Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: MaryLouise    24/04/2012    3 recensioni
Gli occhi chiari scrutarono attentamente i particolari della sua persona e la fisionomia del viso: quanto era cambiato in quegli anni. Ricordava tutto come se fosse ieri, l'esatto momento in cui era venuta a contatto con la realtà in cui si trovava adesso, l'esatto momento in cui aveva capito cosa volesse dire vivere.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Da chi ho imparato di più

 

Il vagone della metropolitana sferragliava rumorosamente sui binari attraverso la galleria buia.
Susanna, appoggiata con la spalla a un palo al centro dell'abitacolo, sfogliava un libro voluminoso con aria disinteressata. 
La porta a vetri di fronte a lei rifletteva l'immagine: i capelli castani che incorniciavano il viso dai lineamenti marcati, gli occhi grandi e azzurri, il naso leggermente all'insù, le labbra sottili e la pelle resa ulteriormente pallida dalla fioca luce che illuminava la vettura.
Annoiata dalla lettura, chiuse il libro che aveva in mano e lo infilò in borsa, per poi sistemarsi un ciuffo di capelli ribelli dietro l'orecchio sinistro.
Solo allora notò la sua figura riflessa sul vetro. Gli occhi chiari scrutarono attentamente i particolari della persona e  la fisionomia del viso: quanto era cambiato in quegli anni.
Ricordava tutto come se fosse ieri, l'esatto momento in cui era venuta a contatto con la realtà in cui si trovava adesso, l'esatto momento in cui aveva capito cosa volesse dire vivere.
 
Fin da piccola, Susanna aveva sempre desiderato compiere qualche grande impresa. Si era sempre ritenuta una persona generosa e di grandi vedute: quale occasione migliore di mostrarsi agli altri in tutta la sua magnanimità se non fare qualcosa per il prossimo? Poco importava che fosse una opera di bene impegnativa o meno, bastava fare qualcosa.
Questa era la motivazione che l'aveva spinta a iscriversi a diversi gruppi di volontariato, a scuola e in parrocchia. Svolgeva i suoi compiti diligentemente, senza però capire il vero significato di quel che faceva.
Aiutava i bambini più piccoli nei compiti e accompagnava alcuni anziani al supermercato, questa era la sua concezione dell'aiutare il prossimo: un'opportunità per lustrare la propria persona agli occhi degli altri.
Questa situazione andò avanti per diversi anni, finché Susanna non incontrò lei, Alice.
Alice era una sua compagna di università che, dopo la laurea, l'aveva invitata a visitare la scuola in cui prestava servizio come maestra elementare.
L'istituto era gestito da una comunità di suore che si occupavano dell'istruzione infantile ed elementare dei bambini del paese, Alice era stata assunta da pochi mesi e si trovava molto bene nel nuovo ambiente lavorativo.
Quel pomeriggio, durante il breve giro turistico dell'edificio, Susanna aveva avuto occasione di venire a contatto con decine di bambini di tutte le età, ma uno l'aveva colpita in particolare.
Il suo nome era Andrea, un ragazzino di otto anni in sedia a rotelle a causa di una paralisi alle gambe.
Aveva attirato la sua attenzione non tanto per la sua condizione fisica, quanto per il suo sorriso e il suo modo di rapportarsi con i compagni.
Era certa che, se fosse nata con un handicap del genere, i suoi rapporti con gli altri ne avrebbero risentito molto. Non sarebbe mai riuscita ad avere amici che potevano camminare, correre, saltare  mentre lei era bloccata su una stupida sedia con ruote.
Eppure per Andrea non era così. Aveva molti amici che gli volevano bene, che avevano imparato ad accettarlo e ad amarlo anche e soprattutto per i suoi limiti.
Era sorprendente come ci fosse sempre qualcuno disposto a spingerlo sulla rampa che portava al piano rialzato, o qualcuno disposto ad accompagnarlo in ascensore per fargli compagnia; non svolgevano questo compito come se fosse un obbligo, bensì come se fosse un piacere. In questo modo Andrea aveva instaurato relazioni forti e durature con molti suoi compagni.
Avendo notato il suo modo di guardarlo, così affascinato e sorpreso al tempo stesso, Alice non aveva esitato a presentarglielo.
Il bambino le aveva porto la mano, sorridendo. «Sei un'amica della maestra Alice?», le aveva domandato incuriosito.
Susanna aveva annuito, il magone in gola e gli occhi lucidi, commossa per qualcosa che lei stessa non avrebbe saputo definire. Pietà, compassione? No, doveva essere qualcosa di più grande, d'indescrivibile.
Durante tutta la settimana successiva non riuscì a dimenticare il volto di Andrea: i suoi occhi scuri e il suo sorriso cordiale, sincero, affettuoso.
La tormentava come il rimorso tormenta il malfattore, come il rimpianto tormenta colui che molto ha errato, ma era un tormento dolce, un'angoscia serena.
Alice aveva compreso ciò che turbava l'amica e ne aveva parlato con la direttrice della scuola, suor Maria Luisa, che aveva accettato di assumere Susanna come insegnante di sostegno se quest'ultima avesse  acconsentito.
Quando Alice l'aveva chiamata per comunicarle la notizia, Susanna non sapeva cosa rispondere.
Si era resa conto di essere rimasta piacevolmente colpita e impressionata da Andrea, ma aveva timore di non essere all'altezza del proprio compito; quel bambino la intimoriva un poco, non era sicura che sarebbe riuscita a sopportare il suo sorriso gioviale, la sua forza d'animo. Non ce l'avrebbe fatta.
Quella notte fu la peggiore della sua vita: non riuscì a dormire e continuò a rigirarsi nel letto, i suoi pensieri rivolti alla conversazione avuta al telefono con l'amica e alle poche parole che Andrea le aveva detto, mentre la sua mente vagliava ogni alternativa possibile.
Il mattino seguente si alzò tutt'altro che riposata, ma con un'idea precisa in testa: avrebbe accettato il posto, non poteva ignorare una tale proposta, non poteva ignorare un'opportunità simile che la vita le metteva davanti.
 
Il treno si fermò con un cigolio e le porte s'aprirono di scatto, lasciando scendere i passeggeri.
Dando una rapida occhiata alla banchina, Susanna si rese conto d'essere arrivata alla sua fermata e scese dal vagone rapidamente.
Si sistemò meglio la borsa sulla spalla e salì in fretta sulle scale, facendo i gradini a due a due.
Uscì dalla stazione, l'aria frizzante e gelida le sferzava il viso, il sole era nascosto dal cielo scuro e nuvoloso.
La scuola non distava molto da lì, in qualche minuto la raggiunse, giusto in tempo per l'inizio delle lezioni.
Il piccolo cortile era affollato da bambini di tutte le età: i più piccoli erano accompagnati dai genitori, i più grandi  invece cominciavano a recarsi a scuola da soli.
Come al solito, Andrea si trovava vicino all'albero più grosso del cortile, assorto in una vivace conversazione  con i suoi amici.
Susanna si diresse verso di lui, agitando la mano in sua direzione.
Appena si accorse di lei, il ragazzino le rivolse un grande sorriso e i suoi occhi scuri s'illuminarono.
Rispose allegramente al suo saluto, mentre Susanna si posizionava dietro la sedia a rotelle e iniziava a spingerlo  fino all'entrata.
Lo accompagnò in classe discutendo animatamente con lui, ascoltando i suoi discorsi riguardo alla prima partita di calcio che aveva visto allo stadio con suo padre.
Alice era già in classe e stava scrivendo alla lavagna qualcosa riguardante la lezione odierna. Susanna portò il suo alunno a posto e si sedette di fianco a lui, come soleva fare ogni giorno da cinque mesi a quella parte.
Cercò nella sua cartella i libri utili per la lezione e li posò sul banco, Andrea li aprì alla pagina scritta dalla maestra sulla lavagna e iniziò ad ascoltare ciò che Alice spiegava con moderato interesse.
 
Erano trascorsi tredici mesi da quando Susanna era stata assunta in quella scuola, da quando aveva conosciuto Andrea. Era entrato nella sua vita in un momento davvero inaspettato, come un fulmine a ciel sereno, come l'arcobaleno dopo un acquazzone.
Aveva avuto la possibilità di conoscerlo a fondo, di osservarlo relazionarsi con gli altri - e soprattutto con se stesso - nella sua quotidianità, di vederlo sorridere, impegnarsi nello studio, annoiarsi durante le lezioni più noiose, combinare marachelle con i suoi amici.
Aveva avuto la possibilità di contribuire, anche se in piccola parte, alla sua crescita e maturazione.
Andrea stesso,  seppur non rendendosene conto, aveva contribuito alla crescita interiore di Susanna: le aveva fatto capire che il volontariato non era lo strumento per sentirsi in pace con la propria coscienza, che l'aiutare le persone in difficoltà non era un dovere dettato dall'etica e dal buonsenso, bensì un compito che il cuore chiedeva di assolvere, stava a lei decidere se farlo o meno.
Aveva capito che le persone disabili non erano vasi di terracotta, belli ma fragili, le persone disabili erano come tutte le altre.
La dimostrazione le era fornita quotidianamente da Andrea, in sedia a rotelle da ormai nove anni, che tuttavia viveva la propria vita con gioia. A differenza di Susanna aveva compreso i limiti della propria persona e non solo quelli fisici, resi più evidenti a causa delle sue condizioni, ma anche quelli intellettuali e caratteriali.
Questo percorso doveva ancora essere compiuto da Susanna, un percorso di auto-accettazione di se stessa e dei propri limiti e difetti, per cercare di migliorarsi e vivere con il sorriso sulle labbra, proprio come faceva il suo alunno.
«Io sono come tutti gli altri bambini. Posso ridere o piangere, riflettere o comportarmi da sciocco, proprio come qualsiasi altra persona. A differenza degli altri mi sposto su ruote», le aveva detto una volta Andrea, con un mezzo sorriso ad illuminare il suo volto paffuto e serio.
«Forse è per questo che sono nato così», aveva continuato, «Magari sono destinato a qualcosa di diverso dall'usare le gambe».
Susanna aveva annuito, comprensiva. Era vero, lui era come chiunque altro. Non poteva correre e camminare, ma in compenso aveva una grande capacità di amare e farsi amare dagli altri.
Andrea non aveva le gambe, ma riusciva a rallegrare gli altri con un timido sorriso o con qualche parola affettuosa, molto più di quanto fosse riuscita a fare lei in tutti quegli anni di opere di bene.
Ecco ciò che aveva imparato da Andrea, quel bambino di soli nove anni: l'importante non era quanto aveva fatto per gli altri, ma come lo aveva fatto. Un sorriso, una carezza, una buona parola potevano cambiare tutto.
Susanna si rese conto che in tutti quegli anni non aveva provato un sincero sentimento di affetto, pietà o commiserazione verso coloro che aveva aiutato. Li aveva aiutati solo per celebrare se stessa, non per rispondere al cuore che chiedeva insistentemente l'assolvimento di quel compito importante.
L'incontro con Andrea era più di tutto ciò che avesse mai immaginato nella sua fantasia e nei suoi sogni più vividi: nonostante fosse l'insegnante di quel bambino era stato lui a farle capire  davvero cosa significava amare e sacrificarsi per gli altri, era stato lui a farle capire che anche la più piccola goccia d'amore può cambiare il cuore delle persone, proprio come i sorrisi quotidiani di Andrea l'avevano cambiata.




All right.
Questa storia l'ho scritta qualche settimana fa. Non so come mi sia uscita, però è venuta dal cuore.
Aspetto qualche vostra opinione.
Jo

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: MaryLouise