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Autore: Rin Hisegawa    25/04/2012    1 recensioni
Lui non vorrebbe vederla piangere in quel modo. La guarderebbe con quell'aria di fastidio misto a dispiacere, incerto se abbracciarla o prenderla in giro, e magari alla fine farebbe entrambe le cose. Eppure l'ha scacciata, e lei non può fare a meno di disperarsi, perchè le principesse delle storie si sposano col Principe Azzurro e lei invece si è innamorata del Mago cattivo. [GOLD / BELLE]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Molto più in basso, una ragazza di nome Emily riemerge dal sonno senza sogni indotto dai farmaci, e si guarda attorno senza ricordare. Dove si trova? Ci mette un attimo per rendersi conto di essere in una specie di cella... una stanza piccola e buia, troppo scomoda per essere la camera da letto del castello di suo padre.
Suo padre, il fioraio. Chissà che cosa le è passato per la testa; un fioraio non può vivere in un castello. Semmai in una villetta a schiera, uguale a tutte le altre, a lato di una strada piena di pozzanghere. Pozzanghere come quelle che si formano, per l'umidità, nelle segrete a cui è ormai abituata, dove qualcuno l'ha rinchiusa per giorni lasciandola completamente sola.
Ma non sono segrete, è una stanza di ospedale. Un ospedale un po deprimente, e probabilmente l'igiene non è il suo punto forte, ma sicuramente non si tratta di una prigione sotterranea. Qualcuno armeggia con la chiave nella toppa, e la porta si apre lentamente con un cigolio di cardini vecchi. Probabilmente è lui, che sta venendo a urlarle contro tutta la sua rabbia, ad ucciderla, a perdonarla, a lasciarla andare.
Una testa biondo rossiccio appare nello spiraglio fra la porta ed il muro. Un giovane infermiere si fa strada all'interno della stanza, con un sorriso incerto dipinto sul volto magro. Emily calcola che il ragazzo deve avere si e no ventiquattro anni (uno meno di lei, secondo quei maledetti documenti), eppure lavora, vive, mentre lei non è niente, soltanto un rifiuto abbandonato nei recessi di un qualche maniero intriso di magia nera.
- Ciao, - dice il ragazzo, leggermente imbarazzato.
Sembra non sapere cosa farsene delle sue lunghe braccia coperte di lentiggini, mentre con gli occhi cerca invano quelli di lei. Emily ha sepolto il viso fra le mani, e cerca di districare la realtà dall'immaginazione: che cos'è vero, il castello o l'ospedale? Chi sta aspettando, un principe o un mostro? Rapidamente, cerca i calcolare quante possibilità ci sono di riuscire a stendere il giovane infermiere e scappare via: poche, considerando quanto è sfinita e confusa dalle medicine.
Sbircia fuori dal suo nascondiglio con la coda dell'occhio: il ragazzo le sorride ancora, sempre meno sicuro di star facendo la cosa giusta. Nella cornice della porta, come due sagome indistinte e spiritate, scorge la donna e il bambino che sono venuti a parlarle qualche volta dalla finestra. Come si chiamavano? He... Henry? E poi...?
- Vieni, ti faccio uscire. - Il ragazzo la solleva delicatamente per un braccio, aiutandola ad alzarsi, ma è costretto ad afferrarla saldamente attorno alla vita quando le gambe le cedono.
Emily arranca in avanti, verso la porta, mentre il mondo attorno a lei inizia ad oscillare. Chi ha acceso tutte quele luci? Perché improvvisamente hanno deciso di portarla fuori da lì? Il mondo sembra così immenso, al di là di quelle quattro mura, così vasto che sembra volerla inghiottire piegandosi minaccioso su di lei. Il mondo è spaventoso, è vero, ma la prigionia lo è ancora di più. Nonostante i muscoli che urlano per lo sforzo, inabituati all'esercizio come sono, e la testa che gira, Emily sa di dover mettere più spazio possibile fra sé e quel luogo maledetto: avanti, e avanti, presto prima che qualcuno cambi idea!
La ragazza riesce apena a vedere la luce del sole attraverso le portefinestre del pian terreno; poi si affloscia a terra, svenuta, e l'infermiere è costretto a portarla in braccio fino ad un letto più comodo in corsia.

- Come sta?
L'espressione di Mr. Gold è tesa, le sopracciglia aggrottate. E' sceso al piano terra dell'ospedale, soltanto adesso che è tutto finito, ed Emily è già al caldo fra le lenzuola di un giaciglio più confortevole.
- Sta dormendo, - dice il medico, serio ma gentile, - può entrare se lo desidera, ma stia attento a non svegliarla; lo shock della liberazione è stato troppo forte per lei.
Mr. Gold annuisce; non aveva intenzione di farsi vedere, in ogni caso. Non adesso, non in quel luogo orribile che a lei ricorda solo sofferenza e paura. Ha deciso di non denunciare Regina o l'infermiera che l'ha assecondata in quella follia: sarebbe inutile, perchè nessuno può uscire da Storybrooke e nessuno, nessuno deve sapere quello che è accaduto.
Entra nella stanza d'ospedale, che puzza di disinfettante e di malattia. La sua Belle se ne sta distesa nel letto, le palpebre chiuse circondate da un alone violaceo, l'ago della flebo che le spunta da un braccio. Non dovrebbe essere così. Non dovrebbe assolutamente essere così. Se solo lui non fosse stato tanto sciocco, e fifone, ed egoista al punto da mettere il proprio orgoglio davanti ad ogni altra cosa... se solo fosse stato tutto diverso, non sarebbe finita in questo modo.
Emily è immobile. Non somiglia nemmeno lontanamente alla ragazza sorridente che Mr. Gold conosceva, eppure i lineamenti del viso sono ancora quelli, ed i capelli, lunghi e castani, formano un'aureola di onde attorno al suo volto tanto familiare. Eppure è troppo magra (si vedono le vene dei polsi, e gli zigomi sono troppo pronunciati), e pallida, sembra così assente... così MORTA, come nei suoi incubi peggiori. Mr. Gold non vuole rendersene conto, non vuole ricordare; eppure sa, adesso, che è giunto il momento di smettere di fuggire. Deve affrontare la realtà, bella o brutta che sia, e prendersi le responsabilità che ha sempre rifiutato.
Emily deve vivere, vivere la vita a cui Belle è stata costretta a rinunciare per causa sua. Ha una seconda possibilità, la possibilità di rimettere a posto le cose e, per una volta, di non essere un egoista ed un codardo. Lei può ricominciare da capo, ed essere felice, e non è poi tanto difficile darle una mano. Deve solo mantenere le distanze e lasciarla libera, perchè (per quanto possa fargli male anche solo pensarlo) è questo il meglio per lei.
Così si volta, e se ne torna al suo negozio. Non rimane per vederla svegliarsi, sorridere ad Henry, cercare faticosamente mangiare il cibo che le viene offerto. Non assiste alle discussioni concitate su chi debba prendersi cura di lei adesso, perchè (così debole, e stanca, e sconvolta) quella povera ragazza non può badare a se stessa, almeno per ora.
E poi, non ha una casa a cui tornare. Suo padre certamente non ha il diritto nè il desiderio di occuparsene; sta ancora passando dei guai con la legge per via di quel furto con scasso, e comunque non si è dimostrato il miglior genitore del mondo abbandonando la sua unica figlia in simili condizioni. Dovrà pagare anche per questo, pensa Mr. Gold, ma stavolta con qualcosa ben peggiore di qualche colpo con un bastone.
Alla fine, Granny e Ruby si offrono di ospitare Emily alla pensione, almeno finché la ragazza non sarà in grado di guadagnarsi da vivere e prendere in affitto un appartamento da qualche parte.
- E come potrò ricambiare? - domanda lei, con un filo di voce. Sembra talmente giovane, e fragile, che per un attimo Ruby è tentata dal dirle di non preoccuparsi. Ma poi vede la determinazione nei suoi occhi, la consapevolezza di dover ricominciare tutto da capo, e capisce che troppa gentilezza probabilmente la offenderebbe soltanto.
- Puoi servire alla tavola calda, e dare una mano con le pulizie. Avevamo proprio bisogno di personale extra con l'avvicinarsi della bella stagione, quindi capiti al momento giusto.
Emily capisce che è una bugia, ed è grata a quella strana ragazza con i capelli rossi e l'espressione gentile, quasi timida, nonostante tutto quel trucco e all'abbigliamento aggressivo.
Mr. Gold non è presente nemmeno il giorno in cui viene dimessa. Emma le consegna un paio di jeans e una camicia a quadri trovati in una vecchia valigia nera dall'aspetto antiquato, che contiene tutti i possedimenti di Emily in questo mondo. Ci sono un paio di stivali, delle Converse, ancora jeans e magliette, un golfino, qualche gioiello dall'aspetto economico ed una giacca pesante.
Il resto dello spazio è interamente occupato da decine e decine di libri, e alla ragazza viene da ridere pensando che, se non altro, un vantaggio di aver perso la memoria è che potrà rileggerseli tutti come se fosse la prima volta.
Emily esce dall'ospedale a testa alta, nonostante il passo malfermo e l'incavo di un braccio tumefatto dalle continue flebo. I pantaloni, che dovevano essere stati suoi, sono adesso troppo grandi e le danno un'aria da ragazzina sperduta. Si lascia condurre diligentemente verso l'auto rossa sgargiante di Ruby, verso la pensione e poi su, nella sua stanza, che è piccola e confortevole e con una strana carta da parati color rosa antico.
Mr. Gold passa davanti alla tavola calda con espressione casuale, osservando con la coda dell'occhio la sua Belle che parla a Granny (ma lui non riesce a udire le parole) con quel sorriso che conosce così bene. Sembra incredibilmente piccola e fragile, niente a che fare con la ragazza dalle guance rosee e lo straordinario dono di apparire sempre alle sue spalle, trattenendo a malapena una risata, quando meno se lo aspettava.
Emily è Belle, eppure allo stesso tempo non lo è affatto. Così Mr. Gold distoglie lo sguardo e si allontana a passo spedito (per quanto la gamba malata glielo conceda), e non si accorge di Granny che lo fissa in cagnesco, le labbra ridotte ad una fessura, mentre col braccio spinge gentilmente la sua nuova ospite verso casa, lontano da lui.

A/N: Gold pensa ovviamente che dopo tutto il male che ha (involontariamente) fatto a Belle sia meglio per Emily vivere la propria vita lontano da lui. Riuscirà a mantenere il suo proposito? Io ho i miei dubbi.. ^ ^ Moe French, invece, avrà modo in seguito di spiegare le sue ragioni, quindi cercate di non farvi troppe domande sul perché non sia ancora apparso. >_O
  
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