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Autore: Darik    25/04/2012    2 recensioni
Dopo l'arrivo del nuovo pilota, giungeranno molti cambiamenti per i piloti di Evangelion.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Rewriting of Evangelion'
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6° CAPITOLO

Misato era chiusa in una cella buia, senza ricordare nulla su come ci fosse finita.

Rammentava che aveva chiesto qualcosa alla sua amica Maaya, poi era caduta addormentata di colpo dopo aver sentito uno strano odore.

Al risveglio era lì, immersa nell’oscurità totale.

Dei sottilissimi neon azzurrognoli, sistemati sul pavimento, disegnavano la sagoma di una branda, sulla quale il maggiore adesso riposava.

Non sapeva quanto tempo fosse passato e le avevano pure tolto l’orologio.

L’unica cosa che conosceva era l’identità dei suoi rapitori, grazie al simbolo della Nerv che brillava di un cupo rosso sangue sulla parte alta della parete di fronte a lei.


“Dove l’avete portata?”

“Non avevamo celle adatte, comandante, quindi l’abbiamo messa in una sala del vecchio laboratorio, dopo averla opportunamente modificata. Certo che le sue capacità vanno oltre quello che avevamo previsto”.

“Immagino”.

“Le consiglio una scorta di almeno cinquanta uomini”.

“Nessuna scorta”.

“Comandante!”, ribatté quasi scandalizzato l’altro, “Noi avevamo preparato le catene e la barriera elettromagnetica. Ma dopo lo scontro con il 13° Angelo, e dopo quello che è accaduto ai nostri uomini, oltre alle catene abbiamo dovuto metterle dei blocchi spessi mezzo metro sulle braccia e sulle gambe, e dobbiamo iniettarle costantemente un sedativo per tenerla buona. Ed è incredibile che resti comunque sveglia! Del resto al momento della cattura teneva in corpo tanto di quel sonnifero da stendere una sessantina di uomini, ma quella, dopo solo due ore, era di nuovo in piedi. Abbiamo anche dovuto potenziare la barriera elettromagnetica. Adesso potrebbe bloccare una mandria di elefanti imbizzarriti”.

“Nessuna scorta” ripeté il comandante, per nulla impressionato dalla descrizione appena ascoltata.

Dopo essere passati su una pedana mobile, i due uomini raggiunsero una porta, pattugliata da dodici soldati armati fino ai denti.

“Lasciateci soli”, ordinò il capo, che aveva la barba e gli occhiali.

I soldati si guardarono, e la persona che accompagnava l’uomo con la barba fece loro cenno di ubbidire.

Rimasto solo, il comandante digitò un codice su una tastiera affianco alla porta, sempre lo stesso codice che usavano dai tempi del Gheirn.

La porta scivolò di lato lentamente, rivelando la vista di una ragazza in piedi, bloccata in una posizione a x: le braccia e le gambe divaricate erano chiuse in enormi cilindri color acciaio che le ricoprivano completamente, arrivando fino all’inguine e alle spalle; i cilindri delle gambe erano fissati al suolo, quelli delle braccia erano collegati alle pareti e al soffitto da un insieme di catene grosse quanto quelle delle ancore da transatlantico.

Inoltre due sottili tubicini di plastica, pieni di una sostanza verde, partivano da un punto indefinito del soffitto per terminare proprio nei cilindri delle braccia.

Tutto intorno alla prigioniera, infine, c’era un cerchio sul pavimento, con un corrispettivo sul soffitto. Il cerchio emetteva un lieve ronzio.

L’uomo con la barba entrò e si tolse gli occhiali. “Mi senti?”

La ragazza stava con la testa abbassata, immobile.

“Non voglio credere che tu finga di essere addormentata. Non puoi essere così ingenua. Comunque, voglio presentarmi: io sono Gendo Ikari, comandante della Nerv. Adesso resta da stabilire chi sei tu, Maaya Sakamoto, sempre ammesso che sia il tuo vero nome”.

La ragazza alzò la testa, fissò Gendo e si lasciò sfuggire un mezzo sorriso di sfida.


Lo stomaco di Misato cominciò a borbottare.

“Figurati se è tempo di mangiare questo. Mi stupisce semmai che non mi sia ancora venuto lo stimolo di andare in bagno. Ma che bei pensieri profondi, tsk” borbottò, stavolta con la bocca.

La porta della cella si aprì e la stanza fu invasa dalla luce, talmente forte che Misato dovette coprirsi gli occhi con il braccio sano.

Quando si fu abituata, guardò la figura che si stagliava davanti alla porta.

“Ritsuko!”

La dottoressa entrò. “Proprio io. Come ti senti?”

“Non mi posso troppo lamentare”.

“Bene. Temevo che ti fosse venuto il mal di testa”.

“A causa di quella specie di gas?”

“No. Ho pensato che tu avessi passato queste ore a darti mentalmente e con foga della stupida, per essere caduta così facilmente nella trappola dei nostri servizi di sicurezza, e per aver immaginato che i suddetti servizi non si fossero accorti di quel paio di occhiali”.

Misato scrutò la scienziata. “Era una trappola per me?”

“Nonostante il tuo talento, non sei importante fino a questo punto”. Ritsuko si aggiustò una manica del camice. “Era una trappola per la misteriosa figura incappucciata. Ma poiché tu sembravi conoscere il proprietario di quegli occhiali…”

“…mi hanno seguita. Immagino che quel gas fosse anche un’ultima prova per vedere se il bersaglio era proprio la mia amica”.

“Esatto. La sua resistenza a quel gas soporifero è stata in linea con la forza che ha mostrato durante l’incidente dello 04. Il suo show finale ha semplicemente rimarcato il tutto”.

“Dov’è adesso?”

“Non sono tenuta a dirtelo”.

“E Mana?”

“Lo stesso”.

Misato sospirò. “Puoi dirmi almeno cosa ne sarà di me?”

“Sì. Sei libera”.

Ritsuko tirò fuori da una tasca la pistola di ordinanza del maggiore, il suo tesserino Nerv e il suo orologio.

Alzandosi dalla branda per riprendere i suoi oggetti, Misato non nascose il suo stupore. “Davvero? Dopo quello che ho fatto, me la cavo con qualche ora in cella?”

“Certamente. Del resto non hai fatto niente che meriti una punizione, giusto?”

L’altra osservò la sua amica. “Non ho fatto niente?”

“Niente. Ieri e oggi non hai fatto niente d’insolito, e non ti è successo niente d’insolito. Solita routine.”

Il maggiore afferrò il messaggio.

“Ho capito”. Misato strinse a pugno la mano sana.

Ritsuko annuì. “Bene. Adesso vai in sala controllo, Hyuga ti sta aspettando per farti esaminare alcuni rapporti. Io ti raggiungerò dopo, insieme a Maya”.

Sentendo quel nome, Misato ebbe un lieve sussulto.

Richiamò Ritsuko, uscita dalla cella per prima. “Senti, l’idea è….”

“Tranquilla”, le rispose la scienziata senza voltarsi. “Anche Maya Ibuki non ha fatto niente”.


Il veloce treno sotterraneo correva verso la sua destinazione, ovvero il Geo-Front, con i tre piloti di Evangelion come unici passeggeri.

Rei stava leggendo un libro, Asuka guardava verso il finestrino, attendendo la comparsa del paesaggio del loro quartier generale, mentre Shinji stava curvato in avanti, col capo chino, le braccia appoggiate sulle gambe e le mani intrecciate.

Sembrava quasi in attesa di una punizione.

Asuka scrutò per un momento Rei. “Per essere una tipa fragilina, direi che si è ripresa molto rapidamente. Non ha più neanche un cerotto addosso”, pensò.

Poi fissò Shinji: era in uno stato davvero pietoso, non andava neanche a scuola, mostrava segni di vita solo per mangiare, e non si confidava per niente.

Anche se Asuka, a dire il vero, non gli aveva neppure chiesto che cosa avesse.

“Eh, speriamo che questa giornata porti qualche buona notizia”.


“Che cosa?! Mana dovrà restare qui tutto il tempo?!”

Finalmente Shinji sembrò uscito dal suo mutismo.

Rei rimase indifferente, solo Asuka lanciò un breve sguardo di sorpresa verso di lui.

“Sì”, rispose Misato. “A causa dell’incidente che ben conoscete, ha bisogno di essere costantemente monitorata. E’ cosciente e in buona salute, ma finché tutti gli esami non saranno stati compiuti, è meglio evitare situazioni impreviste. Non sappiamo se e come potrebbe reagire davanti a….”

Misato si accorse che Asuka si accigliava sempre più nell’osservare Shinji, perché lo sguardo di quest’ultimo s’incupiva a ogni parola della loro tutrice.

“Stavo dicendo”, riprese la donna, “che non so come potrebbe reagire se tornasse a bordo di un Evangelion. Ci vorrà tempo. Comunque andate a cambiarvi, vi aspettano i test di sincronia”.

Andati via i tre piloti, Misato si recò alla torre dei Magi, dove sapeva che avrebbe trovato Ritsuko.

Quella donna, a parte le rare volte in cui tornava a casa, aveva il suo centro gravitazionale intorno a quei supercomputer.

Infatti, la vide seduta davanti a una delle tastiere, con una cartelletta in una mano mentre con l’altra digitava dei pulsanti con la stessa velocità di una persona con quattro braccia.

Maya stava per andare dal suo superiore, ma fece dietrofront quando vide Misato, la quale andò a sedersi proprio sulla tastiera di Ritsuko.

Una voce femminile e impersonale, proveniente da qualche altoparlante, annunciò che l’operazione di collegamento interlineare X-23 era fallita.

Ritsuko rimase impassibile. “In fondo per quell’operazione avevo impiegato solo quarantatre minuti, niente di che”.

“Che autocontrollo ammirevole. Ricordo che quando ti succedevano cose simili all’università, quasi ti trasformavi in uno scaricatore di porto”, replicò Misato fissando di sbieco la dottoressa.

“Posso sapere a cosa è dovuta questa tua manifestazione d’infantilismo?”

“Lo sai il benissimo il perché!”

“Suvvia, quelle menzogne le abbiamo preparate per il bene dei ragazzi. Di sicuro non moriranno”.

“Per te è normale mentire alle persone amiche. Per me no. E come la mettiamo con Mana?”

“Nessuno le farà del male, stai tranquilla”.

Misato, oltre alla rabbia, dovette nascondere anche la sorpresa per l’impassibilità della scienziata, e decise di giocare l’ultima carta. “Per non parlare di Maaya”.

“E chi sarebbe?”

Il maggiore si sentì esplodere. “Ormai ho imparato che con te e il comandante non è più possibile neanche fidarsi dei propri occhi!”

La dottoressa le lanciò un lieve sguardo di sfida. “E dunque, cosa vorresti fare?”

Il maggiore tentò di trattenere la collera, rendendosi conto che non era il caso di sfidare ancora la fortuna. Non con Gendo Ikari.

Davanti al mutismo della sua amica, Ritsuko si lasciò scappare un sorriso soddisfatto. “Così si fa. Continua a fare il tuo lavoro come niente e non sollevare problemi”.

L’ufficiale della Nerv se ne andò fremendo, e la dottoressa riprese l’operazione di collegamento interlineare X-23.


Una volta terminato il test di sincronia, i ragazzi erano usciti dalle capsule e ora camminavano nel corridoio che conduceva agli spogliatoi separati.

“Bah, dopo tutti questi test, ho proprio voglia di una bella dormita!”, dichiarò Asuka stiracchiandosi.

Shinji teneva il solito sguardo basso.

“Però prima dovremmo chiedere a Misato dove è stata ieri. Non siamo riusciti a rintracciarla in nessun modo. Vero, Shinji?”

Shinji non rispose, facendo sbuffare Asuka.

“E’ interessante”.

Asuka si fermò di colpo, e fermò anche Shinji che aveva continuato ad andare avanti.

Il Second Children si guardò intorno, poi dichiarò: “Ma allora sei stata proprio tu a parlare, First!”

“Certo”, rispose indifferente Rei.

“Incredibile. Il fatto è che ultimamente sei così silenziosa che dai l’impressione di non esistere più. Orbene, quale evento apocalittico ti ha spinto ad aprire bocca?”

“Non sei la prima persona che nota questo mio mutismo, comunque quello che ho visto adesso, rafforza la certezza che esiste un legame tra voi due”.

“Questa si è fumata il cervello. Di che stai parlando?”

“Del fatto che poco prima la dottoressa Akagi ha detto che il tasso di sincronia di Ikari è incredibilmente calato. Dunque tu sei tornata a essere la prima, una cosa alla quale dovresti tenere molto, data la tua reazione assai infastidita quando Ikari ti aveva superato. Invece adesso, anziché esultare, non hai detto nulla”.

“Le mie reazioni non sono affari tuoi! Andiamo, Shinji!”

Asuka afferrò Shinji e lo trascinò via.

“Guarda che Ikari deve andare nell’altra direzione, non con te”, le fece notare Rei.

Asuka, alquanto imbarazzata, spinse il suo coinquilino nello spogliatoio maschile, poi mostrò il pugno all’altra ragazza, per niente impressionata, ed entrò nel suo spogliatoio.

“Ah, l’umanità”, commentò freddamente Ayanami.

Cominciarono a risuonare gli allarmi.


“Angelo in avvicinamento!”

“E’ apparso come dal nulla!”

“E’ già sopra la città!”

Le voci degli operatori si mescolavano alle sirene d’allarme e alle altre voci che riferivano miriadi di dati tecnici sulle condizioni della città, sul nuovo angelo e sull’inutilità del fuoco aperto contro di lui dalla difesa di Neo-Tokyo 3.

Misato arrivò trafelata sulla torre, insieme a Ritsuko, mentre Gendo e Kozo erano sulla loro torretta che si sollevava lentamente dal pavimento.


Lo schermo principale proiettava ogni immagine del nuovo nemico: visto davanti, il corpo dell’angelo aveva una forma tozza e quasi rettangolare, era nero con parti bianche, c’erano due moncherini al posto delle gambe mentre le braccia sembravano essere state tagliate poco sotto le spalle.

Non aveva il collo, la faccia era come una maschera bianca con tre grossi spazi neri a fungere da occhi e bocca. Sul petto, la sfera rossa del nucleo.


“Dannazione. Non c’è tempo per far passare la città in modalità difensiva!”, constatò Misato.

Gli occhi dell’angelo s’illuminarono, proprio allora si udì una tenue esplosione e le strutture della base tremarono lievemente.

Makoto Hyuga guardò uno dei suoi monitor, con i dati riguardanti le condizioni delle barriere difensive che separavano il Geo-Front della superficie. “Ha distrutto diciotto delle ventidue lastre corazzate con un colpo solo?!”, commentò allibito.

“Non potremo affrontare questo nemico in superficie. Dovremo combattere qui nel Geo-Front. Dite a Shinji e Asuka di salire subito a bordo”, ordinò Misato.

“E lo 00?”, domandò Ritsuko.

“Non mi fido a mandarlo con un braccio solo contro quell’avversario!”


Ci vollero pochi minuti perché gli Evangelion e i loro piloti fossero pronti.

Ora lo 01 e lo 02 erano vicino al lago del Geo-Front, circondati da armi, alcune già impugnate, e osservavano il punto tra le strutture della volta da dove, secondo i Magi, il nemico avrebbe fatto irruzione.

Misato attivò il collegamento radio con i due piloti. “Asuka, mi raccomando”.

“Sta tranquilla, Misato. Devo rifarmi dalla volta precedente, dunque questa volta non posso assolutamente perdere!”, dichiarò spavalda la ragazza.

“Fai del tuo meglio anche tu, Shinji”.

Il ragazzo non rispose alla sua tutrice e rimase a testa bassa.


“Shinji?”

Misato si girò verso Maya. “Ma che gli succede?”

“Il suo tasso di sincronia sta oscillando. Si alza, si riduce, è troppo instabile, non riesco a definirlo”, rispose l’operatrice.

Misato si morse un labbro. “Non sarà che…”


Un’esplosione fortissima scosse l’intera base, e una nuvola di fuoco e fumo, accompagnata da una lunga croce di luce rovesciata, comparve tra le strutture poste sulla sommità del Geo-Front.

Dopo alcuni lunghissimi secondi d’irreale silenzio, l’angelo fece la sua comparsa, scendendo lentamente in verticale, come se avesse tutto il tempo del mondo.

Appena fu a portata di tiro, Asuka aprì il fuoco con il Pallet Gun, scatenando una pioggia di proiettili contro il nemico.

Shinji non fece nulla.

“Shinji, aprì il fuoco!”, gli ordinò Misato.

Nessuna reazione.

“Shinji!”, urlò il maggiore.

A quel punto Asuka fissò con la coda dell’occhio lo 01, allungò il braccio verso quest’ultimo e gli diede un colpetto sulla testa.

“Se mi aiuti, concederò un dito di gloria anche a te, signorino!”

Shinji sembrò risvegliarsi e aprì il fuoco contro l’angelo.


“Accidenti Shinji, ti prego, riprenditi”, mormorò Misato.

Si accorse di una cosa: Maya aveva lanciato un’occhiata a Ritsuko, che aveva annuito.

Poi, partendo da Maya, anche i tre operatori si scambiarono dei rapidi sguardi.

Digitarono alcuni comandi, quindi ripresero a riferire sull’andamento della battaglia.

“Cosa significa?”, sussurrò Misato più a se stessa che agli altri.

A quel punto Ritsuko le mise una mano sulla spalla e si portò l’indice destro davanti alla bocca.

“Sappi che mi sta venendo la voglia di prenderti a pugni anziché a schiaffi”, sibilò il maggiore per poi concentrarsi nuovamente sulla battaglia.


Il fuoco dei due Evangelion sembrava inutile, l’angelo incassava senza colpo ferire.

“Dannazione! Ma perché?! Eppure il suo At-Field dovrebbe essere stato neutralizzato!”, gridò Asuka.

Lei provò altre armi, mentre Shinji, terminato il suo caricatore, rimase inerte.


“Shinji, dannazione,!”, esclamò, più preoccupata che arrabbiata, Misato.

Maya si girò verso il suo superiore. “Dottoressa, venga a vedere, presto!”

L’urgenza nella voce della ragazza fece correre subito la scienziata alla sua postazione.

Visionò i dati sullo schermo: “Che significa questo?!”, esclamò stupita.


Quando Asuka ebbe terminato i colpi dei suoi lanciamissili, l’angelo attaccò: dalle sue spalle calarono una sorta di strisce metalliche, molto sottili, che poi improvvisamente scattarono verso gli Evangelion con una velocità eccezionale, mostrandosi anche incredibilmente lunghe.

Raggiunsero in un lampo lo 02 e gli amputarono di netto le braccia all’altezza delle spalle, facendo sprizzare due grossi getti di sangue violastro dall’Eva ferito.

Asuka si teneva le spalle, fremendo per il dolore e la rabbia.

Le braccia dell’angelo tornarono alla posizione iniziale.

“BASTARDO!!!”, gridò Asuka fuori di sé.

Fu sul punto di lanciarsi correndo contro il nemico, le braccia attaccarono nuovamente, ma la ragazza si accorse che stavolta non miravano a lei, bensì a…

“SHINJI!!”

L’Eva-01 continuava a restare fermo.

Lo 02 si lanciò allora contro di esso, lo spostò e fu colpito in pieno al posto suo: perse le gambe e cadde al suolo pesantemente, in mezzo ad una cascata del suo sangue.


Nella base risuonarono le urla di dolore di Asuka.

“Interrompete la connessione, presto!”, ordinò Misato.

E le grida cessarono di botto.


L’angelo aveva riposizionato le sue braccia.

Nello 01, Shinji lo guardava impietrito,

Poi osservò lo 02, fermo a terra, in un lago di sangue color viola sporco.

Guardò di nuovo l’angelo: era girato esattamente verso lo 01.

Shinji fu tentato di fuggire.

Ma qualcosa glielo impedì.

“Shinji”, gli giunse autoritaria la voce di Gendo, “sei rimasto solo tu. Abbatti l’obbiettivo”.

“Ma… ma io… non…”

L’angelo restò fermo a osservare il suo avversario.

Delle strane parole cominciarono a uscire dalla bocca di Shinji, strane perché gli davano l’impressione di stare seguendo un copione già recitato.

“Non… so… se… posso… farcela da solo”.

L’angelo continuava a non muoversi.

“Chissà… di cosa è… capace!”

“Shinji, reagisci!”, gli ordinò Misato.

Il ragazzo fu tentato di prendere una delle armi che aveva ai suoi piedi, di reagire…

Reagire, come quella volta.

“Io ho reagito… Mana! Mana!! MANAAA!!!”

  
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