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Autore: annalisaechelon    25/04/2012    6 recensioni
E' una storia, la capirete solo leggendola.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il colore delle pareti di questa stanza col tempo si è consumato, e l’ha resa arida, avida, priva di ciò che un tempo la caratterizzava. In questa casa io ci ho vissuto con la mia famiglia fino ai miei vent’anni, poi, dopo un po’, decisi di mollare tutto e andare via. Avevo bisogno di altro. Quel colore mi aveva stancato, avevo bisogno di scegliere io il mio. In seguito poi, la mia vita per un bel po’ di tempo ha assunto una forma strana, ha vagato tra le grandi strade di questo mondo senza mai trovare il proprio posto. Ed oggi sono ancora senza casa, affamata, povera, non letteralmente, ma sapete, non ho niente. Sono sola. Ed è per questo che mi ritrovo a rimpiangere quel colore sbiadito. Ricordo ancora tutti i momenti che ho condiviso con quelle quattro mura. Erano loro a custodire i miei segreti, nessun’altro. Vivevo in simbiosi con quel cemento e quel po’ di intonaco che lo colorava. Se non erro, erano anche i miei unici amici. Mi ascoltavano e tacevano. Capivano e non giudicavano. Mi proteggevano. E fu lì che pian piano io confessai il mio amore proibito. Nessun’altro lo sapeva se non quell’eterno silenzio. E quando ascolto le note di quella canzone, sento ancora le lacrime cadermi piano sul viso e la sofferenza stringermi lo stomaco. Ora tutto ciò sembra esser lontano, ma non lo è. Quell’amore mi fa ancora male. Mi uccide. Quanti anni ho adesso? Forse non importa. E’ passato troppo tempo da quel giorno. Ero solo una ragazzina, probabilmente avevo diciassette anni. Sì, ero in quella stanza, come adesso. Stranamente però, non ero sola. I miei erano via, mi par di ricordare che era estate e che andarono in barca insieme. Ed io non vedevo l’ora di mostrare alle mie amiche, le pareti, il mio amore impossibile. Lo stavo aspettando seduta sul mio letto con le gambe incrociate. Sentivo il cuore pulsare più forte del normale, più forte di tutti gli altri giorni, più forte di quando confessavo qualche altro mio segreto. Per quelle poche ore, fu tutto diverso. Tutto prese vita. Ricordo che i colori della mia stanza non erano mai stati più vivaci. Quel sentimento era esploso e aveva regalato ad ogni angolo sfumature felici. Osservavo le lancette dell’orologio scandire non le ore, non i minuti, ma i secondi passare. Non staccavo lo sguardo da quelle linee rette in movimento. Mi avrebbe chiamato quando sarebbe arrivato, in modo tale che io sarei corsa ad aprirgli il portone per farlo entrare in casa. Non sapete che imbarazzo provai nel momento in cui lo vidi. Però lo riconobbi subito, era lui l’unico che amavo. Sembrava tutto così irreale, nessuno sapeva della nostra esistenza. Si, io ero io, lui era lui, ma noi non eravamo noi, per nessuno. Era più grande di me, ecco perché. Sarebbe stato uno scandalo per tutte quelle finte menti perbeniste. Una vergogna. Una minorenne con un trentenne. Uno scempio. L’avrebbero sbattuto in galera. Quella fu l’unica volta in cui lo vidi per davvero. Le altre furono occhiate, lettere, sguardi, incontri furtivi. Niente di vissuto, nessun contatto. Mi mancava. Gli offrii dei biscotti al burro ma li rifiutò. Mi disse che non voleva sprecare in convenevoli il tempo che avevamo. Avrebbe tanto voluto abbracciarmi, accarezzarmi e restare appoggiato al mio petto. E sentirsi protetto anche lui, con me. Le nostre intenzioni coincidevano con quelle di una favola, erano innocenti perché ci amavamo. Non c’era nulla di maligno nel nostro amore, eppure doveva essere nascosto. Ancora oggi mi chiedo come fu possibile la nascita di quel sentimento se, prima di questo, nulla ci univa. Forse era destino. Mi ricordo che presi le sue mani tra le mie e le osservai per lungo tempo, non riuscivo a credere di starle toccando. Erano le sue, morbide e vellutate come quelle di un bambino. Le accarezzai e poi le baciai, senza quasi percepire il contatto. Lo vidi alzare gli occhi al cielo, arrabbiato. Mi confessò che non sarebbe stato capace di sopportare la situazione. Lo sentii maledire la cifra che segnava i suoi anni. E la sofferenza strinse di nuovo il mio stomaco. Mi avvolse con un abbraccio e chiuse le palpebre. Lo feci anch’io e mi persi nel colore che cercavo. Ecco perché oggi non posso più trovarlo, si trova solo nelle sue braccia. Dopo tutti questi anni, mi ritrovo a scavare nei miei vecchi scatoloni per tirar fuori i ricordi di una vita. Un vecchio pupazzo, un braccialetto di cotone, una lettera, un’altra, e ancora un’altra, un vecchio libro, qualche cd, e in fondo a tutte queste cianfrusaglie, una foto. La osservo con occhi deboli, come se un raggio di sole mi avesse accecato la vista. Brucia. Cerco di non fare caso ai soggetti principali di quello scatto, ma non posso fingere di non essermene accorta, eravamo io e lui. Sorridevamo, avvolti nudi in un leggero lenzuolo, sul mio letto. Non pensate che tutto questo sia impossibile, perché l’amore non ha bisogno di grandi cose per nascere, anzi se così fosse, sarebbe solo una finta costruzione, pronta a crollare con qualche folata di vento. Non giudicatemi, perché solo ora ho avuto il coraggio di confessare il mio più grande segreto a qualcun altro oltre che alla mia stanza. Ricordo che prima di scattare quella foto, lo vidi piangere. Prima ancora ci eravamo spogliati e liberati di ciò che non era necessario. Mi accarezzava e mi sentivo tremare. Non aspettavo altro, io volevo unirmi col suo corpo perché in fondo non ero di nessun’altro se non sua. Io mi accorgevo di ogni sua minima attenzione. E ognuna di quelle valse una vita. Con un’incredibile delicatezza accadde, si prese la parte di me più nascosta. Ed io volevo che fosse lui a farlo, non uno stupido ragazzino della mia età. Sapevo di essermi donata a qualcuno che amavo e che, pur da lontano, mi aveva regalato il suo mondo. Ricordo anche che interruppi il silenzio di quel momento.
“Se avessi la tua età, staresti con me?”
Dalla sua voce non ottenni risposta, ma una sua lacrima parlò. Mi cadde sul petto e la sentii calda e ghiacciante allo stesso tempo. Il motivo credo sia chiaro. Passarono alcuni mesi, le lettere continuarono, come anche gli incontri nascosti. Dopo un po’ però, capimmo che ad entrambi non faceva altro che male continuare a vivere quell’illusione. Da quel momento, infatti, lo persi per sempre ed insieme a lui persi il mio colore, quello che avevo trovato nel suo abbraccio. Oggi, chiusa in questa stanza, mi chiedo dove sia. Mi piace pensare che magari anche lui stia stringendo la nostra foto tra le mani o nei suoi pensieri più felici. Mi piace credere che stia aspettando di incontrarmi senza preavviso accanto al molo o in spiaggia. Mi piace credere  che non sia passato cosi poi tanto tempo e di avere ancora la possibilità di ritrovarlo. Improvvisamente sento il campanello bussare, spero non siano i miei genitori di ritorno dalla loro passeggiata mattutina, non vorrei mi trovassero qui. Mi ritrovo a correre giù per le scale e vedo il postino andar via. Lo saluto con un cenno e apro la cassetta. Faccio scorrere tutte le buste tra le mani. Bolletta, bolletta, banca, pubblicità. Niente. Non so come faccio a sperarci ancora dopo quasi vent’anni. Rassegnata, mi siedo sull’asfalto. Ma è girandomi per osservare, con gli occhi lucidi, il mare all’orizzonte che mi accorgo di una lettera che mi era caduta dalle mani. Prima di aprirla, intravedo un colore.
 

  
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