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Autore: Em1D    24/04/2012    5 recensioni
Un ospedale. Una ragazza. Due ragazzi.
È come se tra me e lui ci fosse un contatto, come se uscissimo fuori dai nostri corpi, fuori da questo maledetto ospedale; come se lui potesse sentire solo me, le mie parole, i miei respiri.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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INTRODUZIONE

30 gennaio 2012

Sono in un letto di ospedale. Sto iniziando a sentirmi un po’ meglio, ma la testa sbatte ancora un po’, il cibo è uno schifo, l’aria irrespirabile. Ho una flebo al braccio che butta chissà cosa nel mio corpo. È uno strazio, una noia mortale. Non ho mai niente da fare, nonostante le mie amiche e i miei parenti mi vengono a trovare tutti i giorni, per due ore. Il resto del tempo lo passo a contare le russa della mia compagna di stanza, una signora anziana, con la quale a volte scambio quattro chiacchiere.
I medici si sono resi conto della mia iperattività e ultimamente mi stanno permettendo di andare in giro per il reparto. C’è tanta gente, che sta male come me, o peggio.
Il corridoio è lungo e stretto. Non è il massimo: è bianco, come le altre stanze, le mattonelle a terra scivolose e le porte delle stanze quasi tutte aperte.
Qualche stanza più in fondo della mia c’è un ragazzo, biondo e alto. Lui è arrivato la mia stessa sera.
I ricordi di quelle ore sono confusi, ero in uno stato di trans. Si leggeva la paura nei miei occhi, nelle lacrime che scendevano. Passai, in barella, fuori dalla sua stanza e incontrai il suo sorriso. Sembrava che volesse dirmi «Stai tranquilla, andrà tutto bene.» Non ho mai visto un sorriso più bello del suo, non potete immaginare le forza incredibile che mi ha trasmesso. 
Lui l’altro ieri ha subito la mia stessa operazione, solo che ancora non si è svegliato. Vado sempre a tenergli compagnia. La sua stanza è buia, io entro, apro le tende e mi siedo accanto a lui, su una sedia.
Non l’ho mai conosciuto, ma la maggior parte delle volte piango. Forse perché penso che sarei potuta essere io al suo posto, forse perché mi sembra così solo e indifeso.
Il suo viso è pallido, la sua mano è fredda. Io la prendo tra le mani e provo a riscaldarla, poi gli parlo. Come se tra me e lui ci fosse un contatto, come se uscissimo fuori dai nostri corpi, fuori da questo maledetto ospedale; come se lui potesse sentire solo me, le mie parole, i miei respiri.
Gli racconto della vecchietta che russa, della puzza che si sente nell’ospedale, del pazzo che urla per il corridoio, dell’infermiera antipatica che gli chiude le finestre, di alcune risate calde, soffici, che a volte gli altri riescono a strapparmi di bocca. Gli racconto di sua madre che piange mostrandogli le foto di quand’era piccolo, dei suoi 4 amici che entrano e gli cantano qualcosa in un mare di lacrime.
Ieri li ho incontrati, i miei parenti se n’erano già andati e ne approfittai per fare un giro. Mi appoggiai alla porta della sua stanza e c’erano quei  4 ragazzi che gli parlavano, che piangevano. Stavo per andarmene quando uno di loro mi vide e mi fece cenno di entrare.
Restammo in silenzio, a guardare quel biondo disteso sul letto che non si muoveva.


31 gennaio.

Sono le 21 e io ho già cenato. Anche se quella roba non potrebbe chiamarsi cena.
Oggi pomeriggio ho conosciuto gli amici del ragazzo. Erano le 18.15 e le infermiere gli avevano concesso di restare un’oretta in più con il biondo. Erano distrutti, ma non perdevano le speranze.
Io ero entrata in quella stanza e, inconsapevolmente li ho trovati lì. Mi sono seduta con loro, e abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Fuori era buio e nella stanza rimbombavano le nostre voci, accompagnate da leggeri rumori delle macchine. Il ragazzo si chiama Niall, Niall James Horan. È irlandese e va matto per il cibo. Anche se non si direbbe. I ragazzi, per il poco tempo che ho passato con loro, sembrano simpatici. Sono così diversi tra loro, eppure sono così amici. Una delle poche cose che avevano in comune, almeno in quel momento, erano gli occhi rossi, per i troppi pianti, per le troppe notti insonne, per le troppe birre.
Non ricordo cosa ci siamo detti con precisione. La maggior parte delle volte erano parole di conforto, di speranza. La maggior parte delle volte quelle parole le abbiamo trattenute, per non sembrare monotoni, ripetitivi. Non c’era molto da dire. «Niall, mi manca il tuo sorriso.», e piangevano. «Horan, che fine ha fatto la tua risata contagiosa?», «E poi era Zayn quello che dormiva sempre?» sdrammatizzava a volte qualcuno, seguito da lievi sorrisi.
Spesso, il rumore dei nostri respiri si fondeva al suo. Non ricordo quanto tempo sono restata lì dentro. Non ricordo nemmeno più i loro nomi.

«Piacere Liam.» Quella parole, improvvisamente, risuonano nella mia mente. Quello sguardo che s’intrecciava al mio. Quell’abbraccio spontaneo prima di andare via. Liam. Non ricordo più nemmeno il mio, di nome. Liam.


01 febbraio
.

Sono le 3 di notte e non riesco a dormire. Sono una bomba di emozioni e fatico a respirare.
Prima, verso le 10, lo sono andata a trovare. Avevo bisogno di lui, forse allo stesso modo in cui lui aveva bisogno di quelle stupidissime macchine per restare in vita. Quando sono con lui mi sento bene, sembra quasi che mi ascolti, che mi capisca, che mi consigli. È in grado di trasmettermi una forza immensa, quel ragazzo, forse come nessuno è in grado di fare. E con lui mi basta solo un contatto con la sua mano, fredda e magra.

Ero nella sua stanza, gli parlavo e a volte mi sembrava che sulle sue labbra spuntasse un sorriso. Poi all’improvviso la mia voce è stata sovrastata da un forte rumore, un macchinario emanava una luce rossa, forte. Io ero terrorizzata, immobilizzata. L’infermiera non arrivava e io non sapevo cosa fare, le parole non uscivano più dalla mia bocca. La macchina suonava ancora. Sembrava la fine. «Niall, Niall.» riuscii a sussurrare, la mia mano intrecciata alla sua... 



 ANGOLO AUTRICE

Eccomi, bellezze. Non chiedetemi da dove è uscita questa storia.
La mia fantasia gioca brutti scherzi. Spero che qualcuno la legga e magari la recensisca, ma forse chiedo troppo. (?)
Lo so, forse è troppo corto come capitolo. Prometto che cercherò di farli più lunghi. Ho solo bisogno di un po' di appoggio da parte vostra.
Cosa accadrà al nostro Horan? Siete curiose? Magari, se vedo qualche recensione anche piccola piccola, continuo :D
Bye, Ladies *-*

  
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