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Autore: Briseide e Miyaki    18/11/2006    3 recensioni
Una piccola bruciatura.
Che è tutta la nostra storia.
Genere: Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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But when it's gone, it's gone
One last cigarette, last cigarette
One I can't forget, the last cigarette
Right there at my fingertips, got your taste still on my lips
Right or wrong
You're still gone, gone, gone

The Last Cigarette, Bon Jovi




Il mio momento. La mia gloria.
Oh, la sento nelle viscere, sta arrivando. L’eccitante urlo del torturato a morte rimbomba nelle mie orecchie prima ancora che esca dalle loro bocche, che probabilmente in questo momento sono piegate in un sorriso stomachevole, o tese in una smorfia preoccupata.
Preme nel bassoventre come un fremito eccitante, e sale, in tutte le mie membra, fino a soffocarmi la gola, come quando lui mi prendeva con forza, buttandomi su questo letto.
Quando ho gridato, ansimando per questa lussureggiante morte.
Il tuo graffio più profondo, materializzato sulla tua schiena, insieme ad alcune cicatrici che ti ho sempre vietato di toglierti.
Sono le cicatrici della mia possessione.
Accarezzo la mia pelle, così sublimemente bianca, pura.
Non c’è nulla di più puro del male più assoluto, più perfetto, più potente. Come questo mio corpo velenoso, perfetto in ogni angolo, in ogni singolo brandello di pelle.
Mi accarezzo il ventre, posandoci la mano aperta sopra. Un bambola di ghiaccio, per questo corpo statuario, che non creerà mai nulla. Sulle coperte, dove molte volte i nostri corpi si sono allacciati in una morsa unica, violenta, sanguinolenta e lussuriosa, c’è adagiato un vestito nero, lungo fino alle caviglie. Mi lecco le labbra con la punta della lingua, avvicinando le mie mani nivee. Ne accarezzo il velluto con un brivido di piacere.
Li distruggeremo, come abbiamo sempre fatto. Distruggeremo tutto, fino a quando non sarà il nostro solo Padrone a governare. E allora danzeremo sui corpi spezzati degli sciocchi che hanno avuto la presunzione di decidere cosa è giusto, cosa è sbagliato.
I miei piedi calpesteranno le loro membra, il loro sangue, e riderò, cantandoti una canzone d’amore.
E stasera li faremo a pezzi, mantenendoli su questa terra. Getterò le braccia attorno al tuo collo, e mentre qualcuno piangerà la loro sorte mi prenderai di nuovo a te, con te.
Perché anche se fummo assegnati dalle nostre famiglie, si vede che decisero bene, perché nessuna creatura avrebbe potuto assaporare il mio dolcissimo veleno come fai tu.
Il velluto scivola sulla mia pelle, accarezzandola con grazia.
Il colore della veste contrasta amabilmente con la mia pelle, con le mie labbra e si mescola con il nero profondo dei miei capelli lisci come una colata di petrolio, nei miei occhi color d’ebano.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima.
E la mia è nera.
Mi sistemo il mantello di seta sulle spalle, lucente, e prendo fra le dita le due maschere che copriranno il nostro viso. Questi due visi argentati che ricorderanno negli incubi ad occhi aperti. Un piccolo sorriso, che qualcuno potrebbe definire malevolo, mi increspa le labbra.
Percorro con eleganza la stanza, il corridoio, e mi fermo all’inizio delle scale.
Sono pronta a scendere il primo scalino, mentre la mia mente le ha già percorse, è uscita dall’ingresso e ti ha trovato dove è sicura che tu sia, nella veranda.
La veranda della nostra bellissima casa.

°°°
Non sono sicuro di sapere cosa ci faccio qui. La sigaretta che ho tra le labbra, non ha ancora molto altro da darmi, eppure ho come la strana sensazione che abbia avuto una vita più intensa della mia.
Tu non puoi di certo capirlo, e prima o poi imparerò ad accettarlo, senza sentire il peso di un mondo che non mi vuole sulle spalle. Del resto non è che un pensiero fuggevole, presto si disperderà come il fumo, come la cenere che crollerà sul pavimento di legno di questa veranda, con la stessa invisibile consistenza di quell’emozione che non sono mai riuscito a vivere in pieno. Neanche questo puoi sapere, perché io non te l’ho detto, gioco a nascondermi dietro i pensieri, mentre continuo a mentirmi senza più un minimo di rispetto per me stesso.
Non è un gioco, è un abitudine, e non potrò fare niente per lasciarla da parte esattamente come da sempre ormai ho tra le labbra una sigaretta e parole mai dette.
E non è vero, che questa è la mia strada. Questa è la strada che ho scelto, pur sapendo che non era la mia. È tardi per tornare indietro, e pur potendo non lo farei, e questo è al tempo stesso il motivo con cui firmo la mia condanna, e con cui ho accarezzato la tua mano prima di infilare quell’anello al tuo dito.
La verità è che me ne sto qui seduto, ad avvelenarmi i polmoni con il fumo di questa sigaretta, cercando di evitare che copra l’odore della tua pelle, mentre sento lievi rumori dal piano di sopra, e posso distinguere la tua figura spostarsi per la stanza se provo a chiudere gli occhi.
La svolta delle scale porta ancora il segno delle tue mani, poggiate su quel corrimano ieri notte, e lo portano anche le mie spalle, per quella abitudine che hai di fare tuo ogni cosa che ti passi sotto gli occhi, senza chiedere mai troppi permessi.
Bellatrix Black, dovrei maledirti – subito dopo aver maledetto me stesso – e invece non lo faccio, perché, semplicemente, mi hai fregato.
Questa camicia porta ancora impresso il solco appena accennato delle tue dita, esattamente dove le hai poggiate, per dirmi che stavi salendo di sopra. È solo tutto il resto che non lascia alcun segno su di te.
Probabilmente non lo lascio neanche io, eppure ho imparato a farmene una ragione: il mondo è uno specchio, dove puoi rifletterti a tuo piacimento, Bellatrix, e contemplare la tua schiacciante vittoria su tutto ciò che ha parvenze umane. E sono anni che contemplo ammirato l’espressione che si dipinge sul tuo volto, e che non reca neanche il segno di un timoroso stupore.
Mi alzo lentamente, tirando un ultima boccata di fumo: la sigaretta finirà ben presto per terra, ad annerire qualche asse di legno, ma poco importa, perché nessun altro dovrà camminarci.
Tra qualche minuto scenderai al piano di sotto, e verrai qui, quando tutto sarà pronto.
Stiamo per uccidere un uomo, Bellatrix, e dopo allora, non desidererò più tornare in questa casa.
Conserverò il ricordo della consistenza dell’aria gelida contro la pelle, e il sapore agre della sigaretta tra le mie labbra, metterò da parte il pensiero che ho avuto nel vederti appena alzata la mattina, accanto a me, e non te lo dirò, perché lo riterresti una debolezza. Non voglio che tu sia debole, o che tu debba difendertene, quindi non ti racconterò mai di cosa mi è successo quando hai poggiato quelle dita sulla mia spalla.
Lo terrò per me, e se anche da questo giorno in poi smetterò di essere un uomo, sopravvivrò con il ricordo di quando lo sono stato, e quando mi sarai accanto non avrò neanche bisogno di appellarmi a queste immagini sbiadite, perché lo saprò.
Perché ti amo, scioccamente e inesorabilmente, come fanno gli uomini qualunque.

°°°

E’ una strana sensazione varcare questa porta, oggi.
Un piccolo tremito pieno di aspettative e paure. Perché se c’è qualcosa che ho temuto, in questa vita, è perdere te.
Ti raggiungo alle spalle, e ancora non mi guardi. Non c’è quasi bisogno che ti tocchi, perché sai fin troppo bene quanto io sia qui, dietro di te.
Se la mia anima nera è tutta devota a lui, sai allo stesso tempo che il mio cuore è ben stretto fra le tue mani. E che, infondo, forse il mio stesso veleno mi avrebbe uccisa se non ci fossi stato tu. Molto di noi c’è nascosto e velato, anche a noi stessi.
Tante volte mi sono chiesto cosa viaggia nella tua mente quando mi guardi e io non riesco a leggere il tuo sguardo, così assorto e pensieroso.
Ma tu non me lo dirai, lo so.
- E’ora – mormoro – E’ tempo di andare. -
Non dici niente, ma fai qualche passo in avanti. A qualche sciocco potrebbe sembrare che c’è freddezza fra di noi.
Quel povero sciocco non sa.
Noto la piccola marchiatura nera sul pavimento, vicino a quel che resta di una sigaretta.
Una piccola bruciatura.
Che è tutta la nostra storia.
  
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