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Autore: MonyMOFO    23/04/2012    1 recensioni
Quando ami talmente tanto una singola canzone o un intero gruppo da starci male, è questo che ti fa decidere di intraprendere quella strada, e spesso non c’è ritorno.
Dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna e dietro una grande band ci sono sempre grandi groupies.
Se non hai groupies intorno vuol dire che non stai facendo sul serio.
Sono una groupie, ma anche io ho dei sentimenti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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gropie Sapeva che non avrebbe avuto un futuro con quel lavoro.
Gliel’aveva detto Juliet. Si ricordava ancora le sue parole di un anno fa:“Adie, questo lavoro ti farà lo stesso effetto di un alcolico. Ti piacerà all’inizio, ma poi diventerà un’abitudine e non sentirai più nulla”.
Non le aveva mai dato retta.
La sua amica tendeva sempre a esagerare, tanto che decise di smettere di fare quel lavoro (sempre se si potesse chiamare così) solo dopo aver ceduto davanti alle advance di un batterista di un gruppo proveniente dal New Jersey e ad averlo sposato dopo una notte brava a Las Vegas. Sorrise solo al pensiero di vederla sposata con prole. Non era proprio il tipo.
Alzò la testa e controllò l’ora sull’orologio della stazione. Mancavano 20 minuti e sarebbe passato il treno che l’avrebbe portata a Chicago.
Lì aveva lasciato la madre e la sorella alle prese con una vita non del tutto normale. Figlia di una coppia di croati, aveva deciso di scappare per colpa della madre opprimente e del padre alcolizzato. Il suo vero nome era Elisea Bartulovic, ma decise di semplificarlo in Adele per avere un’altra indentità, per far perdere le sue tracce.
Raccolse una delle due valigie rimaste a terra e cominciò a trascinarle entrambe verso il vagone del treno arrivato in anticipo.
Prima si salirci si voltò per l’ultima volta, voleva salutare Los Angeles, quella bellissima città in cui era rinata e si era rifatta una vita.
“Elisea!”.
La ragazza riconobbe quella voce. E lì a Los Angeles solo una persona sapeva il suo vero nome. Strinse forte a sé la prima valigia e la issò sul vagone, convincendosi che quella voce fluttuasse solo all’interno della sua testa.
“Elisea, ti prego fermati!”.
Questa volta si voltò e con sorpresa vide il chitarrista che quella stessa mattina la cacciò dalla sua vita. Ma la sua presenza non le impedì di salire su quel treno.
“Che stai facendo? Scendi!”, urlò Tomo.
Elisea lo osservava senza aprire bocca, nella sua testa c’era una gran confusione. Non poteva cedere e scendere. No. Non doveva.
Quell’uomo aveva un matrimonio da portare avanti e una carriera musicale a livello mondiale. Lei sarebbe stata solo uno dei tanti problemi che una band possa avere. Anche se sentiva che entrambi avrebbero voluto di più, aveva deciso tristemente di ritornarsene a casa.
“Elisea, ho trovato una soluzione. Scendi subito - ridisse per la seconda volta – ti prego”, stavolta bibigliò.
Le scese una lacrima e si voltò dall’altra parte per non farsi vedere e quando se l’asciugò tornò a rispecchiare i suoi occhi in quelli del ragazzo:"Che…tipo…di soluzione?”, chiese titubante.  
“Scendi e ti spiegherò tutto”.
Nella sua testa vagava la stessa domanda ormai da 10 minuti. Scendere o rimanere? Non sarebbe stato facile portare avanti quella vita con la presenza di Tomo. Forse aveva raccontato tutto alla moglie? Aveva deciso di passare la sua vita con lei? Finchè non sarebbe scesa non l’avrebbe mai saputo.

UN ANNO PRIMA
“Tre – fottute – ore”.
Cominciai a ridere forte. Juliet era appena tornata dopo una notte di sesso sfrenato con Luke Tison, cantante e chitarrista dei Wild Guys, un gruppo appena diventato noto in America.
“Tre fottute ore di sesso selvaggio. Ora capisco il perché del nome del gruppo!”, raccontò dopo essersi buttata sul letto, esausta.
Mi sedetti di fianco tenendo tra le mani una tazza di thè caldo:“Ma è vero che… - ridacchiai – che ce l’ha storto?”. July si issò con i gomiti e mi fissò per qualche secondo negli occhi, poi scoppiò a ridere e si ributtò sul letto:“E chi te l’ha detto? Non è vero! E’ assolutamente perfetto. Anzi, troppo perfetto – si issò di nuovo – dici che se l’è rifatto dal chirurgo?”.
Spalancai gli occhi:“Dio, no!” – “Lo spero, sarebbe una delusione. Non mi sono mai piaciuti i cazzi di gomma!”, appoggiai la tazza sul comodino e le lanciai un cuscino in faccia:“Raccontala giusta, catwoman!”.
Juliet era rinominata da molti artisti ‘Catwoman’ perché quando faceva sesso lasciava sempre dei graffi sulla schiena alla ‘povera’ vittima.
“E tu? Chi è stato il tuo datore di lavoro stasera?”, la ragazza si alzò e si spogliò completamente nuda, poi raccolse un asciugamano pulito dalla sedia e si avviò verso il bagno.
“Serata fiacca, dovevo scoparmi Edward Freese…”, non feci in tempo a finire la frase che la mia coinquilina si fiondò fuori dal bagno:“Dei Blood And Flowers?!”, io annuii.
“Ommioddio, come diavolo hai fatto? E’ da due anni che voglio scoparmelo!” – “Stai calma, non c’ho fatto niente. E’ finito in ospedale, ha bevuto troppo, è caduto dalle scale e si è rotto una gamba!” – “Quale gamba?”, chiese sarcastica. Ridemmo entrambe e poi ritornò in bagno.
Io, ormai in pigiama, mi infilai sotto le coperte e nascosi il guadagno di quella sera nel cassetto sotto la biancheria intima.
Non era di certo la vita che mi immaginavo, ma sicuramente mi stava facendo guadagnare un sacco di soldi. Non mi sentivo una puttana. Ero una groupie, e anche io avevo dei sentimenti. Ma questo lo scoprii forse un po’ troppo tardi.
   
 
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