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Autore: Selene Silver    23/04/2012    7 recensioni
Ogni mattina, si sveglia prima di lui. Rimane per un attimo immobile ad ascoltare il silenzio dentro la casa ed il rumore della città fuori. I loro corpi sono uniti ed intrecciati. Lui è raggomitolato, con le lunghe gambe strette al petto, e di solito le da la schiena, anche se la sera prima si sono addormentati abbracciati. Ma anche nel sonno, quando si muove come se non trovasse posa e sognasse infinite battaglie, la cerca, e spesso Rose viene svegliata da una mano che stringe la sua con un po' troppa forza.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 10, Rose Tyler
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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My home is half a walnut shell, the journey will be long


Rose si è abituata, col passare del tempo, a vivere in una casa così grande. Anche se il suono dei passi somiglia a quello di rocce che cadono in fondo ad un burrone. Anche se è impossibile sentire le voci gli uni degli altri. È certo una casa molto più piccola di quella di prima dell'ascesa dei Cybermen (né lei né suo padre né Mickey hanno parlato di quella casa a Jackie, per scongiurare il peggio) eppure le fa sentire comunque quella sensazione di vuoto proprio sotto il cuore che le ha dato la prima volta.
Ormai, però, è qualcosa a cui si è abituata. Pensa che non andrà mai più via. Rimarrà per sempre dentro di lei, come frammenti di vetro sul fondo di un pozzo. Come il Diavolo dentro quel buco nero.
Quando tornano a casa dalla Norvegia, però, Rose è assolutamente grata a tutto quello spazio inutile, in cui è facile nascondersi. Si ritrova a vagare per quelle stanze senza una meta, tendendo di tanto in tanto l'orecchio per percepire un suono di passi - lui non la seguirebbe, lo sa, ma forse una parte di lei lo spera. E anche se uscire a fare quattro passi sarebbe più sensato, non lo fa. Non vuole lasciarlo davvero solo.
L'Altro Dottore, confuso e spiazzato, guarda tutto con gli occhi di un bambino diffidente. Guarda tutto con quell'aria spezzata da uomo ferito e senza più una casa.  Parla poco - cosa che stupisce Jackie oltre ogni limite - e per di più si limita ad osservare. Spesso Rose sente i suoi occhi seguirla. Ma, immancabilmente, quando si volta lo trova immerso in qualcos'altro.
L'Altro Dottore parla con Tony forse più che con chiunque altro. In qualche modo, sembra che stiano imparando ad essere umani insieme. E Peter prega il Dottore di non confondere il bambino con la meccanica quantistica, e Jakie gli urla dietro perché non gl'insegni a trasformare il tostapane in una qualche “diavoleria aliena”. Rose allora ride e poi si volta per non incontrare lo sguardo del Dottore, e sussulta quando si rende conto che Mickey non c'è.
Ha perso tante cose, Rose, come un fiore che avvizzisce nell'acqua e lascia cadere i suoi petali spiegazzati. Sente di aver perso anche quando ha vinto, anche quando tutto ciò che ha sempre desiderato è proprio lì, davanti a lei.

È con il tono più imbarazzato che gli abbiano mai sentito che Pete, per la prima volta, suggerisce che loro due condividano la stanza.
La casa ha così tante stanze che non è stato un problema darne una all'Altro Dottore; è vicina alla camera di Rose, solo pochi metri a separarli. Ogni tanto lei ci pensa, di sera, e non riesce più a dormire.
Jackie, che sta scaldando il latte, irrigidisce le spalle, ma rimane in silenzio, e ciò li sorprenderebbe, se le parole di Peter non fossero state così improvvise. Persino Tony, nel suo seggiolone, mastica un biscotto e li osserva con aria intenta.
Rose deglutisce, e sa di non poter evitare lo sguardo del Dottore più a lungo di così. Alza gli occhi. Lui inclina un po' la testa in avanti, sporge il labbro inferiore - e lei sapeva, sapeva che l'avrebbe fatto. Ma più di tutto ci sono i suoi occhi, che nonostante sembrino sempre bruciare, più cupi di quanto quelli del Vero Dottore non fossero, riescono ancora a vederla davvero.
«Non credo che Rose sia ancora pronta» dice piano, allungando un dito verso Tony e lasciando che lui vi stringa la sua manina grassoccia attorno. E poi fa un sorriso minuscolo. «Se deve succedere, succederà.»

«Rose?»
Lei sente un brivido lungo la schiena, si sistema meglio la borsa sulla spalla ed infine si volta. «Sì?»
Lui è lì davanti a lei, i capelli ancora umidi di doccia. Fuori è tutto ovattato e grigio di pioggia. Lei vorrebbe toccarlo e sentire se è reale. «Dove… dove vai?»
Non si allontana spesso di casa, a meno che non sia per commissioni come comprare da mangiare - cose che Pete le ha spiegato possono fare i domestici, ma a Rose l'idea di sobbarcare tutto a  loro non piace.
«Mi hanno chiamato dal Torchwood, c'è un caso che non riescono a risolvere… Vuoi venire?» Non le era neanche venuto in mente di chiederglielo.
Lui sobbalza. «Io…» Poi deglutisce, scuote la testa. «Non credo di essere la persona… adatta.»
Rose ride. «Ma come?! Tu sei il Dottore!»
Rimangono un attimo a fissarsi, nell'anticamera della villa, le parole sospese sopra di loro, simili a fumo. Poi lui scuote la testa e sorride. Le si avvicina con un unico passo, sembra per un attimo incerto del proprio equilibrio, le è vicinissimo.
L'Altro Dottore le prende il braccio e si china su di lei per baciarla. Solo un attimo in cui si ritrovano entrambi a tremare un po', come se non sapessero bene ciò che stanno facendo. Dopo quel primo bacio nella Bad Wolf Bay non si sono quasi più toccati; ma all'improvviso Rose percepisce tutto il suo calore e si ritrova con le mani fra i suoi capelli umidi prima ancora di poterci pensare.
Però subito dopo si allontana, come se avesse di nuovo sentito quel rumore stridente e metallico e bellissimo della TARDIS che sparisce nel nulla. Lui abbassa gli occhi. «Grazie.»
Rose deglutisce e fa di sì con la testa anche se vorrebbe chiedere di cosa; ma alla fine apre solo la porta e si volta un istante per guardarlo. Lui ha ancora quel sorriso, ma ora la guarda negli occhi. «Stai attenta.»

La casa è illuminata e piena di voci, risate e grida di bambini. È il secondo compleanno di Tony, e Jackie si è impegnata perché fosse memorabile.
È una parola che le piace, memorabile, l'ha ripetuta durante tutti i preparativi e nessuno ha osato farle notare che il diretto interessato fosse troppo piccolo per ricordarla.
A Rose, le feste di sua madre sono sempre state strette, perciò, dopo essersi assicurata che tutti fossero a proprio agio, scappa in veranda. Passando per il salotto, vede Chrissie, una delle amiche di Jackie, conversare con l'Altro Dottore. Lui ha in mano un bicchiere di Banana Bliss e tiene la testa inclinata. Rose rimane un attimo ferma, aspettandosi che lui inizi a correre e sventolare il suo cacciavite sonico, ma poi scuote la testa. Non è più così, e lo sa. Anche se a Natale è sempre l'anima della festa, commenterebbe Peter.
Una volta sulla veranda, lei si siede sulla piccola ringhiera che separa la piattaforma dal giardino e guarda le stelle. Il vento le soffia sulle braccia nude. Lei si abbraccia e pensa ai viaggi nell'universo. Ma poi il suo cervello scivola di nuovo sulla Terra. E pensa che ormai tutti conoscono l'Altro Dottore come John Smith, e che solo lei, i suoi genitori e i membri del Torchwood - che lui ha accettato di aiutare di tanto in tanto - lo chiamano ancora con quel nome che significa così tanto. 
E sente uno strano sapore sulla lingua - forse quell'assaggio di Black Kiss che ha preso prima di uscire - dolciastro e bruciante assieme, come quel dubbio che la tormenta. Lui è il Dottore, ma non è lui. È giusto comportarsi come se lo fosse? Era entrato a far parte della sua vita, una versione diversa, umana di colui che l'aveva cambiata, che amava. Non era forse per quello che era rimasto lì?
Forse, pensa, quel Dottore era nato per lei, per Rose Tyler. Per riempire quel vuoto sotto il cuore che si era aperto nel momento in cui il varco fra le dimensioni si era richiuso, lasciandola senza una risposta a quella frase che non sarebbe stato neanche necessario pronunciare.
«Hai freddo?»
E d'improvviso è accanto a lei, distante appena pochi centimetri - uno spazio che lui aveva imparato a fatica a lasciarle, una diffidenza che sì, odiava e gli spezzava il cuore, ma che rispettava. Rose desidera che si avvicini.
Allunga una mano e lo tira per la falda della giacca - non ha perso la sua passione per i completi - in modo da farselo sedere accanto. E quando lui lo fa, stranito, e quei pochi centimetri rimangono fra di loro, Rose deglutisce e li azzera col calore del proprio corpo.
Lui inclina la testa nella sua direzione, confuso. Forse è un gesto che ha ereditato da Donna, perché non gliel'aveva mai visto fare nei suoi giorni sulla TARDIS, ma spesso in questa sua nuova… versione? Vita? Non sa mai come definirla. Ma sta imparando a conoscerlo, e non lo evita più scappando nel silenzio di quella sua grande casa.
«Sì, ho freddo.» È solo una giustificazione.
E lui, incerto, allunga un braccio e glielo mette dietro la schiena, la mano aperta sulla sua scapola. Sente il profilo delle sue dita lunghe attraverso il tessuto sottile della maglietta.
Rose tiene ancora fra le dita un angolo della sua giacca, e volta il capo per guardarlo, il mento quasi posato sulla sua spalla.
«Va meglio?» chiede l'Altro Dottore, e lei la vede nei suoi occhi, la vera domanda, che è più un permesso, che non può pronunciare perché lei si spezzerebbe.
Senza dire nulla, lo bacia, gli occhi ancora aperti nei suoi, scuri e accesi da quelli che, per una volta, non sono i focolai di una guerra.

Ad entrare dalla finestra della sua stanza è la luce delle stelle, silenziosa e argentea. Si spande lungo i pannelli di legno delle pareti come pittura troppo densa che gocciola lungo un muro.
Rose respira piano. Lui ha il viso affondato nell'incavo del suo collo, il suo respiro a giocherellare con ciocche dei suoi capelli.
«Ho pensato a quella casa in centro Londra, te la ricordi?»
«Quella dell'ultima indagine del Torchwood?»
«Sì.»
L'Altro Dottore ride piano, tracciandole cerchi concentrici sulla pelle nuda della pancia. Forse è Gallifrayano; le ha scritto il suo nome, in quella lingua, una volta, spiegandole cosa vuol dire. Ma è un nome che neanche lui è più abituato a sentire, che lo spaventa quasi, e che forse non sente più neanche come il suo; e quindi è rimasto il Dottore. Unico e solo in quest'universo.
«Miss Tyler, non la facevo un'appassionata di film di fantasmi.»
Lei gli dà una spintarella. «Sai benissimo che erano solo alieni. E non erano neanche cattivi, solo un po'…»
«Rabbiosi?» suggerisce lui, con un tono che ricorda moltissimo quello di Donna.
«Ma piantala.»
«Va bene, va bene.» Le bacia il mento, sorride.
«Be', Cliff ha detto che l'hanno messa in affitto, ricordi?»
«Sì.» Si è tirato su un gomito per guardarla. Qualcosa trema dentro i suoi occhi; un dubbio, una paura. Rose gli poggia il palmo su una guancia.
«Penso che andrebbe bene per noi. È ora di farci una… vita nostra, direi. Oltre al fatto che mio padre sembra orribilmente in imbarazzo.»
«Davvero?» replica lui, in un sussurro. Di sicuro non si riferisce ai sentimenti di Peter.
Rose gli sorride, accarezzandogli piano la guancia, allungandosi per baciargli gli occhi. Celare piano quello sguardo spezzato e d'improvviso troppo felice.

Rose si sveglia con il viso premuto contro una schiena magra e spigoli che le pungono da tutte le parti. Deve pensarci il suo corpo morbido a smussare quelle asprezze, con quel contrasto che, anche da lontano, li fa apparire una coppia straordinaria.
Si sveglia aspirando odore di sabbia e vento e ghiaccio. L'odore della Norvegia gli è rimasto addosso - meglio, è rimasto addosso ad entrambi. C'è qualcosa d'inconfondibile nel profumo che sente quando gli preme le labbra contro la nuca e aspira la fragranza nei suoi capelli; un odore di umidità e sale, acqua, freddo. Qualcosa che la insegue anche nei sogni. Ma che forse non viene solo da Bad Wolf Bay. Forse è qualcosa che rimane addosso ai viaggiatori.
Le lenzuola prendono quell'odore ogni volta che le cambia, tanto che, dopo un po', anche a lavarle non va più via. Non le dispiace.
Ogni mattina, si sveglia prima di lui. Rimane per un attimo immobile ad ascoltare il silenzio dentro la casa ed il rumore della città fuori. I loro corpi sono uniti ed intrecciati. Lui è raggomitolato, con le lunghe gambe strette al petto, e di solito le da la schiena, anche se la sera prima si sono addormentati abbracciati. Ma anche nel sonno, quando si muove come se non trovasse posa e sognasse infinite battaglie, la cerca, e spesso Rose viene svegliata da una mano che stringe la sua con un po' troppa forza. Non le dispiace.
Gli bacia la nuca e aspira il suo odore, poi gli circonda la vita con le braccia e scende un po' più giù, posando l'orecchio sulla sua schiena. Ascolta.
Rose si sveglia ogni giorno della sua nuova vita e ricorda a se stessa cos'è reale e cosa no, finché il confine non diventa così sottile da confonderla, e poi smette di esistere. E una mattina come le altre, forse appena un po' più silenziosa, per la prima volta lei non cerca il battito del suo cuore; ma invece gli bacia l'orecchio e guarda i suoi occhi aprirsi, e sono scuri e profondi e le fiamme di tutte le battaglie si sono estinte, e a lei viene in mente che ha raggiunto una sua perfezione imperfetta, tanto simile a una bugia da far male, trasparente e luminosa come il fuoco nel centro di una stella.



Credits titolo: Traffic - House for everyone
Forse è una canzone un po' troppo allegra per questa storia, ma... *brb having feelings*
Credo di aver scordato come scrivere het. O proprio come scrivere, ditemi voi.

  
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