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Autore: ChiiCat92    25/04/2012    2 recensioni
- Ehi vacci piano bambola, ho il diritto di essere sconvolto! Insomma tu...sei... -
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
"- Una Sirena. Evviva. Sì, sono una Sirena, adesso che l'abbiamo appurato, mi liberi? -
- Va...bene...ok... -
Tom si avvicinò lentamente, stando ben attento a non sfiorare la coda della...Sirena."
Tratto dal Cap 1
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- 18 -

La prima cosa che Tom sentì fu un immenso e frustrante pulsare alle tempie e ai polsi. Sembrava che qualcuno l'avesse dotato di due o tre cuori extra e li avesse messi proprio lì, per pompare atrocemente tutto il sangue del suo corpo contro il cranio e il cervello dolorante e contro l'incavo dei polsi.
Il rombare era tanto forte che lo rintronava.
Sembrava una brutta sbronza, forse la peggiore della sua vita.
E dire che non ricordava di aver bevuto così tanto.
Magari tutto quello che aveva vissuto era solo una realtà alterata dell'alcol.
Possibile mai che avesse vissuto due giorni interi completamente fuori di testa?
Non che non fosse probabile, ma oltre all'alcol avrebbe dovuto ingerire più di una sostanza stupefacente, e non ricordava neanche l'ultima e l'unica volta in cui aveva provato un paio di pillole.
Quindi, se non si era sbronzato e non si era drogato, che cosa gli era successo?
Il mal di testa peggiorò esponenzialmente man mano che riprendeva conoscenza. Sembrava che il dolore lo tirasse fuori dal buio del sonno in cui era piombato, come a volergli dire “vieni e soffri”.
Chi è che gli aveva preso a martellate la testa? Solo da quello poteva provenire quel tremendo dolore.
Provò ad aprire gli occhi.
L'ambiente intorno a lui era in penombra, una leggera luce biancastra filtrava dall'alto; c'era una puzza fortissima di incenso che gli impregnava le narici fino a fargli bruciare il naso; aveva la bocca secca e un gusto di sangue che non gli faceva ben pensare.
No, davvero, che cosa aveva fatto per ridursi in quello stato?
La mente annebbiata non gli dava ancora nessun indizio e si sentiva smarrito come se stesse camminando a occhi chiusi nel buio.
Dato che gli occhi non ne volevano sapere di aprirsi provò a muoversi.
Una fitta atroce gli giunse dai polsi, là dove batteva il secondo cuore.
Quasi gettò un urlo per la sorpresa.
Una sottile ansia lo fece agitare, aumentando la sensazione di confusione.
Solo dopo diversi vani tentativi di muoversi capì che era legato, almeno, le mani erano legate, l'una  contro l'altra, da un laccio che gli stava consumando la pelle per quanto gli stringeva.
Perché diamine era legato? A quale perverso gioco erotico si era sottoposto da ubriaco? No, no, non aveva mai fatto una cosa simile.
Quando il muoversi gli causò una fitta più dolorosa ai polsi, quella stilettata di dolore divenne come un fulmine a ciel sereno nella sua mente, e con un furioso replay gli tornarono alla memoria tutte le immagini di quei giorni. Allora spalancò gli occhi, abbacinato da tante informazioni, e prese una boccata d'aria carica d'incenso che lo fece tossire fino a raschiarsi la gola.
- Non ti agitare tanto, o ti farai la bua. E io voglio un trofeo intonso per il mio muro. -
Tom alzò gli occhi sul volto dell'Albino. Gli stava sopra, lo sovrastava con il suo sorrisino malvagio. Quindi non era riuscito ad ammazzarlo.
Si rilassò su quelli che capì essere i freddi scalini di un altare, realizzando che non era riuscito ad ammazzarlo.
L'idea lo sconvolgeva.
Era sicuro di averlo in pugno, era sicuro che sarebbe tutto finito. Invece non era andata come sperava.
Rivolse all'uomo un'occhiata carica di rabbia e rancore.
Lui si inginocchiò alla sua altezza, afferrandogli il viso.
- Sei sorpreso? Avresti voluto farmi la pelle, eh? Ma io non posso morire. - il sorriso che gli rivolse fu tanto inquietante da fargli venire i brividi - Vedi, Dio mi ha dato la forza per combattere creature immonde come te e la tua amichetta. -
L'Albino rise e lo lasciò andare.
Lo osservò allontanarsi e poté mettere a fuoco il luogo dove l'avevano portato.
Era una chiesa. Lanciò uno sguardo in alto, i soffitti erano enormi, altissimi, si perdevano nel buio, se non fosse stato per una tonda finestra su cui troneggiava la Luna ci sarebbe stata solo oscurità. Non c'erano banchi lungo la navata, il pavimento di marmo era lucido all'inverosimile e sgombro. Gli uomini dell'Albino erano in piedi, avvolti in terrificanti tuniche rosso sangue, schierati come un esercito silenzioso. E lui, il mostro, ne indossava una bianco latte, un bianco così puro e abbacinante da ferirgli gli occhi.
Tom fece sfrecciare lo sguardo in ogni angolo, fin dove poteva spostare gli occhi.
Quando incontrò il fratello legato alla statua, l'impulso primigenio fu quello di lanciarsi verso di lui e liberarlo, ma riuscì solo a lacerarsi la pelle dei polsi per aver tirato troppo e il dolore e il sangue scoppiarono davanti ai suoi occhi rischiando di fargli perdere ancora i sensi.
Bill lo osservò da lontano, aveva uno sguardo contrito, triste, le ciglia piene di lacrime e il volto solcato di sale.
“Ha pianto” pensò subito Tom, mentre l'ira gli montava in petto “che gli hanno fatto? Perché ha pianto?”, e cercava di incrociare lo sguardo con quello del fratello in modo che potesse comunicargli, almeno con gli occhi, se stava bene, se era tutto apposto.
Ma Bill non avrebbe neanche mai osato guardare in faccia Tom. Non dopo quello che gli aveva fatto. L'aveva condannato a morte, aveva condannato a morte sia lui che la donna che amava. E non poteva perdonarselo. Se fosse stato possibile, avrebbe voluto morire lui, quella notte, al loro posto, al posto di entrambi.
L'Albino ridacchiò compiaciuto.
- Sei preoccupato per il tuo fratellino? -
Cinguettò leggero, come se non gliene fregasse nulla, come se Bill non fosse che un pezzo di carne in macelleria.
- Che cosa gli avete fatto? -
Ringhiò Tom in risposta.
L'uomo non la smetteva di ridere.
Tom tentò di lanciarsi contro di lui. Aveva una voglia animale di saltargli al collo e staccargli la testa dal busto. Forse se fosse stato libero l'avrebbe fatto.
- La domanda è cosa lui ha fatto a te. - Tom s'irrigidì. Non voleva guardare Bill dando la soddisfazione all'uomo che stava cadendo nella sua trappola, non si sarebbe mai fidato di un essere viscido come lui. - Oh, i tuoi occhi. - continuò l'Albino, avvicinandosi tanto da far sentire a Tom il suo fiato sulla faccia, ma non abbastanza per poterlo colpire con una testata - I tuoi occhi vanno a fuoco. Non guardarmi così ragazzino. Non è educato essere così insolenti di fronte al tuo aguzzino. -  se Tom avesse potuto, avrebbe ringhiato - Avanti, chiedi a tuo fratello che cosa ha fatto. Chiedi a tuo fratello in che modo ti ha venduto. Chiedigli come mi ha promesso solennemente che ci avrebbe consegnato la Sirena, su, non essere timido! -
- Menti. -
Disse Tom tra i denti.
- Come? -
- Menti! - urlò alla fine - Non ti credo lurido bastardo, Bill non farebbe mai una cosa del genere! -
- Smettila! - sia l'Albino che Tom si voltarono verso Bill, in lacrime - Smettila. Ha ragione, non mente! Ti ho tradito, ti ho venduto a lui, sono un mostro! - e prese a singhiozzare. Sconquassato dai suoi stessi singulti non riusciva neanche più a parlare.
Tom sgranò gli occhi per l'incredulità, mentre l'Albino volgeva a destra e a sinistra il suo sguardo godendosi il reciproco sbigottimento dei due ragazzi.
- Cazzate. - sbottò Tom - Cazzate, cazzate, cazzate. Sei stato tu a ficcargli in testa delle idea così assurde, io conosco mio fratello, se avesse saputo davvero come stavano le cose, non avrebbe mai osato neanche ascoltare una tua parola. -
Bill smise di piange, tirando un sospiro. Anche se le lacrime gli offuscavano la vista, vedeva perfettamente che suo fratello gli stava sorridendo.
L'uomo, diede uno schiaffo a Tom. Forte abbastanza da fargli venire un capogiro per un attimo. Poi lo afferrò per il bavero della maglia e lo tirò in piedi. Il suo alito caldo era nauseante.
- Smetterai di essere così sbruffone quando il mio pugnale ti trafiggerà il cuore. -
Con una brusca spinta lo fece ricadere a terra.
Tom storse il naso per il dolore ai polsi e cercò di volgere la testa indietro per constatare l'entità del danno. Sul polso destro i legacci gli avevano lasciato solo dei segni rossi screpolati, il sinistro invece sanguinava, la plastica gli aveva serrato tanto la carne da segargliela. Inghiottì il dolore e cominciò a pensare a un modo per scappare via di lì. In fretta, con Maryll e Bill, e senza farsi ammazzare. Le prospettive non erano per niente rosee.
- Tom... - un sussurro dietro di lui. Alzò lo sguardo. Maryll. Un senso di profondo sollievo gli riempì la bocca dello stomaco vedendo che era cosciente. La vide sbattere gli occhi lentamente e prendere un respiro. - Tom...perdonami...tutto questo non doveva succedere, non dovevo essere tanto egoista da trascinarti in questa storia. -
Due lacrime le caddero dagli occhi. Cosa non avrebbe dato Tom per poterle asciugare, per poterle prendere il viso tra le mani e dirle che andava tutto bene, che non c'era niente di cui preoccuparsi, che in qualche modo se la sarebbero cavata; ma non se la sentiva di mentirle.
- Tu non hai nessuna colpa. -
Riuscì solo a dirle, ma lei non sembrò trovare conforto in quelle parole.
Tom tentò di nuovo di valutare le possibili vie di fuga.
Gli uomini dell'Albino non sembravano armati, anche se, coperti com'erano dalle loro tuniche rosse, non avrebbe potuto dirlo. L'arma più pericolosa era di sicuro l'enorme e affilatissimo pugnale che l'Albino teneva legato alla vita come una curiosa cintura.
Il ragazzo cercò di capire quanto lontano sarebbe potuto andare prima di essere ferito, mortalmente o meno, e se il suo gesto ne sarebbe valso a qualcosa. Non aveva i piedi legati e poteva correre come il vento. Realizzò che con quell'azione avrebbe solo fatto capire ai Cacciatori quanto fosse disperato, che probabilmente l'avrebbero catturato prima ancora di permettergli di raggiungere il portone principale della chiesa, che l'Albino si sarebbe comunque divertito a farlo a pezzetti con il suo coltellaccio.
L'unica cosa che poteva fare era patteggiare, e sperare che servisse a qualcosa.
La luce bianca della Luna ormai avvolgeva completamente l'altare, con quel riverbero il corpo di Maryll sembrava emanare una luminescenza quasi magica.
Fu con orrore che Tom si rese conto che gli era rimasto poco tempo, troppo poco, e che l'eclissi stava ormai cominciando.
Volse la testa contro l'uomo che gli gironzolava ancora intorno, fissandolo da sotto il cappuccio della sua tonaca bianca, bianca come la luce della luna piena.
- Che cosa vuoi? -
L'uomo sghignazzò divertito, come se quel giovane mostro avesse qualcosa da dargli in cambio! Voleva patteggiare lo stolto, voleva cercare di comprarsi la libertà. Anche lui alzò lo sguardo alla luna e vide che ormai era giunto il momento di cominciare la Cerimonia. Ignorò il ragazzo e si inginocchiò sul freddo pavimento della chiesa. Prese a recitare una preghiera ad alta voce in latino, le mani giunte in grembo, gli occhi semichiusi.
Tom si agitò sull'altare, avrebbe voluto avere una forza sovrumana e spezzare quelle corde che lo tenevano prigioniero, strappare alla morte Maryll e Bill, e correre via, lontano, in un posto dove tutto quello non avrebbe potuto raggiungerli. Ma non poteva nulla.
- Dimmi che cosa vuoi! Sono ricco, posso darti tutto ciò che vuoi! -
Provò ancora, sempre più disperato, sempre più sull'orlo del baratro, sempre più con un nodo che gli stringeva tanto la gola da mozzargli il fiato.
L'Albino continuava a sorridere e pregare e tenere gli occhi socchiusi e le mani giunte in grembo, gli uomini dietro di lui lo imitavano rispondendo alla preghiera quando era il momento.
Bill cominciò a respirare veloce, gli occhi frenetici che passavano da un lato all'altro, lo stomaco stretto in una morsa di gelo. Stava succedendo tutto sotto i suoi occhi, lui doveva morire, lui che aveva tradito, non Tom, non Maryll, lui.
- Uccidi me e lascia stare loro ti prego! -
Si ritrovò a urlare. Tom fu l'unico a rivolgergli uno sguardo, i Cacciatori sembravano quasi in stato di trance mentre la loro preghiera aumentava di volume e si trasformava in un lento salmodiare di morte e disperazione.
- Sta' zitto Bill. - gli disse perentorio e nello stesso tempo gentile Tom, per poi tornare a fissare l'uomo in bianco inginocchiato davanti a lui - Sei uno spregevole ammasso di merda. - alla fine i muscoli fecero lo scatto che la sua mente aveva partorito.
Fece scivolare le gambe tra le braccia legate dietro la schiena. La spalla sinistra mandò un terribile scricchiolio prima di slogarsi. Il dolore fu terribile e immediato e rischiò di accecargli la vista, ma strinse i denti mordendosi a sangue la lingua e tornò in sé. L'adrenalina pompata al massimo nelle sue vene lo rendeva disperatamente folle. Si lanciò sull'Albino con tanta violenza che l'uomo, preso alla sprovvista, non riuscì neanche a difendersi.
Tom si ritrovò avvolto nella furia della lotta, mentre Maryll e Bill urlavano il suo nome lui riusciva solo a sentire se stesso gemere e ringhiare come una bestia portata al macello.
Assestò una potente testata all'uomo sul viso, sentì il suo naso rompersi di colpo. Quella piccola vittoria lo rese cieco di rabbia e soddisfazione. Gli indirizzò una serie di calci, colpendo ogni superficie raggiungibile. Braccia, gambe, basso ventre, volto, non sapeva neanche più dove stesse colpendo.
Gli uomini dell'Albino ci impiegarono lunghi secondi di sgomento per rendersi conto di quanto stava succedendo. Intervennero cercando di bloccare Tom, che sembrava avere davvero un Demone in corpo, tanto potente da essere inavvicinabile.
Due uomini provarono a prenderlo da dietro. Tom, veloce, rivolse una testata al ventre al primo, facendolo indietreggiare, e colpì selvaggiamente il secondo con i polsi ancora legati tra loro.
Le sue mani erano ricoperte di sangue viscido. Non riusciva neanche più a capire se fosse il suo o quello degli uomini che aveva colpito.
Un terzo energumeno gli si gettò contro, afferrandogli una gamba e facendolo scivolare a terra.
Batté forte la testa sul pavimento di marmo e per un terribile secondo tutto su fece scuro intorno a lui, tanto che pensò che di essere diventato cieco, o peggio di aver perso i sensi e la sua unica occasione di provare a salvarsi. Il cuore gli pulsava tanto forte in petto da sentirlo toccare lo sterno e premere contro i polmoni.
Si riebbe in fretta, abbastanza per afferrare con entrambe le gambe l'uomo che l'aveva atterrato e farlo rovinare a terra dove cominciò a riempirlo di calci in viso con i talloni. Ben presto quello smise di agitarsi.
Provò a tirarsi su, mettendosi in ginocchio e stando ben attento a non fare leva sulla spalla slogata.
Gli uomini vestiti di rosso intorno a lui sembravano non finire mai. Le loro tuniche erano un mare di sangue che gli bagnava le ciglia e le labbra.
Aveva il viso completamente ricoperto del suo stesso sangue, sgorgava dalla ferita che si era fatto alla testa cadendo sul pavimento. Se fosse stato più lucido si sarebbe accorto di quanto gli faceva male e quanto fosse vicino a svenire per il dolore.
Lo assalirono da tutti i lati, ma lui non si fece sopraffare, colpì chiunque fosse così stolto da arrivargli vicino.
Qualcuno gli avvolse un braccio intorno al collo, Tom affondò i denti nella carne morbida, sentì il sapore piatto della stoffa che gli riempiva il palato, sentì le urla dell'uomo che aveva morso. Quello diede un violento scossone che gli fece traballare tutta la mascella, da qualche parte nella sua mente pensò che si sarebbe rotta e che avrebbe visto tutti i suoi denti volargli via dalla bocca sanguinante. Strinse di più, i canini e gli incisivi affondarono nel tessuto arpionando la carne e lacerandola; solo quando l'agitarsi dell'uomo ferito divenne insopportabile mollò la presa. Un incisivo cedette e cominciò a sanguinargli, sputò una boccata di sangue sul terreno.
Tom sfidò con gli occhi gli uomini che aveva intorno a colpirlo, a venirgli vicino, a provare a fermarlo.
Ci fu un secondo attimo di sbigottimento dove i Cacciatori persero il senso di quello che stavano facendo. Perché mai ribellarsi tanto e tanto ferocemente contro un destino comunque segnato? Perché combattere quando era chiaro che sarebbe stato sottomesso e ucciso senza alcuno scampo?
L'Albino era proprio di fronte a lui, la tunica bianca ricoperta di sangue, respirava pesantemente e aveva negli occhi azzurro ghiaccio la più atroce e fredda delle espressioni.
Aveva smesso di ridere, adesso.
Toccava a Tom farlo. Gli rivolse un sorriso di scherno, un sorriso coraggioso e spavaldo.
L'Albino non ci vide più dagli occhi. Sfoderò il coltello e si lanciò su Tom.
In tutti i film di azione che aveva visto, il protagonista riusciva sempre a schivare i colpi letali dei cattivi che lo aggredivano. Le coltellate e i proiettili sembravano non potergli fare niente.
Ma Tom sapeva che non era un film, e che i suoi sensi e il suo corpo non gli avrebbero permesso di schivarli. Era già pronto alla sensazione di terribile dolore che sarebbe seguita alla lama del coltello infilata da qualche parte nella sua carne.
Incredibilmente riuscì a ricevere solo un piccolo taglio sulla spalla buona dalla prima coltellata, ma sentiva che non sarebbe stato così fortunato con il secondo.
I Cacciatori sembravano paralizzati; Tom non era riuscito a contare né quelli che aveva atterrato né quelli che ancora rimanevano in piedi, erano comunque troppi per lui.
Si distrasse giusto una frazione di secondo, quella frazione necessaria perché voltasse gli occhi verso le tuniche rosse dietro l'Albino, quella frazione necessaria perché il suo corpo riuscisse a muoversi nella giusta direzione per non subire il colpo preciso dell'uomo.
Sì, si era distratto una frazione di secondo in più. E la lama del coltello penetrò dentro di lui come se fosse fatto di burro morbido, e lì rimase conficcata: nel fianco destro, tra la sesta e la settima costola.
Sentì l'urlo disperato di Maryll e il gemito animale di Bill.
Cadde a terra, nella pozza del suo sangue che ben presto si sarebbe allargata.
Bill cominciò a urlare, al pari del fratello un Demone doveva averlo posseduto. Si scorticò i polsi, che cominciarono a sanguinare copiosamente, ma accecato com'era dalla rabbia e dal dolore del fratello non sentì il proprio. Sentiva solo quel coltello, quel coltello infilato anche nel suo torace, sentiva il respiro spegnersi ogni volta che ispirava, sentiva il polmone lacerato che fischiava come una teiera sul fuoco, sentiva quello che sentiva Tom. Ed era la più straziante delle sofferenze.
Il sangue aveva reso viscide le fascette plastiche che aveva intorno ai polsi escoriati, abbastanza perché riuscisse a sfilarli, non senza danno. Le vene di entrambi i polsi erano aperte e grondavano sangue, due piccole cascate di fluido vitale che scivolavano giù, lungo le sue braccia pallide, macchiando il pavimento di marmo della chiesa.
Urlò il suo dolore prima di cadere a terra e continuare a strisciare verso il corpo del fratello, sempre più debole, cercando di rialzarsi per poi ricadere.
L'Albino sfilò il pugnale dal petto di Tom. Si udì un terribile risucchio quando la lama abbandonò la sua carne, il sangue prese a fluire più rapidamente. Si avvicinò a Bill, deciso a dare il colpo di grazia anche a lui quando la porta della chiesa andò in frantumi con un gran fracasso.
L'uomo in bianco rimase immobile con il Pugnale ancora alzato, pronto a colpire.
Sulla soglia della chiesa un esercito di uomini dalle tonache azzurre aspettava gli ordini del loro condottiero, una figura avvolta di nero. Quella alzò un corto spadino, ornato di gioielli e pietre preziose come il pugnale e i suoi uomini si lanciarono in battaglia.
Tonache rosse e tonache azzurre si confusero nell'impeto della battaglia mentre l'uomo in nero si lanciava contro l'Albino. Quello cominciò ad urlare come un pazzo e a menare fendenti contro la figura in nero, senza mai neanche riuscire a sfiorarla, a torcerle un capello. Il suo spadino si conficcò nel cuore dell'Albino che smise istantaneamente di battere.
Crollò a terra, morto. Morto come tutti i suoi uomini.
La figura in nero rinfoderò lo spadino e corse da Bill.
Il ragazzo riuscì a rivolgergli uno sguardo pietoso carico di significato. Non era lui che doveva essere salvato, non adesso, poteva aspettare. La figura lo ignorò e tirò fuori da sotto la lunga tonaca delle bende che avvolse strette ai polsi di Bill. S'impregnarono subito di sangue, ma quanto meno avrebbero arginato l'emorragia.
Poi la figura andò all'altare. Con la spada di nuovo sfoderata tranciò i legacci che serravano la Sirena, liberandola.
Maryll scattò in piedi, in un secondo la pinna aveva lasciato posto alle gambe. Si lanciò in una corsa contro il tempo e contro la morte per arrivare a Tom.
Il cuore della ragazza era fermo, batteva al minimo, come a non voler fare troppo rumore. Le lacrime che le uscivano dagli occhi erano tanto copiose che lei non riusciva a vederci.
Si lasciò cadere in ginocchio accanto a Tom. Gli poggiò il capo sul suo grembo. Aveva il volto inzaccherato di sangue, gli occhi spalancati, le labbra screpolate, ed era pallido, mortalmente pallido.
L'uomo vestito di nero gli venne vicino e liberò i polsi anche a lui.
Tom, d'istinto, portò una mano al fianco, premendo sulla ferita.
Avrebbe voluto provare dolore, ma non lo sentiva. Non sentiva più niente. Il mondo intorno a lui era diventato di colpo freddo e immobile, aveva smesso di girare senza che lui se ne fosse accorto, quando era successo? Forse quando aveva distolto lo sguardo dal suo assassino, forse quando la lama gelida del coltello gli aveva penetrato la carne.
Sentiva il sangue scivolargli tra le dita come acqua, ogni goccia lo portava più lontano, verso un baratro scuro e fresco dove avrebbe potuto riposare.
Maryll uggiolava, i suoi lamenti di dolore riempivano le navate vuote della chiesa spezzando i cuori degli uomini vestiti di azzurro.
La sua sofferenza era palpabile, come un velo che avvolgeva tutto e tutti intorno a lei, pesante come la cappa di oscurità del cielo notturno. Non c'erano stelle, non c'erano astri che avrebbero potuto rischiarare quella notte buia. Non ci sarebbe stata l'alba a dissipare le tenebre.
Le sue lacrime gocciolarono come acqua limpida e cristallina sul viso di Tom. Lui riuscì a trovare la forza di volgere gli occhi su di lei, riuscì a sorriderle.
Era salva. Non stava morendo invano. Perché sapeva che stava morendo, ma almeno il suo sacrificio sarebbe valso a qualcosa.
Bill incespicò fino a raggiungere i due, e si lasciò cadere accanto a Tom. Le bende che l'uomo gli aveva messo ai polsi da bianche erano diventate rosse, ormai intrise completamente dal suo sangue, che già ricominciava a scendere lungo le sue mani.
Tom rivolse uno sguardo anche a lui. Non era ridotto poi così male. Ce l'avrebbe fatta sicuramente. Sarebbe sopravvissuto per entrambi, lo sapeva, doveva farlo. Avrebbe voluto dirglielo ma l'unica cosa che uscì dalle sue labbra fu un rantolo senza forma.
- Il polmone destro è lacerato e probabilmente anche il fegato è stato lesionato. -
Erano parole che sapevano di una condanna a morte, ed entrambi lo sapevano.
Bill e Maryll alzarono mollemente la testa verso la voce che aveva parlato.
La voce apparteneva all'uomo vestito di nero. Un uomo scuro, la pelle ambrata, gli occhi neri come pozzi profondi, i capelli spettinati del color dell'inchiostro.
S'inginocchiò accanto ai ragazzi. Spostò la mano di Tom dalla ferita e gli alzò delicatamente la maglietta.
Era un taglio preciso, senza slabbrature, pulito se non fosse stato per l'immensa quantità di sangue che ne sgorgava. Non sembrava neanche tanto grave, non era lungo più di tre dita ed era sottile, sembrava poter sparire coperto da un banalissimo cerotto.
Ma se si osserva meglio si poteva sentire il rantolo del polmone squarciato sotto la pelle, s'intravedeva il bianco delle costole e il rosso scuro del muscolo addominale.
L'uomo ricoprì la ferita e Tom, placido, tornò a metterci una mano sopra, ormai era zuppo di sangue.
- Ormai avrà perso 1500 ml di sangue. - continuò l'uomo, osservando il ragazzo - La pressione arteriosa e la gittata cardiaca sono ridotte; polso rapido e filiforme, respiro caratteristico, cute fredda e umida. - sembrava il referto di un medico insensibile. Sembrava voler dare a Bill e Maryll la spiegazione scientifica di tutto ciò che stava accadendo - Se non sarà il dissanguamento ad ucciderlo, sarà la mancanza d'aria. La cavità addominale si riempirà d'aria e il polmone collasserà. Morirà affogato. -
- Lui non morirà. - bisbigliò Maryll con la voce piccola, stringendo Tom come fosse la cosa più preziosa al mondo. E lo era. - Non morirà. Visto che sai così tante cose, aiutalo! -
L'uomo scosse la testa.
- Anche se so come non posso aiutarlo. Non dispongo delle attrezzature necessarie e durante trasporto verso il luogo dove posso trovarle morirebbe comunque. E anche ammesso che arrivassimo dove posso provare ad aiutarlo non è detto che sopravvivrebbe all'intervento, le sue probabilità sono una su un milione. -
- Non puoi morire qui Tom. - singhiozzò Bill, il viso stravolto dal dolore, non sembrava neanche più lui - Non puoi morire qui e lasciarmi da solo. Non puoi. Hai combattuto fino adesso, perché stai mollando? Perché...? - i singulti gli spezzarono la voce. Il dolore che sentiva al petto non doveva essere neanche una millesima parte di quello che sentiva Tom, eppure avrebbe voluto potersi prendere tutta quella sofferenza e farla sua.
- Non credo ti possa sentire. Il suo corpo è andato in shock, sta morendo. -
Bill si lanciò contro l'uomo in nero, colpendolo ripetutamente con i pugni serrati.
- Sta' zitto! Sta' zitto! Chi ti credi di essere per venire a dire queste cose?! Irrompi qui con i tuoi ridicoli uomini in costume e mi vieni a dire queste cose! Sta' zitto, sta' zitto... -
Le forze gli vennero meno e l'uomo lo afferrò dolcemente.
- Hai perso molto sangue, se non riceverai una trasfusione immediatamente potresti morire anche tu. Non agitarti, non ha senso che tu perda la vita, puoi salvarti. -
- Perché io posso salvarmi e lui no? Perché? È tutta colpa mia, solo e unicamente colpa mia... -
Mentre parlava la vista gli si oscurava, la testa era pesante e difficile da reggere, il collo si era fatto di colpo troppo esile e sottile per reggerla, rischiava di svenire da un momento all'altro.
L'uomo in nero rivolse un cenno ai suoi uomini.
- Portatelo via e dategli tutte le cure mediche che gli servono, salvategli la vita. -
Bill oppose una debole resistenza mentre gli uomini vestiti di azzurro venivano a prenderlo di peso.
- No, no! Voglio stare qui, il mio posto è qui! -
- Non dire...minchiate. - tutti si bloccarono, lo sguardo rivolto verso Tom. Dalle labbra screpolate, esangui, usciva appena un filo di voce, il sibilo orrendo del suo respiro sapeva di morte - Vai via e salvati il culo...non mi sono fatto...accoltellare perché anche tu morissi. - respirava tanto velocemente da sembrare un uccellino, il suo cuore batteva un ritmo sfalsato sempre più debole, ogni tanto saltava un battito, in bilico tra il fermarsi e ripartire.
- Tom, non morire ti prego. -
Pianse Bill, senza più avere la forza di versare lacrime.
- E chi...muore... - un rantolo disperato alla ricerca d'aria - ...quando torni...mi trovi qui... - un altro rantolo sibilante - Vai. -
L'uomo in nero si stupì della forza del ragazzo. Non credeva possibile che stesse ancora parlando, doveva essere più morto che vivo invece era ancora cosciente. Ma era ovvio che era l'ultimo atto, l'addio che voleva disperatamente dare ai suoi cari.
- Perdonami, non ti sarebbe successo niente se non fosse stato per me! Quanto sono stupido...sono stupido! Io dovrei morire, non tu. -
Tom chiuse gli occhi. Per un attimo i cuori di Bill e Maryll ebbero un fremito. Era freddo e pallido e non respirava più. Credettero fosse morto. Ma li riaprì, sconfiggendo la voglia incalzante di addormentarsi. Si sentiva stanco, tanto stanco, non aveva la forza di parlare, di tenere gli occhi aperti, di continuare a respirare e far battere il cuore. E non sopportava più neanche che gli si venisse a dire di chi fosse la colpa. Doveva urlare a Bill di smetterla di fare la vittima, smetterla di piangere e fare il cazzo di uomo per una volta, invece che dimostrare di essere la solita femminuccia, doveva dargli lo scossone che gli serviva perché si riprendesse e capisse cosa doveva fare, doveva dargli la forza. Ma come poteva se non ne aveva più neanche un briciolo per sé?
- Non...hai...fatto...niente. Io ho...deciso di...combattere... - rantolò e prese leggere e veloci boccate d'aria, sembrava non bastargli l'ossigeno. Bill avrebbe voluto afferrarlo a mani nude e infilarlo a forza nella bocca di Tom, cucire e rattoppare tutti i buchi, farlo tornare a vivere come per magia. Vederlo ancora ridere come uno sbruffone, cucinare i waffle, sentirlo arrabbiarsi, vederlo mentre affrontava l'amore. Tutto quello gli era stato improvvisamente negato. Una vita intera di gioia, di felicità, tagliata di netto dalla lama di un coltello. - Non...sono...bravo...nel corpo...a corpo... - Tom cercò di ridere, ma aveva appena l'aria per continuare a parlare e non voleva sprecarla - Vai, salvati. Subito. -
Bill, prima di lasciarsi alle braccia salde degli uomini vestiti di blu, gli diede un bacio sulla guancia. Rimase a fissarlo, consapevole che sarebbe stata l'ultima volta che l'avesse visto vivo, consapevole che i loro sguardi non si sarebbero incrociati mai più.
Avrebbe voluto dilatare quel momento all'infinito, farlo durare il tempo di un respiro per poi riaversi e scoprire che l'Universo era invecchiato e morto nel frattempo. Avrebbe voluto non smettere più di guardarlo, come se solo la forza dei suoi occhi avesse potuto tenerlo in vita.
Il senso di impotenza che lo attanagliava lo lasciava inerme come un neonato, poteva agitarsi, piangere, scalciare, urlare, ma non avrebbe potuto salvarlo dalla morte, né togliere il dolore che ne sarebbe conseguito.
In quell'istante in cui rimase a guardarlo capì molte delle cose che in passato non era riuscito a comprendere. Capì il comportamento di Tom ora come mai prima, capì tutte le sue parole, tutti i suoi gesti, capì la sua anima e si prese carico di tutte le sue emozioni.
Non avrebbe lasciato che morisse anche quella parte di lui, l'avrebbe portata con sé per sempre.
Se avesse potuto offrire il suo corpo come contenitore per l'anima del fratello l'avrebbe fatto, glielo avrebbe dato tutto, gli avrebbe dato quelle braccia, quel petto, quel cuore, e si sarebbe messo da parte per sentirlo ancora vivo.
Capì che aveva capito troppo tardi cose che gli erano stati davanti agli occhi per tutta una vita e si sentì uno stupido perché aveva avuto tanto di quel tempo prima e non l'aveva mai sfruttato.
Scivolava nel cliché del luogo comune, capiva l'importanza del suo amore fraterno per Tom solo adesso che lo stava lasciando.
Dentro di lui qualcosa sarebbe stato rotto per sempre, nessuno avrebbe potuto rimettere insieme la metà dell'anima che gli veniva ora strappata.
Avevano giurato a loro stessi che quando sarebbe arrivato il momento, avrebbe saltato insieme oltre il baratro, sarebbero rimasti insieme fino e dopo la fine. Tom non era bravo con le promesse, non lo era mai stato. E ora i suoi occhi, incredibilmente più vivi nell'attimo prima della morte, gli chiedevano con tutta la forza di cui erano capaci di continuare a vivere, per entrambi, di trovare un senso a quell'esistenza e non gettarla via, non dopo che aveva donato la sua vita per lui.
Come poteva chiederglielo? Come aveva e trovava il coraggio di chiederglielo?
Eppure qualcosa fermava le mani tremanti di Bill. Sarebbe stato un attimo, afferrare la spada dell'uomo che gli stava a pochi centimetri di distanza e conficcarsela nel cuore, sarebbe morto con lui e avrebbero fatto quell'ultimo viaggio insieme.
Quegli occhi brillanti sembravano già aver capito tutto, aver pensato a tutto, e lo inchiodavano in quell'istante di consapevolezza, rendendolo incapace di qualsiasi atto.
Tutto i pensieri che si accavallavano nella sua mente non avevano forma compiuta, avrebbero continuato a rincorrersi per sempre finché non riuscì a dire:
- Ti voglio bene. -
- Ti voglio...bene anch'io... -
Tom non riuscì neanche a piangere. Forse perché i suoi occhi non potevano più versare lacrime, o forse perché non aveva più la forza per farlo.
Anche lui in quell'istante aveva trovato la stessa consapevolezza di suoi fratello, la stessa chiara lucidità, quella che solo la morte avrebbe potuto dargli.
Avrebbe voluto afferrargli una mano e tenerlo stretto a sé, perché aveva paura e non voleva essere lasciato solo. Ma sarebbe stato solo un egoista e avrebbe rischiato anche la vita di Bill. Non poteva permettere che gli succedesse qualcosa.
Realizzò che non avrebbe più visto il suo volto, che non avrebbe più potuto condividere con lui quei momenti di empatia magica che da sempre erano stati i cardini della sua vita.
Sentiva il filo di diamante che li legava allentarsi mentre Bill si allontanava, senza voltarsi indietro, sorretto dagli uomini vestiti di blu. Sentiva che qualcosa si stava sfilacciando dentro di sé, che il muro solido di cui era costituito la sua anima stava cominciando a cedere, quel filo ne era la colonna portante.
La paura che provò fu più forte del dolore fisico. Quando i suoi occhi non furono più capaci di scorgere la figura di Bill, sentì che era finita, che c'era solo il vuoto dentro di sé, e i suoi occhi erano aridi deserti sabbiosi.
Volse la testa verso Maryll. La sua pallida figura non era che l'ombra di se stessa, nel momento in cui avrebbe pronunciato ciò che gli premeva sulla lingua, anche il legame con lei si sarebbe spezzato, e con esso la sua vita.
Aveva ancora tante persone a cui dire addio, tante che nella sua mente delirante vagavano immagini confuse di volti, ma aveva la certezza che Bill avrebbe portato il suo messaggio: era l'ultima cosa che aveva condiviso con lui.
Voleva accarezzare il viso di Maryll, sentire ancora una volta i suoi capelli tra le dita, ma non sapeva neanche più se gli fossero rimaste dita con cui farlo, le appendici gli formicolavano e sembravano non essere più attaccate a niente. Il suo corpo gli mandava indietro sensazioni discordanti di enorme dolore e tremenda insensibilità, come se fosse indeciso su cosa fosse giusto provare.
- Ti...amo. -
Le sussurrò con grande sforzo.
- Lo dici come se fosse l'ultima volta. -
Bisbigliò lei in risposta.
Tom abbozzò un sorriso. Per un attimo sentì il dente che aveva ceduto traballare sotto la lingua e urtare un nervo sensibile, poi il dolore si arrestò di colpo e scomparve, diluito in tutti gli altri.
- Lo è infatti. -
Maryll capì che in quel momento il suo cuore avrebbe smesso per sempre di funzionare. Non sarebbe più stato in grado di sostenerla, non l'avrebbe più fatta sopravvivere. Capì che sarebbe morto con lui.
Si abbassò sulle sue labbra gelide e gli diede un ultimo bacio.
- Ti amerò per sempre. -
Tom allargò il sorriso.
Chiuse gli occhi. Il buio che lo aspettava lo accolse, paterno. Lo avvolse con morbide spire e lo fece sentire finalmente bene. Lasciò il suo corpo ferito da qualche parte dietro di sé, se ne liberò all'istante e non sentì più nulla, non fu più nulla. La Morte se lo venne a prendere.
Maryll aveva una mano sul suo petto quando il suo cuore smise di battere.
Lo sentì contrarsi un'ultima volta sotto le dita e poi più niente. Le sembrò che Tom avesse sospirato nell'attimo immediatamente precedente alla morte, come ne fosse sollevato.
Anche il sangue smise di sgorgare. I polmoni smisero di cercare aria. La luce di Tom si era spenta.
   
 
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