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Autore: kiss88    23/04/2012    0 recensioni
Dal testo:
Un sorriso.
Il più bel sorriso che aveva mai visto in tutta la sua vita. Due file di denti bianchissimi e delle labbra carnose di un rosa intenso, accompagnavano quegli occhi blu.
Per non farsi mancare niente decise di guardare anche il resto: i suoi capelli erano corti, di un castano chiaro quasi biondo e gli ricadevano disordinati sulla fronte. La sua carnagione poi…sembrava il risultato di lotte con il sole in cui lui, sicuramente aveva avuto la meglio.
Era perfetto, per un attimo si dimenticò di tutto, del suo sogno, dei ragazzi che non voleva nella sua vita e della macchina che aveva appena tamponato.
Oddio la macchina!
Il ragazzo angelo era il proprietario della macchina. Ma come aveva fatto a non accorgersene prima?
Era stata così impegnata a scusarsi e mortificarsi per avergli tamponato la macchina che non aveva avuto neanche il coraggio di alzare la testa per guardarlo.
Cercando di rimanere indifferente a tutta quella perfezione, fece per liberarsi dalla stretta del ragazzo che ancora la teneva stretta, intuendo le sue intenzioni lui la lasciò andare. Per un attimo, non appena quella stretta intorno a lei venne meno, si sentì come privata di qualcosa...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo della mia storia, ringrazio tutte le persone che hanno messo questa storia tra le seguite e le ricordate e ovviamente grazie a chi legge soltanto, spero mi farete sapere se questa storia deve essere continuata. Vi lascio alla lettura…baci

Sara

 

Capitolo 2

Entrò in ufficio in ritardo, si sentiva veramente spossata e arrabbiata, quel giorno voleva cancellarlo come pochi altri giorni nella sua vita, non solo perché Miriam era partita e l'aveva lasciata di nuovo sola ad affrontare la sua solitudine che in sua assenza, si faceva sentire ancora di più, ma anche e soprattutto pensare a quell'idiota con la faccia d'angelo a cui aveva tamponato l'auto le faceva letteralmente salire il sangue al cervello. Sperava davvero che avergli dato tutti i suoi dati sarebbe servito a tenerlo lontano da lei e dai suoi ormoni che avevano iniziato a risvegliarsi non appena aveva visto quegli occhi… e quel sorriso.

Era davvero bello, ma anche evidentemente stronzo, e per esperienza personale sapeva che, la massima "bello e stronzo" funzionava sempre e lei, aveva avuto una calamita per gli stronzi escludendo Alessandro.

Perciò meglio dimenticarsi di lui all'istante anche perché, non lo avrebbe mai più visto.

Si sedette nella sua postazione  e  prima di iniziare a visionare la pila di curriculum presenti sulla sua scrivania, sbrigò tutte le carte e gli arretrati che aveva lasciato indietro nei giorni precedenti.

Appena ebbe finito, dopo un lungo respiro e una bella stiracchiata, prese dall'angolo alla sua destra tutti i curriculum che i possibili candidati al posto di "assistente redattore" avevano inviato via mail.

Lavorava per una piccola casa editrice indipendente da quasi un anno ormai. Anche lei, come tutti gli altri aveva mandato il suo curriculum via mail. Da quando s era laureata aveva mandato un'infinità di curriculum. Non ricordava neanche il numero preciso, sapeva solo che molte persone avevano avuto la sua foto davanti agli occhi e non l'avevano mai degnata di considerazione.

Ma cosa aveva lei meno delle altre?

Non era mai riuscita a darsi una risposta a questa domanda, forse non era abbastanza bella  per essere considerata degna di stare dietro un bancone per servire cappuccini o aiutare i clienti durante la scelta di un vestito?

Può darsi, che fosse così, anche se lei non si vedeva meno bella di tante altre ragazze che aveva visto in giro. Certo, non era bella come la Jolie o Megan Fox - perché se fosse stata così bella probabilmente sarebbero stati tutti disposti a darle un lavoro anche se fosse stata un' incompetente- ma non era neanche da buttare via: aveva lunghi capelli castani che baciati dal sole assumevano  le più svariate gradazioni del rosso e due enormi occhi verdi incorniciati da delle ciglia lunghissime che, a seconda del tempo cambiavano colore diventando più o meno intensi. Aveva un fisico asciutto e un seno da fare invidia a molte, solo che era bassa.

Un metro e cinquantaquattro centimetri.

Quei pochi centimetri erano stati la sua croce più grande da sempre, tant'è che per cercare di mascherare la sua bassezza andava ai colloqui di lavoro con dei trampoli allucinanti rischiando l'osso del collo.

I risultati però non erano cambiati: era sempre disoccupata.

Un giorno però, navigando su internet trovò un annuncio di lavoro per l'assunzione di una tirocinante di una casa editrice. Cercavano una persona laureata da formare totalmente in quel campo, che avesse buone doti comunicative e a cui piacesse il lavoro. Oltre a tutti quei requisiti, c'erano altre due cose fondamentali che erano indispensabili per essere chiamati a sostenere il colloquio: la prima, era una lettera di presentazione in cui il candidato doveva esprimere le motivazioni che l'avevano spinto a rispondere all'annuncio, e l'altra era il curriculum che doveva essere " rigorosamente senza foto".

Li per lì Ginevra non capì il perché non volevano la foto nel curriculum ma l'avrebbe scoperto tempo dopo.

Il suo capo, il signor Orrù, un uomo dalla voce grossa e dal fisico sottile glielo disse durante il loro colloquio:

-              Allora, signorina Perra - disse lui sedendosi più comodamente nella sedia- ha qualche domanda da pormi ora che le ho illustrato tutto ciò di cui si occuperebbe se dovesse essere assunta?

Ginevra non aveva molte domande da fargli riguardo al lavoro perché nei precedenti venticinque minuti lui le aveva illustrato - molto dettagliatamente- ogni mansione che lei avrebbe dovuto svolgere perciò fece l'unica domanda che davvero voleva fare sin da quando era entrata in quella stanza:

-              In effetti una domanda ce l'avrei- disse lei cercando di sembrare sicura- però non riguarda il lavoro, è più una curiosità, una cosa che mi è rimasta impressa nel momento stesso in cui ho letto il vostro annuncio su internet.

Il signor Orrù fece una faccia indecifrabile, come quella di uno che non sa se si caccerà in un guaio o meno.

-              Continui la prego- disse la sua voce baritonale che non sembrava appartenergli.

-              Ecco vede, vorrei sapere come mai ha richiesto che i curriculum fossero rigorosamente privi di fotografia.

L'uomo la guardò per un attimo stupito come se non si aspettasse quella domanda me nello stesso tempo fosse contento, subito dopo sorrise come se, la risposta a quella domanda fosse ovvia:

-              Perché? - disse continuando a sorridere- E' semplice, l'amore per il giornalismo o per l'editoria, non si esprimono con un sorriso stampato su una fotografia. Noi lavoriamo con le parole, noi amiamo le parole Ginevra e l'unico modo in cui, potevo scegliere uno di voi era quello di leggere quello che scrivevate, volevo vedere chi tra di voi amava le parole quanto le amo io. Una foto non mi avrebbe mai dato le informazioni che mi servivano per scegliere chi assumere. E' per questo motivo che ho deciso di svolgere la selezione in questo modo.

L'amore per le parole.

Quell'uomo le aveva appena dato la lezione di vita che avrebbe ricordato per sempre.

Dopo pochi giorni da quel colloquio il signor Orrù le telefonò per congratularsi con lei perché aveva ottenuto il posto, era stato il giorno più importante delle sua vita.

In quell'anno aveva lavorato veramente sodo per dimostrare al suo capo che assumerla non era stato un errore ma bensì un giusto investimento.

Ed era stata premiata anche quella volta, dopo soli sei mesi il signor Orrù l'aveva promossa redattrice congratulandosi per la seconda volta in un anno con lei e augurandole il meglio.

Ed ora infatti era lì, seduta nella sua scrivania a esaminare i curriculum che le erano arrivati e che ovviamente erano tutti rigorosamente senza foto, voleva dare a qualcun altro la grande possibilità che aveva avuto lei, voleva giudicare le persone non dal loro aspetto, ma bensì da quello che loro scrivevano, proprio come aveva fatto con lei il suo capo.

Prese in mano uno alla volta i curriculum e iniziò a leggerli, facendo particolare attenzione alla lettera di presentazione che era espressamente richiesta in allegato. Molti dei curriculum oltre e essere scarsi di contenuti  erano sprovvisti di lettera e Ginevra interpretò questo come scarsa attenzione e soprattutto poco stimolo e amore per quel lavoro.  Alcuni curriculum invece erano molto buoni, nello spazio dedicato alla formazione si stendevano lunghissimi elenchi di lauree e master, che, alla lunga erano solo carta straccia visto le cose che scrivevano nelle lettere. Molti di quei curriculum  appartenevano sicuramente a delle persone egocentriche e presuntuose  visto che le uniche cose che scrivevano recitavano più o meno tutte la stessa cosa:

"Credo che la vostra casa editrice farebbe un affare assumendo una persone come me".

In quelle lettere non c'era niente. Oltre l'ego ovviamente.

Dopo aver scartato più di venti curriculum, la sua scrivania era di nuovo visibile ormai e il mal di testa cominciava a farsi sentire, d'altronde erano passate già quattro ore e senza contare lo stress che aveva passato andando a lavoro, era davvero stanca.

Mancavano ancora tre curriculum da visionare però, ancora tre e finalmente sarebbe andata a pranzo.

Prese in mano il primo curriculum, apparteneva ad una ragazza, Chiara Costa. Ventiquattro anni, laureata in lettere e nessuna esperienza professionale di nessun tipo. Era pura. Le piaceva pensare che fosse così, quella era un'altra cosa meravigliosa del fatto di non avere la foto: immaginare come potevano essere i candidati.

Nonostante fosse ormai una donna formata, amava giocare con la fantasia come quando aveva quindici anni e probabilmente non sarebbe mai cambiata.

Prese a leggere la lettera che Chiara aveva allegato, era una lettera semplice che esprimeva il desiderio della ragazza di lavorare in quel campo con tutte le sue forze e che, nonostante avesse provato tante volte a farsi assumere, nessuno alla fine le aveva dato una possibilità.

Senz'altro era una ragazza decisa, aveva usato le parole per esprimere le sue idee e quello, non poteva che essere un punto a suo favore. Chissà come si sarebbe comportata durante il colloquio conoscitivo.

Mise il foglio alla sua sinistra e prese l'altro curriculum.

Alberto Leone.

Un nome sicuramente di impatto con un curriculum di altrettanto effetto. Ventotto anni. Laureato anche lui in lettere ed in possesso di due master: uno in giornalismo e l'altro in marketing. Aveva avuto diverse esperienze e sapeva anche molto bene come trattare con le parole, come era facilmente deducibile dalla su lettera di presentazione.

Si era definito un amante di tutto ciò che è scritto, senza eccezione alcuna. Aveva fatto cenno alle sue esperienze e alla sua, sempre nuova, voglia di imparare e crescere professionalmente.

Ci sapeva proprio fare con gli scritti, era innegabile. Ma sarebbe stato così bravo anche stando con lei faccia a faccia? Era da scoprire.

Posò il secondo foglio sopra il curriculum di Chiara e prese finalmente in mano il suo ultimo curriculum.

Ancora uno e sarebbe potuta andare a pranzo a casa sua, dove la aspettava un piatto di pasta al pesto fumante.

Iniziò a leggere:

Christian Bianco.

La prima cosa alla quale pensò Ginevra era che sicuramente non era un cognome sardo.

Ventisette anni. Una laurea in scienze della comunicazione proprio come lei. Le esperienze lavorative non erano state molto significative, tranne una: aveva lavorato per un importante casa editrice a Milano.

Ginevra di ritrovò subito a chiedersi come mai una persona con un lavoro come quello si mette a mandare un curriculum in un posto così poco conosciuto quale era la redazione dove lavorava lei.

Passò alla lettera di presentazione e si rese subito conto di avere davanti agli occhi molto più di quello che lei stessa avrebbe mai immaginato di trovare.

" E' la prima volta che mi trovo a descrivere il perché abbia scelto questo lavoro. Nessuno me lo ha mai chiesto. Nessuno si è mai preso la briga di capire perché per me, le parole sono tanto importanti. Credo che scrivere sia qualcosa che va aldilà delle persone, dei desideri, dei sogni. Scrivere è tutte queste cose insieme, fare dei propri desideri una realtà e lasciare che questa si realizzi nell'immaginario mio, ed in quello collettivo. Non dico di essere bravo, perché chi si vanta di questo titolo spesso è tutto il contrario. Dico solo che amo quello che faccio e che nonostante questo lavoro, continuerò a farlo"

Si asciugò una piccola lacrima che era sfuggita al suo controllo, da quanto tempo non le succedeva di emozionarsi in questo modo leggendo? Da troppo tempo. Non si ricordava neanche l'ultima volta che le era successo.

Sentiva le sue gambe a rischio cedimento, per fortuna era seduta altrimenti sarebbe tutt'uno con il pavimento.

Quella lettera l'aveva davvero spiazzata. Durante il tragitto per tornare a casa non fece altro che pensare a quella lettera ed immaginarsi che faccia potesse avere Christian Bianco.

Sperava di non trovarsi di fronte uno di quei secchioni brufolosi che non sanno niente della vita. E' vero che aveva chiesto espressamente di non mandare la foto per non incorrere in valutazioni superficiali,ma dopo aver letto quella lettera la sua curiosità aveva raggiunto dei picchi altissimi.

I colloqui per le assunzioni sarebbero stati tre giorni dopo e lei, da impaziente quale era doveva assolutamente trovare il modo di distrarsi.

Era in procinto di accendere il suo portatile per navigare un po' su internet prima di tornare a lavoro, quando il suo cellulare iniziò a suonare insistentemente. Corse velocemente verso la borsa e rispose senza neanche guardare il numero chiamante

-              Pronto?

Disse leggermente trafelata.

-              Ginevra Perra?

Chiese una voce maschile dall'altro capo dell'apparecchio.

-              Si, sono io. Chi parla?

Sentì una piccola risata e subito si innervosì credendo di essere vittima di uno scherzo.

-              Come, non mi riconosci?

Disse la voce continuando a beffarsi di lei. Ma cosa voleva questo idiota?

-              Senti, sinceramente non ho molta voglia di giocare, quindi se mi hai chiamato solo per farmi uno stupido scherzo telefonico sappi che hai sbagliato persona, perciò ciao.

Era in procinto di chiudere la chiamata quando finalmente il suo interlocutore misterioso smise di fare il bambino.

-              Ehi, ehi, ehi! Non chiudere, sono io!

-              Io chi scusa? Ti ho detto che non ho voglia di giocare.

-              Quello a cui hai sfasciato la macchina.

Oh.

-              Ah, sei tu. Cosa posso fare per te? E poi, chi diavolo ti ha dato il mio numero? Io non m ricordo di avertelo dato.

Fece un attimo di pausa e poi disse:

-              E' stato il tuo assicuratore, gli ho detto che mancavano dei dati ed è stato "così carino" da darmelo.

Una delle prime cose che avrebbe fatto la settimana prossima sarebbe stata quella di cambiare compagnia assicurativa.

-              Oh ma che gentile! Insomma hai fatto tutto questo casino solo per avere il mio numero e importunarmi o mancano davvero dei dati?

Lo sentì ridere dall'altra parte della cornetta e per un attimi si ricordò di quel sorriso e di quegli occhi. Era proprio un ragazzo angelo.

-              In effetti si, manca la tua firma.

Merda!

-              Bene. Lascia il C.I.D. dal mio assicuratore e domani mattina passerò a firmarlo.

-              Veramente…- disse facendo una piccola pausa- sono sotto casa tua, non è che potresti scendere per firmarlo?

Ma era per caso pazzo? Come si permetteva quel…quel…ad andare sotto casa sua e a chiederle di scendere?

-              No, non scendo. Ti ho già detto cosa devi fare.

-              Ma dai, cosa ti costa? Bene, visto che non scendi tu, salgo io.

La conversazione cadde improvvisamente.

Dieci secondi dopo il persistente bussare alla porta le diede la conferma che lui era davvero salito.

Rassegnata si avviò verso la porta.

Quella giornata non voleva saperne di finire.

  
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