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Autore: Arwis     19/11/2006    5 recensioni
Solo cento passi ti separavano dalla sua porta, eppure non hai mai avuto il coraggio di bussare...
Genere: Romantico, Triste, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!^^

Eccomi qui, dopo quasi TRE SETTIMANE...

PERDONO!!ç___ç

Sono stata davvero immersa di cose da fare fino al collo, non ho proprio avuto tempo per aggiornare...é_é

Avrei voluto davvero farlo prima!

Comunque alla fine eccomi qui.

Prima di passare ai ringraziamenti ho una notizia da darvi:

Mi ha contattato la segreteria di un premio a cui ho partecipato e inseriranno la mia poesia con tanto di foto e curriculum in un'antologia! ^_^

Non ci potevo credere*_*!!

A parte ciò, passiamo alle cose più inerenti alla storia OVVERO:

RIGRAZIAMENTI:

Innanzi tutto a tutti coloro che stanno leggendo e che non si sino stufati di aspettare

Malu kuku, lemonade, Shining Grint: Grazie per l'entusiasmo! Mi fanno sempre piacere nuovi lettori! Spero che continuerete a seguirmi...

frisulimite, Londonlilyt, obsession, damynex: PERDONO!!!!! chiedo ancora perdono per il mostruoso ritardo! Prometto che aggiornerò piu spesso!ç_çmano sul cuore...

Ora direi che posso smettere di ammorbarvi con i miei sproloqui e lasciarvi alla lettura!

Buon divertimento!

 

 

 

°*°NON C'è TEMPO PER PIANGERE°*°

 

- Gudush... Maestro, sono tornata! -

Ma non c'era nessuno, nella grotta.

Posasti a terra la sacca di tela che avevi riempito al mercato e ti gurdarsti intorno.

Qualche allenamento, di sicuro.

L'avevi perso, ma eri sicura che Gudush avrebbe preferito sentire quale lavoro ti eri procacciata piuttoscto che arrabbiarsi per quell'allenamento mancato.

Ti buttasti sul tuo letto, su quel mucchio di stoffa che poco tempo prima non ti saresti azzardata a chiamare neppure giaciglio.

Chiudesti gli occhi.

Ma non fu il buio ciò che ti trovasti davanti, allora rialzasti le palpebre e le tue pupille si strinsero fino a diventare capocchie di spillo.

Ancora una volta provasti a chiudere gli occhi, ma quella figura si poneva sempre davanti a te, come se si stesse facendo beffe di quella ragazza così ostinata.

Marfik.

Ti aveva detto che il suo nome era Marfik.

E non era nient'altro che un committente.

Un committente come tantissimi altri, come tutti quelli che avevi incontrato fino a quel momento.

E poi tu non avevi tempo per quelle cose, vero Rigel?

Ti alzasti di scatto e con passo deciso ti dirigesti verso la sala della polla.

Le tue membra si gelarono al contatto con l'acqua ghiacciata, ma era di quello che avevi bisogno.

Il consigliere Marfik ti aveva detto che avevi una settimana di tempo per prepararti al tuo lavoro, poi vi sareste di nuovo incontrati e gli avresti dovuto esporre la modalità con cui avresti agito.

Gudush ti aveva sempre raccomandato di non mostrare il tuo viso ai committenti, ma l'avevi dimenticato, quella volta.

Era stato Marfik a trovarti e ora non dovevai far altro che impegnarti, per mostrare ancora una volta di essere la migliore.

Ti avvolgesti in un asciugamano ruvido e poi ti vestisti con gli abiti scuri che indossavano tutti gli allievi di Gudush, pronta a iniziare a preparare la cena per tutti gli altri ragazzi.

Quando uscisti dalla sala della polla davanti te, seduti sui loro giacigli, c'erano Eralo, Hamal e quasi tutti gli altri compagni, che ridevano, mentre toglievano gli stivali pesanti.

- Ah, siete tornati! Siete stati ad allenarvi? -

-No, Rigel... Non siete tornati a casa nè tu nè Gudush, allora abbiamo pensato che per questo pomeriggio potevamo stare un po' liberi in città. -

- Non è tornato Gudush? Ma quando è uscito? -

- Stamattina. Prima di te, ha detto di dirti che per oggi avresti dovuto fare da sola. -

- Maledizione, e voi non mi avete detto nulla? Magari non avete neppure mangiato, vero? Vi siete lavati? -

- Abbiamo fatto tutto, Rigel, non ti agitare! Piuttosto, tu dov'eri? Qualche incontro galante per il sicario nero? - scimmiottò Hamal, facendo finta di lanciare dei baci a Eralo.

- Ma che dite! - scoppiasti a ridere tu - Ho trovato un lavoro particolarmente importante, tutto qui. -

- E non ci dirai chi è il committente? -

- Sapete che non posso, ragazzi. Dai, ora accendetemi il fuoco così cucino. -

Cercavi di essere allegra, ma una morsa strana ti stringeva il cuore.

Cercavi di seppellire il disagio, ma quello che non poteva essere nulla se non un presentimento, continuava a farsi strada in te.

Il sole calò completamente e la cena fu servita nei piatti di legno.

La porzione di stufato di Gudush rimase sul tavolo, fumando sempre meno, finchè non fu completamente fredda.

Le stelle si alzarono in cielo e la notte coprì il cielo, ma Gudush non tornava ancora.

-Rigel, iniziamo a preoccuparci. Dove sarà mai Gudush? Di solito anche quando sta fuori tutto il giorno torna sempre prima del tramonto. -

-Non state in ansia, avanti. Gudush sa quello che fa, nessuno può ferirlo. Ricordate cosa ci ha raccontato? -

- Sì... ricordiamo.-

Ma quelle parole non rassicurarono nè te nè nessun altro.

L' ansia continuava a soffocarti e ormai eri sicura che fosse successo qualcosa.

Tutti i tuoi compagni andarono a dormire, pian piano.

Uno dopo l'altro si addormentarono, fidandosi delle tue parole.

Se Gudush fosse scomparso, loro avrebbero avuto ancora te a guidarli, ma se Gudush fosse davvero scomparso, tu saresti stata da sola.

Attendesti che il silenzio fosse sceso sulla caverna, che anche l'ultimo dei respiri dei ragazzi fosse diventato lento e regolare e poi, calcato il mantello sulle spalle, uscisti dalla caverna.

Scendesti dalla collina e entrasti nel cunicolo che portava al fiume del perdono.

Gudush mi ha sempre detto che quando ho paura devo venire qui, che la paura passa. Ma io ho troppa paura, stavolta.

Ti guardasti un attimo attorno, poi togliesti le scarpe e immergesti i piedi nell'acqua gelida, sentendo i sassi che premevano contro le tue piante.

Quell'odore, nonostante la vicinanza dell'acqua, ti arrivò alle narici e invase la tua testa come del vino versato in un bicchiere.

Erano due odori che appartenevano a Gudush, due odori che portava sempre addosso.

L'odore forte della sua pelle e quello di sangue.

Ma quella volta il secondo odore prevaleva sul primo, quasi come se prepotentemente cercasse di nasconderlo.

Spalancasti i tuoi occhi che sapevano vedere nel buio e iniziasti a seguire la scia dell'odore.

Per quante volte avessi sperimentato che è meglio non cercare ciò che non si vuol trovare, non riuscivi a farne a meno.

Dovevi sapere.

Dovevi sapere se eri rimasta sola.

L'odore si fece sempre più forte, finchè non fu insopportabile.

Allora, Rigel, se fossi stata capace di piangere, l'avresti fatto.

Gudush era sdraiato a terra, inerme come mai era stato, reverso in una posizione innaturale.

Aveva le mani legate dietro la schiena da uno spago e gli occhi spalancati, vacui.

Quante volte, Rigel, avevi visto la morte?

Quante volte avevi visto degli occhi bianchi come quelli?

Eppure sembrava la prima volta.

Ti sembrava come se fossi stata tu ad ucciderlo, ti sentivi sporca e improvvisamente percepivi addosso a te tutto il sangue delle tue vittime, caldo e appiccicoso, che cercava di entrarti in gola e soffocarti.

Cadesti in ginocchio e sciogliesti le mani del tuo maestro, abbracciandolo.

E' stato un sicario come me, a fare questo? E Tu, Gudush, perchè non ti sei ribellato? Sei morto qui, con la gola tagliata come un criminale qualsiasi, sulle rive del fiume del perdono. E' inutile che ti illudi, Gudush, nessuno ti perdonerà, anche se sei morto qui. Noi siamo stranieri al mondo, nessuno perdona i nostri atti.

Oggi ho trovato un buon lavoro, Gudush. Ne saresti stato fiero.

Sai, ora non posso più farlo, ma... Avrei tanto voluto chiamarti padre, anche solo una volta.

Lasciasti delicatamente il cadavere a terra e ti avviasti verso la caverna, per svegliare i ragazzi.

Sapevi che sarebbe stato meglio aspettare fino alla mattina successiva, lasciarli dormire tranquilli almeno per quella notte, ma non volevi stare da sola.

Ti sentivi egoista, ma non ce la facevi.

Non potevi piangere, sembrava che le tue lacrime si fossero pietrificate dietro ai tuoi occhi.

Non eri più tu a trattenerle stoicamente.

Entrasti nella caverna e suonasti la campana che Gudush faceva rintoccare tutte le mattine per svegliarvi.

A quel suono profondo seguì un attimo di silenzio e poi i mormorii di tutti i ragazzi, che si stropicciavano gli occhi pigramente.

- E' già mattina? - chiese Eralo, con voce impastata.

- No. Vestitevi e lavatevi, poi devo parlare a tutti voi. -

- E' tornato Gudush? -

Silenzio.

- Sì. E' tornato. Sbrigatevi. -

Ricordi come fu, quando glielo dicesti?

Ricordi come anche i più rozzi, i più coraggiosi tra loro scoppiarono in lacrime?

Ricordi i loro visi perduti, i loro occhi dolenti?

Allora ti accorgesti che non li potevi tenere con te, come Gudush aveva chiesto.

Lui voleva che quei ragazzi trovassero un loro posto nel mondo, voleva che diventassero coraggiosi, che non avessero paura.

Ma tu non potevi dargli tutto questo.

Tu non appartenevi più a quel posto, senza Gudush e avevi paura.

Come può un mendicante donare casa? Comq può un povero distribuire denaro?

Lo seppelliste sotto il salice accanto al fiume del perdono e poi pregaste per lui per ore, fino all'alba.

Permettesti ai ragazzi di non allenarsi, il giorno successivo, ma tu non avevai tempo da perdere.

nascondesti il dolore sotto la pietra del dovere e iniziasti a documentarti per il tuo lavoro.

In quella settimana riuscisti anche a decidere cosa fare dei tuoi giovani compagni.

La priorità, in quel momento, era fare di nuovo ordine dopo la tempesta.

  
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