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Autore: theGan    24/04/2012    0 recensioni
Ordinanza 94.3
 
I mutanti non sono esseri umani e non godono dei diritti di questi
Tutti i mutanti devono essere registrati e marchiati e rispondere alle direttive di Zero Tolerance
Tutti i mutanti considerati utili per la società avranno l’idoneità alla riproduzione  in forma controllata, gli altri saranno sterilizzati
Tutti i mutanti che si arrenderanno senza opporre resistenza verranno giudicati dalla Corte Suprema di Zero Tolerance: chi resisterà sarà terminato
 
INOLTRE
 
Il trattamento di un mutante viene lasciato alla discrezione del proprietario umano
I proprietari di mutanti dovranno  sempre agire nei confronti di questi facendo riferimento alla loro natura e senza elevarli allo stato di esseri umani
 
Ai ribelli sarà applicata tolleranza zero
 
                                               ALL HAIL BASTION
Genere: Avventura, Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Logan/Wolverine, Remy LeBeau/Gambit, X-men
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Logan e Rachel erano stati i primi ad arrivare. Remy si era presentato in anticipo di un’ora ed aveva trovato la sala gremita. La tensione tende a fare brutti scherzi ed a portarti a correre verso quello da cui vorresti più scappare.
Shan stava chiacchierando con Rahne in un angolo del salone, la giovane licantropa si era sfilata la collana col crocifisso e la porgeva alla vietnamita. Per quanto alcune delle loro convinzioni le allontanassero, le due rimanevano amiche inseparabili. Amara osservava la scena in disparte e con un sorriso un po’ strano.
L’aria era soffocante.
Logan aveva deciso di sacrificare uno dei suoi preziosi sigari e di consacrarlo alla buona riuscita della missione. Un gesto un po’ scaramantico che servì a rendere l’atmosfera irrespirabile per ragioni completamente diverse.
Pete Wisdom azzannava una sigaretta, giocherellando con l’accendino la cui fiamma si accendeva e spegneva a regolare intermittenza nell’aria spessa. Stava osservando Rachel. La rossa era impegnata con gli spazzamente.
Spazzamente. Non un termine molto scientifico in verità. Jubilee aveva rivendicato l’invenzione del termine con una soddisfazione un po’ macabra che serviva a nascondere il comune risentimento per un procedimento invasivo quanto necessario.
La Resistenza aveva informazioni da proteggere. Poche e guadagnate in cambio del sangue e di una sorte peggiore della morte. Si trattava di liste di nomi (mutanti e membri della resistenza umana), ma soprattutto di coordinate. L’occhio del satellite di Bastion entrava dappertutto, ma esistevano ancora luoghi che quel Grande Fratello non era riuscito a penetrare. Tra questi c’erano stati un tempo i tunnel dei Morlock e la vecchia sede del Club Infernale di Parigi, poi Maggot era stato catturato ed Atlas aveva rovesciato la propria furia su di loro insieme al fuoco di mille inferni. Japhet non era un codardo, ma Bastion aveva dei metodi fin troppo persuasivi. E poi c’erano i suoi telepati. Essere catturati vivi era un rischio. Se ne erano resi conto tutti dolorosamente troppo tardi. A Parigi avevano rischiato il peggio. Non si poteva più affidare la sicurezza ad una scommessa. Così erano nati gli spazzamente.
Ogni informazione ritenuta sensibile veniva cancellata dalla mente dei presenti per la durata della missione. Quando possibile veniva reintegrata in un secondo momento, ma non era raro che venisse irrimediabilmente distrutta (soprattutto quando moriva il telepate responsabile).
Lo spazzamente era un rischio ed a nessuno piaceva che qualcuno rovistasse liberamente nel proprio cervello.
Jean-Paul sembrava condividere il sentimento comune, giudicando dalla sua espressione, ma forse si trattava della sua semplice avversione per la rossa. Rachel era inginocchiata di fronte a lui, i palmi delle mani rivolti alle tempie del velocista. Le loro fronti si sfiorarono ancora per qualche secondo, poi la telepate rivolse le sue attenzioni a Shan.
Billy sedeva in un angolo, Teddy gli stava bisbigliando qualche cosa in un orecchio, le mani strette l’una nell’altra a suggellare una promessa. I teleporta erano gli unici a salvarsi dagli spazzamente (dopotutto era indispensabile che almeno loro sapessero dove andare). Remy si trovò per più di una ragione ad invidiarlo.
Non vedeva Cecilia da nessuna parte.
Qualcuno tamburellò sulla sua spalla. Remy si voltò di scatto. Incontrò lo sguardo di Rachel con una sorta di delusione. Strano. Non avrebbe dovuto sorprenderlo, ma il leggero senso di vuoto che si era fatto largo nel suo stomaco la pensava diversamente.
- Hey, Lebeau.
Remy sorrise. Era una smorfia tirata ed amara.
- Pronta al grand tour, chérie?
Rachel non disse niente ed allungò le mani. La pressione divenne insopportabile. Mille punte d’acciaio affondarono nella sua scatola cranica. Una volta Charles aveva commentato che entrare nella sua testa era come cercare di affogare un cobra in una botte d’olio. Un’esperienza parecchio spiacevole per entrambe le parti. Remy si costrinse ad abbassare le sue naturali barriere. Tanto valeva rendere la cosa più sopportabile a tutti e due. Sentì il calore della lama farsi largo attraverso il metallo fuso e poi per qualche beato secondo più niente. Il vuoto si fece largo da un punto scuro del suo cervello e lo ingoiò.
#
Le aveva comprato un mazzo di rose. Rogue le aveva guardate con scetticismo ed aveva alzato un sopracciglio.
- Cos’hai da farti perdonare questa volta?
Aveva sorriso e si era finto offeso, portandosi una mano al cuore.
- Ah, mi ferisci,chérie.
Anna Marie aveva borbottato qualche cosa di poco comprensibile e per niente lusinghiero, lui per tutta risposta, aveva approfittato della sua distrazione per baciarle i capelli. Le guance di Rogue si erano tinte di rosso per un misto di imbarazzo e sorpresa ed aveva cercato di divincolarsi dal suo abbraccio.
- Razza di un idiota… avresti potuto toccarmi!
Aveva sorriso ed appoggiato la fronte nella conca tra il collo e la spalla destra di lei. Anna si preoccupava sempre troppo per tutti e due.

#Osmoloda. Carpazi. Base della Nuova Confraternita dei Mutanti.#

 

Era da almeno sette anni che a Westchester non nevicava così tanto durante il Natale, almeno stando a quello che dicevano Charles e Scott. Se Tempesta in quel momento non fosse stata a New York con Jean avrebbe pensato che dietro ci fosse stato il suo zampino. La neve ricopriva ogni cosa, confondendola in un mantello soffice e bianco.
Jubilee aveva sequestrato Logan per il loro ormai tradizionale appuntamento con la replica di “Die Hard”. Remy era fermamente intenzionato ad imboscarsi nella Sala Comune con Bobby ed Hank e passare la serata della Vigilia in compagnia di “Star Trek: la vendetta di Khan” ed un bel sacco formato famiglia di pop corn. Rogue aveva per lui altri programmi. Così si era trovato a cedere a malincuore il suo posto al più anziano dei fratelli Summers (Jean lo aveva graziato dall’assistere al balletto, preferendo dividere quella raffinata forma di supplizio con Ororo) ed a seguire la sua fidanzata part time. A volte si domandava quale fosse il suo posto in quella relazione. Quell’incertezza lo accompagnava lasciandolo sospeso ogni volta tra quello che desiderava e quello a cui avrebbe dovuto rinunciare. Erano due spiriti liberi, ma in maniera opposta. Vivevano nel momento, ma se da un lato lui avrebbe voluto trasformarlo in una vita, per Rogue sarebbe stato come fermarsi e smettere di volare. Avevano idee molto diverse anche sul significato di volare.
Era stato così strano. Anna lo aveva trascinato attraverso due piani di scale fino a raggiungere la privacy del solarium di Ororo. Mentre il profumo delle camelie e delle ginestre gli invadeva i polmoni, Rogue gli fece scivolare un pacchetto tra le dita. La carta regalo era gibbosa, spiegazzata e tenuta insieme da decisamente troppo scotch. Anna doveva averlo fatto con le sue mani. Remy, solo per questo, impiegò una doppia cura per estrarne il contenuto. Si trattava di un volume spesso, quadrato e con una copertina di un bel cuoio marrone. Un album.
Aveva cercato lo sguardo di Rogue che aveva evitato il suo con le guance rese rosse da una soddisfazione mista ad imbarazzo. Remy aveva sfogliato le pagine di fine filigrana con mani quasi timide. Fotografie. Fotografie di loro due.
La partita di basket, il viaggio in carrozza in cui Anna aveva cercato di rivelargli il suo vero nome, il loro primo anniversario, gli X-Men… ce n’erano persino di una piccola Rogue (inconfondibile con quel ciuffetto bianco e l’espressione imbronciata) seduta su un’altalena e di lui insieme ad Henri e Mercy (doveva aver complottato con Jean-Luc o, più probabilmente, con Tante Mattie, alle sue spalle). All’ultima fotografia seguivano infinite pagine bianche. Aveva guardato Rogue con un’espressione strana a metà tra la commozione e la meraviglia. Anna aveva incrociato il suo sguardo e un qualcosa di caldo si era insaccato nel suo stomaco. Non c’era incertezza nella sua voce quando gli disse:
- I bei momenti non mi bastano, voglio una vita.


#Antartide. 86° 06' di latitudine sud e 40° 58' di longitudine est. Polo Sud Magnetico.
Sede dei Nuovi Mutanti e rifugio della Resistenza.#


Una zona felice. Doveva concentrarsi sulla sua zona felice.
L’odore dei biscotti alla cannella di Tante Mattie al mattino e l’umidità del Mississippi che dolcemente ti penetra nelle ossa.
Esilio, non avrebbe mai più rivisto New Orleans e la sua famiglia.
Henri che con un sorriso goffo gli insegnava a ballare il valzer, mentre i suoi piedi di bambino continuavano ostinatamente a schiacciare i suoi.
Suo fratello era morto. Un cecchino gli aveva spaccato la testa in due davanti ai suoi occhi.
La sua Tempestina. Le labbra di Jean quando le aveva rubato un bacio nella Stanza del Pericolo. Rogue che durante la vigilia di Natale gli sussurrava all’orecchio il suo vero nome insieme alla promessa di un per sempre.
Morte. Morte. Tutte morte.
I cani di Bastion premevano, graffiavano, penetravano, ispezionavano con i loro bisturi e le loro macchine e lui non poteva fare altro che urlare.

# Briston, Norfolk, Regno Unito.
L’attuale base di Excalibur si nasconde all’interno del suo sistema fognario.#


Aveva aperto gli occhi su un volto sconosciuto. Sentiva gli aghi premere contro la sua pelle e rovesciare nelle sue vene le droghe che lo avrebbero stordito e reso inerme. Le luci al neon erano dolorosamente bianche. Si scoprì libero per la prima volta dopo settimane. L’attesa di un battito e le sue mani corsero al collo della sconosciuta. Non più. Non sarebbe stato una cavia mai più. Strinse.
Due robuste braccia lo afferrarono da dietro e lo costrinsero ad abbandonare la presa tra le urla ed i calci. Panico. Il suo cervello era invaso da una nebbia scura che penetrava più a fondo ad ogni respiro, premendo, soffocando. Aveva bisogno di aria, di correre, di uscire. Poi la vide.
Anna Marie era al suo fianco, aveva allungato le braccia e preso la sua testa tra le mani con una delicatezza innaturale. Stava sussurrando qualche cosa piano, come si fa con le bestie ferite. Un’altra voce più bassa e maschile stava urlando nelle sue orecchie.
- Cristo, Lebeau torna in te!
Lo conosceva. Anche la dottoressa che ora era in piedi e si massaggiava lentamente il collo gli era stranamente famigliare. Incontrò gli occhi di Rogue e sostenne il suo sguardo a lungo, come se in quel verde avesse potuto trovare tutte le risposte del mondo.
- Calmati- gli stava dicendo. – Calmati, dolcezza, sei tra amici ora.
Non era un trucco. Anna non gli avrebbe mai mentito. Dov’era?
La stretta attorno alle sue spalle diminuì e Remy lasciò che il suo corpo vi si abbandonasse senza resistenze.
- Va tutto bene, cocco… calmati, sei tra amici.
Sì. Conosceva quella voce. Apparteneva al ricordo di una vita fa. Aggrottò le sopracciglia e cercò il volto del suo carceriere. Incontrò lineamenti duri, ruvidi e preoccupati. Gli ricordavano l’odore della benzina e di serate passate a discutere davanti ad una birra.
Logan?
Dovette averlo detto ad alta voce, perché l’uomo sorrise.
- Bentornato, cocco.

#Montagne rocciose canadesi. Snow Dome. Confine tra l’Alberta e la Columbia Britannica.
Attuale e principale sede del Fronte Liberazione Mutanti.#


Il calore della fronte di Rachel abbandonò la sua, lasciandolo un po’ più solo e freddo nell’affollato salone metallico. Non incrociò lo sguardo della rossa né lei cercò il suo. Remy odiava gli spazzamente. In questo era secondo, forse, solo a Logan. Ma entrambi avevano da tempo imparato l’arte di piegare le esigenze personali a madama necessità. In quei tempi erano costretti a farlo un po’ tutti. Gli spazzamente riaprivano ferite, mai davvero chiuse, e ci spalmavano in allegria un po’ di sale sopra. Quei tour guidati nel suo cervello lo lasciavano frastornato e sempre più povero di qualche cosa. Si portò una mano alla tempia destra. Era impossibile cancellare con precisione un frammento di memoria in una mente sfuggevole come la sua. Qualche cosa di prezioso finiva ogni volta per andare perduto. Amava Rachel con tutto il suo cuore, ma voleva lei e gli altri telepati lontani dal suo cervello. I suoi ricordi erano l’unica cosa per cui valesse ancora la pena di vivere. Non voleva nessuno a farci casino.
Logan marciò al suo fianco e gli calò pesantemente una mano sulla spalla.
- Pronto?
Remy si trovò suo malgrado a sorridere.
- Se dico di “no” cambia qualcosa?
Il canadese strinse la presa e lo costrinse ad incontrare il suo sguardo.
- Sì. Se non te la senti, non obbligo nessuno io, ma ho bisogno di te.
C’era sincerità in quegli occhi stanchi di seppellire amici e compagni. Una sincerità che lo lasciò per un attimo sconcertato. Logan faceva sul serio. Remy sorrise. Nonostante artigli e reputazione il canadese era un tozzo di pane.
- Oh, mon ami, guarda che così mi fai arrossire…non ti preoccupare, so che hai bisogno che qualcuno tenga la tua artigliata manina.
Logan grugnì e gli rifilò una spallata. Ahi. Remy strizzò gli occhi e cercò di mantenere un contegno virile. Ahi.
- Cristo Logan!
Il canadese non disse niente e sorrise storto. Un attimo dopo aggrottava le sopracciglia ed annusava eloquentemente l’aria. Ahi alla terza. Quell’espressione non portava mai a niente di buono. Logan lo fissò. Scettico.
- Vedi di non fare casino, cocco.
Remy alzò un sopracciglio e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi sornioni.
- Allora mi sa che hai scelto la persona sbagliata, non?
Logan portò una mano al sigaro acceso e ne inalò pensosamente l’aroma insieme al fumo. Nei suoi occhi si era accesa una luce contemplativa.
- Cecilia Reyes è una gran donna.
Remy sospirò.
- Qualcuno dovrebbe farti notare, prima o poi, che quella cosa che fai quando annusi la gente è altamente inquietante,cher…- una pausa. – Lo so.
Il canadese annuì.
- Merita di meglio.
- Lo so.
Stettero così a lungo, nella compagnia reciproca del loro silenzio. Remy ne approfittò per accendersi una delle quattordici sigarette che aveva recuperato dalle incustodite tasche di Pete Wisdom lo scorso pomeriggio (davvero qualcuno avrebbe dovuto insegnare a quel damerino inglese ad avere maggiore cura delle sue cose). Wisdom avrebbe dovuto ringraziarlo: il fumo, dopotutto, uccide.
Le luci al neon diffondevano la loro luce fosforescente sui volti degli invitati a quell’insolita danza. Uno ad uno prendevano il loro posto. Jean-Paul aspettava che Prodigy finisse di complottare a mezza voce con Jeffries. Domino e Sarah erano già al fianco di Wiccan. Teddy aveva salutato il suo fidanzato con un bacio a fior di labbra e la promessa di non morire (come se certe cose potessero essere promesse così alla leggera) ed aveva raggiunto Amara. Erano pronti. O almeno credevano, ragionevolmente, di esserlo. Rachel si avvicinò a loro e Logan gli strizzò nuovamente la spalla, come a voler sottolineare un concetto. Remy sorrise, gli fece l’occhiolino e raggiunse Northstar, David e Billy. Era il momento del discorso. Non se lo sarebbe perso per niente al mondo. Capitava troppo raramente di vedere Wolverine sulle spine.
L’irsuto canadese aspettò che tutti fossero al loro posto e che Rachel fosse al suo fianco.
- Non credo ci sia bisogno di molte parole, cocchi. Qui siamo tutti gente addestrata ed anche se sulla maturità di qualcuno avrei qualcosa da ridire…- e qui per qualche ragione Logan si sentì in dovere di lanciare un’eloquente occhiata in sua direzione (ma dico) – Sappiamo tutti i rischi a cui andiamo incontro e quindi non mi sembra il caso di stare qui a rompervi le palle. Sono dannatamente orgoglioso di ognuno di voi e sarà un onore per me morire al vostro fianco, gentaglia.
Il suo sguardo si posò su ognuno di loro. Più velocemente sui membri di Excalibur, per piantarsi nelle facce di chi aveva conosciuto personalmente e più a lungo. Shan, Amara, Northstar, Rahne. Incontrò anche quello azzurro di Domino con una certa tenerezza (Logan, che mi combini).
- Ma non sarà questo il giorno. Oggi non ci saranno funerali, è chiaro?! Perché faremo il culo a Bastion ed alla sua fabbrica di tostapane! E lo faremo per Kurt, per Sam, per Johnny e per tutti quelli che ci hanno portato via quei fottuti bastardi. Questa notte risuonerà delle loro urla. Vi voglio carichi, vi voglio pronti e soprattutto vi voglio vivi per festeggiare. E’ chiaro?!
Il boato echeggiò attraverso le parete, facendo vibrare i muri. La stanza intera era la loro grancassa. Oggi tutti loro erano leoni. Una scarica elettrica attraversava ognuno di loro partendo dalle ginocchia ed unendosi in quella pulsante energia collettiva che faceva battere il cuore della sala di acciaio. Al di là delle squadre. Al di là delle antipatie o degli screzi personali, per la prima volta erano davvero compagni. Era anche ora. Non c’è niente di meglio che la promessa di un po’ di sangue e distruzione e la minaccia di una lenta, agonizzante morte per fare cominciare a ragionare le persone. Niente più Excalibur o Fronte di Resistenza o Nuovi X-Men. Questa volta Bastion avrebbe avuto a che fare con un bel po’ di mutanti incazzati.
Gli occhi verdi di Rachel brillavano del fuoco di mille braci.
- Per Scott.
Disse semplicemente. E la stanza esplose di nuove grida.
Buffo. Solo una manciata di persone lo avevano conosciuto. Doveva essere quello il potere dei simboli.
Incontrò il sopracciglio sollevato di Logan e capì che era tempo. E va bene. Basta con gli indugi. Il suo team doveva essere il primo a sbarcare. Fece un gesto a Northstar ed a Prodigy e si piazzò con aria sicura (tutta di facciata) di fronte a Billy.
Lo stregone li guardò uno ad uno. Sembrava più teso lui di tutti loro messi assieme. Remy e David gli sorrisero incoraggianti.
- Okay… allora, vediamo… siete pronti?
Jean-Paul alzò gli occhi al cielo.
- Sapristi, ragazzo. Non balbettare e vediamo di darci una mossa.
Northstar. Ah, sempre così delicato, dolce e comprensivo. Un perfetto gentleman. Billy annuì ed iniziò a recitare.
-LaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratori…
L’aria si accese di mille scintille di energia statica. Sembrava quasi che la terra stessa pulsasse. Da qualche parte iniziò a soffiare un vento la cui intensità cresceva e cresceva a dismisura. Una specie di tornado che, partendo dai loro piedi, saliva ed avvolgeva i loro corpi in un abbraccio freddo ed elettrico.
- LaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratori…
I contorni della stanza si facevano più indistinti ora. Come se stesse osservando il mondo attraverso le lenti di un presbite. Tutto si faceva sfuocato in quell’energia viva e ruvida che tingeva il mondo di sfumature di azzurro.
- LaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratori…
Il blu era quasi accecante ora. Un movimento improvviso attirò la periferia del suo sguardo. Remy strizzò gli occhi in due fessure. La luce bruciava iridi e sclera. Cecilia. Era venuta a dirgli addio. Gentile da parte sua.
- LaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratori…
Billy doveva decisamente lavorare ad un’altra formula per i suoi incantesimi di trasporto. Quella lagna gli si stava scolpendo nel cervello. Avrebbe passato il resto dei prossimi due mesi a canticchiarla sotto la doccia (contando di sopravvivere, chiaro). Chiuse gli occhi. Una sensazione di freddo si agganciò al suo stomaco, lo strizzò come un artiglio e tirò. Lo strattone gli fece mancare l’aria. Il vuoto si aprì sotto i suoi piedi. Giusto il tempo per giurare a dita incrociate che non si sarebbe più lamentato della pedanteria dello stregone ed era in caduta libera.
- LaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratoriAlamogordoNuovoMessicoLaboratori…
La voce moriva alle sue spalle. Remy incrociò le dita e sperò tanto di non finire in una parete.
#
Non finì in una parete. E questo di per sé era già un fatto molto positivo. In compenso si trovò lungo e disteso con la faccia premuta contro qualche cosa di sorprendentemente caldo. Il tempo di realizzare che sì era vivo e che sì, tutti gli organi erano ancora al suo posto (mosse un paio di volte le dita dei piedi, giusto per sicurezza) e si rese anche conto di trovarsi in una posizione estremamente sconveniente.
- Rapporto?
Gracchiò non appena ebbe aria sufficiente per farlo. Prima le cose importanti.
- Merde. Je déteste la magie.
Remy tentò di scastrarsi senza molto successo dalla sua attuale posizione ed incontrò il volto stravolto di Jean-Paul con un sorriso un po’ maligno.
- Oh, cher… non dirmi che è piaciuto solo a me.
Le sopracciglia di Northstar si avvicinarono pericolosamente a formare un angolo retto. Che bello, stavaper esplodere. Il velocista si divincolò nel tentativo di levarsi il cajun molesto di dosso. Remy dalla sua posizione a cavalcioni dello sfortunato compagno, scoppiò a ridere di gusto.
- Fanculo, Lebeau…
- Prima tu, cher.
- Ehmm, ehmm…
I due aspiranti adulti dellasala si voltaronodi scatto verso la sorgente dell’intrusione. Raggelati. Prodigy li stava fissando con una combinazione di meraviglia, orrore e frustrazione (e forse giusto, giusto una punticina di disgusto). Praticamente la reazione che si ha di solito quando si contemplano le bestie esotiche di qualche circo.
- Signor Lebeau, signor Beaubier. Non sarebbe il caso di procedere con la missione ?
Una rapida occhiata intorno. Stanza bianca, luce asettica, ordinato caos di cavi e schermi fluorescenti. La realtà della situazione gli crollò addosso.
Oh. I due mutanti presumibelmente maturi ed adulti ed a capo di quella spedizione si disistricarono dalla loro attuale posizione con un certo malcelato imbarazzo. Remy si augurò che i suoi informatori non gli avessero tirato un bidone e che nei laboratori il sistema di allarme fosse davvero disinserito.
Oh bhè. Doveva essere così. Altrimenti a quest’ora si sarebbero già ritrovati tutta Zero Tolerance addosso con il casino che avevano fatto. A meno che Bastion non avesse un senso dell’umorismo perverso ed ora le Sentinelle non fossero appostate dietro una di quelle porte pronte a fare “Bu bu settete”.
Okay, Lebeau. Basta con le cazzate e concentrati.
- Puoi ricavare qualcosa da questi terminali, David?
Il giovane prodigio stava già eseguendo l’ordine di Northstar e calando sulle tastiere. Le mani di Remy lo agguantarono per i polsi.
- Calma, calma petit, non si può mai sapere cosa ci sia collegato a questi arnesi…
Gli occhi di David si allargarono come due palle da biliardo attraverso la barriera dei suoi occhiali. Jean-Paul sollevò un sopracciglio.
- Mi era sembrato di capire che i laboratori non fossero sorvegliati.
Remy annuì. Aveva già studiato e memorizzato i dintorni. La stanza era un lungo parallelepipedo bianco e grigio. Quattro porte si aprivano su tre lati, mentre uno rimaneva cieco. Contro quella parete giacevano addossati macchinari di varia foggia sul cui scopo preferiva non indagare. Da un rapido confronto mentale con la planimetria stampata nel suo cervello, si trovavano con buona probabilità al terzo piano interrato del complesso. Quasi certamente in uno dei sette laboratori destinati alla raccolta ed all’analisi di tessuti e campioni mutanti. Raccolta. Remy si costrinse a non vagare troppo a lungo con lo sguardo sui quei lunghi tavoli in acciaio o sulle loro cinghie o sugli strumenti che popolavano i loro dintorni. Doveva rimanere lucido. In controllo. Non era il momento per perdersi nel viale dei ricordi.
Quattro porte. Avrebbero dovuto essercene tre. Ce n’era una in più. La cosa iniziava a puzzare. Meglio procedere con prudenza.
- Northstar sta vicino a Prodigy.
Il canadese annuì, ma avrebbe preferito sbuffare. Tutto della sua espressione diceva chiaramente “ma no, genio, non ci sarei mai arrivato da solo”. Lavorare con Jean-Paul era sempre un piacere.
Secondo la planimetria dell’edificio al piano inferiore, precisamente sotto di loro, si trovava il cuore del complesso: il terminale di archiviazione. I dati che gli occorrevano dovevano trovarsi per forza lì. Al diavolo. Sarebbe stato troppo chiedere che per una volta Billy avesse azzeccato le coordinate al primo colpo. Oh bhè… con quella planimetria leggermente datata era già qualcosa che non fossero finiti in una parete o faccia a faccia con una Sentinella. Ottimismo! Avrebbe potuto andare molto (ma molto) peggio. Ed ora iniziavano i guai. Dovevano essere più che rapidi: Logan e Rachel li avevano concesso appena una mezz’ora prima di arrivare e cominciare a fare casino. Erano ancora troppo distanti dal loro obbiettivo.
Avrebbe potuto usare i propri poteri e scavare un buco in modo da accedere direttamente al piano inferiore o ordinare a Northstar di prendere il ragazzo e dare una dimostrazione di quella velocità di cui si vantava tanto. Ma l’esplosione avrebbe fatto troppo rumore ed attirato un tipo di attenzione che sarebbe stato preferibile evitare. Al contrario, se Jean-Paul avesse trovato resistenza sul suo cammino si sarebbe trovato del tutto solo (Prodigy non prevedeva nel suo arsenale particolari capacità offensive).
Negli anni a venire Remy avrebbe ripercorso ogni istante di quella maledetta giornata passo, passo, ma non sarebbe riuscito a trovare, sulla base di quelle premesse, un’alternativa soddisfacente a quello che sarebbe stato il loro piano d’azione.
- Statemi vicino mes braves e preghiamo che le Sentinelle di Bastion siano troppo occupate a confrontarsi le carrozzerie.
La discesa fu estenuante. Il lungo corridoio metallico si snodava di fronte a loro, portando con sé le promesse degli orrori dell’inferno dantesco. Cavi di rame e plastica punteggiavano le pareti tappezzate di lastre di spesso metallo in una specie di danza blasfema. Stavano penetrando nel cuore pulsante di quel complesso. Aguzzando le orecchie si potevano sentire i battiti del mostro metallico scandire il tempo che li separava dalla fine. Procedevano con cautela. Ogni minimo rumore, anche immaginario, li faceva bruscamente arrestare e cercare rifugio nella santità di un’ombra. Per poi riprendere la loro silenziosa marcia verso il cervello meccanico con ancora più dubbi e più suscettibili di un gatto a cui è stata appena pestata la coda. Le scale erano vicine. Le lancette dell’orologio mentale di Remy ticchettavano inesorabili. Era frustrante. Essere sempre nell’attesa di un attacco, temere ad ogni istante di essere sorpresi a ficcare il becco nelle cose altrui. Oh. Normalmente quello sarebbe stato il pane e la cena di Capodanno per un ladro come lui, ma la corsa di quel brivido piacevole lungo la sua spina dorsale era arrestata dalla prigione dei flashback e dalla consapevolezza di non essere solo, questa volta, in quel casino. Aveva Jean-Paul e David al suo fianco a cui badare. Non ci potevano essere errori. Non se li poteva permettere. La loro sicurezza era affidata alle sue scaltre mani. Poveri. Erano davvero messi male.
Remy non era mai stato un buon giocatore di squadra. Era un lupo solitario, ma diverso da Logan. Aveva passato l’infanzia troppo lontano dal suo branco ed ora da adulto gli riusciva impossibile integrarsi. Avrebbe preferito aver solo la responsabilità della sua pellaccia in quei corridoi freddi e caldi. David e Jean-Paul erano, tutto sommato, una raffinata palla al piede.
Un rumore ed un’ombra li fecero arrestare a catena e trovare rifugio dentro la prima porta. Grosso errore. La stanza non era vuota, ma era come se lo fosse. L’odore della carne bruciata colpì le loro narici come un pugno allo stomaco. Fuori il corridoio risuonava di lenti, regolari, passi metallici. Remy si concentrò su quelli e sul modo in cui si erano pericolosamente interrotti, piuttosto che sul trasalire dei propri compagni di squadra. Non poteva permetterselo.
Sentinella. Passo leggero. Probabilmente una vecchia Mark1 ancora in funzione. Forse la utilizzavano per lucidare i pavimenti (davvero buffa come immagine mentale). Qualunque fosse stato il suo incarico, non gli andava per niente a genio e che si fosse fermata proprio davanti alla loro porta. Trattenne il respiro ed afferrò saldamente le spalle dei propri compagni costringendoli a fare lo stesso ed arretrare ancora di qualche passo. Il tempo di un secondo e la luce azzurra del bioscanner iniziò a filtrare attraverso le fessure della porta chiusa. La penombra si illuminò. Un attimo prima in quel raggio c’erano stati i loro piedi. Merda. C’era mancato poco.
Incontrò lo sguardo di Jean-Paul e si portò una mano davanti alla bocca. Il velocista annuì e tese le orecchie in ascolto. Dopo un’attesa lunga minuti e riempita dai battiti frenetici dei loro cuori, la luce fosforescente si ritirò. Un attimo dopo il rumore metallico dei passi della Sentinella riprese e svanì lungo il corridoio. Pericolo scampato. Era ora di riprendere la marcia. Restava loro solo un quarto d’ora e le scale erano vicine.
- So… Sofia?
La voce di David era un pigolare appena percettibile. Dannazione. Avrebbe preferito evitarlo. Remy fece l’errore di girarsi.
Sofia Mantega era stata una delle migliore studentesse di Dani. Secondo Cannonball aveva tutte le qualità necessarie per diventare un leader straordinario. Disponibile, decisa, caparbia, generosa. Tanto da tornare in Venezuela durante i primi bombardamenti per assicurarsi che suo padre ed il suo vecchio maggiordomo fossero al sicuro. Non avevano avuto sue notizie da allora.
Il corpo che prima era stato umano era bruciato dai lombi in giù. Piastre metalliche erano visibili sotto la pelle dove il sangue rappreso aveva lasciato il posto ad un sottile strato di pus. Cavi partivano da ogni orifizio e da tagli trasversali su braccia e gambe come i tentacoli di una gigantesca piovra. Aghi spessi un dito pompavano un liquido verdastro dove un tempo aveva battuto un cuore. Gli occhi bianchi della Sentinella Mark3 erano privi di orbita e fissavano il soffitto vuoto, la bocca raccolta in una specie di grido.
Doppia merda. Dovevano portare via David da lì. Fece un cenno a Jean-Paul, ma l’attenzione del velocista era concentrata su tutt’altro al momento. Gli occhi azzurri erano pericolosamente umidi e sottili, non c’era che l’esile filo del proprio autocontrollo a fermare Northstar dal rovesciarsi su macchine e computer con una furia distruttiva peggiore di quella di Hulk. Sofia era stata una delle sue studentesse migliori.
Remy aveva visto di peggio (e poi non poteva permettersi di vomitare). Il canadese si riprese dall’incantesimo in cui quella macabra apparizione li aveva gettatiti.
- Andiamo garçon, non c’è niente da vedere qui.
Per quanto il suo francese fosse molto migliore del creolo bastardizzato di Remy, Jean-Paul raramente si concedeva simili cadute linguistiche (a meno che non servissero ad escludere la gente o a relegarla ad un gradino più basso). Ciò testimoniava più di tanto altro, quanto fosse sconvolto.
Remy si domandò se le informazioni che stavano cercando non si fossero trovate proprio in quella stanza. Sarebbe stato assai più conveniente per tutti se si fossero fermati lì, senza proseguire ulteriormente (senza dubbio più salutare). Avrebbero risparmiato tempo ed avrebbero evitato il rischio di altri incontri ravvicinati del terzo tipo come quello di prima (le Sentinelle che cazzeggiano in giro, sono più pericolose di quelle appostate ai propri posti di guardia).
Una vera pacchia.
Peccato li costringesse a far lavorare un ragazzo di poco più di vent’anni accanto al cadavere della propria migliore amica. Oh e nessuno assicurava loro che avrebbero trovato lì i dati che gli servivano. Se, una volta inserite, le informazioni venivano inviate direttamente al cervello centrale per l’archiviazione, la loro si sarebbe rivelata solo una crudele perdita di tempo. Oltretutto non era mai troppo sicuro lavorare fianco a fianco con una Sentinella. Sofia sembrava spenta, ma Remy preferiva non rimanere per vederla svegliare. Dovevano andare via. Possibilmente di corsa. Prima di subito sarebbe stato meglio.
Jean-Paul, facendo rara mostra di empatia e calore umano, aveva estratto le mani di David da quelle altrettanto gelide della Sentinella Mark3 ed aveva preso posto di fianco a Remy, continuando a mormorare le più disparate sciocchezze francesi all’orecchio del ragazzo.
Un’intesa di sguardi e dopo una manciata di secondi, stavano nuovamente strisciando lungo il corridoio. Raggiunsero le scale senza ulteriori incidenti. Scesero gli scalini a due, a due, facendo attenzione ad attutire i loro passi. La bocca dell’inferno spalancò le sue fauci e loro si lasciarono ingoiare.
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Rachel Grey era nervosa. Da quando il primo team era sbarcato venti minuti prima, non aveva smesso di passeggiare avanti ed indietro per un secondo. Presto o tardi i suoi piedi avrebbero lasciato il solco. “Qui camminò Rachel Grey, Fenice, Signora dei Mutanti”… sarebbe suonato bene su una targa. Aveva ricontrollato fino alla nausea insieme a Logan ogni dettaglio. Tutto doveva essere perfetto. Comunicazioni radio (nel caso gli inibitori avessero messo la telepatia fuori uso), pistole cariche, orologi sincronizzati. Quello che però le serviva maggiormente al momento era un sacchetto per il vomito. La tensione le stava facendo prudere le mani. Aveva bisogno di fare qualche cosa ed al più presto. Dannazione. Avrebbe preferito esserci lei in prima linea allo sbaraglio: quell’attesa la stava uccidendo.
Non era mai buona norma per un capo mostrarsi nervoso prima di una possibile spedizione suicida (o prima di una missione, punto), ma i membri di Excalibur ormai avevano fatto il callo agli umori volatili della rossa. Per quanto riguardava quelli del Fronte di Resistenza invece… oh bhè, tanto facevano più riferimento a Wolverine che a lei.
Cinque minuti prima Shan (benedetta ragazza) le aveva portato un bicchiere di camomilla. L’aveva ringraziata con una punta di sorpresa e si era scoperta, non per la prima volta, felice di avere la vietnamita come compagna in quell’assurdo viaggio. Papà…
Il bicchiere di plastica le si accartocciò tra le dita. Tra meno di un’ora avrebbe rivisto Scott Summers. O quello che ne restava.
La prima volta in cui l’aveva incontrato in quel passato così diverso dal suo futuro, non aveva avuto il coraggio di dirgli il suo nome. Aveva aspettato tanto e troppo a lungo. Non si era fatta convincere dagli incoraggiamenti di Kitty o del Professore. Era stata così terrorizzata dallo sfiorare quel sogno per paura che le si sfaldasse tra le dita. Aveva odiato Nathan. La sua nascita le aveva fatto conoscere l’orrore di una realtà di cui non sarebbe mai stata parte. Non uno dei suoi momenti migliori, ma, dopotutto, a quel tempo indossava ancora i panni della straniera, della pellegrina di passaggio in quel mondo così nuovo e così terribilmente famigliare. Quando suo padre aveva sposato sua madre ed era nata Hope, aveva sentito di appartenere per la prima volta a qualcosa. Si assomigliavano così tanto lei e la sua sorellina che forse (ma proprio forse)…
Aveva cominciato a credere di aver portato con sé un pezzetto del proprio futuro.
Sarebbe stato meglio morire prima.
Non c’era che morte, sangue e dolore ora e Rachel non poteva smettere di pensare che forse era colpa sua. Non si gioca con il tempo. Non è qualche cosa che una prestigiatrice come lei era in grado di controllare. E’ più di un trucco e nessuno può prevedere cosa la risacca porti nella sua rete.
Ancora un’ora e la sua sorellina avrebbe potuto conoscere suo padre. Era tutto ciò che contava. Sarebbero state al suo fianco e lo avrebbero aiutato a riprendersi da qualsiasi cosa gli avesse fatto quel bastardo di Bastion. I Summers erano dei combattenti. E, soprattutto, una famiglia.
Aspettami papà, sto arrivando.
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- Okay… questo è molto strano.
Il centro del cervello meccanico era… un cervello. Letteralmente. Tutto grigiastro (non rosa come si vede nei cartoni animati), molliccio e sospeso in una massa gelatinosa verde. Urgh. Che schifo.
David era già all’opera sui terminali.
- Ti prego dimmi che quello non è il cervello di Charles Xavier.
- Non è il cervello di Charles Xavier.
Okay. Fiù. Mai stato tanto felice in vita sua di sentire la voce sarcastica di Northstar. Se Bastion avesse avuto il cervello del più potente telepate del mondo tra le sue grinfie, non sarebbe rimasto altro da fare che pregare.
David allontanò il volto dagli schermi fluorescenti e si passò una mano sopra gli occhi stanchi.
- Per caso conoscete una telepate chiamata No-Girl?
I volti di Jean-Paul e Remy si colorarono della stessa espressione: orrore puro.
Oh cacca pupù.
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- Rachel, sei pronta? Tocca a noi.
Pete Wisdom. Se qualcuno dieci anni prima le avesse parlato del posto speciale che quel mariuolo inglese avrebbe occupato nel suo cuore, gli sarebbe scoppiata a ridere in faccia. Ma Kitty era sparita, Kurt era morto e niente era stato più lo stesso. Neppure Lockheed. Ora il draghetto e la spia andavano d’accordo almeno sul lutto. Rachel si sporse in avanti e grattò la testolina del drago viola.
- Ciao, piccolino.
Lockheed dall’alto della spalla di Wisdom soffiò cenere e vapore con aria beata.
- Quanto a te…
La giovane leader di Excalibur reclamò le labbra dell’ex agente segreto in un bacio appassionato.
- Vedi di stare attento.
- Non lo sono sempre?
- Fai il bravo.
- Non lo faccio sempre?
Rachel alzò gli occhi al cielo e piantò l’indice della mano destra esattamente tra gli occhi della spia.
- Ti tengo d’occhio.
Wisdom sorrise. Gli occhiali scuri scivolarono lungo il naso acuminato, rivelando due occhi marroni e divertiti.
- Non lo fai sempre?
Rachel, per tutta risposta, gli scoccò un altro bacio sulla guancia.
- Sei impossibile.
L’ex agente del governo britannico le prese una mano e vi piantò un bacio a sua volta.
- Ci provo.
- Ahem. Piccioncini, vogliamo smetterla di tubare e vedere di darci una mossa, eh?!
Logan. Vincitore per quattro anni consecutivi del premio “impiccione dell’anno”. Davvero, il canadese sembrava spuntare a sproposito esattamente in quelle situazioni in cui era meno richiesto. Insopportabile. Specialmente quando, come in questo caso, aveva ragione.
Strinse la mano di Pete e gli ficcò una giocosa pacca sul sedere. Sua proprietà e guai a chi gliela toccava.
- Arrivo, arrivo… non è il caso di essere così suscettibili solo perché tu non hai nessuno da sbaciucchiare.
Risatine. Logan alzò un sopracciglio.
- Questo lo dici tu, cocca.
Domino accovacciata al fianco di Wiccan era impegnata a controllare il carrello delle proprie pistole, ma trovò ugualmente il tempo per strizzargli l’occhio e sorridere. Neena avrebbe avuto molto da spiegarle più tardi.
Fece un cenno a Shan e si accomodò al suo fianco. Uno ad uno tutti i membri di quella sgangherata banda di aspiranti suicidi si disposero in cerchio attorno a Wiccan.
Logan grugnì e spense il suo sigaro.
- Quando vuoi, cocco.
Il ragazzo annuì, lanciò una rapida occhiata rassicurante a Teddy ed iniziò a salmodiare.
- MagazzinisecondopianoalaestAlamogordoNuovoMessicoMagazzinisecondopianoAlamogordoN..
Nella luce azzurra Rachel trovò la mano di Wisdom e strinse.
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Martha Johansson era una telepate. Una abbastanza dotata in verità, almeno se stavano a quanto i protocolli di Xavier dicevano di lei. Ora era un cervello fluttuante.
Un cervello fluttuante che, molto probabilmente, li avrebbe spediti tutti quanti al creatore. Se non sono questi i casi della vita.
Una telepate. Dannazione. Non avrebbe potuto immaginare un sistema d’allarme più insidioso. O più pericoloso. Lui aveva i suoi naturali attenuatori alla telepatia, ma Jean-Paul e David…
Bastion a quest’ora sapeva di loro, come minimo. No. Era molto peggio. Sapeva chi stava per arrivare e dove e loro non avevano nessun mezzo per avvisare i loro compagni. Merda! Sapeva che quel piano sarebbe stato un totale fallimento fin da quando Logan aveva iniziato ad annuire ad ogni sua proposta ed ad essere così dannatamente accondiscendente.
- Ehmm, scusate…
Calmati Lebeau, niente panico.
- Jean-Paul…- il velocista scattò prontamente in sua direzione. – Prendi David e corri ai magazzini del secondo piano. Avverti gli altri non appena ti sarà possibile.
Northstar apparve stranamente indeciso. Prodigy continuava a balbettare qualche cosa di irrilevante.
- Scusate, ma credo proprio che…
- E tu?
Proprio adesso Jean-Paul doveva incominciare a fare il sentimentale?!
- Io niente. Prendi il ragazzo e muoviti. Logan e gli altri stanno per marciare in una dannata trappola!
David si schiarì la voce.
- A questo proposito vorrei dire che…
- COSA C’E’?!
Le voci di Northstar e Remy tuonarono all’unisono in un tripudio di accento e slang francesi. Prodigy, invece di apparire giustamente castigato, si limitò a sollevare un sopracciglio.
- Forse vi farà piacere sapere che mentre vi stavate facendo prendere dal panico, ho scollegato il cervello di No-Girl dal sistema di archiviazione principale.
Remy e Jean-Paul sbatterono un paio di volte le palpebre stupidamente. David scrollò le spalle per niente impressionato.
- Significa che Martha è dalla nostra parte, ora.
Prodigy si passò distrattamente una mano tra i capelli neri e poi, come se gli fosse sovvenuto qualcosa all’improvviso, aggiunse con una voce talmente piena di sé da poter galleggiare.
- Ah! E a proposito… Martha dice “ciao”.
Oh.
OH!
Remy si trovò suo malgrado a salutare con una mano il cervello fluttuante; non sapeva esattamente come, ma era certo che Martha stesse ricambiando il suo saluto (i cervelli possono sorridere? sapeva dei gatti, ma i cervelli?!).
D’accordo… questo era stato imprevisto, ma (per una volta) non del tutto spiacevole.


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Nel mistero che è la continuity Marvel è molto probabile che tra qualche tempo ciò che viene detto in questa storia verrà clamorosamente smentito. Il capitolo finale è già scritto (marzo 2012) e spero possa resistere ad eccessivi scossoni.
Ed ora mi immagino Logan vestito come Aragorn… ed inizio a pensare a Northstar, Gambit e Prodigy come un terzetto comico.

Un sentito ringraziamento a Linny (grazie mille per avermi fatto notare quegli errori) ed a DawnArgento21 che è stata così carina da venirmi a salutare attraverso DA. Infine a tutti i coraggiosi che mi stanno seguendo silenziosamente in questa avventura.


David Alleyene (Prodigy) giovane membro dei Nuovi Mutanti di ultima generazione (così come la compagna Sofia Mantega ) ha il potere di assorbire qualsiasi conoscenza attraverso la semplice vicinanza (ad esempio: passo vicino al docente di Letterature Comparate ed automaticamente imparo tutto ciò che sa dei romanzi russi). Pete Wisdom agente segreto del governo inglese, membro di Excalibur ed ex fidanzato di Kitty Pride. Lockeed è il draghetto viola di proprietà della ragazza, durante la relazione con Wisdom aveva sviluppato per lui una particolare avversione. Martha Johansson (No-Girl) è una delle invenzioni di Grant Morrison: è una telepate particolarmente dotata il cui cervello è stato forzatamente rimosso dal corpo e posizionato in una teca (simile ad una boccia per pesci) capace di mantenerlo (anche se nel fumetto è rosa).
Mi sono resa conto di aver sempre chiamato Shan/Shani e Sarah/Sara, chiedo scusa per l’inconveniente, ho corretto.

  
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