Film > Titanic
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Autore: NanaK    25/04/2012    10 recensioni
Mi chiamo Penelope e ora vi racconterò la mia storia. Preparatevi ad ascoltare qualcosa di tanto surreale che spesso mi chiedo se non sia stato tutto un sogno. Il Titanic era appunto chiamata la nave dei sogni, ma di certo mai avrei creduto che potessi salirci. Tutto cominciò una sera di aprile, il dieci aprile 2012..
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Dawson, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rosalinda Dewitt Bukater
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

< L’hai appena rubato dalla sala riservata alla colazione della prima classe! Come ti è venuto in mente? > esclamai quasi correndo per stargli dietro.

< Non lo sapevi? Il rischio è l’alimento della mia vita > mi gridò voltandosi appena verso di me.

< Me ne ricorderò la prossima volta > borbottai, mentre il profumo delle brioches calde risvegliavano il mio stomaco vuoto.

< Dovresti essermi grata dal momento che hai sicuramente fame >. Ostentò un sorrisetto vittorioso e finalmente si fermò. Erano circa le dieci e mezzo del mattino e fuori non c’era nessuno. Il silenzio era spezzato solo dalle voci stridule dei gabbiani* che planavano sul pelo dell’acqua per cacciare i pesci. Le onde si infrangevano dolcemente contro la nave ed in cielo non vi era nemmeno una nuvola che disturbava il percorso del sole. Pareva quasi di essere in un altro mondo. E forse lo era davvero. Sospirando lo ringraziai, consapevole della mia sconfitta.

< Di nulla Miss > mi rispose, inchinandosi e porgendomi il vassoio. Senza porsi alcun problema si sdraiò per terra su un lato, mentre io mi misi seduta a gambe incrociate. Passò qualche tempo prima che mi accorgessi di essere nel punto in cui Jack e Rose si baciarono per la prima volta, proprio all’estremo della nave. Era tutto cosi strano..

< Allora > cominciò Jack tra un boccone e l’altro < dimmi qualcosa di te >

< Tu fai le domande ed io ti rispondo >  esclamai torturando i miei capelli.

< Cosa vai a fare in America? Anzi no. Insomma cosa ti spinge a rischiare la galera imbarcandoti su una nave senza aver pagato il biglietto? >.

Mi lasciai andare ad una risata sfinita. E adesso cosa gli avrei raccontato? Non mi allettava l’idea di dover mentire, non a lui..

< E’ inutile che te lo dica. Non mi crederesti > dissi mesta.

Mi scrutò attentamente < Mettimi alla prova. Potrei anche aiutarti >

< E’ troppo complicato > tentai ancora.

< Mi sforzerò di capire >. Cocciuto il ragazzo. I suoi occhi lasciavano trapelare la sua determinazione. Ma a cosa sarebbe servito? Ad aiutarmi? Nessuno poteva farlo. E poi se gli avessi confessato tutto, non potevo prevedere la sua reazione, ma di certo non mi sarebbe piaciuta. Decisi di mostrarmi tanto determinata e cocciuta quanto lui e mi chiusi in un ostinato mutismo. Risi soddisfatta quando alzò le braccia in segno di resa borbottando un “ come non detto ”. Mi parlò di sé invece. Alcune cose le sapevo, altre mi erano nuove: mi raccontò di come era riuscito ad imbrogliare il proprietario di una bottega in cui lavorava, rubandogli tutto il guadagno settimanale. “ Una vendetta per il modo in cui trattava me e tutti gli altri ragazzi lì ”.

Mentre parlava una luce gli brillava negli occhi mentre riviveva quei momenti, e poi la sua risata spontanea era estremamente contagiosa. Mi fece vedere i suoi disegni che conservava in una cartellina di cuoio marrone un po’ logora. Ammirai il tratto morbido delle linee e la precisione con cui ogni minimo dettaglio era inserito.

< Senza i dettagli un disegno comunica solo metà del reale. Sono i dettagli che lo rendono vivo. Vedi qui > mi indicò la famosa Madame Bijoux < Una sfumatura lì, un tratto più marcato là. Tutto partecipa all’espressione della donna. Malinconica, ma forte. Perlomeno è ciò che ho cercato di trasmettere > concluse con una alzata di spalle. Lo guardai rapita. Era incredibile!

< Sei.. Sei.. > mi bloccai, incapace di continuare.

< Lo so > rise.

Imbarazzata cambiai discorso < Io non so nemmeno tracciare una linea retta > confessai evitando il suo sguardo.

< Cosa sai fare allora? >

Esitai un attimo, poi decisi di rivelargli qualcosa < Beh.. adoro cantare. E ballare anche. >

< Wow! Fammi sentire una canzone >

Scossi la testa, risoluta < Scordatelo >

< Chissà perché me l’aspettavo questo rifiuto. Ma non mi arrendo così facilmente! >.

Sorrisi alzando la testa verso l’alto e lasciando che i raggi del sole scaldassero il mio viso. Stavo per voltarmi nuovamente verso di lui, quando la sua voce mi bloccò.

< Non muoverti da questa posizione > mi avvertì serio. Con la coda dell’occhio vidi che aveva riaperto la cartellina e ne aveva estratto un foglio candido e un carboncino nero: cercai di rimanere immobile come lui mi aveva detto, mascherando il rossore che mi era salito alle guance. Lo guardai per tutto il tempo, riuscendo a cogliere ogni suo minimo dettaglio ( per quanto la posa mi permetteva ). Le sue dita affusolate si muovevano con grazia innata e non comune, senza timore; sicure e precise delineavano il mio volto. I suoi occhi saettavano dal foglio a me, scostava con gesto incredibilmente sensuale ciuffi biondi che di tanto in tanto gli impedivano di analizzare ogni mio dettaglio. Rimanemmo cosi un’abbondante quarto d’ora, durante il quale il mio cuore non fece altro che battere furiosamente. Non capivo il perché di questa mia reazione, anzi lo capivo benissimo, ma non potevo accettarlo. Con quel suo sguardo attento sembrava volesse scavare a fondo dentro di me, portare alla luce i miei segreti più reconditi; all’improvviso mi sentii nuda, spoglia di qualsiasi copertura davanti a lui.

Quando ebbe finito fissò il lavoro soddisfatto con un barlume di soddisfazione. Curiosa, mi sporsi per vederlo, ma me lo impedì.

< Te lo farò vedere. Giuro. Il giorno dello sbarco. Non è ancora finito e a dire la verità è anche colpa tua. Fai capire così poco di te che mi è difficile disegnarti >

Rimasi un attimo interdetta davanti a quelle parole. Poi, scuotendo la testa, mi alzai. Era fin troppo facile cadere vittima di quella trappola. Era tutto cosi bello.

Semplice.

 Schietto.

 Dolce.

 In quel momento desideravo solo essere debole ed arrendermi a ciò che il destino mi aveva messo davanti.

Lo guardai con un sorriso < Allora? Mi accompagna a perlustrare questa misteriosa nave, signor artista? >.

Inizialmente mi guardò sospettoso, ma poi si rilassò e mi porse il braccio, atteggiandosi a gran signore.

< Da questa parte Signorina >

 

                                                                 -    -    -    -

 

< No, Jack non credo sia una buona idea, davvero! >. Lo tirai per la manica della camicia, mentre lui mi trascinava dalla parte opposta.

< Andiamo Penelope ti divertirai. E’ solo una festa! Non avevi detto che ti piaceva ballare? >. Cercò di convincermi, ma ero irremovibile. Non ero in vena di divertimento e avevo un brutto presentimento. Qualcosa mi diceva di fermarmi prima che fosse troppo tardi. Prima di finirci troppo dentro. Ero persa nei miei pensieri e non mi accorsi dei movimenti di Jack. Quando mi prese sulle spalle era ormai inutile opporsi.

< Ma che fai?! Mettimi giù, subito! >. Il contatto con il suo corpo mi faceva rabbrividire. Avrei tanto voluto abbracciarlo. Mi diedi uno schiaffo per cacciare questi insulsi pensieri dalla mente.

Scendemmo, o meglio lui scese non so quante scale prima di arrivare in una grande stanza in cui regnava il caos più totale: tamburi, violini, fisarmoniche e altri strumenti ancora, creavano un’allegria da cui era impossibile sottrarsi. Molte persone ballavano, altre erano sedute ai tavoli a bere, fumare, discutere animatamente. Approfittando della mia sorpresa mi mise giù con un espressione gioiosa in faccia. Sembrava un monello pronto a lanciarsi in una delle sue marachelle. Mi prese la mano e mi sorrise incoraggiante, trascinandomi tra la folla. Quella festa era la mia parte preferita nel film e avevo sempre sognato viverla, ma ora mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Insomma non sapevo comportarmi in mezzo a quella gente! Tuttavia lentamente l’ansia cominciò a scivolare via e iniziai a provare anzi una certa leggerezza. Merito del bicchiere di birra che Jack mi aveva portato? Forse. In vita mia non avevo mai bevuto alcool e in quel momento mi sembrò la cosa più schifosa al mondo: la bevanda era amarissima. Nonostante ciò continuai a berlo, limitandomi a fare una smorfia di disgusto. A distanza di anni e lucidamente ora lo attribuisco ad un mio probabile senso di competizione: non volevo essere da meno all’intraprendente Rose del film. Persi il conto delle canzoni che finivano e poi ricominciavano. Non mi ero mai divertita cosi tanto: avevamo raggiunto Fabrizio che mi urlava battute sui diversi tipi che ballavano, godendosi poi le mie risate. Tommy stava facendo braccio di ferro con un altro uomo, esattamente come ricordavo. Stavo quasi per alzarmi e fargli vedere come sapevo anch’io alzarmi sulle punte dei piedi quando una mano calda sulla mia mi riscosse.

< Questo ti piacerà > mi disse Jack.

Prima che potessi fare o dire qualsiasi cosa mi trovai tra le sue braccia. Sollevai lo sguardo, la mente annebbiata, sorridendo automaticamente. Le mie mani erano sulle sue spalle, le sue attorno la mia vita. Quell’attimo di trance durò poco: mi trovai a volteggiare velocemente, facendo lo slalom per evitare di travolgere la gente. Era bellissimo, meraviglioso. Ridevo, mi erano uscite persino le lacrime per il troppo ridere. Per una volta non pensai a nulla, solo a godere di ogni attimo del presente. Mezza sala ormai apparteneva a noi e le persone ci battevano le mani, entusiasti. Era come se esistessimo solo io e Jack, che mi guardava con occhi incredibilmente felici. Come potevo resistere a tanta felicità? Non so quanto tempo era passato quando crollai sfinita e sudata su uno sgabello. Scostai i capelli dagli occhi.

< Grazie Jack. E’ stata l’esperienza più emozionante della mia vita >

< Ne sono felice > mi fissò bevendo un sorso di birra. < Sei stanca? >

< Da morire >

< Allora vieni, ti riaccompagno in stanza >.

Mi prese per mano, spontaneamente. Mentre percorrevamo uno dei numerosi corridoi della terza classe la testa prese pulsarmi forte e sentii una fitta allo stomaco: forse avrei dovuto prestare più attenzione al numero dei bicchieri di birre che mi erano stati porsi e che avevo trangugiato tutti d’un fiato. Sbuffai.

< Non berrò mai più in vita mia > biascicai mentre per poco non caddi in avanti, inciampando nel mio stesso vestito. Jack mi prese al volo.

< Dovevi dirmelo che non reggevi l’alcool > disse divertito.

< E’ la seconda volta che mi salvi da una caduta >

< Lo farò ogni volta che ce ne sarà bisogno >.

Il calore di quelle parole mi sciolse. Mi fermai guardandolo con serietà.

< Perché? Non mi conosci nemmeno >

< Il fatto che non sai tutto di una persona non significa niente. E di certo > fece una pausa, come se fosse indeciso a continuare < non vuol dire che non vuoi imparare a conoscerla >.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime; mai nessuno si era interessato a me o alla mia vita o ai miei pensieri. Avevo solo mia madre ed Elody, dato che mio padre era morto da quattro anni di tumore.

Si avvicinò, ma l’istinto mi indicò la fuga. Mi girai di scatto e cominciai a correre nella parte opposta, senza ascoltare i richiami di Jack. Salii le scale velocemente, e solo quando fui all’aperto mi calmai. L’aria fredda della notte mi investì in pieno, quietando il mio animo febbricitante. Presi un profondo respiro e mi avvicinai al parapetto. Era tutto molto silenzioso, il che era un piacere per la mia testa dolente. Ero commossa e impaurita. Cosa dovevo fare?

Chiusi gli occhi e provai ad isolarmi: c’erano solo il rullio della nave, il rumore delle onde, le stelle, il buio. Due mani intorno alla mia vita mi spaventarono. Stavo per lanciare un urlo, ma venni zittita dalla sua voce bassa e tranquillizzante.

< Te l’avevo detto che non mi sarei arreso >

Quando lo guardai il suo viso era a due millimetri dal mio. Sospirai pianissimo poi, dimentica di tutti i dubbi di poco prima, lo baciai.

La prima cosa che sentii fu la morbidezza delle sue labbra e il calore che trasmettevano. Si muovevano con dolcezza, mentre mi strinse di più a sé. Come mosse da vita proprie, le mie mani trovarono posto tra i suoi capelli e desiderando di più, tracciai con la lingua il contorno delle sue labbra.

< Jack.. > sospirai inebriata. Mi fissava con occhi teneri. Era la cosa più bella del mondo; e anche la più naturale.

Adesso ne avevo la certezza, non sarei più potuta tornare indietro.

< Non arrenderti mai.. > conclusi e lui tornò a sfiorarmi le labbra con le sue, mentre le nostre mani si intrecciavano.

 

 

Carissimi, sono di nuovo qui! Non credevo che avrei riscosso tanto successo, le vostre recensioni mi hanno commossa davvero! Non sono tanto sicura di questo capitolo anche se ci ho messo una settimana per scriverlo. Mi rimetto a voi.

Riguardo all’inizio del chap,  non sono sicura che ci fossero dei gabbiani in quelle zone, ma ho voluto metterli lo stesso per descrivere meglio la scena.

Credo che aggiornerò una volta ogni due settimane, il liceo classico non da tregua -.- Comunque se avrò tempo e ispirazione potrò anche aggiornare prima. Ah, quasi dimenticavo. Volevo chiedervi se vi piacerebbe vedere come io immagino che sia Penelope o se preferite lasciare tutto così. Ho trovato una foto perfetta J Fatemi sapere!

Ringrazio tutti i 19 lettori che hanno messo la fic nelle seguite e i 5 che l’hanno inserita nelle preferite. Infine ovviamente un enorme grazie a coloro che hanno recensito e recensiranno. Vi adoro <3

Un bacione e a presto,

Orihime02

   
 
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