

12 Agosto 1741, mattina.

 

“Camus! Sei qui?” chiedo ad alta voce, girovagando per la Casa dell'Acquario con sguardo perso. Dove diavolo è andato ad infilarsi adesso?!

Ieri dopo essersene andato dal Tempio della Vergine, non lo abbiamo più trovato (di nuovo!) e a nulla è servito cercarlo nei dintorni. Volatilizzato!

Certo, Milo ci ha rassicurato dicendo che, quando non vuole farsi trovare, Camus è irreperibile e solo quando lo desidererà lui si farà rintracciare in qualche modo, dice che ha più di una ragione per comportarsi così e Michela e Francesca sembrano concordare, nonostante mi abbiano aiutato cercarlo, però... una volta bene, due no, senza neanche darmi spiegazioni! Sospiro pesantemente, un po' stizzita dal suo comportamento.

Dopo una notte totalmente insonne, ghermita dall'ansia e da mille pensieri,percependo la sua aurea vicina, lo sto cercando per tutta la casa, urlando con tutte le forze che ho in corpo e non ottenendo risposta. La caviglia mi duole ancora e le ferite non si sono risanate del tutto, tuttavia sono talmente presa nella sua ricerca da darci poco peso. Sbuffo sonoramente, rendendomi conto che un simile atteggiamento è comprensibile, io stessa tendo ad isolarmi quando sto male per qualche motivo, ma almeno avvertire gli affetti, che cacchio, non sparire nel nulla senza neanche scrivere un bigliettino!

A quest'ultimo pensiero, mi mordo il labbro inferiore: chi sono io per arrabbiarmi così? In effetti io medesima, l'altra sera, sono scappata senza avvisare nessuno, e non è stata neanche la prima volta, quella. Crogiolandomi in una tale risma di cogitazioni diverse, per un fortuito caso il mio occhio cade sulla porta semiaperta della biblioteca.

“Che mio fratello sia lì?” mi chiedo retoricamente, spalancandola completamente ed entrando lentamente dentro. In punta di piedi, mi dirigo automaticamente verso l'ala della biblioteca specializzata in Filosofia. Non ho una pista sicura su dove andare, ma il mio cuore mi dice di seguire questa direzione.

Finalmente sorrido soddisfatta, notando con piacere che le mie teorie si sono rivelate giuste: Camus, infatti, avvolto da un delicatissimo chitone bianco, che mette in risalto il suo fisico tonico, anche se un po' smagrito rispetto all'ultima volta che indossava una veste simile, è girato di spalle a contemplare un immenso scaffale. La sua attenzione è completamente rivolta su un libro dalla copertina rilegata in pelle, ciò non gli permette di accorgersi del mio arrivo.

Subito un misto di sollievo e di rabbia invade il mio corpo nel vederlo così tranquillo e rilassato mentre noi, da ieri sera, siamo agitate per la quasi venuta alle mani sua e di Cardia. Mi avvicino a lui con passo felpato, la calma del vulcano che sta per eruttare.

“SEI UNO SCEMO!!! Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?!” gli urlo contro, facendogli prendere un risalto tale da farlo quasi appendere allo scaffale davanti.

“M-Marta?!” esclama voltandosi di scatto, appena ripresosi.

“Sai che non ho dormito stanotte?! E tutto perché tu hai avuto la brillante idea di sparire nel nulla per la seconda volta consecutiva! Non un bigliettino, non un avvertimento... abbiamo pensato addirittura di trovarti in un crepaccio, giacché qui in Grecia ce ne sono tanti!” affermo, con una punta di stizza nella voce.

“Addirittura in un dirupo?! So badare a me stesso, dovresti ben saperlo, sono tuo fratello maggiore, del resto!” ribatte lui, secco, riprendendo il libro, che noto essere il 'Timeo' di Platone, tra le mani.

Il timbro della sua voce mi spiazza e, un po', mi ferisce. Non usava quel tono con me dai primi giorni del nostro incontro, ormai mi ero quasi dimenticata di cosa si provasse ad avere a che fare con il 'vecchio' Camus, inamovibile, irraggiungibile, austero e quasi spietato. Cederò il passo questa volta, l'ultima cosa che vorrei è litigare con lui.

“Scusa, io... ero solo preoccupata per te... Sai, è da un sacco di tempo che non ci vediamo e in questi giorni non abbiamo avuto occasione di parlare. Mi sei mancato tanto, fratellino...” biascico,imbarazzata, discostando lo sguardo nella migliore interpretazione dell'espressione detta 'da cane bastonato'.

Lo vedo sussultare mentre, voltandosi completamente dopo aver posato il libro, mi scruta con occhi profondi e... un poco a disagio. Non ne capisco il reale motivo, ma anche io mi sento imbarazzata, tanto da mantenere lo sguardo basso. Ho davanti a me mio fratello, che ho imparato ad amare e a conoscere passo per passo, eppure, quest'esperienza in un tempo non nostro, sembra cambiarci sempre più radicalmente. Camus esita nell'accorciare le distanze tra noi, come se ci fosse un muro, ma alla fine, raschiandosi la gola, trova il coraggio di parlarmi.

"Marta... guardami un secondo negli occhi, per favore..." mi esorta con non poca difficoltà.

E' una richiesta strana, proferita in un tono quasi angosciato, ma lo eseguo, incrociando finalmente i miei occhi blu come i suoi. La sua mano si muove goffamente verso di me, mi accarezza il volto, come se fosse la prima volta che mi vede, percorrendo con le dita gli zigomi fino a scendere sotto il mento, e poi i capelli, intessendo trame sottili. Per qualche strana ragione, le sue carezze mi danno una sensazione strana, questa volta, non più solo protezione, come di consueto, ma anche qualcos'altro di inspiegabile. Percepisco solo... che non sarà più come prima, nel bene e nel male.

Vedo il suo sguardo farsi sempre più lucido, le labbra tremano appena, poco prima di soffermarsi con i polpastrelli dei due pollici appena sotto gli occhi, andando oltre la corporeità per toccare la mia anima.

"Non puoi che essere tu... ora lo so per certo"

"Ca-Camus?" lo chiamo in un sussurro strozzato, preoccupata nel vedermelo così trasparente in tutta la sua fragilità.

"Marta, p-posso... stringerti a me, per un solo attimo?"

"M-ma certo! Quando mai hai avuto bisogno di chiedermi il..."

Non faccio in tempo a finire la frase che vengo avvolta dalle sue forti braccia, una mano dietro la mia testa e l'altra sulla schiena. Il mio cuore accelera a quel gesto, mentre anche le mie, di mani, si posano sulla sua schiena, in una stretta intensa ed emozionante al tempo stesso.

“Perdonami, non era mia intenzione trattarti in malo modo, prima, ma è un momento molto difficile per me... - mi spiega lui, tremando appena - Anche tu... anche tu mi sei mancata, piccola mia, non sapevo dove ti trovassi ed ero terrorizzato all'idea che ti potesse essere successo qualcosa. Poi, un giorno, ho avuto la sensazione che tu fossi al mio fianco, potevo quasi sentire le tue braccia su di me, come a volermi abbracciare, esattamente come sto facendo io adesso. Da quel momento in poi sono riuscito a vederti nei sogni e questo mi ha tranquillizzato un po'... ti sapevo al sicuro, protetta, per questo ho aspettato. Non avrei mai dovuto farlo, con questo nemico che incombe su di noi, MAI!” spiega mio fratello, stringendomi ancora di più contro di sé.

Spalanco gli occhi per la sorpresa, intuendo perfettamente la circostanza in cui è potuto avvenire un simile episodio, è stato quando ho fatto il primo sogno su Bluegrad. Ha detto inoltre che da allora mi vede nei sogni, capacità che ho anche io di vederlo indipendentemente da dove mi trovo, tale abilità che viene chiamata 'CIMP' da Francesca ed un potere unico nel suo genere, ma questo può significare solo una cosa...

“Camus, che cosa hai fatto? Anche io riesco a vederti nei sogni, ma è solo grazie al fatto che parte del mio sangue scorre in te da quel giorno in cui hai rischiato la tua vita per salvare la mia. E' una condizione necessaria per l'attivazione della visione stessa. Tu... hai fatto qualcosa per salvarmi dopo la battaglia contro Crono?” domando, cominciando visibilmente ad agitarmi. Il tremore del corpo di mio fratello si fa, per un attimo, più intenso, sembra quasi un vero e proprio spasmo, talmente violento che sono costretta ad accarezzargli la schiena per tranquillizzarlo. Il gesto provoca in me un nuovo, inspiegabile, flash che mi disorienta e che mi riporta alla sensazione palpabile delle mani di Seraphina che percorrono la sua colonna vertebrale, con costanza, soffermandosi sulla consistenza della sua pelle, morbida come piume di cigno. Ingoio a vuoto, la gola secca, per fortuna riesco a scacciarla via, relegandola alla parte più profonda del mio inconscio, ma mi spavento lo stesso.

“Marta... - inizia quindi Camus, incerto, in tono ancora più basso – tu... tu stavi morendo, ed io... Io non avevo scelta alcuna! Ti avrei... persa, se non avessi fatto nulla...”

"Che cosa... cosa hai...?"

"Non ne voglio parlare, scusami..."

Faccio per ribattere, ostinata, ma un tonfo sordo, come di libri caduti, attira la nostra attenzione, facendoci staccare l'uno dall'altro immediatamente.

Dirigendoci dietro l'angolo, attirati dalla fonte sonora, non troviamo altri che un alquanto imbarazzato Dègel inginocchiato sul pavimento nell'intento di raccogliere i libri finiti a terra.

“S-scusate, sono qui da stamattina presto e... mi sono messo in disparte quando ho avvertito qualcuno entrare, non volevo certo origliare, né interrompere il vostro ricongiungimento, e quindi... sì, ecco...” tenta di giustificarsi, mantenendo lo sguardo basso e farfugliando parole di scusa, la quintessenza del disagio.

Faccio per andargli incontro nell'intenzione di tranquillizzarlo, giacché mi sembra talmente rammaricato da fare sentire me in colpa, ma Camus mi trattiene per un braccio, una strana luce gli brilla negli occhi, che saettano verso la sua reincarnazione con fare enigmatico. Non vorrà attaccare briga di nuovo, spero!

“Vado via subito, vi chiedo umilmente scusa!” aggiunge sempre Dègel, facendo per andarsene.

“Aspetta...”

La voce di Camus blocca la scena, facendo arrestare i passi di Dègel che si gira sorpreso. Osservo il volto di mio fratello finalmente disteso in un'espressione di cordiale affabilità e non più con quell'astio che gli avevo visto fino a ieri. Si avvicina alla reincarnazione con grazia, il chitone che oscilla elegantemente in un movimento sinuoso. Nella fretta di andarsene, uno dei libri che portava Dègel è finito nuovamente a terra, mio fratello si china a raccoglierlo, lo spolvera, prima di porgerlo alla sua precedente vita, che lo fissa con occhi sempre più meravigliati. Non hanno che pochi anni di differenza, ma l'ingenuità di Dégel è tale che mi ricorda quasi il Cavaliere del Cigno.

“Ho dato una occhiata alla tua biblioteca, molti dei volumi qui attualmente presenti non lo sono più nella mia epoca, purtroppo. Ne ho dedotto che ti piacesse leggere più di ogni altra cosa, è così?” chiede Camus, imbarazzato, sorridendo lievemente. Tremo leggermente, posandomi una mano sul cuore, finalmente il tono dolce e gentile del mio caro fratellino è tornato, è così bello poterlo risentire.

“Uh... sì, è la mia dedizione, se così la si può chiamare. Io... adoro conoscere i pensieri e la vita di chi mi ha preceduto a camminare su questa Terra, è come se li avessi incontrati realmente: Galileo, Platone, Montaigne... La loro esistenza si protrae, in qualche modo, nella mia, come lascito testamentario, perpetuandosi così nel futuro!” spiega Dègel, stringendo i libri raccolti contro il suo petto, gli occhi brillanti più che mai.

"Capisco bene la tua passione, io stesso amo leggere più di ogni altra cosa, inoltre mia madre, nostra, volevo dire... - si corregge, dandomi una breve occhiata - ha il tuo stesso pensiero, infatti mi diede il nome di uno scrittore" gli confida, facendo emozionare anche me, perché è la prima volta che parla di nostra madre con qualcuno, spiegando le origini del suo nome e quindi, regalando un frammento della sua anima, il primo, alla precedente vita.

"Camus... è nome di scrittore?"

"Cognome per l'esattezza, ma mia madre lo scelse come nome. E' posteriore al XVIII secolo, non puoi conoscerlo!"

"Porti... un nome molto importante, allora!" sorride Dègel, abbassando timidamente lo sguardo. Lo stesso fa mio fratello, imbarazzato, prima di proseguire nel discorso.

“Sai, nella mia epoca i miei parigrado non sono propriamente dei... letterati, ecco, a parte qualche eccezione, non ho occasione di parlare con loro di questo, ma tu... tu hai questa particolare sensibilità di approcciarti ai libri in questa maniera. Mi piacerebbe davvero poter discorrere con te!” afferma Camus, accarezzando lo scaffale con gesto gentile.

“Ne sarei... ne sarei onorato, Camus, davvero! Tuttavia questo non è un posto adatto con la bellissima giornata di sole che c'è fuori, potremmo uscire, vi va? Conosco un posto perfetto!” propone Dègel, gli occhi meravigliosamente brillanti più di prima e un largo sorriso a solcargli la pelle candida.

 

*********

Il suono leggero dell'acqua del ruscello che scorre a poca distanza da noi mi fa fischiettare felice, trasmettendomi la consueta calma che riesco a ritrovare solo vicino ai corsi d'acqua e in mezzo alla natura. In questa bizzarra estate, le occasioni di svago sono state ridotte all'osso, tutto è cambiato freneticamente, eppure, nonostante questo, ogni tanto riusciamo a ritagliare del tempo, peraltro preziosissimo, per noi.

Dopo una lunga camminata nella sempre affollata città di Atene e nella campagna al di fuori di essa, ci ritroviamo al gran completo, Michela, Francesca, Federico, Camus, Dègel ed io, seduto sotto un maestoso platano secolare che ci offre gentilmente la sua fresca ombra nel caldo torrido della stagione estiva.

Il paesaggio circostante è semplicemente meraviglioso, quasi divino, ma non so perché ha qualcosa di già conosciuto, o meglio, letto. Sembra il classico luogo ameno con elementi in più, ma non riesco a localizzarlo. Non credo di esserci mai stata, non so neanche se esiste ancora nella nostra epoca, eppure la sensazione che ne deriva è famigliare: il ruscello, lo stesso platano, quei pioppi tremuli che fanno da sfondo, le cui foglie danzanti, smosse dal vento, cadono in acqua...

“Questo non è forse il luogo in cui Platone ha ambientato il suo dialogo 'Fedro'? E' irriconoscibile nel mio tempo, perché inghiottito dallo sviluppo urbano, ma rammento bene le descrizioni!” interviene Camus, dopo esserci guardato intorno, rompendo così il silenzio.

Ah, allora questo deve essere il fiume Ilisso, dove Socrate e il giovane Fedro si ritrovano a trattare il tema dell'amore. Meraviglioso!!! Da appassionata di Platone, e della filosofia in generale, è un'emozione incommensurabile trovarmi proprio qui.

“Sono contento che tu lo riconosca, non è da tutti! Vedete, è il mio posto preferito in cui pensare, volevo davvero condividerlo con voi!” ci spiega Dègel, mentre i suoi occhi brillano illuminati dal sole, dando ancora più risalto al suo bellissimo e delicato fisico.

"Era un luogo sacro per gli antichi greci, se non ricordo male..." accenno, desiderando far vedere, ad entrambi, che anche io conosco qualcosa, anche se non ovviamente come loro.

"E' così, Marta, lo è ancora! - mi sorride Dégel, arruffandomi i capelli, prima di proseguire - Prende il nome da Ilissos, un semidio figlio di Poseidone e Demetra, inoltre, si vocifera, che le nove Muse, figlie di Zeus, vivano su queste sponde!"

"Le nove Muse?! Quindi anche Urania?!" interviene Francesca, spalancando la bocca sorpresa, di colpo interessatissima all'argomento.

"Anche lei, sì, ma nessuno le ha mai viste..."

A questo punto Francesca si avvicina a me, che sono ancora seduta, un poco affaticata dalla camminata precedente, si inginocchia e bisbiglia: "Hai sentito, Marta? Mia madre potrebbe essere qui!!!"

"Non lo... non lo sapevi?"

"N-no, sai, nella nostra epoca questo posto è sepolto dal cemento, nelle altre vite non ero qui e... non lo sapevo affatto!" rimugina, un poco rammaricata. Sepolto dal cemento... che meraviglia lo sviluppo urbano!

Nel frattempo Camus fa per porre un'altra domanda, ma prima di riuscirci, la trottola Michela, ripresa dall'iniziale stupore nell'ammirare questo luogo, gli si fionda tra le braccia, frenetica.

“Maestro! Maestro! Il fiume!!! Possiamo fare un bagno?!” esclama, totalmente euforica, abbracciandolo di getto, quasi i raggi solari le regalassero una carica invincibile.

"Vai, Michela, se vuoi, ma stai attenta a non disturbare i pesci, tu hai caldo, vuoi rinfrescarti, ma ricordati che il fiume è la loro casa, meritano il massimo rispetto!" la avverte mio fratello, sorridendo gentilmente nell'accarezzarle teneramente la testa. La mia amica non se lo fa ripetere due volte, semplicemente, rotolando nell'erba come Heidi, raggiunge le sue sponde.

Francesca intanto, dopo essersi alzata in piedi, corre a sua volta verso il torrente, bevendo l'acqua direttamente da lì e lavandosi poi il volto con espressione gaudente. Sorrido istintivamente, sono felice che riescano a distrarsi un po', ne hanno veramente bisogno dopo quello che hanno passato. Giornate così ti ricaricano dalle fatiche di mille giorni.

In mezzo agli schizzi d'acqua di Francesca e Michela, tra lo sbuffo di Camus che ripete tra sé e sé "e menomale che le avevo chiesto di non recare troppo fastidio ai pesci" e Dègel che ridacchia rasserenato, vi è Federico che, infastidito dal baccano e dalla troppa luce del sole, si attacca di riflesso alla tunica dell'antico Acquario. Lo osservo sempre più allibita, mentre i dubbi su di lui si fanno più intensi, ogni tanto mostra caratteristiche infantili, ma il più delle volte non sembra neanche un bambino, la mente già impostata da adulto.

Così presa a guardarlo, quasi non mi accorgo della leggera carezza che mi regala mio fratello.

“Mi dispiace che tu non possa correre per via di quella caviglia, Marta, altrimenti, lo so, salteresti in giro anche tu, curiosando ovunque" mi dice Camus, rammaricato. In effetti la mia caviglia non è ancora in buone condizioni, riesce a sostenermi nel camminare ma se provassi a correre finirei per terra come un sacco di patate, inoltre, anche se non lo do a vedere, la passeggiata mi ha fiaccato più di quanto avrebbe dovuto, ho i muscoli indolenziti e le ferite, anche se risanate, mi dolgono ancora.

“Non ti preoccupare, Cam, mi piace molto stare anche qua, all'ombra di questo meraviglioso platano che ci offre riparo - lo tranquillizzo, sdraiandomi sull'erba e socchiudendo gli occhi, concentrandomi sui suoni e sull'aria pulita che riesco a respirare - E' così rilassante il suono del vento che accarezza le foglie, ogni albero ha la propria voce, sai? Mi sembra quasi di udirla..." biascico, in tono evocativo, prendendo un profondo respiro. Mio fratello sussulta per una qualche ragione che non comprendo pienamente, sono quasi tentata di aprire gli occhi e chiedergli cosa non vada, ma ben presto le sue dita indugiano sulla mia fronte e tra i miei capelli, portandomi quasi ad appisolarmi a seguito delle sue carezze.

"Sei... un essere speciale! - mi sussurra a bassa a voce, come una ninna nanna, come un canto - Avrò cura almeno di te, e... quando starai meglio, ti farò vedere le meraviglie di questo mondo!"

Trascorrono così minuti di totale silenzio in cui io mi faccio coccolare da mio fratello, il quale, sempre al mio fianco, non smette di farmi percepire la sua presenza. L'allegro chiacchiericcio delle mie amiche sembra lontano anni luce, quasi uno stormire di qualche suono distante, infine il tutto viene interrotto da Dégel che decide di parlare, facendomi così riaprire gli occhi.

“Secondo la filosofia di Platone, come saprete di certo anche voi, sono due i mondi in questa dimensione, uno è il nostro, delle ombre, delle imperfezioni, l'altro è l'Iperuranio, ovvero il mondo delle idee, degli ideali, della perfezione. Secondo lui solo l'amore può unirci a questo ideale massimo, rappresentando la piena coscienza dell'anima umana stessa. E voi cosa pensate di questo sentimento?” ci domanda lanciando così il 'sassolino' per un discorso filosofico.

Camus discosta immediatamente lo sguardo dolente, stringendo con foga il pugno sinistro, quello nascosto alla vista di Dégel, come se, così facendo, il dolore dentro di lui si potesse attenuare. Mi ritrovo ben presto nuovamente seduta, gli occhi puntati su un ciuffo d'erba che si muove appena, avvertendo distintamente in me salire il disagio. Mio fratello non sembra in grado di rispondere al quesito, dovrei farlo io, che non trovo le parole, ma quando i suoi occhi tornano su di noi per apprestarsi ad esprimere il proprio parere, una strana scintilla li attraversa.

“L'amore... andrebbe bandito, per un guerriero, non è né utile né vantaggioso, tutt'altro! L'amore frattura, dilania... e un Cavaliere non può permettersi ciò, ha già perso in partenza se vittima di tali sentimenti e sentimentalismi. Sul campo di battaglia, bisogna trattare le emozioni come i cavalli imbizzarriti, ovvero domarli!” esclama con energia. Inarco un sopracciglio, scettica, sembra davvero uno scienziato in questo momento, ma se la canta e se la suona da solo, e ciò mi irrita.

"Andiamo! Tu non sei così, lo sai!" gli faccio notare, gonfiando le guance e guardandolo torvamente.

"Se io sono imperfetto, non significa che sia un ideale irraggiungibile! Guarda Shura, lui si che è un degno Cavaliere di Atena, devoto a lei, inflessibile, intento a percorrere la via della giustizia e..."

"...arido!"

"Marta!!! E così che si dovrebbe essere, Shura merita il massimo del rispetto!"

"Lo rispetto, ma preferisco te!"

"Io dovrei essere come lui, sto lottando per diventare simile alla sua essenza e... non percepire più niente... - si lascia sfuggire, discostando lo sguardo, ora ancora più dolente - Ho... ho cercato di insegnarlo ai miei allievi, lo penso veramente che essere un guerriero debba significare questo, ma..."

"Fammi indovinare, non ci sei riuscito, eh? - mi è uscito un tono fin troppo ironico, tanto che lui mi fulmina con lo sguardo, offeso - Rinuncia, sei troppo sensibile per essere così e difetti di avere un cuore troppo grande!" rincaro piccata la dose.

"Io... IO NON SONO SENSIBILE, NON..."

Sembra essersela presa a morte per una frase che, almeno per me, era un complimento, quasi essere così emotivo per lui equivalga ad essere offeso e dileggiato sopra ogni limite, ma la risata cristallina di Dégel interrompe il nostro scambio di opinioni.

“Siete proprio fratello e sorella, non c'è alcun dubbio! - commenta, pacato, entrando dolcemente nella discussione come acqua cristallina - Quindi, in sostanza, il tuo ideale, Camus, è che il cuore non debba mai avere la meglio sulla mente, giusto?” chiede Dègel, in tono incalzante.

“Precisamente! E' debolezza umana, un Cavaliere deve sapersi elevare!”

“Eppure io non sono totalmente d'accordo.... - lo contraddice Dègel, alzandosi in piedi con gesto composto – Nel mio modesto parere, sono proprio i sentimenti a rendere forte l'umana specie, un Cavaliere non fa differenza! Proteggere le persone care conduce alla vera forza, così come essere innamorato di qualcuno. L'amore... un misero uomo, da solo, non può fare alcunché, ma per la persona amata potrebbe compiere miracoli!”

“In parte hai ragione, Dègel, senza dubbio un uomo, per le persone care, farebbe di tutto, anche combattere contro le divinità o il fato stesso, ma bisogna liberarsi delle emozioni sul campo di battaglia, peccare di troppo sentimentalismo conduce alla morte, poiché annichilisce la ragione, e un uomo senza la razionalità non è degno di chiamarsi tale!” ribatte Camus, serio.

“Uff, parlare con te mi porta alla mente il mio defunto Maestro Krest, sareste andati d'accordo, sai? Sei un uomo intelligente, Camus, ma sei cocciuto nelle tue posizioni, proprio per questo mi ritrovo un po' in difficoltà: non avrei mai immaginato questo, del mio futuro!” sbuffa Dègel, in un leggerissimo tono di delusione; tono che l'Acquario del presente nota perfettamente.

"Spiacente di essere una delusione per te, ma forse dovresti dare ascolto al tuo maestro, forse ti insegnava quelle cose per una ragione ben precisa, per evitare che tu morissi davanti al primo nemico senza che lui potesse farci alcunché!"

"Devo molto al mio Maestro Krest, Camus, non solo l'investitura, ma anche le mie conoscenze attuali, tuttavia... è giusto scegliere la propria strada da soli; io, la mia, l'ho scelta, non la rimpiangerò mai!"

"Come dissi al mio allievo Hyoga, a cui tu assomigli sotto molti aspetti, non ho nulla contro le persone che si lasciano soverchiare dai rimpianti del passato, vivendo una vita sotto l'egida dei sentimenti, ma tu sei un Cavaliere, Dégel, non puoi permetterti questa debolezza. Un giorno morirai proprio a causa di questo e il mondo perderà una personalità così... splendente... non posso permetterlo!"

Dégel scuote il capo, sospirando sonoramente, un poco rammaricato: "Sei davvero così diverso da me, Camus, non c'è... non c'è nulla di me in te, ancora mi chiedo come abbia fatto a cambiare così drasticamente. Se penso al futuro, è questo che mi spaventa di più, non la mia morte, non la mia sofferenza, ma il fatto di aver assunto la forma che Krest voleva per me, malgrado la mia scelta. Un allievo... non dovrebbe mai ripercorrere le orme del proprio maestro, ma, consapevole dei suoi insegnamenti, creare un percorso nuovo!" si lascia ancora sfuggire, inequivocabilmente deluso.

Camus si morde il labbro inferiore, stringendo entrambi i pugni, non trovando le parole adatte per ribattere, lo faccio io per lui, alzandomi a mia volta in piedi, anche se traballante.

“Questa volta ti inganni, mio caro Dégel, forse abbagliato dalla troppa luce, che ottenebra così il tuo giudizio. Camus, in verità, è molto più te di quanto pensi, ma cela tale essenza nel profondo, come un animaletto ferito che, per evitare di essere carpito ancora, si salvaguardia rimanendo celato...” intervengo improvvisamente, in un accento che non mi è proprio, attirando l'attenzione di tutti i presenti, comprese Francesca e Michela, che smettono di sguazzare nell'acqua, attirate dalla mia nuova manifestazione.

Mi dirigo verso il torrente del tutto indifferente all'ambiente circostante, come se fossi sotto ipnosi ma al contempo consapevole di tutto... La vita intorno a me pulsa vivace, la avverto, come la avvertivo da piccola, ma so di non essere totalmente in me in questo momento. Mi sento... fratturata e, probabilmente non sono ancora pronta per il risveglio.

“Marta! Cosa hai adesso?! La tua espressione vuota mi spaventa!” esclama Francesca, avvicinandosi a me per toccarmi, mentre Dègel e Camus si alzano apprensivi.

La mia amica mi tiene per mano, ritrovandosi poi ben presto a sussultare, consapevole di quello che mi sta accadendo. Michela invece, mantenendo prudentemente le distanze, sembra seria come non mai.

“Mia dea, non lo sai forse già? O meglio, non lo avete entrambi già intuito?” le chiedo di riflesso, guardando poi in direzione di Camus.

Con la coda dell'occhio, vedo il suo volto irrigidirsi di botto, la mascella serrarsi completamente e gli occhi spalancarsi dallo stupore. Dégel fa per avvicinarsi a me, ma è proprio Camus a bloccarlo, cercando di mantenere il sangue freddo e venendo nella mia direzione. Io sono sull'altra riva del ruscello, Francesca si è allontanata, di qualche passo, l'acqua mi scorre delicatamente appena sopra le caviglie. Lo aspetto.

“Che cosa ti sta... NO! N-no..." freme, nel pronunciare quelle poche parole. Ha capito.

Istintivamente gli circondo il collo con le braccia, stringendolo per fargli forza, ora ne ha bisogno più che mai, come quella notte nella grotta, dopo essere stati bagnati dalla pioggia che aveva inumidito e poi inzuppato le fronde della foresta boreale, come quella notte in cui lui, Camus, Cavaliere dell'Acquario, aveva deciso di essere un semplice uomo, rilassandosi e facendosi cullare dal mio tocco ed io, figlia del governatore di Bluegrad, avevo messo da parte, ancora una volta, i doveri. Attimo intenso nel fluire del tempo, ma imperituro.

“S-stai m-mor... - non riesce a parlare, palpita, prima di buttare fuori l'aria e abbracciarmi con tutta la forza di cui dispone, affondando il volto tra i miei capelli - Perdonami... perdonami per averti abbandonata una seconda volta, io... non ci sono mai, non riesco mai a..."

"A proteggermi? - finisco io la frase per lui, passandogli una mano tra i capelli - Lo hai sempre fatto, invece e... sai anche tu che la tua scelta è giusta; la tua scelta, dettata dal cuore, che ha fatto di Marta la persona per te più importante. Il futuro va preservato, lo sai!" provo a tranquillizzarlo, consapevole che gli altri non ci possono udire. Siamo solo io e lui, le nostre anime, null'altro.

"Il futuro va preservato... ma a quale prezzo, nobile Seraphina?!" mi chiede, in tono strozzato

La leggera brezza che si è messa a soffiare scompiglia i suoi capelli, mentre io vengo ulteriormente stretta contro il suo petto. Non vedo distintamente i suoi occhi, ma li so chiusi, le palpebre serrate e le ciglia inumidite da un'altra pioggia, più salata, le sue lacrime.

“Sto precipitando nel buio, lo sai, la malattia, senza le tue dolci cure, mi sta prendendo, presto mi ghermirà, occludendomi il respiro. Più mi avvicinerò alla morte, più la mia anima si risveglierà dentro il corpo di Marta, è la sua scelta del resto, lo sai...” riesco a mormorare a stento, sempre più provata.

"L-lo so..."

"Non affrettare le cose, Camus, ti supplico, anche se sai. Il risveglio di un'anima è qualcosa di molto delicato e potenzialmente distruttivo, tua sorella è in bilico, rischia molto, un passo falso e..."

"Non lo permetterò, no, ho perso Isaac, ho perso te, non una, ma ben due volte, non permetterò a nessuno di portarmi via anche Marta, né nessuna delle persone che amo!"

Sorrido, poco prima che si oscuri tutto, appoggiando di riflesso il mio orecchio sopra il suo cuore, che è spezzato: "T-te l'ho promesso, ricordi? Sarò... sempre al tuo fianco!"

 

*********************

I canti delle cicale mi accompagnano nel lento viaggio dall'oblio dell'incoscienza alla consapevolezza, portandomi lentamente alla ragione.

Devo essermi addormentata sotto quel bel platano secolare, guidata sia dai chiassosi insetti simbolo dell'afa, sia dal lento suono del ruscello che stimola la mia fantasia, ancora brancolante nel sonno più tenue. L'estate... malgrado il caldo, mi regala sensazioni nuove, quasi sopite nel limbo: la luce calda del sole, la libertà, i tuffi in acqua, le notti fresche...

Mi giro lentamente sul fianco destro, nascondendo la faccia tra le braccia e stringendo le palpebre, più o meno come farebbe un gatto appallottolato sulla sedia. Non ho alcuna voglia di aprire gli occhi, dormirei qui per ore, cullata da questo arcano chiacchiericcio a me famigliare, eppure l'ho perso, ho smarrito il sonno, il mio cervello è sempre più vigile e lavora febbrilmente. Una mano mi accarezza la fronte con dolcezza, spingendomi ad azionarmi.

“Marta? Sei... sei tu?” mi chiama preoccupato Camus, passandomi delicatamente due dita sulla pelle nel tracciare il mio profilo.

"Che domanda strampalata, fratellino, quasi potessi essere qualcun altro!" bofonchio, divertita, aprendo gli occhi e sorridendogli nell'acciuffare la sua mano con le mie. Sembra spaventato, ha gli occhi stranamente lucidi, il fiato corto, ma si sforza di sorridermi.

"Sono... sono così sollevato!"

Lo osservo stranita, mentre lo vedo ritrarre la mano e sfregarsi gli occhi, come a volersi nascondere. Il gesto mi spinge a sollevarmi prima sui gomiti e poi seduta, prima di acciuffare la sua mano tremante e provare a calmarlo, giacché è così agitato, ma la tempesta Michela si caracolla verso di me, frenetica e genuinamente vivace, come è nel suo stile.

“Dormigliona!!! Non sai cosa ti sei persa, Marta!!!" trilla felice, assolutamente entusiasta.

"Cosa... cosa mi sono persa?"

“Le Muse!!! Hai presente, no, il racconto di Dègel?! ” esclama ancora lei, sbracciandosi.

Annuisco con la testa, guardandola intensamente in attesa che prosegua, pendo dalle sue labbra.

"Ecco, sono arrivate! Cioè Dègel ed io non le abbiamo viste fisicamente, ma è salita una nebbiolina tenue, poi sempre più spessa, siamo arrivati ad un punto che non si vedeva un palmo dal naso, e dire che fino a cinque minuti prima c'era il sole splendente in cielo!!! Dégel dice che le Muse si manifestano così, quindi devono essere loro!"

“Noooo, cosa mi sono persa! - ribatto, sinceramente dispiaciuta, accorgendomi che probabilmente qualcosa devo aver percepito, perché, effettivamente, il mio cervello è pieno di quelle nebbie di cui parla Michela - E' che stavo bene qui, con voi, con il suono delle cicale, più che bene e mi devo essere addormentata!" ridacchio, vergognandomi un poco, nuovamente di buonumore.

"Avremo sicuramente un'altra occasione, Marta!" mi sorride a sua volta Dégel, sereno, adagiato a poca distanza da me contro il platano. Non si può dire però lo stesso di Francesca e Camus, che si scambiano occhiate e ne regalano a me di perplesse.

"Fra, quindi hai visto tua madre, Urania?" chiedo, sorridendole.

"E-eh? Cosa?"

"Tua madre, Fra, c'erano le Muse, giusto? Tu forse sei riuscita a scorgerla..."

“B-beh, ecco... - vedo il suo sguardo che naufraga su Camus, il quale scuote la testa, l'espressione turbata - S-sì, l'ho vista, ma di sfuggita, non ho avuto il tempo di parlarci..."

Il loro comportamento è strano, mi inquieta, è come se dovessi afferrare un filo, ma che non mi tornasse, e più tento di riportarlo alla mente più esso si sfilacciata. Cosa...?

“Tranquilla, ho ingannato gli occhi di Michela e Dégel, loro non sanno, quest'ultimo non deve ESPRESSAMENTE sapere, ma Francesca era troppo vicina a te e Camus... beh, ti sei parzialmente svegliata per lui, no?”

La voce di Federico nella mia mente mi fa voltare, stupita, verso di lui, verso un bambino che non dimostra più di otto anni e che, malgrado questo, mi incute reverenza. Non riesco a capire neanche le sue parole però, perché dopo il mio risveglio sono tutti così strani? Cosa è realmente successo? Perché non ho memorie di questo?!

“Marta, Camus, permettete una domanda a bruciapelo?” chiede ad un tratto Dègel, incerto, come a esplicare qualcosa che ha a lungo soppesato.

Al nostro cenno di assenso prosegue: "Voi... siete semidei?"

“Sì, siamo semidei. Mia sorella ed io come figli di Efesto, Michela come figlia di Ares e Sonia come figlia di Hermes” proferisce Camus, ancora scuro in volto. Non un fremito, solo e soltanto la consapevolezza, che lo fa diventare improvvisamente laconico.

“Lo supponevo... So che i semidei, pur essendo mortali, hanno potenzialità più elevate rispetto agli uomini comuni. Ora capisco perché Marta e Sonia apprendono così velocemente durante gli allenamenti, così si spiega inoltre perché le loro ferite si rimarginano meglio. Sono sinceramente meravigliato!” parafrasa il suo pensiero Dègel, guardando tristemente il ruscello. Camus sospira pesantemente, le mani strette a pugno nell'urgenza di dire qualcosa che però non può esprimere, ciò lo fa tornare al discorso di prima.

“Riprendendo la questione maestro/allievi, cosa intendi fare? Continuare per la tua strada, incurante della via che ti ha mostrato Krest? Vuoi... perseguire il tuo percorso a modo tuo, anche se ciò equivarrà alla tua disfatta?” trova il coraggio di porre la domanda mio fratello, una tacita speranza non pienamente espressa.

“Mi comporterò come ho sempre fatto, se davvero morirò mettendo i sentimenti al primo posto non avrò rimpianti, perché sono un essere umano, come tale, vivo di emozioni. Non rinuncerò ad esse per cambiare il destino, non farò questo torto a me stesso!” esclama l'antico Cavaliere dell'Acquario, risoluto più che mai, palesando a sua volta la sua tipica cocciutaggine.

“Dégel, gli esseri umani hanno il potere di cambiare il fato, non inchiodarti su posizioni assurde solo perché sei fatto così. Puoi cambiare, lo sai, sei un uomo molto intelligente, modifica il tuo modo di vedere le cose!” ribatte ancora mio fratello, sempre più pressante.

Automaticamente i miei occhi si posano sulla sua figura, un brivido scorre su tutta la pelle e un singulto sfugge dalle mie labbra, tempestivamente bloccate dalla mia mano.

Fratellino... pensi di essere tanto diverso da lui? Davvero credi di essere inamovibile, arido e imperturbabile come ti sforzi di apparire? No, non è così, vero? Tu conosci la sofferenza dietro ogni sentimento, il dolore delle tue scelte, per questo stai cercando di mettere in guardia la tua precedente vita dal rimpianto che ti ha più volte ghermito, ferendoti talmente profondamente da renderti più fragile che mai, come il cristallo, come un fiocco di neve... Lo stesso hai provato ad insegnare a Hyoga nella pallida speranza di proteggerlo dal nemico più insidioso: sé stesso, perché siamo sempre noi stessi gli avversari impossibili da sconfiggere...

“No, non voglio coinvolgere te, tanto meno tua sorella o le persone del futuro! Non voglio sopravvivere a scapito di altri esseri viventi. Io sono vivo e, per quanto possa essere breve la mia vita, ho avuto l'occasione di esistere, vedere con i miei occhi, udire con queste mie orecchie, sentire gli odori, vivere con il cuore, come mi ha insegnato anche Cardia. No, non priverò qualcun altro di tutto questo per dar voce al mio egoismo!” obietta ulteriormente Dègel, sempre più deciso. Lo guardo, completamente ammirata dal suo approccio alla vita. Anche io l'ho sempre amata, questa vita, in ogni sua forma e colore. Odio con tutta me stessa la morte, ma so che è inscindibile dall'esistenza... tuttavia perché proprio Dègel, fra tutti, è destinato ad una tale fine? Proprio lui... che meriterebbe di vivere e perpetuare il futuro!

Camus sospira rumorosamente, sdraiandosi rassegnato sull'erba, una mano sopra il suo addome e l'altra che giocherella con un ciuffo.

“Sei davvero simile al mio Hyoga, Dègel, forse non immagini neanche quanto gli rassomigli, stessi ideali, stessa testardaggine, stessa smania di bruciare nel proprio sogno... - mormora, rattristato, socchiudendo gli occhi - Proprio per questo, io... devo proteggervi!"

“Hyo-Hyoga sarebbe il tuo primo all..." fa per porre un'ulteriore domanda l'antico Acquario, sinceramente interessato, ma l'arrivo di Eleonora, in tutta fretta, lo distoglie dai propri propositi.

“Sommo Dègel e voi tutti, siete richiesti alla Casa dell'Acquario immediatamente. Qualcuno vi attende per darvi alcune informazioni importanti!” ci avverte, sorridendo e facendo un impacciato inchino.

“Va bene, arriviamo subito! - asserisce l'interpellato, alzandosi poi in piedi e girandosi verso di noi - Spero davvero di avere altre occasioni per discorrere con voi in tutta tranquillità!"

 

***************

“Si può sapere dove è?!” esclama Dègel, accigliato, appena tornato in cucina dopo l'ennesimo giro a vuoto per il suo tempio.

“Magari era uno scherzo, non c'è nessun messaggero!” ipotizza Francesca, guardandosi intorno, dubbiosa.

“No, è escluso, accade così anche nella nostra epoca, se è un inserviente a portarti l'informazione è ufficiale!” spiega Camus, impegnato a contemplare la piccola libreria vicino all'ingresso.

“Ma qui non c'è proprio nessuno...” dice la sua anche Michela, ma un tonfo al piano di sopra, più precisamente nella biblioteca, attira l'attenzione di tutti.

“Ma non è poss... la biblioteca dovrebbe essere chiusa a chiave!” esclama Dègel, cominciando a salire le scale, seguito a ruota da noi.

Arrivati dalla porta notiamo che, effettivamente, è semiaperta, cosa alquanto strana dato che Dègel è sempre preciso in questi frangenti.

Varchiamo lentamente la soglia, guardandoci intorno incuriositi. La mattinata, per me e Camus, è cominciata qui e, pare proprio, terminerà lo stesso qui.

“Toh! Sto pirla è nella mia stessa situazione!”

La voce prorompente che ci accoglie ci fa prendere un risalto collettivo. Automaticamente il mio sguardo stupito si posa su Dègel, che a sua volta, dopo averlo ricambiato, guarda un altrettanto sorpreso Federico, ritto in tutto il suo metro e trenta di altezza.

“Questa voce... non è Cardia?” domanda ingenuamente Michela, confusa dalle nostre espressioni scettiche.

“Sììììì! Cioè noooo!!! E' impensabile che si trovi in biblioteca... A meno che non sia arrivata la fine del mondo!” commento io, dirigendomi verso il baccano che sta producendo il mio caro amico.

Una volta arrivati nell'ala delle biblioteca inerente la letteratura, troviamo nientepopodimeno che un essere più unico che raro in questo particolare habitat: lo Scorpione Cardia, abituato alle calde sabbie della spiaggia, intento sempre a divertirsi e a gozzovigliare più o meno ovunque, lo si trova in qualunque posto possa creare casino, tranne, appunto, qui, eppure...

“C-Cardia, che diavolo fai in codesta sede?!” sussurra Dègel, stupefatto, arricciando il naso e inarcando un sopracciglio.

Il diretto interessato, non essendosi accorto del nostro arrivo, fa cadere maldestramente il libro per terra, raccogliendolo però subito dopo.

“Non stavo facendo niente, lo giuro!!!” grida Cardia, nascondendo 'il mucchio di carta' dietro la schiena.

Dègel, si avvicina a lui, facendo per prendergli il libro dalle mani, intuendo la mossa, Cardia schiva di lato, portandosi il cartaceo davanti. E' di nuovo il turno di Dégel, il quale prende il polso libero dell'amico per sgraffignargli il maltolto, tutto inutile, Cardia oppone strenua resistenza, fino a quando, capendo il profilarsi di una battaglia dei 'mille giorni', si arrende, cedendo quanto teneva tra le grinfie.

La Vita nuova, cap. XXVI... - recita Dègel, sempre più sbalordito, come se avesse visto un miraggio in un deserto – Stai leggendo 'Tanto gentile e tanto onesta pare' di Dante Alighieri?!?” conclude poi, alzando la voce a causa della sorpresa.

“Ah... il pirla si chiama Dante?!” ribatte Cardia, sarcastico, mentre io mi chiedo come faccia lo Scorpione a leggere una lingua così diversa dal greco. Non mi stupisco di Dègel, ma Cardia?!

“Non chiamarlo con quel termine obbrobrioso!!! Fu il primo a scrivere in volgare italiano, è stato un grande innovatore e inoltre l'intera letteratura italiana deve molto a lui! Tuttavia, parte questo particolare di NON trascurabile importanza...” esclama tutto d'un fiato Dègel, prendendosi una breve pausa solo alla fine della frase.

Cardia fa per aprire bocca, ma la mano fresca che il Cavaliere de''Acquario gli mette sulla fronte lo blocca e lo zittisce all'istante.

“Hai un'altra delle tue crisi?! Stai male?! Questo non è normale! L'alterazione della personalità può essere causata da più ragioni, occorre di certo indagare per stare più cheti!” afferma preoccupato, controllando l'amico in vari punti, in particolar modo sul petto, temendo per la salute dell'amico.

“Uff, hai finito, mamma Dègel?! Sto bene!” esclama Cardia, lievemente imbarazzato dalle attenzioni del compagno d'armi.

“Eeeeehhhh... abbiamo parlato dell'amore, oggi, eccolo qui l'AMORE, e i suoi effetti, aggiungerei!” commenta Federico, ghignando divertito, ricordandosi forse di essere un bambino di appena 8 anni. Devo ammettere che è la prima, o la seconda, volta che si comporta da tale, mi stupisce.

“Tu, piccola peste, dovresti imparare a stare zitto!” schiamazza Cardia, questa volta completamente rosso in viso, acciuffando il piccolo e iniziando a fargli il solletico alla Milo. Stavolta il piccolo non si oppone, divertendosi a tirare calcetti nel guazzabuglio più totale.

“Cough! Cough! - tossicchia Camus attirando l'attenzione generale - Queste manfrine sono inutili al momento... perché sei entrato qui? Cosa ci devi dire?” chiede, con un tono abbastanza altezzoso. Miseria, ha fatto uno sforzo verso Dègel, non può farlo anche con Cardia?! No, proprio non ci siamo!

"Ah, ci sei anche tu... sai com'è, stai sempre zitto, come se facessi da muro, non ti si nota se non parli!" ribatte, tutto piccato, smettendo di solleticare Federico. Purtroppo mio fratello ha la risposta pronta.

"Mi piacerebbe dire lo stesso di te, invece sei fastidioso come una zanzara, ovunque vai, fai il baccano di un esercito!"

Cardia sbuffa ancora seccato, trattenendosi a stento. Poi posa lo sguardo su di me, sempre più scettico: "Siamo proprio sicuri, eh, che sia tuo fratello di sangue, non è passabile di sbaglio? - mi chiede retoricamente, al mio fare spallucce, prosegue - Simpatico come un bacco in c..."

"Cardia! Modera il linguaggio nella mia biblioteca, sei anche vicino ad un bambino!" lo intercetta Dègel, riconoscendo comunque il suo amico dietro quelle ultime frasi. Lo Scorpione decide finalmente di lasciar perdere.

“Uff, vi volevo aspettare in corridoio, ma siccome impiegavate troppo tempo ho fatto un giro e ho notato che la biblioteca, che doveva essere chiusa, era stranamente aperta, mi sono permesso di entrarci senza remore” spiega, chiudendo gli occhi, in apparente tono pacifico.

“E' strano, credevo di averla chiusa!” sussurra Dègel, abbassando gli occhi e trovando grande interesse nel pavimento.

“Chissà perché, Dègel, eh... chissà quale sarà poi il motivo perché ultimamente sei tra le nuvole ed esponi i tuoi sguardi ebeti quando osservi una persona in particolare...” commenta lo Scorpione, sarcastico, recuperando il consueto modo di porsi.

Divento letteralmente viola una volta ultimata la frase, lo stesso fa Dègel, voltandosi però dall'altra parte... fossi stata talmente lesta da farlo anch'io, ora Michela non mi starebbe a guardare con lo sguardo malizioso di chi la sa lunga.

“Aaaaah, Marta, Marta, Marta! Tanti problemi in passato, per farti destare interesse nell'altro sesso e ora ti ritroviamo in un'altra dimensione con due uomini ai tuoi piedi. Fortunella, amica mia!” mi pungola lei, scrutandomi profondamente, quasi volesse carpirmi tutti i segreti.

I due uomini ai miei piedi se li è visti nei suoi sogni avventurosi, mi sa, non riesco comunque ad obiettare, perché i miei occhi si posano su quelli di mio fratello.

Anche Camus mi fissa, serissimo in volto, non una parola dalle sue labbra sottili, ma le avverto tutte, come un severo monito. Non posso innamorarmi di Dègel, lo so, questo mi sta dicendo, eppure... eppure lui, fra tutti, dovrebbe capirmi, no? Lui ha vissuto qualcosa di simile con Seraphina, quindi... mi fermo un attimo, ripensando alle visioni che ho avuto di lui. Ci siamo appena ritrovati, ma non abbiamo parlato ancora di questo, dell'argomento più importante, vorrei capire bene cosa è successo tra loro, se, alla fine, sono andati oltre oppure no, se la rinuncia di mio fratello ha a che fare con lei, con la donna che amava nella sua precedente vita; allo stesso modo anche io vorrei potermi confidare con lui, dirgli di Dègel, di quello che lui è per me, anche se so che non ho alcun diritto di amarlo. Dovremmo parlare di un sacco di cose, in fondo, ma... ho paura, qualcosa mi blocca.

“Che cosa ci devi dire, ordunque?” chiede Dègel in tono freddo, recuperando due toni di voce, rivolgendosi a Cardia.

“Preparatevi per un bel ballo in maschera!” esclama lui, fingendo entusiasmo e improvvisando una giravolta sfarzosa, seguita da un inchino.

Silenzio assoluto...

“Eeeeehhh?! Cosa?!” gridiamo ad un tratto ad una sola voce.

“Sì, quel vegliardo di Sage non dorme la notte per partorire simili idee: ha detto che tra tre giorni avrà luogo 'il ballo della presentazione' nella sala del Grande Sacerdote. Tutti i Cavalieri, tutti gli allievi di questi e persino gli inservienti sono invitati a partecipare e a contribuire all'allestimento!” spiega Cardia, soddisfatto dalle nostre espressioni stupite.

“E' uno scherzo, vero?! Siamo in guerra e il Grande Sacerdote di quest'epoca ha l'idea geniale di fare un ballo?!” prorompe Camus, scettico, punto sul vivo

"Beh, se non vuoi venire non è una gran perdita, eh!" ribatte Cardia, ghignando con ancora più enfasi.

“No... è una buona idea, invece!” interviene Dègel pensieroso.

Tutti noi dirigiamo il nostro sguardo verso di lui, colpiti dalla sua affermazione: una buona idea? Sarebbe, questa, una buona idea?! Io non sono mai neanche andata alla festa delle scuole, tanto meno in discoteca, e mi ritrovo ora a dover fare un ballo in maschera in un'epoca non mia... ottimo!

“E' un modo come un altro per capire le intenzioni del nemico e, inoltre, potremo avere la conferma se questo essere ci osserva sempre, oppure no!” teorizza ancora Dègel, cupo in volto.

“C-cosa intendi?” domanda Michela, tesa.

“Che grazie a questa copertura potremo capire se il nemico ha uno scopo prettamente bellico, o è mosso da intenti più difficili da comprendere. Nel primo caso infatti attaccherà senz'altro, nel secondo starà sull'attenti... vado immediatamente a parlare con il Grande Sage per l'organizzazione!” sentenzia alla fine, uscendo di corsa dalla biblioteca, più vivace del solito.

L'idea sembra piacergli alquanto, a giudicare dal suo sorriso...

“Aspetta, veniamo anche noi, anche perché non vedo altre alternative!” aggiunge Camus, seguendolo insieme a Michela e Francesca, incuriosite da una tale proposta.

Rimango indecisa sul da farsi, ma prima di poter compiere qualsiasi azione, Cardia mi afferra tempestivamente la mano.

“Devo avvertire tutti gli altri, mi piacerebbe che tu venissi con me!” mi dice tutto d'un fiato, guardandomi speranzoso.

“V-va bene!” balbetto, incerta.

Federico mi osserva con un'espressione strana, simile a quella di Camus poco fa, anche lui non dice niente, limitandosi ad andare nelle profondità della biblioteca, suo completo territorio.

“Fantastico! Però affrettiamoci ad uscire da qui, non sopporto più di essere accerchiato da questi libri ammuffiti!” dichiara Cardia, uscendo dalla biblioteca e trascinandomi, letteralmente, con lui.

“Cardia, se tu odi i libri perché stavi leggendo?” gli chiedo, confusa.

“Aha! Vuoi veramente saperlo?” mi domanda, ridacchiando.

Mi limito ad annuire, certa di pentirmene.

“Sai, non mi è mai capitato di non capire i miei sentimenti, mai in vita mio, fino... fino a quando ti ho conosciuto, ecco. Mi sentivo... eccitato, un fascio di muscoli, accaldato e... dannatamente felice, quindi mi sono chiesto... mi sono chiesto se tra gli ammassi di carta di Dègel ci fosse qualcosa che mi avrebbe potuto far schiarire le idee!” spiega Cardia, sorridendo, ma il suo è un sorriso triste, privo della solita giocosità che lo contraddistingue.

Avverto ancora disagio, di nuovo, repentinamente, alla sola idea di essere la prima causa della sua infelicità, quando invece vorrei solo il suo bene... bene, appunto, non l'amore di cui abbiamo parlato oggi, non... quello... che provo invece per qualcun altro, anche se non dovrei, anche se mi dovrei vietare di provarlo.

“Aha! Che fai, ti deprimi adesso? Non mi piace vederti triste, poi sei così bella quando sorridi!” mi dice Cardia, di nuovo solare, riuscendo ad osservare bene, da fuori, le mie sensazioni. E tuttavia so che non possiamo lasciare in sospeso questo discorso ancora per molto, so che lo dovremo trattare, prima o poi, e che, quel giorno, lo perderò come amico, anche questo è ben oltre rispetto ai miei desideri, anche questo mi addolora, mi frattura, irreversibilmente.

“Cardia, io...” comincio, titubante, ma il dito che mi posa lo Scorpione sulle labbra, mi fa tacere.

“Va bene così, non devi aggiungere altro... - mi sussurra allontanandosi un poco – intanto so già che hai fatto la tua scelta!" aggiunge poi, in un mormorio praticamente impercettibile. Stringo convulsamente le mani, sentendomi nuovamente in colpa. Ho sempre pensato di essere inadatta a provare un sentimento così forte come l'amore, ora ne ho la piena conferma...

“Cardia, tu non immagini neanche quanto sei importante per me!” esclamo all'improvviso, abbracciandolo con forza da dietro, facendo così sbilanciare in avanti. Non voglio che se ne vada, non voglio perderlo, che terribile egoismo da parte mia!

“Davvero, Cardia! Tu sei... il mio preziosissimo migliore amico, la velocità con cui mi sono affezionata a te è strabiliante, dato che di solito impiego un sacco a socializzare, ma tu... tu sei speciale; una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto!” continuo poi, in tono alto, ripetendo il suo nome per imprimere ancora più fermezza alla verità che gli ho appena rivelato. Fa male... eccome!

“Lo so, lo vedo che ti sei genuinamente affezionata a me, ma per me tu sei ancora di più, molto di più, ormai l'ho pienamente capito. Il mio cuore impazzisce ogni volta che sono con te e più ci conosciamo più divento... frenetico...” biascica Cardia, sempre più distante, lo capisco dal suo tono appena accennato e dallo sguardo sempre più lontano. Quando è così serio fa davvero paura, sembra così innaturale, così... lontano.

"Cardia..."

“Marta, io... devo pensarci bene su, so che tu hai già scelto, e lo concepisco... ma devo decidere se a me possa andar bene pure così, oppure..." la frase si perde nel vuoto, non arrivando alla sua fine. Sento l'aria farsi sempre più pesante, il mio cuore accelerare di colpo e il mio cervello, irrazionalmente, si rifiuta di proseguire un discorso così delicato con una persona che non voglio assolutamente perdere dalla mia vita.

“Lo capisco... è tuo diritto!” è la mia laconica risposta, mentre il mio sguardo si fissa sugli scaffali impolverati, senza guardarli veramente. Tuttavia una manata sulla mia testa mi distrae completamente, riportandomi alla realtà.

“Devo fare il solletico anche a te per far scacciare quell'espressione corrucciata dal tuo bel visino? Guarda che non me lo faccio ripetere, eh!” asserisce vivacemente Cardia, buttandomi con poco garbo per terra e iniziando a farmi il solletico.

“Ahiahaha, hai sbagliato tattica con me, non ha effetto questo!" sentenzio, buttandolo a mia volta a terra per scompigliargli tutti i capelli ribelli che si trova in testa.

Cardia ride, sinceramente divertito dalla situazione, e tra un 'maledetta' e un 'dannata' rigorosamente scherzosi, passano alcuni minuti in cui il malessere di prima è poco più che un lontano ricordo, come un lampo che, perso nel buio, si allontana, senza tornare più. Davvero... non posso accettare in alcun modo che lui esca dalla mia vita, è insostituibile per me, anche se non posso dargli l'amore che tanto si meriterebbe di ricevere.

Dopo una baruffa in cui io esco vincitrice, probabilmente perché è stato lui stesso a volerlo, lo vedo alzarsi un poco, sfregandosi l'occhio, prima di aiutarmi ad alzarmi.

“Ahaha, se continuiamo così faranno in tempo a tornare i due ghiaccioli, e sinceramente mi risparmierei di vedere ancora quel brutto muso di tuo fratello! - esclama, gioviale, il malessere di prima è passato anche per lui, veloce come un temporale estivo - Allora, mia pulzella, mi accompagnerai in questa mia missione di invitare tutti al ballo?" mi chiede poi, porgendomi la mano.

Annuisco con forza, sorridendo felice nel vedere l'espressione furbetta del mio amico. Già, di persone come te, caro Cardia, non se ne troverebbe nemmeno mezza in tutte le epoche storiche della nostra dimensione!

  
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